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Pre­sen­tan­do i docu­men­ti ela­bo­ra­ti qua­si 40 anni fa da un un grup­po ristret­to di eco­lo­gi­sti post-ope­rai­sti sul­la tra­sfor­ma­zio­ne di Tori­no in cit­tà post-indu­stria­le, non si può non sot­to­li­nea­re la distan­za abis­sa­le da quan­to in real­tà è avve­nu­to e, soprat­tut­to, la man­can­za di pro­get­tua­li­tà poli­ti­ca degli eco­lo­gi­sti attua­li. Nel 1982 la Fiat ave­va chiu­so lo sta­bi­li­men­to del Lin­got­to e vole­va spe­cu­la­re sui 200.000 metri qua­dra­ti resi­si dispo­ni­bi­li. Nel 1984 ven­ne lan­cia­ta una gara per un pro­get­to di tra­sfor­ma­zio­ne del­l’a­rea, cui par­te­ci­pa­ro­no 20 fra i più famo­si archi­tet­ti del mon­do. «Ini­zia­ti­va Ver­de» pre­sen­tò un pro­prio pro­get­to alter­na­ti­vo: «Lin­got­to­land, ovve­ro la tra­sfor­ma­zio­ne di una cit­tà indu­stria­le in una metro­po­li pro­get­ta­ta per viver­ci il tem­po libe­ra­to dal lavoro».

di Romo­lo Gobbi