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Autonomie del Meridione

L’au­to­no­mia. Le autonomie

La sto­ria dell’Autonomia nel Meri­dio­ne negli anni ’70 del ven­te­si­mo seco­lo è sta­ta un insie­me fram­men­ta­rio di vicen­de che si intrec­cia­ro­no intor­no a even­ti, lot­te, gran­di appun­ta­men­ti, sto­rie per­so­na­li e col­let­ti­ve dal­le qua­li è nata un’esperienza sto­ri­ca radi­ca­ta nel­le lot­te di clas­se. Per ricom­por­re que­sto ampio reti­co­lo di lot­te ope­ra­ie e socia­li, biso­gna supe­ra­re innan­zi tut­to la nar­ra­zio­ne di un Sud come “macro­re­gio­ne indif­fe­ren­zia­ta” e sca­va­re den­tro i fram­men­ti di quel­le sto­rie per abban­do­na­re l’idea stes­sa di un Mez­zo­gior­no ostag­gio di “laz­za­ri, ple­ba­glia e lum­pen­pro­le­ta­riat” (a par­te la pre­sen­za di una cosid­det­ta “bor­ghe­sia illu­mi­na­ta”). A dif­fe­ren­za di altre espe­rien­ze auto­no­me ter­ri­to­ria­li ita­lia­ne non si può par­la­re solo di “Auto­no­mia ope­ra­ia orga­niz­za­ta”, come sin­te­si e pro­get­to del­le diver­se ani­me dell’Auto­no­mia meri­dio­na­le, per rias­su­mer­ne la com­ples­si­tà per­ché la fram­men­ta­zio­ne orga­niz­za­ti­va ne ha carat­te­riz­za­to fin dal ’69 la geo­gra­fia poli­ti­ca,  con “flui­de” espe­rien­ze orga­niz­za­te di grup­pi più o meno ampi, con un inter­scam­bio di mili­tan­ti tra sigle e real­tà ter­ri­to­ria­li, in per­cor­si con­ti­nui di ricom­po­si­zio­ne che segna­ro­no pro­fon­da­men­te i per­cor­si orga­niz­za­ti­vi. All’interno di una geo­gra­fia indu­stria­le fram­men­ta­ta, con una clas­se ope­ra­ia dis­se­mi­na­ta nel­le “cat­te­dra­li del deser­to”, l’autonomia del­le lot­te ope­ra­ie ha avu­to una sua con­si­sten­za, spes­so rin­for­za­ta dall’azione degli emi­gran­ti che tor­na­va­no a casa in segui­to a licen­zia­men­ti o per ave­re volon­ta­ria­men­te abban­do­na­to la fab­bri­ca, ma quel­le lot­te ope­ra­ie  rap­pre­sen­ta­ro­no una par­te del con­flit­to di clas­se meri­dio­na­le degli anni ’70, in un rap­por­to di scam­bio e con­fron­to con­ti­nuo con le lot­te urba­ne e contadine.

Alcu­ni set­to­ri dell’Autonomia meri­dio­na­le, per rias­su­me­re quel­la diver­si­tà, pro­po­se­ro il con­cet­to   di “auto­no­mia pro­le­ta­ria”, deli­nea­to in for­ma arti­co­la­ta nel 1976 nel nume­ro di otto­bre del gior­na­le «Mò basta! Aizamm’a capa», nel qua­le si soste­ne­va la neces­si­tà non di «nuo­vo grup­po rivo­lu­zio­na­rio» ma di un «cam­mi­no con­cre­to del­la clas­se ver­so il comu­ni­smo», con­cet­to  vago,  ma giu­sti­fi­ca­to dal richia­mo, tut­to meri­dio­na­le, alla sto­ria del bri­gan­tag­gio, alle rivol­te con­ta­di­ne, alle occu­pa­zio­ni del­le ter­re e a quell’«odio peren­ne con­tro lo Sta­to, agli atti di esa­spe­ra­zio­ne sel­vag­gi, assur­di e incom­pren­si­bi­li per il gior­na­li­smo libe­ra­le, di un popo­lo espro­pria­to di tut­to, del­la sua ter­ra, del­la sua cul­tu­ra». Auto­no­mia pro­le­ta­ria era un con­cet­to che ser­vi­va a deli­nea­re una com­po­si­zio­ne di clas­se sul­la qua­le non pote­va esse­re cala­ta «ogni con­ce­zio­ne che con­si­de­ra la clas­se come pura for­za-lavo­ro, capi­ta­le varia­bi­le e non espres­sio­ne sog­get­ti­va», per cui «rifiu­tia­mo ogni con­ce­zio­ne che por­ta alla neces­si­tà di una “coscien­za ester­na”, di un media­to­re e inter­pre­te dei biso­gni pro­le­ta­ri». Si apri­va così un oriz­zon­te poli­ti­co e mili­tan­te ori­gi­na­le, radi­ca­to nel­le real­tà del Sud, che «riven­di­ca e con­si­de­ra inter­ni alla clas­se gli atti di rivol­ta indi­vi­dua­le, la ribel­lio­ne con­tro il padro­ne, il pre­te, il sin­da­ca­li­sta cor­rot­to, il padre oppres­si­vo, il pre­si­de auto­ri­ta­rio e pater­na­li­sta, il pro­fes­so­re imbecille».

In que­gli anni in cui avvie­ne que­sta  rot­tu­ra con la tra­di­zio­ne del­la “sini­stra sto­ri­ca”, l’autonomia pro­le­ta­ria meri­dio­na­le ope­ra una “frat­tu­ra nel­la frat­tu­ra”, rom­pen­do il para­dig­ma ope­rai­sta con la valo­riz­za­zio­ne dell’anomalia del­le pro­vin­ce meri­dio­na­li, all’interno del­le qua­li le spe­ci­fi­ci­tà dell’operaismo veni­va­no rimo­du­la­te rispet­to alla com­po­si­zio­ne di clas­se e ai pro­ces­si di pro­du­zio­ne e valo­riz­za­zio­ne del­le comu­ni­tà e dei ter­ri­to­ri che han­no gene­ra­to feno­me­ni ete­ro­ge­nei, cia­scu­no con un suo spa­zio di espres­sio­ne e una sua sto­ria. È for­se più cor­ret­to, allo­ra, par­la­re al plu­ra­le di “auto­no­mie meri­dio­na­li”.

 

Le lot­te del pro­le­ta­ria­to agra­rio meri­dio­na­le dopo la secon­da guer­ra mon­dia­le e fino agli anni ’60, segna­ro­no lo scon­tro di clas­se per la loro radi­ca­li­tà. A quel perio­do risal­go­no le lot­te, all’inizio spon­ta­nee poi orga­niz­za­te, esplo­se nel­le tra­di­zio­na­li aree del lati­fon­do del Cro­to­ne­se, del Tavo­lie­re del­le Puglie, dell’area rura­le di Cal­ta­nis­set­ta, con l’occupazione del­le ter­re da par­te dei brac­cian­ti disoc­cu­pa­ti e con l’occupazione di ter­re a Melis­sa in Cala­bria, con l’uccisione di tre con­ta­di­ni che darà la spin­ta al varo del­la Rifor­ma agra­ria del 1950. Negli anni imme­dia­ta­men­te suc­ces­si­vi alla Rifor­ma la Sici­lia diven­te­rà ter­re­no di scon­tro tra il pro­le­ta­ria­to agra­rio e lo Sta­to, allea­to con la bor­ghe­sia agra­ria, sul ter­re­no del sala­rio e dei con­trat­ti di lavo­ro. Gli scio­pe­ri degli ope­rai del­la ter­ra, gli scon­tri con le for­ze dell’ordine, i bloc­chi stra­da­li, le bar­ri­ca­te e la vio­len­ta repres­sio­ne per un “ritor­no all’ordine” saran­no la cor­ni­ce del­le con­trat­ta­zio­ni sin­da­ca­li por­ta­te avan­ti dal­le Came­re del Lavo­ro. Gli obiet­ti­vi del­le lot­te rag­giun­ti con i miglio­ra­men­ti dei con­trat­ti di lavo­ro e del­le tute­le daran­no un for­te scos­so­ne agli equi­li­bri socia­li siciliani.

La rivol­ta di Avo­la del ’68 e i moti di Bat­ti­pa­glia del ’69, con mor­ti e deci­ne di feri­ti, segna­ro­no  la fuo­riu­sci­ta del­la rab­bia pro­le­ta­ria dagli argi­ni del­le riven­di­ca­zio­ni sin­da­ca­li e dell’ ege­mo­nia poli­ti­ca del Par­ti­to comu­ni­sta ita­lia­no, frat­tu­ra che emer­ge­rà in modo dram­ma­ti­co nel luglio del 1970 con la rivol­ta di Reg­gio Cala­bria, quan­do l’incapacità poli­ti­ca del Par­ti­to comu­ni­sta ita­lia­no e di mol­te for­ma­zio­ni extra­par­la­men­ta­ri di sini­stra, a par­te Lot­ta con­ti­nua, di leg­ger­la come espres­sio­ne di rab­bia pro­le­ta­ria fini­ta nel­le maglie del neo­fa­sci­smo lasce­rà la som­mos­sa popo­la­re nel­le mani dei fasci­sti loca­li capeg­gia­ti da Cic­cio Franco.

In Cala­bria, tra il ’68 e il ’69, una serie di agi­ta­zio­ni nel­le sto­ri­che aree di con­flit­to del­la regio­ne evi­den­zie­rà la lati­tan­za pres­so­ché tota­le dei tra­di­zio­na­li par­ti­ti del­la sini­stra e la nasci­ta di pic­co­li grup­pi “auto­no­mi”, col­let­ti­vi di pic­co­le dimen­sio­ni e spes­so non col­le­ga­ti tra loro ma atten­ti alle tema­ti­che del­la lot­ta di clas­se di quel­la fase. Uno dei con­tri­bu­ti più signi­fi­ca­ti­vi fu quel­lo degli intel­let­tua­li rac­col­ti intor­no al cir­co­lo “Mon­do Nuo­vo” a Cosen­za o al cir­co­lo cul­tu­ra­le “25 apri­le” di Castro­vil­la­ri, a rivi­ste e ini­zia­ti­ve edi­to­ria­li come i “Qua­der­ni Cala­bre­si”, pun­to di con­ver­gen­za per ela­bo­ra­zio­ni di ana­li­si e indi­ca­zio­ni poli­ti­co-socia­li pro­ve­nien­ti dal resto del­la regio­ne e da par­te del Meri­dio­ne. È da que­sti grup­pi di dis­sen­so che si svi­lup­pe­rà l’incontro fra ope­rai, soprat­tut­to gli edi­li del­le cit­tà, e stu­den­ti in una Cala­bria che, come tut­to il Sud di quel perio­do, dimo­stra­va di non esse­re “addor­men­ta­ta”.

I fat­ti di Reg­gio Cala­bria e le evi­den­ti con­ni­ven­ze fra ele­men­ti del­la destra fasci­sta reg­gi­na e le ‘ndri­ne deter­mi­na­ro­no una nuo­va con­sa­pe­vo­lez­za nei movi­men­ti di lot­ta del­la regio­ne, in par­ti­co­la­re dopo la stra­ge di Gio­ia Tau­ro del 22 luglio del 1970 sul “tre­no del sole” Paler­mo-Tori­no e la tra­gi­ca e sospet­ta mor­te di cin­que anar­chi­ci del col­let­ti­vo “La Barac­ca” di Reg­gio Cala­bria avve­nu­ta in auto­stra­da nel set­tem­bre del­lo stes­so anno. Pre­zio­so fu il lavo­ro di con­tro­in­for­ma­zio­ne degli anar­chi­ci che dimo­stre­rà l’in­fil­tra­zio­ne nel tes­su­to socia­le del pat­to tra i neo­fa­sci­sti e la ‘ndran­ghe­ta, sia nel­la rivol­ta reg­gi­na come nel dera­glia­men­to del tre­no di Gio­ia Tauro.

Nell’ottobre del’72, duran­te una mani­fe­sta­zio­ne nazio­na­le sin­da­ca­le a Reg­gio Cala­bria, in un gran­de cor­teo sfi­le­ran­no dele­ga­zio­ni ope­ra­ie del Nord con i pro­le­ta­ri in lot­ta del Sud nono­stan­te le diret­ti­ve con­tra­rie dei sin­da­ca­ti e gli attac­chi di poli­zia e fasci­sti (alcu­ne bom­be ver­ran­no rin­ve­nu­te sui bina­ri dei tre­ni che por­ta­va­no gli ope­rai del Nord alla manifestazione).

L’intervento poli­ti­co dell’Autonomia meri­dio­na­le non si con­cen­tre­rà solo sul­la fab­bri­ca dell’operaio del­la cate­na di mon­tag­gio ma anche all’interno di spa­zi ter­ri­to­ria­li di cit­tà e cam­pa­gne, uti­liz­zan­do e svi­lup­pan­do, soprat­tut­to da par­te degli auto­no­mi napo­le­ta­ni, l’indicazione dell’operaismo di Ranie­ro Pan­zie­ri di “apri­re e tene­re aper­to il movi­men­to”, ovve­ro ten­ta­re di atti­va­re tut­te le leve poli­ti­co-socia­li e di con­tro­in­for­ma­zio­ne per man­te­ne­re quan­to più pos­si­bi­le aper­to il pun­to d’attacco dei movi­men­ti socia­li, accu­mu­la­re più for­za pos­si­bi­le con le lot­te socia­li per allon­ta­na­re il momen­to del riflus­so, pro­dur­re nuo­ve socia­li­tà, con­so­li­da­re i movi­men­ti di classe.

Nel 1964 a Napo­li nasce il pri­mo comi­ta­to dei barac­ca­ti, cir­ca 20.000 pro­le­ta­ri e sot­to­pro­le­ta­ri che abi­ta­va­no allog­gi di for­tu­na o stan­ze d’albergo mes­se a dispo­si­zio­ne dal Comu­ne: uno spez­zo­ne di clas­se dal­la com­po­si­zio­ne ete­ro­ge­nea den­tro cui si ritro­va­va­no, uni­ti dal­le con­di­zio­ni di mise­ria, ope­rai licen­zia­ti, barac­ca­ti da gene­ra­zio­ni, arti­gia­ni espul­si dal ciclo pro­dut­ti­vo e “ille­ga­li”. Que­sto pri­mo embrio­ne di strut­tu­ra auto­no­ma, anco­ra lon­ta­na da qual­sia­si ipo­te­si poli­ti­co-orga­niz­za­ti­va, favo­rì un lavo­ro di inchie­sta, a par­ti­re dal ’65, sul­le con­di­zio­ni di clas­se di quel­le real­tà pro­le­ta­rie da par­te di grup­pi di intel­let­tua­li pro­ve­nien­ti dal cat­to­li­ce­si­mo del dis­sen­so e dall’area socia­li­sta. Nel 1969 sem­pre a Napo­li nove­cen­to fami­glie daran­no vita a un gran­de movi­men­to di occu­pa­zio­ni del­le case. Quel­le strut­tu­re auto­ge­sti­te si sal­da­va­no con espe­rien­ze ana­lo­ghe in quel perio­do come a Tori­no, Mila­no, Roma, Caglia­ri e Paler­mo. Con la pra­ti­ca dell’autogestione nasce­ran­no le pri­me strut­tu­re ter­ri­to­ria­li di base, i comi­ta­ti degli occu­pan­ti, che por­te­ran­no alla rot­tu­ra con le for­me tra­di­zio­na­li di rap­pre­sen­tan­za poli­ti­ca e sin­da­ca­le. Le strut­tu­re auto­ge­sti­te degli occu­pan­ti saran­no l’embrione dei futu­ri Comi­ta­ti di quar­tie­re.

Quel movi­men­to di occu­pa­zio­ni di case inte­res­se­rà nel ’72 tut­ti i ter­ri­to­ri del Sud come il polo indu­stria­le di Taran­to, come a Napo­li e a Bari; pic­co­li aggre­ga­ti fami­lia­ri pra­ti­can­do una dif­fu­sa ille­ga­li­tà daran­no vita a un feno­me­no di mas­sa che nel ’75 sfo­ce­rà in miglia­ia di sta­bi­li occu­pa­ti. Le occu­pa­zio­ni si sus­se­gui­ran­no fino alla fine degli anni Set­tan­ta anche in luo­ghi lon­ta­ni dal­le gran­di cit­tà, come a Poten­za e a Fog­gia. Le occu­pa­zio­ni dei quar­tie­ri popo­la­ri saran­no la base, negli anni a veni­re, del­la nasci­ta del Movi­men­to dei disoc­cu­pa­ti.

Dal 1971, con il sor­ge­re di dif­fu­se e impor­tan­ti lot­te auto­no­me ope­ra­ie nel ter­ri­to­rio napo­le­ta­no, si svi­lup­pe­rà una sin­go­la­re espe­rien­za “emme-elle” con la nasci­ta dell’organizzazione “Lot­ta di lun­ga dura­ta”, un par­ti­to comu­ni­sta mar­xi­sta-leni­ni­sta nato da una del­le tan­te scis­sio­ni del Par­ti­to comu­ni­sta d’Italia (m‑l). I fuo­riu­sci­ti napo­le­ta­ni si riu­ni­ran­no intor­no alla cari­sma­ti­ca figu­ra di Gusta­vo Her­mann, pro­fes­so­re di fisi­ca e figu­ra di rife­ri­men­to del movi­men­to ope­ra­io napo­le­ta­no, fon­dan­do anche un sin­da­ca­to, l’Unio­ne sin­da­ca­le dei comi­ta­ti di lot­ta (USCL), che in que­gli anni si con­fron­te­rà e tes­se­rà lega­mi con nume­ro­se altre real­tà di lot­ta di fab­bri­ca in tut­ta Ita­lia, per appro­da­re nel ’73 a Bolo­gna al Con­ve­gno dei Comi­ta­ti auto­no­mi ope­rai. In Puglia, tra la fine del ’68 e l’inizio del’69, i mili­tan­ti del Movi­men­to stu­den­te­sco davan­ti ai can­cel­li del­le fab­bri­che tro­ve­ran­no strut­tu­re orga­niz­za­te dell’area mar­xi­sta-leni­ni­sta-maoi­sta, fra cui il Cir­co­lo Lenin di Puglia che con­ten­de­va il pri­ma­to del­la pre­sen­za poli­ti­ca regio­na­le all’Unione dei comu­ni­sti ita­lia­ni (m‑l), che dif­fon­de­va il gior­na­le “Ser­vi­re il Popo­lo”. A Brin­di­si tra l’estate del ’74 e la pri­ma­ve­ra del ’75 nasce­ran­no grup­pi lega­ti all’Auto­no­mia ope­ra­ia orga­niz­za­ta (in par­ti­co­la­re sul­le tema­ti­che riguar­dan­ti il pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le) come l’area di Ros­so e i Comi­ta­ti auto­no­mi ope­rai roma­ni di via dei Volsci.

A par­ti­re dal­la rivol­ta di Reg­gio Cala­bria impor­tan­ti saran­no la pre­sen­za e l’iniziativa poli­ti­ca di Lot­ta con­ti­nua che pub­bli­che­rà il foglio di agi­ta­zio­ne “Mò che il tem­po si avvi­ci­na”, gior­na­le pen­sa­to per esse­re pun­to di rife­ri­men­to e orga­no di infor­ma­zio­ne dei ter­ri­to­ri e del­le cit­tà meri­dio­na­li. Nel 1973 a Napo­li Lot­ta con­ti­nua pro­muo­ve­rà la Men­sa dei bam­bi­ni pro­le­ta­ri di Mon­te­san­to, espe­ri­men­to poli­ti­co e socia­le che riu­nì intel­let­tua­li e mili­tan­ti, in un con­te­sto socia­le carat­te­riz­za­to da altis­si­ma eva­sio­ne sco­la­sti­ca, mise­ria e alta mor­ta­li­tà infan­ti­le. L’iniziativa rivol­ta ai bam­bi­ni pro­le­ta­ri del cen­tro sto­ri­co si allar­ghe­rà, con il cole­ra soprag­giun­to pochi mesi dopo l’avvio del­le atti­vi­tà, a quel­la sani­ta­ria con la nasci­ta del Cen­tro di medi­ci­na popo­la­re, un esem­pio ori­gi­na­le di inter­ven­to e una rot­tu­ra con la tra­di­zio­na­le azio­ne poli­ti­ca del­la sini­stra sto­ri­ca nei quar­tie­ri pro­le­ta­ri. Con lo scio­gli­men­to, alla fine del ’76, dell’organizzazione la dia­spo­ra di qua­dri poli­ti­ci di alto pro­fi­lo cul­tu­ra­le e gran­di doti orga­niz­za­ti­ve darà vita a nume­ro­si per­cor­si che con­tri­bui­ran­no alla nasci­ta di mol­te real­tà dell’Autonomia meridionale.

Negli anni ’70 le lot­te ambien­ta­li saran­no un impor­tan­te ter­re­no di scon­tro poli­ti­co, eco­no­mi­co e socia­le sia con l’intervento con­tro la noci­vi­tà degli impian­ti, come a Napo­li e a Taran­to, sia sul ter­re­no occupazionale.

Nei ter­ri­to­ri meri­dio­na­li sor­ge­ran­no basi mili­ta­ri, disca­ri­che di rifiu­ti tos­si­ci pro­ve­nien­ti dagli impian­ti del nord Ita­lia e sta­bi­li­men­ti noci­vi, ven­du­ti alla popo­la­zio­ne come inter­ven­ti per lo svi­lup­po e l’occupazione, come quel­li per la lavo­ra­zio­ne del fosge­ne che nel ’73 la Mon­te­di­son spo­sta nell’ area di Brin­di­si. Saran­no nume­ro­si, nel cor­so degli anni, i disa­stri che segna­ro­no la sto­ria dei ter­ri­to­ri meri­dio­na­li come quel­lo del Petrol­chi­mi­co di Man­fre­do­nia dove il 26 set­tem­bre 1976 esplo­se una colon­na di lavag­gio del­l’im­pian­to di sin­te­si dell’ammoniaca, river­san­do nel­l’a­ria 10 ton­nel­la­te di arse­ni­co. La popo­la­zio­ne sarà avver­ti­ta sol­tan­to mol­te ore dopo, la mobi­li­ta­zio­ne in cit­tà per la chiu­su­ra dell’impianto e la boni­fi­ca del ter­ri­to­rio, rifiu­tan­do l’antico ricat­to occu­pa­zio­na­le tra lavo­ro, salu­te e ambien­te, sarà for­te e imme­dia­ta e coin­vol­ge­rà mili­tan­ti da tut­ta la regio­ne. Nume­ro­si saran­no gli inci­den­ti in que­sto tipo di impian­ti fino agli anni ’90 e la “que­stio­ne ambien­ta­le” darà vita alla for­ma­zio­ne di reti mili­tan­ti orga­niz­za­te che, soprat­tut­to negli anni ottan­ta, si mobi­li­te­ran­no con le lot­te anti­nu­clea­ri, con i cam­peg­gi di lot­ta del 1983 e 1984, con la nasci­ta del Coor­di­na­men­to nazio­na­le antim­pe­ria­li­sta e antinucleare.

A Napo­li, dal ’69 al ’75, i Comi­ta­ti di quar­tie­re saran­no le strut­tu­re di base dell’Autonomia, luo­ghi di incon­tro per mili­tan­ti, stu­den­ti e pro­le­ta­ria­to urba­no, pre­sen­ti in que­gli anni nel­le lot­te per il pane e per l’autoriduzione, nell’estate ’73 dell’epidemia del cole­ra, con la pra­ti­ca di for­me di con­tro­po­te­re ter­ri­to­ria­le come la dife­sa di palaz­zi e quar­tie­ri con­tro gli “stac­chi” dell’Enel. Quei nuclei ete­ro­ge­nei di orga­niz­za­zio­ne poli­ti­ca ter­ri­to­ria­le favo­ri­ran­no pro­ces­si auto­no­mi orga­niz­za­ti che si sal­de­ran­no con le lot­te di un nutri­to grup­po di avan­guar­die del­le fab­bri­che dis­se­mi­na­te sul ter­ri­to­rio metropolitano.

Fin dai pri­mi anni ’70 i mili­tan­ti dei grup­pi del­la sini­stra extra­par­la­men­ta­re, in par­ti­co­la­re di Lot­ta con­ti­nua, e poi  dell’ Auto­no­mia meri­dio­na­le dovran­no con­fron­tar­si con le real­tà e i com­por­ta­men­ti di lar­ghi stra­ti di pro­le­ta­ria­to pre­ca­rio, “ille­ga­le”, non garan­ti­to; com­por­ta­men­ti di ille­ga­li­tà dif­fu­sa, soprat­tut­to nei quar­tie­ri e ter­ri­to­ri del napo­le­ta­no ma che inte­res­se­ran­no anche altri ter­ri­to­ri del Sud come Brin­di­si, Taran­to e Bari, di miglia­ia di fami­glie che “vive­va­no di micro­cri­mi­na­li­tà”, come il con­trab­ban­do. Nasce­ran­no pri­me embrio­na­li espe­rien­ze orga­niz­za­te. Nei quar­tie­ri e nel­le cel­le del­le car­ce­ri il pro­le­ta­ria­to “ille­ga­le” diven­te­rà refe­ren­te per orga­niz­za­zio­ni come Lot­ta con­ti­nua che isti­tui­rà una Com­mis­sio­ne car­ce­ri all’ indo­ma­ni del ciclo di rivol­te del 1971, che fin dal 1969 e nel decen­nio suc­ces­si­vo tra­sfor­me­ran­no, all’inizio spon­ta­nea­men­te, le car­ce­ri in ter­re­no di bat­ta­glia poli­ti­ca. Lot­te e per­cor­si orga­niz­za­ti che nel 1974 daran­no vita all’ orga­niz­za­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria, i Nuclei arma­ti pro­le­ta­ri (Nap), che por­rà come cen­tra­le la lot­ta dei “dan­na­ti del­la ter­ra”, che pra­ti­che­rà azio­ni di pro­pa­gan­da arma­ta come seque­stri, espro­pri, feri­men­ti, azio­ni con l’uso anche dell’esplosivo, orga­niz­ze­rà eva­sio­ni. Pre­sen­ti nel­le car­ce­ri del Nord, come a Firen­ze, i Nap diven­te­ran­no soprat­tut­to refe­ren­ti per mol­ti pro­le­ta­ri pre­ca­ri e sot­to­pro­le­ta­ri meri­dio­na­li e in par­ti­co­la­re a Napo­li, nel car­ce­re e in quar­tie­ri, come For­cel­la, dove il Comi­ta­to di quar­tie­re darà vita a espe­rien­ze di lot­ta sul ter­re­no dei prez­zi poli­ti­ci del­le mer­ci, del sala­rio socia­le, con espro­pri di super­mer­ca­ti, di camion e fur­go­ni di gene­ri ali­men­ta­ri, poi distri­bui­ti nel quar­tie­re. Tra novem­bre del 1976 e feb­bra­io del 1977 si svol­ge­rà a Napo­li il pro­ces­so ai Nap, dife­si dagli avvo­ca­ti del Soc­cor­so ros­so, che vedrà un gran­de movi­men­to di soli­da­rie­tà di vasti set­to­ri del pro­le­ta­ria­to urba­no e del­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria napo­le­ta­na mobi­li­tar­si in una cit­tà mili­ta­riz­za­ta, con azio­ni come l’irruzione al Cir­co­lo del­la stam­pa. La bre­ve e inten­sa sto­ria dei Nap si può con­si­de­ra­re con­clu­sa il 1 luglio 1977 a Roma con l’uccisione di un mili­tan­te e la cat­tu­ra di altre due. In car­ce­re mol­ti mili­tan­ti con­flui­ran­no nel­le Bri­ga­te rosse.

L’ auto­no­mia meri­dio­na­le si mobi­li­te­rà sul ter­re­no uni­fi­can­te dell’anti­fa­sci­smo. Nume­ro­se saran­no le pro­vo­ca­zio­ni fasci­ste, alcu­ne mol­to gra­vi, e gran­di saran­no le rispo­ste di mas­sa di tut­to il movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio meridionale.

A Napo­li nel mag­gio 1970 un com­man­do fasci­sta assal­ta la sede dell’USCL, ai Quar­tie­ri Spa­gno­li, la dife­sa sarà “con ogni mez­zo neces­sa­rio”, com­pre­se le fiam­me ossi­dri­che usa­te dal­le avan­guar­die ope­ra­ie pre­sen­ti nel­la sede; nel­la not­te tra il 20 e  21 gen­na­io del 1972 Vin­cen­zo de Wau­re, stu­den­te e mili­tan­te anti­fa­sci­sta, vie­ne  accol­tel­la­to e dato alle fiam­me; gli attac­chi dei fasci­sti col­pi­sco­no, in que­gli anni, in modo indi­scri­mi­na­to, come  il 17 giu­gno 1975 con l’uccisione con una molo­tov di Jolan­da Pal­la­di­no; il 30 set­tem­bre 1978 i fasci­sti aggre­di­sco­no a col­pi di spran­ga un gio­va­ne mili­tan­te comu­ni­sta e un con­si­glie­re del Wwf,  Clau­dio Mic­co­li, che mori­rà pochi gior­ni dopo.

Il 7 luglio 1972 a Saler­no in uno scon­tro tra anar­chi­ci e fasci­sti mori­rà accol­tel­la­to Car­lo Fal­vel­la, diri­gen­te dell’organizzazione gio­va­ni­le del Movi­men­to socia­le ita­lia­no, ver­rà arre­sta­to l’anarchico Gio­van­ni Mari­ni. Il “caso Mari­ni” e il pro­ces­so che dure­rà fino al ’75 mobi­li­te­rà il movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio ita­lia­no e Soc­cor­so rosso.

A Bari i fasci­sti del Movi­men­to socia­le ita­lia­no (Msi) e del Fron­te del­la gio­ven­tù attac­che­ran­no le lot­te del movi­men­to stu­den­te­sco e le lot­te dei comi­ta­ti pro­le­ta­ri nei quar­tie­ri di Bari Vec­chia, San Pasqua­le, Liber­tà e San Paolo.

Il 4 Giu­gno 1977 a Lec­ce gran­de mobi­li­ta­zio­ne del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio con­tro il comi­zio di Pino Rau­ti, espo­nen­te neo­na­zi­sta del Msi. La sera del 28 novem­bre 1977 a Bari i fasci­sti ucci­do­no a col­tel­la­te,  in uno scon­tro con mili­tan­ti anti­fa­sci­sti, Bene­det­to Petro­ne, gio­va­ne espo­nen­te del­la Fede­ra­zio­ne gio­va­ni­le comu­ni­sta ita­lia­na; in rispo­sta cen­ti­na­ia di mani­fe­stan­ti attac­che­ran­no sedi, nego­zi e covi fasci­sti; il gior­no suc­ces­si­vo sfi­le­rà un lun­go cor­teo anti­fa­sci­sta mili­tan­te con i con­si­gli di fab­bri­ca del­la zona indu­stria­le, gli stu­den­ti, la popo­la­zio­ne di Bari Vec­chia e tan­ti mili­tan­ti arri­va­ti dal­la pro­vin­cia; nel gior­no dei fune­ra­li in die­ci­mi­la attra­ver­se­ran­no la cit­tà mili­ta­riz­za­ta  nono­stan­te il divie­to del­la que­stu­ra, fischian­do il comi­zio del Pci e scon­tran­do­si con il suo ser­vi­zio d’ordine. Nei mesi seguen­ti altre azio­ni con­tro i covi fasci­sti, le reda­zio­ni dei gior­na­li di destra, le pic­co­le e medie impre­se, dove era dif­fu­so il lavo­ro nero e minorile.

Nel dicem­bre del 1973 il “Movi­men­to dei con­ta­di­ni e dei pro­le­ta­ri del Mez­zo­gior­no e del­le iso­le” orga­niz­ze­rà a Caglia­ri un con­ve­gno sul tema “Mez­zo­gior­no d’Italia e colo­nia­li­smo”, con un’analisi sul ruo­lo e la posi­zio­ne del Meri­dio­ne nel qua­dro del­la strut­tu­ra impe­ria­li­sti­ca inter­na­zio­na­le. Gli atti e le con­clu­sio­ni del con­ve­gno saran­no dibat­tu­ti in par­ti­co­la­re in Cala­bria dal grup­po dei “Qua­der­ni Cala­bre­si” e da alcu­ni cir­co­li ope­rai­sti e leni­ni­sti in pro­vin­cia di Catanzaro.

In que­gli anni il dibat­ti­to sul Mez­zo­gior­no si svi­lup­pe­rà paral­le­la­men­te alle lot­te di clas­se urba­ne e di fab­bri­ca; si pro­ve­rà a ride­fi­ni­re “i nuo­vi ter­mi­ni del­la que­stio­ne meri­dio­na­le”, dal tito­lo di un volu­me del 1974 di nume­ro­si intel­let­tua­li meri­dio­na­li, tra cui E. Cape­ce­la­tro, A. Car­lo, N. Zita­ra e altri. Rifles­sio­ni che cer­ca­va­no di assor­bi­re la lezio­ne “ope­rai­sta” del volu­me di L. Fer­ra­ri Bra­vo e A. Sera­fi­ni “Sta­to e Sot­to­svi­lup­po, il caso del Mez­zo­gior­no ita­lia­no” del 1972. Da quel­le rifles­sio­ni emer­ge­rà, in par­ti­co­la­re in ambien­ti cala­bre­si, una rivi­si­ta­zio­ne ideo­lo­gi­ca del­la que­stio­ne meri­dio­na­le, che rileg­ge­rà il Sud come “colo­nia inter­na”, ter­ri­to­rio di oppres­sio­ne e sfrut­ta­men­to, fun­zio­na­li allo svi­lup­po capi­ta­li­sti­co ita­lia­no. Matu­re­rà in que­gli anni in for­ma non orga­ni­ca ma pro­gres­si­va­men­te dif­fu­sa, all’interno dei col­let­ti­vi poli­ti­ci spar­si nei ter­ri­to­ri del Sud, una linea inter­pre­ta­ti­va nuo­va che soster­rà sia l’analisi di un Sud colo­niz­za­to dal Capi­ta­le e dal­lo Sta­to al fine di smor­zar­ne le capa­ci­tà di insor­gen­za e sia una Auto­no­mia meri­dio­na­le con spe­ci­fi­che caratteristiche.

Nel­le assem­blee dell’Autonomia meri­dio­na­le di Cosen­za nell’ottobre 1976 e di Paler­mo nel gen­na­io 1978 emer­se la neces­si­tà di supe­ra­re la fran­tu­ma­zio­ne del­le ini­zia­ti­ve disper­se nei diver­si ter­ri­to­ri meri­dio­na­li per nuo­ve for­me di lot­ta e sin­te­si orga­niz­za­ti­ve con due diver­se pro­get­tua­li­tà: una,  che facen­do leva sul­le spe­ci­fi­ci­tà del Sud, por­rà l’esigenza di non schiac­cia­re il poten­zia­le dell’autonomia meri­dio­na­le con le vec­chie for­me orga­niz­za­ti­ve “tar­do-resi­sten­zia­li”, supe­ra­te e insuf­fi­cien­ti per un rove­scia­men­to radi­ca­le dei  vec­chi rap­por­ti socia­li e di pro­du­zio­ne, l’altra    inve­ce soster­rà la neces­si­tà di costrui­re, pur in for­me rin­no­va­te, moda­li­tà di coor­di­na­men­to tra le diver­se real­tà ter­ri­to­ria­li per una dire­zio­ne poli­ti­co-orga­niz­za­ti­va del movimento.

Dal 1974 nell’area dei grup­pi dell’Autonomia meri­dio­na­le, impe­gna­ti nell’intervento ter­ri­to­ria­le in for­me più o meno spon­ta­nee, si por­rà il pro­ble­ma dell’uso del­la for­za, del­la pra­ti­ca del­la lot­ta arma­ta, con la nasci­ta in modo “disor­ga­niz­za­to” in tut­to il Meri­dio­ne di una tela di real­tà mili­tan­ti, con alcu­ne discri­mi­nan­ti poli­ti­che come la scel­ta di non ope­ra­re in clan­de­sti­ni­tà, esse­re sem­pre inter­ni al movi­men­to per costrui­re il con­tro­po­te­re pro­le­ta­rio. Que­sto arci­pe­la­go di grup­pi, che pra­ti­che­rà l’uso del­la for­za a soste­gno e dife­sa del­le lot­te ter­ri­to­ria­li e con­tro luo­ghi sim­bo­li­ci del­la pre­sen­za del­lo Sta­to nel Sud, si riu­ni­rà in una “non orga­niz­za­zio­ne” auto­no­ma, i “Pri­mi fuo­chi di guer­ri­glia”, un pro­get­to poli­ti­co di una pos­si­bi­le Auto­no­mia orga­niz­za­ta meri­dio­na­le, per una strut­tu­ra di rac­cor­do del­le disor­ga­niz­za­te real­tà auto­no­me, pro­get­to che però non riu­sci­rà a supe­ra­re quel­la fram­men­ta­zio­ne strut­tu­ra­le del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio meri­dio­na­le impe­gna­to in una infi­ni­ta  discus­sio­ne in tan­tis­si­me riu­nio­ni infor­ma­li nei ter­ri­to­ri, come a Paler­mo nel gen­na­io ’78 a late­re dell’Assemblea dell’Autonomia Meridionale.

Anche nel sud Ita­lia a metà del decen­nio con la cri­si del­la sini­stra extra­par­la­men­ta­re emer­ge­ran­no nuo­ve figu­re socia­li, nuo­vi biso­gni e com­por­ta­men­ti di clas­se, come il movi­men­to fem­mi­ni­sta e il movi­men­to dei cir­co­li del pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le che agi­te­rà e pra­ti­che­rà tema­ti­che e biso­gni di una real­tà gio­va­ni­le meri­dio­na­le schiac­cia­ta tra disoc­cu­pa­zio­ne e lavo­ro precario.

Di gran­de impat­to furo­no la cri­ti­ca e le pra­ti­che del­le lot­te del­le don­ne, nume­ro­si furo­no i col­let­ti­vi fem­mi­ni­sti che segna­ro­no con le loro lot­te una nuo­va sta­gio­ne di movi­men­to, in col­le­ga­men­to con le mobi­li­ta­zio­ni nazio­na­li come la cam­pa­gna per il sala­rio al lavo­ro dome­sti­co, ini­zial­men­te pro­mos­sa dal grup­po “Lot­ta fem­mi­ni­sta”, nato nel ’71 per ini­zia­ti­va di mili­tan­ti dell’area di Pote­re ope­ra­io e sciol­to­si nel ’74 nei “Grup­pi per il sala­rio al lavo­ro dome­sti­co”. Que­sti grup­pi, che riven­di­che­ran­no una pro­pria auto­no­mia e una sepa­ra­tez­za rispet­to a par­ti­ti e orga­niz­za­zio­ni poli­ti­che, saran­no pre­sen­ti nel­le gran­di cit­tà e ter­ri­to­ri del Sud come a Napo­li, Pesca­ra, Saler­no, Gela, Caltanissetta.

In Puglia nel ‘75 il Movi­men­to Fem­mi­ni­sta Brin­di­si­no si mobi­li­te­rà in piaz­za per la pri­ma vol­ta apren­do la stra­da alla nasci­ta del Col­let­ti­vo Auto­no­mia Fem­mi­ni­sta. Le cam­pa­gne per il sala­rio al lavo­ro dome­sti­co affian­che­ran­no, negli stes­si anni, le gran­di bat­ta­glie per i dirit­ti civi­li. La bat­ta­glia per il refe­ren­dum sul divor­zio e poi quel­la per l’aborto diven­te­ran­no temi cen­tra­li per tut­ti i grup­pi fem­mi­ni­sti con gran­di mobi­li­ta­zio­ni come la mani­fe­sta­zio­ne del 5 dicem­bre 1975 orga­niz­za­ta dal Movi­men­to fem­mi­ni­sta brindisino.

La gran­de vita­li­tà del­le real­tà dell’Autonomia meri­dio­na­le, nono­stan­te la pover­tà di mez­zi, die­de vita a rivi­ste, pam­phlet e gior­na­li, con una loro dif­fu­sio­ne loca­le e regio­na­le gra­zie al “noma­di­smo mili­tan­te” degli auto­no­mi meri­dio­na­li per pae­si e pro­vin­ce ovun­que si mani­fe­sta­va­no lot­te ope­ra­ie e socia­li.  Nell’ottobre del 1976 esce il pri­mo nume­ro di Mo basta! Aizam’a capa, foglio di quel­la Auto­no­mia pro­le­ta­ria cala­bre­se che si rifa­ce­va alla sto­ria del bri­gan­tag­gio e all’estraneità del pro­le­ta­ria­to meri­dio­na­le nei con­fron­ti del­lo Sta­to. I bri­gan­ti, sot­trat­ti alla nar­ra­zio­ne bor­ghe­se che li vole­va “ban­di­ti”, furo­no ripro­po­sti come par­ti­gia­ni del Sud, in gra­do di coa­gu­la­re intor­no alla pro­pria rivol­ta for­ze socia­li diver­se di un Meri­dio­ne occu­pa­to dall’esercito pie­mon­te­se: “Li bri­gan­ti” si chia­me­rà anche un altro gior­na­le dell’autonomia cala­bre­se, così come alla rilet­tu­ra del bri­gan­tag­gio si rifa­rà “Ros­si ros­si rossi…Briganti Ros­si”, pub­bli­ca­to nel feb­bra­io 1978, all’indomani dell’arresto dei mili­tan­ti dei Pri­mi fuo­chi di guer­ri­glia per l’assalto al cen­tro di cal­co­lo del­la Cari­cal di Ren­de (Cosen­za). Nei pri­mi anni ottan­ta “Gra­mi­gna. Gior­na­le comu­ni­sta meri­dio­na­le”, pub­bli­ca­to a Vibo Valen­tia, infor­me­rà sull’intervento poli­ti­co di nume­ro­si col­let­ti­vi ope­ran­ti nel­le altre regio­ni, fra cui la sin­go­la­re espe­rien­za del Comi­ta­to di lot­ta dei brac­cian­ti fore­sta­li di Potenza.

Pro­prio in Basi­li­ca­ta emer­ge­rà nel 1982 una signi­fi­ca­ti­va espe­rien­za di infor­ma­zio­ne “dal bas­so”, attra­ver­so il gior­na­le “Laz­zi e spil­li” che rac­co­glie­rà l’area dei “soprav­vis­su­ti” agli arre­sti che coin­vol­se­ro i mili­tan­ti e le mili­tan­ti dei Pri­mi fuo­chi di guerriglia.

Le dif­fi­col­tà nel repe­ri­re fon­di e tec­no­lo­gia neces­sa­ri per far fun­zio­na­re radio libe­re di movi­men­to furo­no spes­so un pro­ble­ma dif­fi­cil­men­te supe­ra­bi­le per le real­tà meri­dio­na­li, come a Napo­li con Radio Mari­po­sa che rima­se un pro­get­to sul­la car­ta. Un’esperienza signi­fi­ca­ti­va e iso­la­ta sarà inve­ce Radio Casbah a Brin­di­si che entre­rà in fun­zio­ne nel 1985 diven­tan­do il pun­to di rife­ri­men­to per le bat­ta­glie con­tro l’installazione del­la cen­tra­le nuclea­re a Tor­re Gua­ce­to e quel­la a car­bo­ne di Cera­no.  A Napo­li nell’ ambi­to del­le lot­te dei disoc­cu­pa­ti orga­niz­za­ti l’ampio uso di stru­men­ti comu­ni­ca­ti­vi come volan­ti­ni, “taze­bao” e opu­sco­li sfo­ce­rà nel gior­na­le “Ban­chi Nuo­vi”.

Il ten­ta­ti­vo di costrui­re un pro­get­to comu­ni­ca­ti­vo col­le­ga­to ai pro­ces­si rea­li del­le lot­te pren­de for­ma nel­la sta­gio­ne dell’autonomia napo­le­ta­na alla fine degli anni ’70 quan­do la sede dell’Associazione Risve­glio Napo­li (ARN) diven­ta il luo­go dove si riu­ni­ran­no col­let­ti­vi stu­den­te­schi, asso­cia­zio­ni di fami­lia­ri di dete­nu­ti, atti­vi­sti e mili­tan­ti di comi­ta­ti di quar­tie­re e di col­let­ti­vi ter­ri­to­ria­li ricon­du­ci­bi­li all’area dell’Autonomia Ope­ra­ia. Nac­que all’interno di quei loca­li il Cen­tro di docu­men­ta­zio­ne ARN che si pro­po­ne­va di esse­re un pun­to di rife­ri­men­to per le for­ze disper­se dell’autonomia napoletana.

Nell’estate del 1981  la rivi­sta auto­pro­dot­ta “Black Out” si pro­por­rà di  “for­ni­re all’interno del movi­men­to di clas­se una let­tu­ra del­le rea­li arti­co­la­zio­ni strut­tu­ra­li ed isti­tu­zio­na­li del pote­re, imme­dia­ta­men­te tra­du­ci­bi­li in ter­mi­ni ope­ra­ti­vi” e, con il gior­na­le “Voglia­mo Tut­to” di poco ante­ce­den­te, costi­tuì il ten­ta­ti­vo degli auto­no­mi napo­le­ta­ni di man­te­ne­re aper­to un ambi­to di discus­sio­ne e ana­li­si in anni di repres­sio­ne poli­ti­co-giu­di­zia­ria ini­zia­ta in Ita­lia il 7 apri­le ’79 a Pado­va con­tro le for­ze dell’ Auto­no­mia ope­ra­ia orga­niz­za­ta. In que­gli anni il Cen­tro di docu­men­ta­zio­ne ARN sarà anche un pun­to di incon­tro per quel­la par­te dell’autonomia napo­le­ta­na che si rifa­ce­va all’analisi poli­ti­ca e alle pro­po­ste orga­niz­za­ti­ve di fase, come il Movi­men­to comu­ni­sta orga­niz­za­to, dei Col­let­ti­vi poli­ti­ci vene­ti per il pote­re ope­ra­io avan­za­te a ridos­so del vio­len­to attac­co repres­si­vo che quell’organizzazione subì l’ 11 mar­zo 1980.

Il ter­re­mo­to del 23 novem­bre ’80 evi­den­zie­rà con più for­za le que­stio­ni socia­li, eco­no­mi­che, di clas­se del Mez­zo­gior­no, emer­se nel ciclo di lot­te del decen­nio pre­ce­den­te e in una fase di vio­len­ta repres­sio­ne e disgre­ga­zio­ne orga­niz­za­ti­va del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio. Nei ter­ri­to­ri del Sud col­pi­ti dal sisma, in par­ti­co­la­re a Napo­li e nel­le aree inter­ne del­la Cam­pa­nia, saran­no pre­sen­ti fin dall’inizio i movi­men­ti di lot­ta, dai disoc­cu­pa­ti a quel­li dei sen­za tet­to; nel­la pri­ma­ve­ra del 1981 si ter­rà a Napo­li una gran­de assem­blea cit­ta­di­na sul tema del­la casa e dei ser­vi­zi socia­li, dove si discu­te­rà di un pos­si­bi­le pro­get­to di cit­tà ridi­se­gna­ta sui biso­gni pro­le­ta­ri e non sul­le logi­che e gli inte­res­si capi­ta­li­sti­ci. Su quel­la sta­gio­ne dell’autonomia napo­le­ta­na si abbat­te­rà un’inchiesta giu­di­zia­ria che crol­le­rà nel giro di pochi mesi. Un cor­teo com­bat­ti­vo il 28 feb­bra­io 1981, sfi­dan­do il divie­to del­la que­stu­ra, sfi­le­rà per il cen­tro di Napo­li die­tro lo stri­scio­ne «Sia­mo tut­ti sovversivi».

In quei pri­mi anni ’80 ripren­de­ran­no le lot­te per la casa, nasce­ran­no “basi ros­se” nel­le Vele di Secon­di­glia­no, nei quar­tie­ri peri­fe­ri­ci di Mia­no, Pisci­no­la, Agna­no e in nume­ro­se altre zone del­la cit­tà da dove si orga­niz­za­va­no le occu­pa­zio­ni di case sfit­te di edi­li­zia pub­bli­ca e pri­va­ta, lot­te che attac­ca­te e osta­co­la­te dagli appa­ra­ti del­lo Sta­to e dal­la camor­ra loca­le saran­no radi­ca­te nel ter­ri­to­rio per­ché espres­sio­ne rea­le di una doman­da lega­ta ai biso­gni socia­li e col­let­ti­vi di clas­se. Sarà   soprat­tut­to il CIM (Cen­tro ini­zia­ti­va mar­xi­sta) in quel perio­do ad assu­me­re un ruo­lo di dire­zio­ne poli­ti­ca den­tro le lot­te, che man­ter­rà per un perio­do rap­por­ti poli­ti­ci con i Comi­ta­ti auto­no­mi ope­rai romani.

Nel 1980 si orga­niz­ze­rà a Brin­di­si il pri­mo cam­peg­gio anti­nu­clea­re. Le lot­te con­tro la pro­du­zio­ne di ener­gia pro­dot­ta dai com­bu­sti­bi­li fos­si­li e dal­le cen­tra­li nuclea­ri saran­no duris­si­me e con­dot­te in pri­ma fila dagli auto­no­mi puglie­si assie­me al Coor­di­na­men­to anti­nu­clea­re e antimperialista.

Nel movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio si discu­te­rà ani­ma­ta­men­te sul­le pro­ble­ma­ti­che poli­ti­che di fase. L’area del­l’au­to­no­mia vici­na alle ana­li­si del­la rivi­sta “Metro­po­li” pro­por­rà una let­tu­ra dei con­flit­ti del dopo ter­re­mo­to napo­le­ta­no legan­do­la ai movi­men­ti che in quel perio­do attra­ver­sa­va­no mol­ti ter­ri­to­ri euro­pei sul­le tema­ti­che anti­nu­clea­ri, le occu­pa­zio­ni del­le case e la bat­ta­glia per i pri­mi cen­tri socia­li, il rifiu­to del­la segre­ga­zio­ne nei quar­tie­ri ghet­to e le poli­ti­che neoliberiste.

Nel 1983 il Movi­men­to pro­muo­ve­rà alcu­ne impor­tan­ti cam­pa­gne di lot­ta, come quel­la con­tro l’arti­co­lo 90 del codi­ce pena­le, pre­cur­so­re dell’attuale 41 bis, che isti­tui­va un duro regi­me car­ce­ra­rio dif­fe­ren­zia­to per i pri­gio­nie­ri poli­ti­ci. La mani­fe­sta­zio­ne nazio­na­le a Voghe­ra, indet­ta insie­me al Par­ti­to radi­ca­le, avvo­ca­ti, gior­na­li­sti e sin­go­le asso­cia­zio­ni ver­rà vie­ta­ta; il cor­teo sarà cari­ca­to dal­le for­ze di poli­zia, con una cac­cia all’uomo, tre­cen­to fer­mi e tre arresti.

Un’ altra cam­pa­gna di lot­ta sarà la mobi­li­ta­zio­ne con­tro l’in­stal­la­zio­ne a Comi­so (Ragu­sa), dei mis­si­li Crui­se, ordi­gni a testa­ta nuclea­re. Tra la pri­ma­ve­ra e l’estate dell’83 le assem­blee che si svol­ge­ran­no nel cam­peg­gio inter­na­zio­na­le saran­no inten­se e par­te­ci­pa­te, le com­po­nen­ti dei col­let­ti­vi auto­no­mi si orga­niz­ze­ran­no con ini­zia­ti­ve di con­tro­in­for­ma­zio­ne nei ter­ri­to­ri circostanti.

Sem­pre nel 1983 si costi­tui­rà il Coor­di­na­men­to Nazio­na­le Anti­nu­clea­re Antim­pe­ria­li­sta (CNNA) che sarà una impor­tan­te real­tà poli­ti­ca, orga­niz­za­ti­va e di coor­di­na­men­to del­le lot­te e del­le mobilitazioni.

L’e­spe­rien­za del CNNA  per cir­ca un decen­nio, dal Nord al Sud, riu­ni­rà le “vec­chie” real­tà auto­no­me soprav­vis­su­te alla repres­sio­ne e le “nuo­ve” real­tà di que­gli anni, aiu­tan­do i col­let­ti­vi spar­si sul ter­ri­to­rio nazio­na­le a rom­pe­re l’accerchiamento repres­si­vo, pro­muo­ven­do cam­pa­gne di lot­ta nazio­na­li con­tro il nuclea­re,  con­tro la leg­ge Cra­xi- Jer­vo­li­no in mate­ria di repres­sio­ne sull’uso del­le dro­ghe,  per le occu­pa­zio­ni di spa­zi abban­do­na­ti, per l’avvio di quel­la che sarà la sta­gio­ne dei cen­tri socia­li, costi­tuen­do un pon­te ver­so la nuo­va sta­gio­ne di lot­te degli anni Novanta.

L’intervento poli­ti­co dell’Autonomia meri­dio­na­le non si con­cen­tre­rà solo sul­la fab­bri­ca dell’operaio del­la cate­na di mon­tag­gio ma anche all’interno di spa­zi ter­ri­to­ria­li di cit­tà e cam­pa­gne, uti­liz­zan­do e svi­lup­pan­do, soprat­tut­to da par­te degli auto­no­mi napo­le­ta­ni, l’indicazione dell’operaismo di Ranie­ro Pan­zie­ri di “apri­re e tene­re aper­to il movi­men­to”, ovve­ro ten­ta­re di atti­va­re tut­te le leve poli­ti­co-socia­li e di con­tro­in­for­ma­zio­ne per man­te­ne­re quan­to più pos­si­bi­le aper­to il pun­to d’attacco dei movi­men­ti socia­li, accu­mu­la­re più for­za pos­si­bi­le con le lot­te socia­li per allon­ta­na­re il momen­to del riflus­so, pro­dur­re nuo­ve socia­li­tà, con­so­li­da­re i movi­men­ti di classe.

Nel 1964 a Napo­li nasce il pri­mo comi­ta­to dei barac­ca­ti, cir­ca 20.000 pro­le­ta­ri e sot­to­pro­le­ta­ri che abi­ta­va­no allog­gi di for­tu­na o stan­ze d’albergo mes­se a dispo­si­zio­ne dal Comu­ne: uno spez­zo­ne di clas­se dal­la com­po­si­zio­ne ete­ro­ge­nea den­tro cui si ritro­va­va­no, uni­ti dal­le con­di­zio­ni di mise­ria, ope­rai licen­zia­ti, barac­ca­ti da gene­ra­zio­ni, arti­gia­ni espul­si dal ciclo pro­dut­ti­vo e “ille­ga­li”. Que­sto pri­mo embrio­ne di strut­tu­ra auto­no­ma, anco­ra lon­ta­na da qual­sia­si ipo­te­si poli­ti­co-orga­niz­za­ti­va, favo­rì un lavo­ro di inchie­sta, a par­ti­re dal ’65, sul­le con­di­zio­ni di clas­se di quel­le real­tà pro­le­ta­rie da par­te di grup­pi di intel­let­tua­li pro­ve­nien­ti dal cat­to­li­ce­si­mo del dis­sen­so e dall’area socia­li­sta. Nel 1969 sem­pre a Napo­li nove­cen­to fami­glie daran­no vita a un gran­de movi­men­to di occu­pa­zio­ni del­le case. Quel­le strut­tu­re auto­ge­sti­te si sal­da­va­no con espe­rien­ze ana­lo­ghe in quel perio­do come a Tori­no, Mila­no, Roma, Caglia­ri e Paler­mo. Con la pra­ti­ca dell’autogestione nasce­ran­no le pri­me strut­tu­re ter­ri­to­ria­li di base, i comi­ta­ti degli occu­pan­ti, che por­te­ran­no alla rot­tu­ra con le for­me tra­di­zio­na­li di rap­pre­sen­tan­za poli­ti­ca e sin­da­ca­le. Le strut­tu­re auto­ge­sti­te degli occu­pan­ti saran­no l’embrione dei futu­ri Comi­ta­ti di quar­tie­re.

Quel movi­men­to di occu­pa­zio­ni di case inte­res­se­rà nel ’72 tut­ti i ter­ri­to­ri del Sud come il polo indu­stria­le di Taran­to, come a Napo­li e a Bari; pic­co­li aggre­ga­ti fami­lia­ri pra­ti­can­do una dif­fu­sa ille­ga­li­tà daran­no vita a un feno­me­no di mas­sa che nel ’75 sfo­ce­rà in miglia­ia di sta­bi­li occu­pa­ti. Le occu­pa­zio­ni si sus­se­gui­ran­no fino alla fine degli anni Set­tan­ta anche in luo­ghi lon­ta­ni dal­le gran­di cit­tà, come a Poten­za e a Fog­gia. Le occu­pa­zio­ni dei quar­tie­ri popo­la­ri saran­no la base, negli anni a veni­re, del­la nasci­ta del Movi­men­to dei disoc­cu­pa­ti.

Dal 1971, con il sor­ge­re di dif­fu­se e impor­tan­ti lot­te auto­no­me ope­ra­ie nel ter­ri­to­rio napo­le­ta­no, si svi­lup­pe­rà una sin­go­la­re espe­rien­za “emme-elle” con la nasci­ta dell’organizzazione “Lot­ta di lun­ga dura­ta”, un par­ti­to comu­ni­sta mar­xi­sta-leni­ni­sta nato da una del­le tan­te scis­sio­ni del Par­ti­to comu­ni­sta d’Italia (m‑l). I fuo­riu­sci­ti napo­le­ta­ni si riu­ni­ran­no intor­no alla cari­sma­ti­ca figu­ra di Gusta­vo Her­mann, pro­fes­so­re di fisi­ca e figu­ra di rife­ri­men­to del movi­men­to ope­ra­io napo­le­ta­no, fon­dan­do anche un sin­da­ca­to, l’Unio­ne sin­da­ca­le dei comi­ta­ti di lot­ta (USCL), che in que­gli anni si con­fron­te­rà e tes­se­rà lega­mi con nume­ro­se altre real­tà di lot­ta di fab­bri­ca in tut­ta Ita­lia, per appro­da­re nel ’73 a Bolo­gna al Con­ve­gno dei Comi­ta­ti auto­no­mi ope­rai. In Puglia, tra la fine del ’68 e l’inizio del’69, i mili­tan­ti del Movi­men­to stu­den­te­sco davan­ti ai can­cel­li del­le fab­bri­che tro­ve­ran­no strut­tu­re orga­niz­za­te dell’area mar­xi­sta-leni­ni­sta-maoi­sta, fra cui il Cir­co­lo Lenin di Puglia che con­ten­de­va il pri­ma­to del­la pre­sen­za poli­ti­ca regio­na­le all’Unione dei comu­ni­sti ita­lia­ni (m‑l), che dif­fon­de­va il gior­na­le “Ser­vi­re il Popo­lo”. A Brin­di­si tra l’estate del ’74 e la pri­ma­ve­ra del ’75 nasce­ran­no grup­pi lega­ti all’Auto­no­mia ope­ra­ia orga­niz­za­ta (in par­ti­co­la­re sul­le tema­ti­che riguar­dan­ti il pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le) come l’area di Ros­so e i Comi­ta­ti auto­no­mi ope­rai roma­ni di via dei Volsci.

A par­ti­re dal­la rivol­ta di Reg­gio Cala­bria impor­tan­ti saran­no la pre­sen­za e l’iniziativa poli­ti­ca di Lot­ta con­ti­nua che pub­bli­che­rà il foglio di agi­ta­zio­ne “Mò che il tem­po si avvi­ci­na”, gior­na­le pen­sa­to per esse­re pun­to di rife­ri­men­to e orga­no di infor­ma­zio­ne dei ter­ri­to­ri e del­le cit­tà meri­dio­na­li. Nel 1973 a Napo­li Lot­ta con­ti­nua pro­muo­ve­rà la Men­sa dei bam­bi­ni pro­le­ta­ri di Mon­te­san­to, espe­ri­men­to poli­ti­co e socia­le che riu­nì intel­let­tua­li e mili­tan­ti, in un con­te­sto socia­le carat­te­riz­za­to da altis­si­ma eva­sio­ne sco­la­sti­ca, mise­ria e alta mor­ta­li­tà infan­ti­le. L’iniziativa rivol­ta ai bam­bi­ni pro­le­ta­ri del cen­tro sto­ri­co si allar­ghe­rà, con il cole­ra soprag­giun­to pochi mesi dopo l’avvio del­le atti­vi­tà, a quel­la sani­ta­ria con la nasci­ta del Cen­tro di medi­ci­na popo­la­re, un esem­pio ori­gi­na­le di inter­ven­to e una rot­tu­ra con la tra­di­zio­na­le azio­ne poli­ti­ca del­la sini­stra sto­ri­ca nei quar­tie­ri pro­le­ta­ri. Con lo scio­gli­men­to, alla fine del ’76, dell’organizzazione la dia­spo­ra di qua­dri poli­ti­ci di alto pro­fi­lo cul­tu­ra­le e gran­di doti orga­niz­za­ti­ve darà vita a nume­ro­si per­cor­si che con­tri­bui­ran­no alla nasci­ta di mol­te real­tà dell’Autonomia meridionale.

Negli anni ’70 le lot­te ambien­ta­li saran­no un impor­tan­te ter­re­no di scon­tro poli­ti­co, eco­no­mi­co e socia­le sia con l’intervento con­tro la noci­vi­tà degli impian­ti, come a Napo­li e a Taran­to, sia sul ter­re­no occupazionale.

Nei ter­ri­to­ri meri­dio­na­li sor­ge­ran­no basi mili­ta­ri, disca­ri­che di rifiu­ti tos­si­ci pro­ve­nien­ti dagli impian­ti del nord Ita­lia e sta­bi­li­men­ti noci­vi, ven­du­ti alla popo­la­zio­ne come inter­ven­ti per lo svi­lup­po e l’occupazione, come quel­li per la lavo­ra­zio­ne del fosge­ne che nel ’73 la Mon­te­di­son spo­sta nell’ area di Brin­di­si. Saran­no nume­ro­si, nel cor­so degli anni, i disa­stri che segna­ro­no la sto­ria dei ter­ri­to­ri meri­dio­na­li come quel­lo del Petrol­chi­mi­co di Man­fre­do­nia dove il 26 set­tem­bre 1976 esplo­se una colon­na di lavag­gio del­l’im­pian­to di sin­te­si dell’ammoniaca, river­san­do nel­l’a­ria 10 ton­nel­la­te di arse­ni­co. La popo­la­zio­ne sarà avver­ti­ta sol­tan­to mol­te ore dopo, la mobi­li­ta­zio­ne in cit­tà per la chiu­su­ra dell’impianto e la boni­fi­ca del ter­ri­to­rio, rifiu­tan­do l’antico ricat­to occu­pa­zio­na­le tra lavo­ro, salu­te e ambien­te, sarà for­te e imme­dia­ta e coin­vol­ge­rà mili­tan­ti da tut­ta la regio­ne. Nume­ro­si saran­no gli inci­den­ti in que­sto tipo di impian­ti fino agli anni ’90 e la “que­stio­ne ambien­ta­le” darà vita alla for­ma­zio­ne di reti mili­tan­ti orga­niz­za­te che, soprat­tut­to negli anni ottan­ta, si mobi­li­te­ran­no con le lot­te anti­nu­clea­ri, con i cam­peg­gi di lot­ta del 1983 e 1984, con la nasci­ta del Coor­di­na­men­to nazio­na­le antim­pe­ria­li­sta e antinucleare.

A Napo­li, dal ’69 al ’75, i Comi­ta­ti di quar­tie­re saran­no le strut­tu­re di base dell’Autonomia, luo­ghi di incon­tro per mili­tan­ti, stu­den­ti e pro­le­ta­ria­to urba­no, pre­sen­ti in que­gli anni nel­le lot­te per il pane e per l’autoriduzione, nell’estate ’73 dell’epidemia del cole­ra, con la pra­ti­ca di for­me di con­tro­po­te­re ter­ri­to­ria­le come la dife­sa di palaz­zi e quar­tie­ri con­tro gli “stac­chi” dell’Enel. Quei nuclei ete­ro­ge­nei di orga­niz­za­zio­ne poli­ti­ca ter­ri­to­ria­le favo­ri­ran­no pro­ces­si auto­no­mi orga­niz­za­ti che si sal­de­ran­no con le lot­te di un nutri­to grup­po di avan­guar­die del­le fab­bri­che dis­se­mi­na­te sul ter­ri­to­rio metropolitano.

Fin dai pri­mi anni ’70 i mili­tan­ti dei grup­pi del­la sini­stra extra­par­la­men­ta­re, in par­ti­co­la­re di Lot­ta con­ti­nua, e poi  dell’ Auto­no­mia meri­dio­na­le dovran­no con­fron­tar­si con le real­tà e i com­por­ta­men­ti di lar­ghi stra­ti di pro­le­ta­ria­to pre­ca­rio, “ille­ga­le”, non garan­ti­to; com­por­ta­men­ti di ille­ga­li­tà dif­fu­sa, soprat­tut­to nei quar­tie­ri e ter­ri­to­ri del napo­le­ta­no ma che inte­res­se­ran­no anche altri ter­ri­to­ri del Sud come Brin­di­si, Taran­to e Bari, di miglia­ia di fami­glie che “vive­va­no di micro­cri­mi­na­li­tà”, come il con­trab­ban­do. Nasce­ran­no pri­me embrio­na­li espe­rien­ze orga­niz­za­te. Nei quar­tie­ri e nel­le cel­le del­le car­ce­ri il pro­le­ta­ria­to “ille­ga­le” diven­te­rà refe­ren­te per orga­niz­za­zio­ni come Lot­ta con­ti­nua che isti­tui­rà una Com­mis­sio­ne car­ce­ri all’ indo­ma­ni del ciclo di rivol­te del 1971, che fin dal 1969 e nel decen­nio suc­ces­si­vo tra­sfor­me­ran­no, all’inizio spon­ta­nea­men­te, le car­ce­ri in ter­re­no di bat­ta­glia poli­ti­ca. Lot­te e per­cor­si orga­niz­za­ti che nel 1974 daran­no vita all’ orga­niz­za­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria, i Nuclei arma­ti pro­le­ta­ri (Nap), che por­rà come cen­tra­le la lot­ta dei “dan­na­ti del­la ter­ra”, che pra­ti­che­rà azio­ni di pro­pa­gan­da arma­ta come seque­stri, espro­pri, feri­men­ti, azio­ni con l’uso anche dell’esplosivo, orga­niz­ze­rà eva­sio­ni. Pre­sen­ti nel­le car­ce­ri del Nord, come a Firen­ze, i Nap diven­te­ran­no soprat­tut­to refe­ren­ti per mol­ti pro­le­ta­ri pre­ca­ri e sot­to­pro­le­ta­ri meri­dio­na­li e in par­ti­co­la­re a Napo­li, nel car­ce­re e in quar­tie­ri, come For­cel­la, dove il Comi­ta­to di quar­tie­re darà vita a espe­rien­ze di lot­ta sul ter­re­no dei prez­zi poli­ti­ci del­le mer­ci, del sala­rio socia­le, con espro­pri di super­mer­ca­ti, di camion e fur­go­ni di gene­ri ali­men­ta­ri, poi distri­bui­ti nel quar­tie­re. Tra novem­bre del 1976 e feb­bra­io del 1977 si svol­ge­rà a Napo­li il pro­ces­so ai Nap, dife­si dagli avvo­ca­ti del Soc­cor­so ros­so, che vedrà un gran­de movi­men­to di soli­da­rie­tà di vasti set­to­ri del pro­le­ta­ria­to urba­no e del­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria napo­le­ta­na mobi­li­tar­si in una cit­tà mili­ta­riz­za­ta, con azio­ni come l’irruzione al Cir­co­lo del­la stam­pa. La bre­ve e inten­sa sto­ria dei Nap si può con­si­de­ra­re con­clu­sa il 1 luglio 1977 a Roma con l’uccisione di un mili­tan­te e la cat­tu­ra di altre due. In car­ce­re mol­ti mili­tan­ti con­flui­ran­no nel­le Bri­ga­te rosse.

L’ auto­no­mia meri­dio­na­le si mobi­li­te­rà sul ter­re­no uni­fi­can­te dell’anti­fa­sci­smo. Nume­ro­se saran­no le pro­vo­ca­zio­ni fasci­ste, alcu­ne mol­to gra­vi, e gran­di saran­no le rispo­ste di mas­sa di tut­to il movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio meridionale.

A Napo­li nel mag­gio 1970 un com­man­do fasci­sta assal­ta la sede dell’USCL, ai Quar­tie­ri Spa­gno­li, la dife­sa sarà “con ogni mez­zo neces­sa­rio”, com­pre­se le fiam­me ossi­dri­che usa­te dal­le avan­guar­die ope­ra­ie pre­sen­ti nel­la sede; nel­la not­te tra il 20 e  21 gen­na­io del 1972 Vin­cen­zo de Wau­re, stu­den­te e mili­tan­te anti­fa­sci­sta, vie­ne  accol­tel­la­to e dato alle fiam­me; gli attac­chi dei fasci­sti col­pi­sco­no, in que­gli anni, in modo indi­scri­mi­na­to, come  il 17 giu­gno 1975 con l’uccisione con una molo­tov di Jolan­da Pal­la­di­no; il 30 set­tem­bre 1978 i fasci­sti aggre­di­sco­no a col­pi di spran­ga un gio­va­ne mili­tan­te comu­ni­sta e un con­si­glie­re del Wwf,  Clau­dio Mic­co­li, che mori­rà pochi gior­ni dopo.

Il 7 luglio 1972 a Saler­no in uno scon­tro tra anar­chi­ci e fasci­sti mori­rà accol­tel­la­to Car­lo Fal­vel­la, diri­gen­te dell’organizzazione gio­va­ni­le del Movi­men­to socia­le ita­lia­no, ver­rà arre­sta­to l’anarchico Gio­van­ni Mari­ni. Il “caso Mari­ni” e il pro­ces­so che dure­rà fino al ’75 mobi­li­te­rà il movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio ita­lia­no e Soc­cor­so rosso.

A Bari i fasci­sti del Movi­men­to socia­le ita­lia­no (Msi) e del Fron­te del­la gio­ven­tù attac­che­ran­no le lot­te del movi­men­to stu­den­te­sco e le lot­te dei comi­ta­ti pro­le­ta­ri nei quar­tie­ri di Bari Vec­chia, San Pasqua­le, Liber­tà e San Paolo.

Il 4 Giu­gno 1977 a Lec­ce gran­de mobi­li­ta­zio­ne del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio con­tro il comi­zio di Pino Rau­ti, espo­nen­te neo­na­zi­sta del Msi. La sera del 28 novem­bre 1977 a Bari i fasci­sti ucci­do­no a col­tel­la­te,  in uno scon­tro con mili­tan­ti anti­fa­sci­sti, Bene­det­to Petro­ne, gio­va­ne espo­nen­te del­la Fede­ra­zio­ne gio­va­ni­le comu­ni­sta ita­lia­na; in rispo­sta cen­ti­na­ia di mani­fe­stan­ti attac­che­ran­no sedi, nego­zi e covi fasci­sti; il gior­no suc­ces­si­vo sfi­le­rà un lun­go cor­teo anti­fa­sci­sta mili­tan­te con i con­si­gli di fab­bri­ca del­la zona indu­stria­le, gli stu­den­ti, la popo­la­zio­ne di Bari Vec­chia e tan­ti mili­tan­ti arri­va­ti dal­la pro­vin­cia; nel gior­no dei fune­ra­li in die­ci­mi­la attra­ver­se­ran­no la cit­tà mili­ta­riz­za­ta  nono­stan­te il divie­to del­la que­stu­ra, fischian­do il comi­zio del Pci e scon­tran­do­si con il suo ser­vi­zio d’ordine. Nei mesi seguen­ti altre azio­ni con­tro i covi fasci­sti, le reda­zio­ni dei gior­na­li di destra, le pic­co­le e medie impre­se, dove era dif­fu­so il lavo­ro nero e minorile.

Nel dicem­bre del 1973 il “Movi­men­to dei con­ta­di­ni e dei pro­le­ta­ri del Mez­zo­gior­no e del­le iso­le” orga­niz­ze­rà a Caglia­ri un con­ve­gno sul tema “Mez­zo­gior­no d’Italia e colo­nia­li­smo”, con un’analisi sul ruo­lo e la posi­zio­ne del Meri­dio­ne nel qua­dro del­la strut­tu­ra impe­ria­li­sti­ca inter­na­zio­na­le. Gli atti e le con­clu­sio­ni del con­ve­gno saran­no dibat­tu­ti in par­ti­co­la­re in Cala­bria dal grup­po dei “Qua­der­ni Cala­bre­si” e da alcu­ni cir­co­li ope­rai­sti e leni­ni­sti in pro­vin­cia di Catanzaro.

In que­gli anni il dibat­ti­to sul Mez­zo­gior­no si svi­lup­pe­rà paral­le­la­men­te alle lot­te di clas­se urba­ne e di fab­bri­ca; si pro­ve­rà a ride­fi­ni­re “i nuo­vi ter­mi­ni del­la que­stio­ne meri­dio­na­le”, dal tito­lo di un volu­me del 1974 di nume­ro­si intel­let­tua­li meri­dio­na­li, tra cui E. Cape­ce­la­tro, A. Car­lo, N. Zita­ra e altri. Rifles­sio­ni che cer­ca­va­no di assor­bi­re la lezio­ne “ope­rai­sta” del volu­me di L. Fer­ra­ri Bra­vo e A. Sera­fi­ni “Sta­to e Sot­to­svi­lup­po, il caso del Mez­zo­gior­no ita­lia­no” del 1972. Da quel­le rifles­sio­ni emer­ge­rà, in par­ti­co­la­re in ambien­ti cala­bre­si, una rivi­si­ta­zio­ne ideo­lo­gi­ca del­la que­stio­ne meri­dio­na­le, che rileg­ge­rà il Sud come “colo­nia inter­na”, ter­ri­to­rio di oppres­sio­ne e sfrut­ta­men­to, fun­zio­na­li allo svi­lup­po capi­ta­li­sti­co ita­lia­no. Matu­re­rà in que­gli anni in for­ma non orga­ni­ca ma pro­gres­si­va­men­te dif­fu­sa, all’interno dei col­let­ti­vi poli­ti­ci spar­si nei ter­ri­to­ri del Sud, una linea inter­pre­ta­ti­va nuo­va che soster­rà sia l’analisi di un Sud colo­niz­za­to dal Capi­ta­le e dal­lo Sta­to al fine di smor­zar­ne le capa­ci­tà di insor­gen­za e sia una Auto­no­mia meri­dio­na­le con spe­ci­fi­che caratteristiche.

Nel­le assem­blee dell’Autonomia meri­dio­na­le di Cosen­za nell’ottobre 1976 e di Paler­mo nel gen­na­io 1978 emer­se la neces­si­tà di supe­ra­re la fran­tu­ma­zio­ne del­le ini­zia­ti­ve disper­se nei diver­si ter­ri­to­ri meri­dio­na­li per nuo­ve for­me di lot­ta e sin­te­si orga­niz­za­ti­ve con due diver­se pro­get­tua­li­tà: una,  che facen­do leva sul­le spe­ci­fi­ci­tà del Sud, por­rà l’esigenza di non schiac­cia­re il poten­zia­le dell’autonomia meri­dio­na­le con le vec­chie for­me orga­niz­za­ti­ve “tar­do-resi­sten­zia­li”, supe­ra­te e insuf­fi­cien­ti per un rove­scia­men­to radi­ca­le dei  vec­chi rap­por­ti socia­li e di pro­du­zio­ne, l’altra    inve­ce soster­rà la neces­si­tà di costrui­re, pur in for­me rin­no­va­te, moda­li­tà di coor­di­na­men­to tra le diver­se real­tà ter­ri­to­ria­li per una dire­zio­ne poli­ti­co-orga­niz­za­ti­va del movimento.

Dal 1974 nell’area dei grup­pi dell’Autonomia meri­dio­na­le, impe­gna­ti nell’intervento ter­ri­to­ria­le in for­me più o meno spon­ta­nee, si por­rà il pro­ble­ma dell’uso del­la for­za, del­la pra­ti­ca del­la lot­ta arma­ta, con la nasci­ta in modo “disor­ga­niz­za­to” in tut­to il Meri­dio­ne di una tela di real­tà mili­tan­ti, con alcu­ne discri­mi­nan­ti poli­ti­che come la scel­ta di non ope­ra­re in clan­de­sti­ni­tà, esse­re sem­pre inter­ni al movi­men­to per costrui­re il con­tro­po­te­re pro­le­ta­rio. Que­sto arci­pe­la­go di grup­pi, che pra­ti­che­rà l’uso del­la for­za a soste­gno e dife­sa del­le lot­te ter­ri­to­ria­li e con­tro luo­ghi sim­bo­li­ci del­la pre­sen­za del­lo Sta­to nel Sud, si riu­ni­rà in una “non orga­niz­za­zio­ne” auto­no­ma, i “Pri­mi fuo­chi di guer­ri­glia”, un pro­get­to poli­ti­co di una pos­si­bi­le Auto­no­mia orga­niz­za­ta meri­dio­na­le, per una strut­tu­ra di rac­cor­do del­le disor­ga­niz­za­te real­tà auto­no­me, pro­get­to che però non riu­sci­rà a supe­ra­re quel­la fram­men­ta­zio­ne strut­tu­ra­le del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio meri­dio­na­le impe­gna­to in una infi­ni­ta  discus­sio­ne in tan­tis­si­me riu­nio­ni infor­ma­li nei ter­ri­to­ri, come a Paler­mo nel gen­na­io ’78 a late­re dell’Assemblea dell’Autonomia Meridionale.

Anche nel sud Ita­lia a metà del decen­nio con la cri­si del­la sini­stra extra­par­la­men­ta­re emer­ge­ran­no nuo­ve figu­re socia­li, nuo­vi biso­gni e com­por­ta­men­ti di clas­se, come il movi­men­to fem­mi­ni­sta e il movi­men­to dei cir­co­li del pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le che agi­te­rà e pra­ti­che­rà tema­ti­che e biso­gni di una real­tà gio­va­ni­le meri­dio­na­le schiac­cia­ta tra disoc­cu­pa­zio­ne e lavo­ro precario.

Di gran­de impat­to furo­no la cri­ti­ca e le pra­ti­che del­le lot­te del­le don­ne, nume­ro­si furo­no i col­let­ti­vi fem­mi­ni­sti che segna­ro­no con le loro lot­te una nuo­va sta­gio­ne di movi­men­to, in col­le­ga­men­to con le mobi­li­ta­zio­ni nazio­na­li come la cam­pa­gna per il sala­rio al lavo­ro dome­sti­co, ini­zial­men­te pro­mos­sa dal grup­po “Lot­ta fem­mi­ni­sta”, nato nel ’71 per ini­zia­ti­va di mili­tan­ti dell’area di Pote­re ope­ra­io e sciol­to­si nel ’74 nei “Grup­pi per il sala­rio al lavo­ro dome­sti­co”. Que­sti grup­pi, che riven­di­che­ran­no una pro­pria auto­no­mia e una sepa­ra­tez­za rispet­to a par­ti­ti e orga­niz­za­zio­ni poli­ti­che, saran­no pre­sen­ti nel­le gran­di cit­tà e ter­ri­to­ri del Sud come a Napo­li, Pesca­ra, Saler­no, Gela, Caltanissetta.

In Puglia nel ‘75 il Movi­men­to Fem­mi­ni­sta Brin­di­si­no si mobi­li­te­rà in piaz­za per la pri­ma vol­ta apren­do la stra­da alla nasci­ta del Col­let­ti­vo Auto­no­mia Fem­mi­ni­sta. Le cam­pa­gne per il sala­rio al lavo­ro dome­sti­co affian­che­ran­no, negli stes­si anni, le gran­di bat­ta­glie per i dirit­ti civi­li. La bat­ta­glia per il refe­ren­dum sul divor­zio e poi quel­la per l’aborto diven­te­ran­no temi cen­tra­li per tut­ti i grup­pi fem­mi­ni­sti con gran­di mobi­li­ta­zio­ni come la mani­fe­sta­zio­ne del 5 dicem­bre 1975 orga­niz­za­ta dal Movi­men­to fem­mi­ni­sta brindisino.

La gran­de vita­li­tà del­le real­tà dell’Autonomia meri­dio­na­le, nono­stan­te la pover­tà di mez­zi, die­de vita a rivi­ste, pam­phlet e gior­na­li, con una loro dif­fu­sio­ne loca­le e regio­na­le gra­zie al “noma­di­smo mili­tan­te” degli auto­no­mi meri­dio­na­li per pae­si e pro­vin­ce ovun­que si mani­fe­sta­va­no lot­te ope­ra­ie e socia­li.  Nell’ottobre del 1976 esce il pri­mo nume­ro di Mo basta! Aizam’a capa, foglio di quel­la Auto­no­mia pro­le­ta­ria cala­bre­se che si rifa­ce­va alla sto­ria del bri­gan­tag­gio e all’estraneità del pro­le­ta­ria­to meri­dio­na­le nei con­fron­ti del­lo Sta­to. I bri­gan­ti, sot­trat­ti alla nar­ra­zio­ne bor­ghe­se che li vole­va “ban­di­ti”, furo­no ripro­po­sti come par­ti­gia­ni del Sud, in gra­do di coa­gu­la­re intor­no alla pro­pria rivol­ta for­ze socia­li diver­se di un Meri­dio­ne occu­pa­to dall’esercito pie­mon­te­se: “Li bri­gan­ti” si chia­me­rà anche un altro gior­na­le dell’autonomia cala­bre­se, così come alla rilet­tu­ra del bri­gan­tag­gio si rifa­rà “Ros­si ros­si rossi…Briganti Ros­si”, pub­bli­ca­to nel feb­bra­io 1978, all’indomani dell’arresto dei mili­tan­ti dei Pri­mi fuo­chi di guer­ri­glia per l’assalto al cen­tro di cal­co­lo del­la Cari­cal di Ren­de (Cosen­za). Nei pri­mi anni ottan­ta “Gra­mi­gna. Gior­na­le comu­ni­sta meri­dio­na­le”, pub­bli­ca­to a Vibo Valen­tia, infor­me­rà sull’intervento poli­ti­co di nume­ro­si col­let­ti­vi ope­ran­ti nel­le altre regio­ni, fra cui la sin­go­la­re espe­rien­za del Comi­ta­to di lot­ta dei brac­cian­ti fore­sta­li di Potenza.

Pro­prio in Basi­li­ca­ta emer­ge­rà nel 1982 una signi­fi­ca­ti­va espe­rien­za di infor­ma­zio­ne “dal bas­so”, attra­ver­so il gior­na­le “Laz­zi e spil­li” che rac­co­glie­rà l’area dei “soprav­vis­su­ti” agli arre­sti che coin­vol­se­ro i mili­tan­ti e le mili­tan­ti dei Pri­mi fuo­chi di guerriglia.

Le dif­fi­col­tà nel repe­ri­re fon­di e tec­no­lo­gia neces­sa­ri per far fun­zio­na­re radio libe­re di movi­men­to furo­no spes­so un pro­ble­ma dif­fi­cil­men­te supe­ra­bi­le per le real­tà meri­dio­na­li, come a Napo­li con Radio Mari­po­sa che rima­se un pro­get­to sul­la car­ta. Un’esperienza signi­fi­ca­ti­va e iso­la­ta sarà inve­ce Radio Casbah a Brin­di­si che entre­rà in fun­zio­ne nel 1985 diven­tan­do il pun­to di rife­ri­men­to per le bat­ta­glie con­tro l’installazione del­la cen­tra­le nuclea­re a Tor­re Gua­ce­to e quel­la a car­bo­ne di Cera­no.  A Napo­li nell’ ambi­to del­le lot­te dei disoc­cu­pa­ti orga­niz­za­ti l’ampio uso di stru­men­ti comu­ni­ca­ti­vi come volan­ti­ni, “taze­bao” e opu­sco­li sfo­ce­rà nel gior­na­le “Ban­chi Nuovi”.

Il ten­ta­ti­vo di costrui­re un pro­get­to comu­ni­ca­ti­vo col­le­ga­to ai pro­ces­si rea­li del­le lot­te pren­de for­ma nel­la sta­gio­ne dell’autonomia napo­le­ta­na alla fine degli anni ’70 quan­do la sede dell’Associazione Risve­glio Napo­li (ARN) diven­ta il luo­go dove si riu­ni­ran­no col­let­ti­vi stu­den­te­schi, asso­cia­zio­ni di fami­lia­ri di dete­nu­ti, atti­vi­sti e mili­tan­ti di comi­ta­ti di quar­tie­re e di col­let­ti­vi ter­ri­to­ria­li ricon­du­ci­bi­li all’area dell’Autonomia Ope­ra­ia. Nac­que all’interno di quei loca­li il Cen­tro di docu­men­ta­zio­ne ARN che si pro­po­ne­va di esse­re un pun­to di rife­ri­men­to per le for­ze disper­se dell’autonomia napoletana.

Nell’estate del 1981  la rivi­sta auto­pro­dot­ta “Black Out” si pro­por­rà di  “for­ni­re all’interno del movi­men­to di clas­se una let­tu­ra del­le rea­li arti­co­la­zio­ni strut­tu­ra­li ed isti­tu­zio­na­li del pote­re, imme­dia­ta­men­te tra­du­ci­bi­li in ter­mi­ni ope­ra­ti­vi” e, con il gior­na­le “Voglia­mo Tut­to” di poco ante­ce­den­te, costi­tuì il ten­ta­ti­vo degli auto­no­mi napo­le­ta­ni di man­te­ne­re aper­to un ambi­to di discus­sio­ne e ana­li­si in anni di repres­sio­ne poli­ti­co-giu­di­zia­ria ini­zia­ta in Ita­lia il 7 apri­le ’79 a Pado­va con­tro le for­ze dell’ Auto­no­mia ope­ra­ia orga­niz­za­ta. In que­gli anni il Cen­tro di docu­men­ta­zio­ne ARN sarà anche un pun­to di incon­tro per quel­la par­te dell’autonomia napo­le­ta­na che si rifa­ce­va all’analisi poli­ti­ca e alle pro­po­ste orga­niz­za­ti­ve di fase, come il Movi­men­to comu­ni­sta orga­niz­za­to, dei Col­let­ti­vi poli­ti­ci vene­ti per il pote­re ope­ra­io avan­za­te a ridos­so del vio­len­to attac­co repres­si­vo che quell’organizzazione subì l’ 11 mar­zo 1980.

Il ter­re­mo­to del 23 novem­bre ’80 evi­den­zie­rà con più for­za le que­stio­ni socia­li, eco­no­mi­che, di clas­se del Mez­zo­gior­no, emer­se nel ciclo di lot­te del decen­nio pre­ce­den­te e in una fase di vio­len­ta repres­sio­ne e disgre­ga­zio­ne orga­niz­za­ti­va del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio. Nei ter­ri­to­ri del Sud col­pi­ti dal sisma, in par­ti­co­la­re a Napo­li e nel­le aree inter­ne del­la Cam­pa­nia, saran­no pre­sen­ti fin dall’inizio i movi­men­ti di lot­ta, dai disoc­cu­pa­ti a quel­li dei sen­za tet­to; nel­la pri­ma­ve­ra del 1981 si ter­rà a Napo­li una gran­de assem­blea cit­ta­di­na sul tema del­la casa e dei ser­vi­zi socia­li, dove si discu­te­rà di un pos­si­bi­le pro­get­to di cit­tà ridi­se­gna­ta sui biso­gni pro­le­ta­ri e non sul­le logi­che e gli inte­res­si capi­ta­li­sti­ci. Su quel­la sta­gio­ne dell’autonomia napo­le­ta­na si abbat­te­rà un’inchiesta giu­di­zia­ria che crol­le­rà nel giro di pochi mesi. Un cor­teo com­bat­ti­vo il 28 feb­bra­io 1981, sfi­dan­do il divie­to del­la que­stu­ra, sfi­le­rà per il cen­tro di Napo­li die­tro lo stri­scio­ne «Sia­mo tut­ti sovversivi».

In quei pri­mi anni ’80 ripren­de­ran­no le lot­te per la casa, nasce­ran­no “basi ros­se” nel­le Vele di Secon­di­glia­no, nei quar­tie­ri peri­fe­ri­ci di Mia­no, Pisci­no­la, Agna­no e in nume­ro­se altre zone del­la cit­tà da dove si orga­niz­za­va­no le occu­pa­zio­ni di case sfit­te di edi­li­zia pub­bli­ca e pri­va­ta, lot­te che attac­ca­te e osta­co­la­te dagli appa­ra­ti del­lo Sta­to e dal­la camor­ra loca­le saran­no radi­ca­te nel ter­ri­to­rio per­ché espres­sio­ne rea­le di una doman­da lega­ta ai biso­gni socia­li e col­let­ti­vi di clas­se. Sarà   soprat­tut­to il CIM (Cen­tro ini­zia­ti­va mar­xi­sta) in quel perio­do ad assu­me­re un ruo­lo di dire­zio­ne poli­ti­ca den­tro le lot­te, che man­ter­rà per un perio­do rap­por­ti poli­ti­ci con i Comi­ta­ti auto­no­mi ope­rai romani.

Nel 1980 si orga­niz­ze­rà a Brin­di­si il pri­mo cam­peg­gio anti­nu­clea­re. Le lot­te con­tro la pro­du­zio­ne di ener­gia pro­dot­ta dai com­bu­sti­bi­li fos­si­li e dal­le cen­tra­li nuclea­ri saran­no duris­si­me e con­dot­te in pri­ma fila dagli auto­no­mi puglie­si assie­me al Coor­di­na­men­to anti­nu­clea­re e antimperialista.

Nel movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio si discu­te­rà ani­ma­ta­men­te sul­le pro­ble­ma­ti­che poli­ti­che di fase. L’area del­l’au­to­no­mia vici­na alle ana­li­si del­la rivi­sta “Metro­po­li” pro­por­rà una let­tu­ra dei con­flit­ti del dopo ter­re­mo­to napo­le­ta­no legan­do­la ai movi­men­ti che in quel perio­do attra­ver­sa­va­no mol­ti ter­ri­to­ri euro­pei sul­le tema­ti­che anti­nu­clea­ri, le occu­pa­zio­ni del­le case e la bat­ta­glia per i pri­mi cen­tri socia­li, il rifiu­to del­la segre­ga­zio­ne nei quar­tie­ri ghet­to e le poli­ti­che neoliberiste.

Nel 1983 il Movi­men­to pro­muo­ve­rà alcu­ne impor­tan­ti cam­pa­gne di lot­ta, come quel­la con­tro l’arti­co­lo 90 del codi­ce pena­le, pre­cur­so­re dell’attuale 41 bis, che isti­tui­va un duro regi­me car­ce­ra­rio dif­fe­ren­zia­to per i pri­gio­nie­ri poli­ti­ci. La mani­fe­sta­zio­ne nazio­na­le a Voghe­ra, indet­ta insie­me al Par­ti­to radi­ca­le, avvo­ca­ti, gior­na­li­sti e sin­go­le asso­cia­zio­ni ver­rà vie­ta­ta; il cor­teo sarà cari­ca­to dal­le for­ze di poli­zia, con una cac­cia all’uomo, tre­cen­to fer­mi e tre arresti.

Un’ altra cam­pa­gna di lot­ta sarà la mobi­li­ta­zio­ne con­tro l’in­stal­la­zio­ne a Comi­so (Ragu­sa), dei mis­si­li Crui­se, ordi­gni a testa­ta nuclea­re. Tra la pri­ma­ve­ra e l’estate dell’83 le assem­blee che si svol­ge­ran­no nel cam­peg­gio inter­na­zio­na­le saran­no inten­se e par­te­ci­pa­te, le com­po­nen­ti dei col­let­ti­vi auto­no­mi si orga­niz­ze­ran­no con ini­zia­ti­ve di con­tro­in­for­ma­zio­ne nei ter­ri­to­ri circostanti.

Sem­pre nel 1983 si costi­tui­rà il Coor­di­na­men­to Nazio­na­le Anti­nu­clea­re Antim­pe­ria­li­sta (CNNA) che sarà una impor­tan­te real­tà poli­ti­ca, orga­niz­za­ti­va e di coor­di­na­men­to del­le lot­te e del­le mobilitazioni.

L’e­spe­rien­za del CNNA  per cir­ca un decen­nio, dal Nord al Sud, riu­ni­rà le “vec­chie” real­tà auto­no­me soprav­vis­su­te alla repres­sio­ne e le “nuo­ve” real­tà di que­gli anni, aiu­tan­do i col­let­ti­vi spar­si sul ter­ri­to­rio nazio­na­le a rom­pe­re l’accerchiamento repres­si­vo, pro­muo­ven­do cam­pa­gne di lot­ta nazio­na­li con­tro il nuclea­re,  con­tro la leg­ge Cra­xi- Jer­vo­li­no in mate­ria di repres­sio­ne sull’uso del­le dro­ghe,  per le occu­pa­zio­ni di spa­zi abban­do­na­ti, per l’avvio di quel­la che sarà la sta­gio­ne dei cen­tri socia­li, costi­tuen­do un pon­te ver­so la nuo­va sta­gio­ne di lot­te degli anni Novanta.

APPELLO

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