Il 9 marzo del 1985, in Via Giulia, a Trieste, il compagno Pietro “Pedro” Greco, venne ucciso in un agguato tesogli da un ‘commando’ della polizia di stato che gli sparò più di dodici colpi d’arma da fuoco, prima nell’atrio del palazzo e poi fuori, alle spalle, quando già stava agonizzando sul marciapiede. Arrestarono la sua corsa colpendolo alla schiena, in mezzo ai passanti. Nell’ immediatezza dei fatti la questura di Trieste tentò di tenere in piedi la favola del conflitto a fuoco. Un po’ debole, dato che Pedro era privo di armi. L’anno dopo al processo, la presenza di un ombrello che nessun testimone aveva visto in mano a Pedro, comparve consegnato da un agente al medico dell’ambulanza per scomparire e riapparire nuovamente, ma di colore e forma diversi in un’aula di tribunale. Bastò a motivare quell’orrendo assassinio in un’atmosfera surreale, dove l’evidenza di un’esecuzione a freddo veniva derubricata a legittima difesa a fronte della minaccia dell’ombrello, terribile arma offensiva.
I poliziotti Romano, Guidi, Bensa e Passanisi vennero assolti o condannati a pene irrisorie. I compagni dell’autonomia operaia non hanno dimenticato.
Nessuno può dimenticare Pedro