S. Bologna, P. Carpignano, A. Negri, Crisi e organizzazione operaia, Feltrinelli, Milano 1974
Negli anni stessi in cui formula il progetto definitivo del Capitale, Marx si trova di fronte ad una impressionante «rivoluzione dall’alto» da parte dello stato capitalistico. Mutano alcune delle strutture fondamentali dei meccanismi d’accumulazione e degli strumenti con cui la borghesia ne garantisce la continuità; ciò è più importante, come dice Marx, «di tutti i manifesti italiani, di tutti i proclami dei gruppi cospirativi» alludendo agli sforzi insurrezionistici dei mazziniani, dei minoritari di professione. La rivoluzione operaia viene preparata più dai mutamenti di struttura dello stato borghese che dai gesti isolati dei cospiratori. È vero che oggi ci si presentano gli stessi problemi? È vero che dalla fine della guerra del Vietnam un progetto colossale di ridimensionamento della composizione organica di capitale viene portato avanti dal capitale stesso? È vero che la crisi dell’agosto 1971 non è stata semplicemente la crisi del dollaro come moneta mondiale, ma la crisi della forma denaro in quanto tale? È vero che l’unificazione del mercato mondiale capitalistico, con l’integrazione del blocco sovietico e del Terzo Mondo produttore di materie prime, è una nuova poderosa «rivoluzione dall’alto» che prepara il terreno alla rivoluzione operaia? È vero che su questo terreno si costruisce oggi l’organizzazione internazionale di classe? Gli autori di questi saggi credono di sì: con una differenza, però, rispetto all’ottica marxiana, e cioè che gli anni Sessanta hanno portato una tale ricchezza e complessità di comportamenti insubordinati, una tale radicalità nel rifiuto operaio e proletario dello sfruttamento, che oggi ci troviamo di fronte non soltanto i proclami di gruppi cospirativi isolati, ma un cammino enorme già compiuto dalla rivoluzione operaia verso il comunismo. E tale è stato il peso di questo intervento operaio negli anni Sessanta che ad esso vanno ricondotte non solo le esigenze di ristrutturazione della composizione organica, ma anche il riferimento politico delle esperienze minoritarie e cospirative. La lunga marcia del lavoro necessario contro il pluslavoro ha lasciato dei segni: nel corpo del capitale, nella composizione politica di classe, nelle organizzazioni. Ed è il segno qualificante, quello con cui si fanno i conti. I tre saggi compresi in questo volume: Moneta e crisi: Marx corrispondente della «New York Daily Tribune» 1856–57 (Bologna), Note su classe operaia e capitale in America negli anni Sessanta (Carpignano), Partito operaio contro il lavoro (Negri), tentano, da diversi approcci, una prima definizione di questi problemi e una prima risposta a questi interrogativi.
Sergio Bologna insegna Storia del movimento operaio all’Università di Padova. Ha pubblicato numerosi saggi fra cui La Chiesa Confessante sotto il nazismo (Feltrinelli, 1967) e ha collaborato al volume collettaneo Operai e Stato (Feltrinelli, 1972). Fa parte del comitato direttivo della rivista «Primo Maggio». Paolo Carpignano lavora in campo sociologico al Graduate Center della City University di New York. Antonio Negri insegna Dottrina dello Stato all’Università di Padova. Oltre a parecchi saggi di storia della filosofia e di scienza politica, ha pubblicato, presso Feltrinelli, Crisi dello Stato-piano, comunismo e organizzazione (Opuscoli marxisti 1, 1974) e ha collaborato al volume Operai e Stato. Ha partecipato alla redazione di «Quaderni rossi», «classe operaia», «Contropiano» e «Potere Operaio».
Franco Berardi, Scrittura e Movimento, Marsilio, Venezia 1974
Le lotte operaie e studentesche, tutto quello che è accaduto dal ’68 a oggi, ha provocato una frattura tra movimento reale e movimento interno alle pratiche significanti, dalla letteratura e dalle arti e dallaloro teoria. Oggi una modificazione di questo rapporto non può passare attraverso una semplice riattivazione delle istituzioni. Non è soltanto una questione di trasformazione dei contenuti o delle intenzioni. Si tratta invece di mettere in discussione e trasformare il modo di produzione del testo. E far questo significa uscire dall’istituzione, trasformare il modo della scrittura, il processo della scrittura. Per Berardi trasformare e collettivizzare il soggetto e il modo di produzione è l’unica strada per riaprire il rapporto tra movimento reale e pratiche significanti; tra processo rivoluzionario e letteratura, tra processo rivoluzionario e conoscenza, tra processo rivoluzionario e teoria.
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