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Napoli: stato, padrone, operai banditi e contrabbanditi

Note al dibat­ti­to su Sen­za Tre­gua – Gior­na­le degli ope­rai e dei pro­le­ta­ri comu­ni­sti – Spe­cia­le Novem­bre 1976

Le lot­te del pro­le­ta­ria­to urba­no e lo svi­lup­po del coman­do capitalistico

Alfa Sud – Dal­l’in­tran­si­gen­za all’organizzazione

Napoli: articoli su Rosso per il Potere Operaio – Aprile 1978

Arti­co­li trat­ti da Ros­so per il Pote­re Ope­ra­io n° 27 – 28 – Apri­le 1978

  • Gli ospe­da­lie­ri napo­le­ta­ni lot­ta­no con­tro i sacrifici
  • Il con­trab­ban­do non si toc­ca: riu­nio­ne di tut­ti i “con­trab­ban­die­ri” napoletani
  • Discus­sio­ne sul­l’Au­to­no­mia Ope­ra­ia: un con­tri­bu­to da Napoli
  • Comi­ta­to Auto­no­mo Tra­ia­no: con­tro l’ap­pli­ca­zio­ne del­la 513
  • Comi­ta­to di lot­ta ITIS “Augu­sto Righi”: par­te una lot­ta proletaria

Li Briganti n.1

  • som­ma­rio
  • tre­cen­to­ses­san­ta­cin­que gior­ni pag.1
  • cit­tà o car­ce­re ? pag.2
  • le ribel­li: non più drui­de ma bri­gan­tes­se pag.3
  • con­trab­ban­do: una mul­ti­na­zio­na­le in ristrut­tu­ra­zio­ne pag.4
  • “..o voi rima­ne­te tran­quil­li..” pag.6
  • comu­ni­ca­to dei pro­le­ta­ri pri­gio­nie­ri nel car­ce­re di Tra­ni pag.7
  • di bli­tz in bli­tz – del­l’au­to­no­mia socia­le pag.8
Contrabbandieri

Contrabbandieri

Pub­bli­chia­mo un estrat­to da Gli auto­no­mi. L’Autonomia ope­ra­ia meri­dio­na­le. Par­te pri­ma. vol. X 

Il film I con­trab­ban­die­ri di San­ta Lucia[1], inter­pre­ta­to da uno stra­ri­pan­te Mario Mero­la è un B‑movie di cul­to e uno dei più noti fra quel­li dedi­ca­ti al con­trab­ban­do di siga­ret­te. Nel­lo sti­le a metà tra la clas­si­ca sce­neg­gia­ta e il «poli­ziot­te­sco» in voga in que­gli anni, la pel­li­co­la trat­ta il tema del con­flit­to fra la guap­pa­ria sto­ri­ca del­la cit­tà e le nuo­ve mafie. Pur nei suoi trat­ti oleo­gra­fi­ci il film esce in un perio­do di tra­sfor­ma­zio­ne pro­fon­da del­la mala­vi­ta orga­niz­za­ta napo­le­ta­na, di pari pas­so con la gran­de ristrut­tu­ra­zio­ne del capi­ta­li­smo inter­na­zio­na­le del qua­le la vicen­da del con­trab­ban­do è una chia­ve di let­tu­ra mol­to inte­res­san­te. Il con­trab­ban­do è l’attività, fra quel­le che han­no sto­ri­ca­men­te impe­gna­to il pro­le­ta­ria­to napo­le­ta­no, che più di tut­te ha fini­to per costi­tui­re un ele­men­to ico­no­gra­fi­co. Vera e pro­pria «indu­stria» som­mer­sa, ha costi­tui­to un ele­men­to cen­tra­le dell’economia del­la cit­tà, tal­men­te radi­ca­to da dive­ni­re anche uno stig­ma, qua­si un para­dig­ma del carat­te­re dei napo­le­ta­ni che, pur di non lavo­ra­re in manie­ra «rego­la­re» si sareb­be­ro inven­ta­ti que­sta fro­de alle cas­se del­lo Stato. 

Nel­la rico­stru­zio­ne di par­te bor­ghe­se, inol­tre, si sovrap­po­ne qua­si sem­pre que­sta atti­vi­tà a quel­la del­la camor­ra, ope­ran­do una for­za­tu­ra che a un’attenta rilet­tu­ra sto­ri­ca mostra chia­ra­men­te il suo carat­te­re par­zia­le. Il ruo­lo del­la camor­ra, infat­ti, va let­to den­tro il pro­gres­si­vo tra­sfor­mar­si dell’economia gene­ra­le che ovvia­men­te deter­mi­na anche un cam­bio di pas­so nel­la strut­tu­ra e nei meto­di del­la mala­vi­ta ma non rias­su­me l’intera vicen­da che è mol­to più com­ples­sa di quel­la che si pre­ten­de di rap­pre­sen­ta­re attra­ver­so la reto­ri­ca del­la lega­li­tà, para­ven­to die­tro cui si nascon­de la mate­ria­li­tà di que­sto feno­me­no, la sua fun­zio­ne nell’economia del pro­le­ta­ria­to urba­no e anche i pro­ces­si di poli­ti­ciz­za­zio­ne che al suo inter­no sono avvenuti. 

Per com­pren­de­re a fon­do la sto­ria del con­trab­ban­do e il suo ruo­lo all’interno dell’economia e del­la vita socia­le, poli­ti­ca e cul­tu­ra­le di Napo­li occor­re guar­da­re all’industrializzazione «mon­ca» rispet­to alle pro­mes­se di un cer­to meri­dio­na­li­smo che per decen­ni ha inse­gui­to il mito del­lo svi­lup­po ma non ha mai tra­sfor­ma­to Napo­li in una vera cit­tà indu­stria­le[2], inne­scan­do tra­sfor­ma­zio­ni del­la strut­tu­ra urba­na e di quel­la socia­le sen­za mai toc­ca­re le con­trad­di­zio­ni socia­li e anzi, sot­to­li­nean­do­ne i carat­te­ri più controversi. 

È que­sta la chia­ve di let­tu­ra attra­ver­so cui leg­ge­re la tra­sfor­ma­zio­ne del­la camor­ra napo­le­ta­na, da feno­me­no mala­vi­to­so loca­le a ele­men­to di pri­mo pia­no dell’economia, al cen­tro di rela­zio­ni inter­na­zio­na­li e lega­mi poli­ti­ci e impren­di­to­ria­li, pro­prio a par­ti­re dall’inizio degli anni Set­tan­ta, in con­co­mi­tan­za con il decli­no del­le poli­ti­che di svi­lup­po del sud e del­lo stan­zia­men­to di fon­di pub­bli­ci. All’interno di que­sto pro­ces­so che solo for­mal­men­te, o nel­le pie inten­zio­ni dei meri­dio­na­li­sti più one­sti, pote­va costi­tui­re un ele­men­to di riscat­to per la cit­tà, una gran­de par­te del­la popo­la­zio­ne cit­ta­di­na, da quei pro­ces­si espul­sa o da essi mai inte­res­sa­ta, ha costrui­to una pro­pria strut­tu­ra eco­no­mi­ca di cui il con­trab­ban­do è sta­to l’elemento sicu­ra­men­te più impor­tan­te, arri­van­do a fat­tu­ra­re miglia­ia di miliar­di di lire. I libri con­ta­bi­li del ras Miche­le Zaza, seque­stra­ti in un’operazione di poli­zia, sve­la­no l’entità degli affa­ri ammon­tan­ti nel ’77 a cir­ca 5000 ton­nel­la­te annue, per un fat­tu­ra­to di cir­ca 150 miliar­di di lire, una strut­tu­ra di tipo indu­stria­le che arri­va­va a con­ta­re fino a 50.000 «impie­ga­ti»[3].

Sono, que­sti, i nume­ri di un’impresa al cul­mi­ne del suo perio­do d’oro, fio­ri­to tra il ’73 e il ’74, quan­do l’attività per­de defi­ni­ti­va­men­te il carat­te­re ori­gi­na­rio, cre­scen­do fino a diven­ta­re «la Fiat di Napo­li» e arri­van­do a supe­ra­re il volu­me di ven­di­te del Mono­po­lio di Stato.

Ini­zia­to nel Dopo­guer­ra, con la pre­sen­za del­le trup­pe ame­ri­ca­ne in cit­tà, in quar­tie­ri del­la zona orien­ta­le con una for­te pre­sen­za ope­ra­ia come S. Gio­van­ni a Teduc­cio e Bar­ra, il con­trab­ban­do non era in ori­gi­ne un’attività di esclu­si­vo appan­nag­gio del­la cri­mi­na­li­tà orga­niz­za­ta, come spes­so vie­ne rac­con­ta­to e l’identificazione tout court con quel mon­do è una nar­ra­zio­ne del­le clas­si domi­nan­ti[4].

Negli anni Ses­san­ta Napo­li assun­se un ruo­lo cen­tra­le in que­sta atti­vi­tà, gra­zie alla sua posi­zio­ne nel Medi­ter­ra­neo, resa cru­cia­le dal­la chiu­su­ra del por­to fran­co di Tan­ge­ri e lo spo­sta­men­to dei depo­si­ti di siga­ret­te sul­le coste del­la Jugo­sla­via e dell’Albania o in ter­ri­to­ri «neu­tra­li» come la Gre­cia e la Tur­chia, dove il com­mer­cio dipen­de­va da con­trat­ta­zio­ni dele­ga­te a inter­me­dia­ri in con­tat­to con le mul­ti­na­zio­na­li. La pre­sen­za di capi­ma­fia sici­lia­ni in domi­ci­lio coat­to a Napo­li all’inizio degli anni Set­tan­ta pro­dur­rà una meta­mor­fo­si del­la vec­chia mala­vi­ta loca­le, con la qua­le alcu­ni capi camor­ra già impe­gna­ti nel set­to­re ver­ran­no affi­lia­ti a Cosa Nostra, avvian­do un pro­ces­so di evo­lu­zio­ne del­la «vec­chia camor­ra». È pro­prio gra­zie a que­sto pas­sag­gio che il con­trab­ban­do pas­sa a un model­lo impren­di­to­ria­le mafio­so, incre­di­bil­men­te più red­di­ti­zio e fero­ce di cui negli anni Set­tan­ta le orga­niz­za­zio­ni cri­mi­na­li loca­li assu­mo­no il con­trol­lo tota­le, tra­sfor­man­do­lo in un’industria sul­la cui strut­tu­ra si svi­lup­pe­rà il busi­ness del narcotraffico. 

In que­sta tra­sfor­ma­zio­ne è leg­gi­bi­le anche la meta­mor­fo­si del­la figu­ra del con­trab­ban­die­re che da «lavo­ra­to­re auto­no­mo» diven­ta dipen­den­te dei grup­pi cri­mi­na­li che inve­sto­no nell’acquisto del­la mer­ce all’ingrosso, distri­buen­do­la poi a strut­tu­re coo­pe­ra­ti­ve costi­tui­te da grup­pi di pro­prie­ta­ri asso­cia­ti dei moto­sca­fi, sca­fi­sti «pro­fes­sio­ni­sti», cele­bra­ti da can­zo­ni e pel­li­co­le cine­ma­to­gra­fi­che per gli epi­ci inse­gui­men­ti con la Guar­dia di Finan­za attra­ver­so il Gol­fo, capi paran­za che median­te un wal­kie tal­kie diri­go­no le ope­ra­zio­ni di sbar­co da ter­ra dove mari­nai addet­ti allo sca­ri­co del­la mer­ce prov­ve­do­no al tra­spor­to in luo­ghi sicu­ri e suc­ces­si­va­men­te alla distri­bu­zio­ne a una rete di com­mer­cian­ti al det­ta­glio, dei qua­li è un’icona Sofia Loren nei pan­ni di Ade­li­na in Ieri, oggi e doma­ni[5].

Il boom del con­trab­ban­do si veri­fi­ca fra il 1970 e il 1973, quan­do un eser­ci­to di mano­do­pe­ra tro­va in que­sta atti­vi­tà la pro­pria fon­te di sosten­ta­men­to e pro­prio le azio­ni di con­tra­sto del­le isti­tu­zio­ni, in real­tà, in assen­za di poli­ti­che eco­no­mi­che e socia­li in gra­do di inter­ve­ni­re sul­la dif­fi­ci­le situa­zio­ne socia­le napo­le­ta­na, for­ni­sco­no un note­vo­le impul­so allo svi­lup­po di for­me nuo­ve di orga­niz­za­zio­ne del feno­me­no ope­ra­te dal­la camor­ra. A tale pro­po­si­to è uti­le con­si­de­ra­re quel­lo che acca­de con la Leg­ge 359 del 14 ago­sto ’74, quan­do si esten­de la ter­ri­to­ria­li­tà da sei a dodi­ci miglia dal­la costa. Pri­ma di que­sta leg­ge le navi che tra­spor­ta­va­no le siga­ret­te pote­va­no arri­va­re, nel­le acque inter­na­zio­na­li, a una distan­za che per­met­te­va anche a grup­pi di pro­le­ta­ri autor­ga­niz­za­ti di rag­giun­ger­le con pic­co­le imbar­ca­zio­ni. Con la Leg­ge 359 cam­bia tut­to, sono ben altri gli sca­fi neces­sa­ri a rag­giun­ge­re i cari­chi al lar­go e solo i mafio­si pos­so­no inve­sti­re tan­to, così quel com­mer­cio diven­ta un affa­re mono­po­liz­za­to dai clan marsigliesi. 

La vera svol­ta, la ristrut­tu­ra­zio­ne capi­ta­li­sta del con­trab­ban­do è que­sta. L’attività si incre­men­ta, negli anni suc­ces­si­vi, in segui­to all’allentamento del­la pres­sio­ne poli­zie­sca, soste­nu­ta dal­la Leg­ge 724 del 1975 che depe­na­liz­za l’attività, una rispo­sta del­lo Sta­to alle lot­te socia­li che pun­ta­va a con­sen­ti­re uno sfo­go alla rab­bia popo­la­re, in man­can­za di inve­sti­men­ti nel wel­fa­re. Anche Valen­zi, sin­da­co del Pci, si espres­se pub­bli­ca­men­te per un allen­ta­men­to del­la pres­sio­ne del­le for­ze dell’ordine. Dopo il 1975, in con­co­mi­tan­za con la cre­sci­ta del pote­re del­le orga­niz­za­zio­ni cri­mi­na­li si sca­te­na una guer­ra fra i clan mar­si­glie­si e la mafia sici­lia­na per il con­trol­lo di que­sto ric­co set­to­re com­mer­cia­le che va incon­tro a una ristrut­tu­ra­zio­ne den­tro la qua­le si inse­ri­sce il fio­ren­te mer­ca­to degli stu­pe­fa­cen­ti che comin­cia a pren­de­re spa­zio uti­liz­zan­do pro­prio i cana­li distri­bu­ti­vi del­la rete del con­trab­ban­do. Dal 1979 la pres­sio­ne del­la Poli­zia rico­min­cia a diven­ta­re alta e solo le orga­niz­za­zio­ni camor­ri­sti­che, che dispon­go­no di capi­ta­li e mez­zi pos­so­no affron­ta­re quel­la guer­ra con lo Sta­to che i pic­co­li con­trab­ban­die­ri non pos­so­no soste­ne­re[6]. In quel perio­do la cit­tà vie­ne inve­sti­ta dai pri­mi scon­tri del­la guer­ra fra la camor­ra urba­na e quel­la lega­ta a Raf­fae­le Cuto­lo che pro­va a mono­po­liz­za­re il set­to­re impo­nen­do ai con­trab­ban­die­ri una «tas­sa» sul fatturato. 

I pro­le­ta­ri fino ad allo­ra impe­gna­ti nell’attività si tro­va­no quin­di sospe­si fra lo Sta­to e la mala­vi­ta che da spon­de appa­ren­te­men­te oppo­ste richie­do­no sot­to­mis­sio­ne, disci­pli­na ed estra­zio­ne di plu­sva­lo­re. In que­sta mor­sa fra la repres­sio­ne sta­ta­le e l’espansione del­la mala­vi­ta orga­niz­za­ta nasco­no, dall’incontro con alcu­ni mili­tan­ti poli­ti­ci atti­vi nei quar­tie­ri popo­la­ri del­la cit­tà, for­me di sog­get­ti­va­zio­ne che pro­va­ro­no a sot­trar­si al bino­mio Stato/​camorra, come il Col­let­ti­vo auto­no­mo con­trab­ban­die­ri, nato a For­cel­la nel 1974, che annun­cia una del­le sue pri­me usci­te pub­bli­che all’Università Fede­ri­co II, con un volan­ti­no su cui si scrive:

Il con­trab­ban­do a Napo­li per­met­te a 50.000 fami­glie di soprav­vi­ve­re a sten­to. Da poco meno di un anno, oltre a chiu­de­re i posti di lavo­ro, lo Sta­to e la Finan­za han­no dichia­ra­to guer­ra al con­trab­ban­do. Ci spa­ra­no addos­so quan­do uscia­mo con i moto­sca­fi blu. Il con­trab­ban­do non si toc­ca! Fino a quan­do non ci daran­no un altro mez­zo per vive­re. Dob­bia­mo orga­niz­zar­ci ed esse­re uni­ti per difen­de­re il nostro dirit­to alla vita. Riu­nio­ne di tut­ti i con­trab­ban­die­ri napo­le­ta­ni. Gio­ve­dì 15 alle ore 10 davan­ti all’Università di Scien­ze di via Mez­zo­can­no­ne 16 di fron­te al Cine­ma Astra. Col­let­ti­vo auto­no­mo con­trab­ban­die­ri[7].

Il col­let­ti­vo lo fon­da­ro­no alcu­ni com­pa­gni del Vome­ro che face­va­no i con­trab­ban­die­ri. In quel perio­do era­no mol­ti i comu­ni­sti napo­le­ta­ni che vive­va­no da «ille­ga­li» e quel­la espe­rien­za, quin­di, non nac­que da «avan­guar­die ester­ne» ma all’interno del loro mon­do. Tra il ’72 e il ’74 furo­no mol­te le tra­sfor­ma­zio­ni del­la cit­tà che col­pi­ro­no il pro­le­ta­ria­to napo­le­ta­no per il qua­le le atti­vi­tà «ille­ga­li» ave­va­no un ruo­lo impor­tan­te. È chia­ro che di fron­te a que­gli attac­chi i com­pa­gni sen­tis­se­ro l’esigenza di orga­niz­zar­si. Quel col­let­ti­vo è vis­su­to poco per­ché ha subi­to una repres­sio­ne paz­ze­sca, appe­na ven­ne fuo­ri la noti­zia qua­si tut­ti i com­pa­gni furo­no arre­sta­ti ma è un erro­re ana­liz­zar­ne la por­ta­ta poli­ti­ca solo alla luce del­la sua «dura­ta». Noi spes­so abbia­mo un’idea retrò nei con­fron­ti di que­sti feno­me­ni, pen­sia­mo che le strut­tu­re di movi­men­to che nasco­no per un’esigenza deb­ba­no ave­re la stes­sa vita di un col­let­ti­vo poli­ti­co o di un par­ti­to ma non è così. La sto­ria dei movi­men­ti che nasco­no nei ter­ri­to­ri è quel­la che è, le strut­tu­re di movi­men­to spon­ta­nee come que­sto col­let­ti­vo pos­so­no anche dura­re poco ma quel­la che soprav­vi­ve è l’idea di fon­do. Quel­lo che resta è la valen­za poli­ti­ca dell’illegalità orga­niz­za­ta e il suo ingres­so den­tro il pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio, la fine dell’idea di sot­to­pro­le­ta­ria­to come ele­men­to mar­gi­na­le anche nel ragio­na­men­to dei compagni. 

Il col­let­ti­vo dura poco in ter­mi­ni tem­po­ra­li ma le lot­te del cole­ra nasco­no da lì, da un per­cor­so poli­ti­co che si era avvia­to in seno al pro­le­ta­ria­to e al sot­to­pro­le­ta­ria­to urba­no che si orga­niz­za den­tro la cri­si. Biso­gna, quin­di, sem­pre rin­trac­cia­re den­tro que­ste vicen­de, gli ele­men­ti poli­ti­ci di base, le aper­tu­re sul­le qua­li cam­bia il cor­so degli even­ti sto­ri­ci più che la dura­ta del­la sin­go­la espe­rien­za. Nel­la vicen­da dei con­trab­ban­die­ri è pos­si­bi­le leg­ge­re mol­to del­le con­trad­di­zio­ni che avve­ni­va­no a Napo­li in que­gli anni. Nel ’73, con il cole­ra, lo Sta­to avvia una guer­ra ai pro­le­ta­ri del­la cit­tà attac­can­do­ne il sosten­ta­men­to eco­no­mi­co che con­si­ste­va nel­la ven­di­ta per stra­da di gene­ri ali­men­ta­ri, fra cui le coz­ze. La guer­ra al con­trab­ban­do è del­lo stes­so segno. Dopo la Leg­ge 359 i com­pa­gni fino a quel momen­to ave­va­no avu­to un ruo­lo impor­tan­te in quel mon­do, gli ope­rai licen­zia­ti si met­te­va­no insie­me per com­pra­re una bar­ca ma dopo que­sta leg­ge cam­bia tut­to e fini­sce la strut­tu­ra coo­pe­ra­ti­va dal bas­so che, pur sen­za teo­riz­za­zio­ni, era la moda­li­tà su cui era orga­niz­za­ta quell’attività. Alla fine il con­trab­ban­do muo­re per inte­res­si diver­si, una vol­ta che si sono strut­tu­ra­ti quei cana­li com­mer­cia­li è più con­ve­nien­te tra­sfor­mar­lo in cir­cui­to di dro­ga e armi. Quel­la non è una vicen­da di scon­tro fra mafio­si e Sta­to, anzi, è la sto­ria di tra­sfor­ma­zio­ne in sen­so capi­ta­li­sta di un set­to­re dell’economia den­tro cui c’erano mol­ti com­pa­gni e den­tro quel­le vicen­de va let­ta la sto­ria del col­let­ti­vo auto­no­mo di con­trab­ban­die­ri che nasce per lot­ta­re con­tro quell’aggressione del capi­ta­li­smo alla vita dei pro­le­ta­ri. La tra­sfor­ma­zio­ne impo­sta dal Capi­ta­le pesa sui ter­ri­to­ri per­ché distrug­ge strut­tu­re socia­li ed eco­no­mi­che che si reg­ge­va­no su quel­lo. È lo Sta­to che le distrug­ge, attac­can­do i pro­le­ta­ri del cen­tro sto­ri­co nel­la mate­ria­li­tà del­le loro fon­ti di sosten­ta­men­to[8].

Note

[1] I con­trab­ban­die­ri di S. Lucia, regia di A. Bre­scia, con M. Mero­la e A. Saba­to. Prod. Atlas, Ita­lia 1979. 

[2] G. Maz­zoc­chi – A. Vil­la­ni (a cura di), Sul­la cit­tà, oggi. La peri­fe­ria metro­po­li­ta­na. Nodi e rispo­ste, Fran­co Ange­li, Mila­no 2004. 

[3] F. Bar­ba­gal­lo, Il pote­re del­la camor­ra, Einau­di, Tori­no 1999. 

[4] Si veda L. Manun­za, Geo­gra­fie dell’informe. Le nuo­ve fron­tie­re del­la glo­ba­liz­za­zio­ne. Etno­gra­fie da Tan­ge­ri, Napo­li e Istan­bul, Ombre Cor­te, Vero­na 2016. 

[5] Ieri, oggi e doma­ni, regia di V. De Sica, con M. Mastro­ian­ni e S. Loren, Prod. C. Pon­ti, 1963. 

[6] I. Sales, La camor­ra, le camor­re, Edi­to­ri Riu­ni­ti, Roma 1988. 

[7] Volan­ti­no del Col­let­ti­vo Auto­no­mo Con­trab­ban­die­ri, 1974. 

[8] Raf­fae­le Pau­ra, inter­vi­sta, 2019.