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MUZAK

G. Castal­do, S. Des­sì, B. Maria­ni, G. Pin­tor, A. Por­tel­li, Muzak, I can­tau­to­ri, il pop, il jazz e il rock: gli anni ’70 nel­l’an­to­lo­gia di una rivi­sta di musi­cac­cia, Savel­li edi­to­re, Roma 1978


Dal­l’au­tun­no del 1973 alla metà del 1976, la rivi­sta “MUZAK” si aggi­ra per l’I­ta­lia nel­le mani di mol­te deci­ne di miglia­ia di gio­va­ni.
Accom­pa­gna il loro tumul­tuo­so pro­ces­so di “appro­pria­zio­ne” del­la musi­ca, ese­guen­do i per­cor­si e anti­ci­pan­do­ne, spes­so, gusti e orien­ta­men­ti: la “scuo­la napo­le­ta­na” e gli odiati/​amati can­tau­to­ri, ma anche il “nuo­vo” jazz e la “sco­per­ta” del­la clas­si­ca.
Sono anni entu­sia­sti e pastic­cio­ni, quan­do i con­cer­ti orga­niz­za­ti dal­la sini­stra gio­va­ni­le rac­col­go­no un nume­ro di com­pa­gni ben supe­rio­re a quel­lo dei par­te­ci­pan­ti ai comi­zi orga­niz­za­ti dal­la sini­stra gio­va­ni­le.
E anche loro, quel­li sul pal­co­sce­ni­co, can­zo­net­ta­ri e musi­can­ti, ven­go­no diret­ta­men­te coin­vol­ti: in qual­che modo ten­ta­ti dal­l’i­dea (for­se un po’ fati­co­sa, cer­to gra­ti­fi­can­te) di tra­sfor­mar­si da “divi” in “ope­rai musi­ca­li”.
Cer­to, una gran­de con­fu­sio­ne: ma e’ li – in quei luo­ghi, in quei gior­ni e in quel­le cir­co­stan­ze – che si for­ma il nuo­vo atteg­gia­men­to gio­va­ni­le di mas­sa nei con­fron­ti del­la musi­ca.
Sono que­gli anni e qui con­cer­ti, que­gli arti­co­li di rivi­sta (e anche quei mani­fe­sti sui muri e quel­le discus­sio­ni inter­mi­na­bi­li e “allu­ci­nan­ti”) a fun­zio­na­re come una scuo­la di espe­rien­za musi­ca­le e di cul­tu­ra musi­ca­le: di for­ma­zio­ne del gusto.
E, comun­que, gra­zie a quel­le ingar­bu­glia­te “bat­ta­glie di linea nel cam­po del­la musi­ca”. Ella, La Musi­ca scen­de in piaz­za, va nel­le stra­de, si dif­fon­de nei par­chi e sul­l’er­ba: diven­ta cosa quo­ti­dia­na, uti­liz­za­bi­le, comu­ni­ca­bi­le.
Di que­sto pro­ces­so “MUZAK” è par­te note­vo­le e atti­va.
Con que­sta anto­lo­gia si docu­men­ta­no alcu­ni momen­ti e alcu­ne tap­pe di que­gli anni “gon­fi di musica”.

ROSSO per il potere operaio n. 25 – 26

PER IL POTERE OPERAIO

Moneta, crisi e stato capitalistico

Col­let­ti­vo di «Pri­mo Mag­gio», (a cura di Lapo Ber­ti), Mone­ta, cri­si e sta­to capi­ta­li­sti­co, Fel­tri­nel­li, Mila­no 1978


I mate­ria­li rac­col­ti in que­sto «Opu­sco­lo» testi­mo­nia­no di uno dei più inte­res­san­ti filo­ni di ricer­ca appro­fon­di­ti dal lavo­ro col­let­ti­vo del­la rivi­sta «Pri­mo Mag­gio».
Si trat­ta del rap­por­to tra mone­ta e cri­si che in que­sti anni ha rive­la­to tut­ta la sua impor­tan­za teo­ri­ca e poli­ti­ca.
Il pro­ble­ma vie­ne discus­so a par­ti­re dal­le indi­ca­zio­ni di Marx, in par­ti­co­la­re nei Grun­dris­se, per stu­diar­ne le tra­sfor­ma­zio­ni nel­l’at­tua­le capi­ta­li­smo, carat­te­riz­za­to dal­la fun­zio­ne di coman­do che la mone­ta assu­me sem­pre più mar­ca­ta­men­te in par­ti­co­la­re nel con­te­sto del­la spe­sa pub­bli­ca.
L’«Opuscolo» è costi­tui­to da tre sag­gi, rispet­ti­va­men­te di Lapo Ber­ti, Fran­co Gori e Mario Zan­za­ni.
Di Lapo Ber­ti è inol­tre l’in­tro­du­zio­ne ai mate­ria­li, che rico­strui­sce e ripren­de i temi pro­po­sti dal­l’in­te­ra discussione.

Ma non è una malattia

Area, Finar­di, Gian­co, Lol­li, Man­fre­di, San­nuc­ci, Stor­my Six, Ma non è una malat­tia, Savel­li edi­to­re, Roma 1978



Can­ta­no gli Area: «Il mio mitra è il con­trab­bas­so».
Natu­ral­men­te no, non è un mitra quel con­trab­bas­so imbrac­cia­to dagli Area, ma si capi­sce bene cosa quel ver­so voglia dire e che cosa comun­que signi­fi­chi per chi lo ascol­ti sul­le ban­de del­le pri­me radio libe­re, ai con­cer­ti di Re Nudo e ai mil­le altri orga­niz­za­ti tra il 1970 e il 1975, nel­le scuo­le occu­pa­te, nel­le piaz­ze, nei quar­tie­ri. Per­ché di que­sto si par­la nel pre­sen­te libro: si par­la di can­tan­ti e grup­pi musi­ca­li che han­no accom­pa­gna­to l’ag­gre­gar­si dei gio­va­ni in mil­le rivo­li, in mol­ti luo­ghi, in tan­te for­me diver­se; e di que­sto aggre­gar­si – del­la cul­tu­ra e dei sen­ti­men­ti che espri­me­va – Finar­di e Man­fre­di e gli altri sono sta­ti una del­le mani­fe­sta­zio­ni: cer­to tra le più sin­ce­re e ade­ren­ti alle emer­gen­ze e alle con­trad­di­zio­ni di un per­cor­so che è sta­to ed è quel­lo di deci­ne di miglia­ia di gio­va­ni non garan­ti­ti e non ras­se­gna­ti. Da Alpe di Vice­ré a Par­co Lam­bro a Lico­la; da Gio­ia e rivo­lu­zio­ne ai cir­co­li gio­va­ni­li, alla cri­si del­la mili­tan­za, a Zom­bie di tut­to il mon­do uni­te­vi.

È una sto­ria pastic­cio­na ed entu­sia­sta, che sgra­na le sue vicen­de con toni sem­pre dol­ce­men­te enfa­ti­ci, nel­la tri­stez­za come nel­l’al­le­gria. È una sto­ria che oggi riflet­te su se stes­sa e che – anche attra­ver­so le can­zo­ni dei can­tan­ti e dei grup­pi qui anto­lo­giz­za­ti – fa i con­ti col pro­prio futu­ro per­ché non ci sia­no più dei «tran­quil­li festi­val pop di pau­ra».

7 auto­bio­gra­fie; 105 testi di can­zo­ni; mol­te armo­niz­za­zio­ni.

In appen­di­ce. I moti­vi di una pole­mi­ca per nul­la inte­res­san­te: un diver­bio con Bru­no Lauzi

QUADERNI DEL TERRITORIO 4/​5

Occu­pa­zio­ne gio­va­ni­le e fab­bri­ca diffusa 

Secon­da parte