Filtra per Categoria
Autonomia Bolognese
Autonomie del Meridione
Fondo DeriveApprodi
Collettivi Politici Veneti
Autonomia Toscana
Blog

Classe operaia n° 3

  • Si al par­ti­to di classe
  • Lot­ta alla Sirma
  • Tori­no: il par­ti­to nel­la cit­tà fabbrica
  • L’in­ter­ven­to di “Clas­se Operaia”
  • Le pri­me con­fe­ren­ze di fab­bri­ca del PCI
  • I con­gres­si sindacali
  • Ope­rai e PCI
  • Il rifor­mi­smo labu­ri­sta e il con­trol­lo capi­ta­li­sti­co sugli operai
  • Quat­tro note di “poli­ti­ca culturale”

SCHEDA PRIMA

A/​TRAVERSO


Perio­di­ci­tà: irre­go­la­re
For­ma­to: tabloid
Bolo­gna 1975–1981
Nume­ri edi­ti: 14
Tira­tu­ra: ini­zial­men­te 1000 poi 25.000 nel 1977
Dif­fu­sio­ne nazio­na­le

Nel ’75 esco­no i pri­mi nume­ri di «A/​traverso», come ricer­ca aper­ta sui pro­ble­mi glo­ba­li e com­ples­si­vi del lin­guag­gio, del pri­va­to, e del­l’in­tel­li­gen­za nei con­fron­ti del pote­re, oltre ai rigi­di sche­mi ideo­lo­gi­ci del­le orga­niz­za­zio­ni ma anche oltre il ter­re­no «bana­le» del dibat­ti­to sul­la cri­si del­la mili­tan­za e sul­l’e­mer­gen­za dei biso­gni.
Ven­go­no ricer­ca­te per­ciò vie più com­ples­se che si rial­lac­cia­no ad un impian­to cul­tu­ra­le che va da Maja­ko­v­skij a Batail­le, dai «Qua­der­ni Ros­si» a Deleu­ze e Guat­ta­ri.
E’ un pro­get­to di pic­co­la rivo­lu­zio­ne cul­tu­ra­le che nasce, non a caso, come riscon­tro spe­cu­la­re pro­prio a Bolo­gna, dove il model­lo di «socia­li­smo rea­liz­za­to» risul­ta oppres­si­vo, debo­le, poco attraen­te. Di qui anche un cer­to per­cor­so paral­le­lo con i nuo­vi filo­so­fi alla Hen­ri-Levy e alla Gluk­smann che spo­san­do la cri­ti­ca di ogni dis­si­den­za por­ta­va­no avan­ti un vio­len­to attac­co ai pae­si del «gulag».
Si teo­riz­za la tra­sver­sa­li­tà all’in­ter­no dei gran­di temi socia­li fuo­ri dal­la costri­zio­ne di cate­go­rie come pro­le­ta­ria­to, bor­ghe­sia, ormai con­sun­te dal­l’i­deo­lo­gia. Così come ha fat­to il fem­mi­ni­smo, ci si oppo­ne ad ogni siste­ma ideo­lo­gi­co; l’an­ta­go­ni­smo radi­ca­le di una for­te emer­gen­za rom­pe con l’en­tri­smo e l’il­lu­sio­ne di modi­fi­ca­zio­ne di par­ti­ti, sin­da­ca­ti, regio­ni, scuo­le, indu­stria cul­tu­ra­le.
La quo­ti­dia­ni­tà vis­su­ta come momen­to rivo­lu­zio­na­rio in tut­te le sue com­po­nen­ti deve bru­cia­re il mas­si­mo di inven­ti­vi­tà e crea­ti­vi­tà. Di qui l’u­so iro­ni­co del lin­guag­gio, il non-sen­se, la riven­di­ca­zio­ne del dirit­to a viag­gia­re (con i bigliet­ti del tre­no per­fet­ta­men­te fal­si­fi­ca­ti), il dirit­to allo spet­ta­co­lo, non quel­lo del­le peri­fe­rie ma quel­lo del­le «pri­me» (pro­prio per que­sto i cir­co­li gio­va­ni­li occu­pa­no le sale del cen­tro), la teo­ria del­l’in­tel­li­gen­za tec­ni­co-scien­ti­fi­ca (che fa impaz­zi­re i sema­fo­ri di Bolo­gna e svuo­ta le get­to­nie­re tele­fo­ni­che di mez­za Ita­lia). Radio Ali­ce rom­pe tut­ti i ter­mi­ni del­la comu­ni­ca­zio­ne. Cosa mai fat­ta nel­la sini­stra ita­lia­na, il movi­men­to rivo­lu­zio­na il lin­guag­gio con una ricer­ca con­sa­pe­vo­le, ripren­de dal­la tra­di­zio­ne del­la cul­tu­ra under­ground i meto­di di stam­pa: con rita­gli di gior­na­li, pen­na­rel­li e car­ta bian­ca bat­tu­ta a mac­chi­na e appli­ca­ta su luci­do crea un nuo­vo ese­cu­ti­vo di stam­pa che per­met­te una libe­ra impa­gi­na­zio­ne uscen­do dagli sche­mi tipografici.

ADDAVENI’


«Adda­ve­nì» nasce nel­l’au­tun­no del ’76 e chiu­de con l’ul­ti­mo nume­ro nel mag­gio ’79: dal­la mor­te di Mao Tze-tung al 7 apri­le, pas­san­do per Bolo­gna e Moro.
Lo scri­ve e lo stam­pa il Comi­ta­to Comu­ni­sta (mar­xi­sta-leni­ni­sta) di Uni­tà e di Lot­ta («Cocu­lo»), una orga­niz­za­zio­ne mino­re nata nel 1970 da orga­ni­smi di lot­ta (di fab­bri­ca, quar­tie­ri e stu­den­ti) abban­do­na­ti dal­la dia­spo­ra mar­xi­sta-leni­ni­sta.
For­te­men­te cri­ti­ci ver­so la pras­si sto­ri­ca del­l’em­mel­li­smo ita­lia­no, i com­pa­gni «Cocu­lo» per mol­ti anni si iden­ti­fi­ca­ro­no nel­la pura atti­vi­tà «di mas­sa», con­ser­van­do Comi­ta­ti di lot­ta in alcu­ne fab­bri­che, scuo­le, quar­tie­ri, ospe­da­li di Mila­no.
Duran­te que­sto perio­do il «Cocu­lo» si espri­me esclu­si­va­men­te attra­ver­so i bol­let­ti­ni ed i gior­na­li degli orga­ni­smi di mas­sa; attra­ver­so l’at­ti­vi­tà di mas­sa avvie­ne l’incontro (che è pri­ma uno scon­tro poi una pro­gres­si­va omo­ge­neiz­za­zio­ne) con l’Au­to­no­mia, a comin­cia­re dal­le lot­te con l’As­sem­blea Auto­no­ma del­l’Al­fa Romeo (la lot­ta con­tro la noci­vi­tà del­l’i­ni­zio anni ’70 fu con­dot­ta da ope­rai del «Cocu­lo» con una Com­mis­sio­ne Tec­ni­ca for­ma­ta da medi­ci, avvo­ca­ti, e inge­gne­ri).
A metà degli anni ’70 si col­lo­ca una fase duran­te la qua­le vie­ne ten­ta­ta un’ag­gre­ga­zio­ne nazio­na­le con for­ze ana­lo­ghe (Tori­no, Napo­li, Firen­ze) all’in­se­gna del­l’or­ga­niz­za­zio­ne mar­xi­sta-leni­ni­sta.
Il ten­ta­ti­vo fal­li­sce e deter­mi­na uno scar­to di orien­ta­men­to del «Cocu­lo» che, sen­za mai rin­ne­ga­re la sua impron­ta mar­xi­sta-leni­ni­sta, da quel momen­to si rico­no­sce nel vasto movi­men­to del­l’au­to­no­mia, come uni­ca area rivo­lu­zio­na­ria pos­si­bi­le. Da que­sto orien­ta­men­to, che signi­fi­ca anche l’ab­ban­do­no del­la stra­da orga­niz­za­ti­va m‑1, nasce il gior­na­le «Adda­ve­nì». La testa­ta sin­te­tiz­za un pò que­sta sto­ria e l’o­rien­ta­men­to («Adda­ve­nì Baf­fo») era il tito­lo del­le vignet­te che, negli anni suc­ces­si­vi alla guer­ra, Gua­re­schi – umo­ri­sta fasci­sta – dedi­ca­va ai comu­ni­sti descrit­ti come stu­pi­di ed in peren­ne atte­sa del­l’ar­ri­vo di Sta­lin-Baf­fo­ne; l’e­spres­sio­ne era dive­nu­ta modo di dire, a signi­fi­ca­re uno spi­ri­to di atte­sa qua­si mes­sia­ni­ca: una spe­cie di «Amar­cord» sta­li­ni­sta, un atteg­gia­men­to un pò popo­la­re­sco, e di una cer­ta autoi­ro­nia.
Il gior­na­le, così come avvie­ne per l’at­ti­vi­tà poli­ti­ca dei com­pa­gni che lo scri­vo­no e lo sosten­go­no, va ad occu­pa­re un’a­rea non mol­to vasta ma ben distin­ta del movi­men­to mila­ne­se.
Si distin­gue infat­ti dal­l’a­rea di Ros­so ed in gene­re di quel­la che è det­ta Auto­no­mia Orga­niz­za­ta per una costan­te inter­pre­ta­ti­va di estra­zio­ne mate­ria­li­sta-dia­let­ti­ca che nel­la pra­ti­ca si tra­du­ce da un lato nel sot­to­li­nea­re e pri­vi­le­gia­re l’or­ga­niz­za­zio­ne nel­l’at­ti­vi­tà poli­ti­ca ad ogni livel­lo, dal­l’al­tro lato – e per la stes­sa ragio­ne – a con­te­sta­re il «lea­de­ri­smo» ed il sog­get­ti­vi­smo.
Tut­ta­via «Adda­ve­nì» for­se si distin­gue anco­ra di più dal­l’a­rea del­la Voce Ope­ra­ia, sia per la diver­sa valu­ta­zio­ne del­le que­stio­ni fon­da­men­ta­li del mar­xi­smo-leni­ni­smo, in par­ti­co­lar modo la que­stio­ne del par­ti­to, sia per il diver­so atteg­gia­men­to ver­so le mas­se, e sia, nel­la sostan­za, per­ché non vi si rico­no­sco­no que­gli ele­men­ti di ric­chez­za poli­ti­ca e teo­ri­ca e que­gli ele­men­ti di lot­ta e di anta­go­ni­smo che sono pro­pri del­l’au­to­no­mia.
Fin dal­l’i­ni­zio «Adda­ve­nì» dà rilie­vo alla lot­ta di libe­ra­zio­ne del­la don­na, le cui con­ce­zio­ni agi­sco­no pro­fon­da­men­te nel­lo stes­so svi­lup­po del­la linea, fino alla for­mu­la­zio­ne del­la con­ce­zio­ne stra­te­gi­ca che fu det­ta del­le tre Rivo­lu­zio­ni (socia­li­smo, comu­ni­smo, fem­mi­ni­smo).
La teo­ria stes­sa del comu­ni­smo, richia­man­do­si al cosid­det­to «1° Marx», pre­sen­ta un for­te carat­te­re radi­ca­le, con una accen­tua­zio­ne note­vo­le del­le tema­ti­che riguar­dan­ti le tra­sfor­ma­zio­ni sog­get­ti­ve.
Una posi­zio­ne par­ti­co­la­re vie­ne espres­sa anche nei riguar­di del­la lot­ta arma­ta, alla qua­le non vie­ne mai attri­bui­ta la deno­mi­na­zio­ne di «ter­ro­ri­smo» e che vie­ne con­si­de­ra­ta per­ciò che era di fat­to, una for­ma di lot­ta del movi­men­to.
Tut­ta­via vie­ne costan­te­men­te e pesan­te­men­te cri­ti­ca­ta la linea mili­ta­ri­sta, accu­sa­ta di esse­re costrut­tri­ce di repres­sio­ne ed iso­la­men­to anzi­ché di coscien­za ed orga­niz­za­zio­ne.
Sul pia­no inter­na­zio­na­le, anche qui «Adda­ve­nì» si distin­gue rispet­to alle altre aree di movi­men­to, da un lato con­ser­van­do la con­ce­zio­ne mar­xi­sta-leni­ni­sta del­l’in­ter­na­zio­na­li­smo pro­le­ta­rio (quin­di non pura­men­te antim­pe­ria­li­sta e ter­zo­mon­di­sta, ma anche socia­li­sta), dal­l’al­tro rifiu­tan­do di alli­near­si al «nuo­vo cor­so» cine­se ma rico­no­scen­do inve­ce nel­la linea maoi­sta e del­la «ban­da dei quat­tro» un con­tri­bu­to fon­da­men­ta­le allo svi­lup­po del comu­ni­smo nel mondo.

AUTONOMIA PROLETARIA


Una dopo l’al­tra tac­cio­no, o sono mes­se a tace­re, le «voci» del movi­men­to ’77.Uno dopo l’al­tro si svuo­ta­no, men­tre si riem­pio­no le gale­re, i «ghet­ti libe­ra­ti» dell’Autonomia.In que­sta tra­gi­ca quie­te il suo «fan­ta­sma», meno rumo­ro­so ma for­se più effi­ca­ce, ricon­se­gna nel­le mani del pro­le­ta­ria­to il cer­vel­lo teo­ri­co del mon­do con­tem­po­ra­neo, che que­sto movi­men­to ha mate­ria­liz­za­to e del­l’au­to­no­mia pro­le­ta­ria costi­tui­sce For­ma pro­pria… «pri­ma del diluvio».La fine di que­sto ven­te­si­mo seco­lo è tem­po di rivo­lu­zio­ne tan­to per i pae­si capi­ta­li­sti quan­to per quel­li pseu­do­so­cia­li­sti. In que­sta pro­spet­ti­va, l’in­di­vi­dua­zio­ne di un pro­get­to poli­ti­co (eco­no­mi­co-socia­le) di auto­no­mia pro­le­ta­ria deve pas­sa­re attra­ver­so l’a­na­li­si del­la sua sto­ria e del­le for­me di orga­niz­za­zio­ne che i pro­le­ta­ri han­no cer­ca­to di dar­si ogni­qual­vol­ta han­no potu­to farlo.In que­sta pro­spet­ti­va, risco­pri­re que­sta con­tro­sto­ria del­la sto­ria bor­ghe­se e neo­bor­ghe­se: la sto­ria del­l’au­to­no­mia pro­le­ta­ria; arti­co­la­re gli ele­men­ti di con­tro­po­te­re che risul­ta­no dal­la pra­ti­ca eco­no­mi­co-poli­ti­ca dei pro­le­ta­ri signi­fi­ca rico­sti­tui­re l’in­tel­li­gen­za teo­ri­ca del movi­men­to sto­ri­co indi­spen­sa­bi­le a non man­ca­re que­sto appun­ta­men­to, costi­tui­re attra­ver­so l’e­spe­rien­za di gene­ra­zio­ni di pro­le­ta­ri sen­za rivo­lu­zio­ne una stra­te­gia rivo­lu­zio­na­ria per la nostra generazione.In que­sta prospettiva…


CONTROINFORMAZIONE


Perio­di­ci­tà: irre­go­la­re
For­ma­to: tabloid
Mila­no 1973
Dura­ta: in cor­so di pub­bli­ca­zio­ne
Nume­ri edi­ti: 27 più 9 sup­ple­men­ti
Tira­tu­ra: 10.000 copie
Dif­fu­sio­ne nazio­na­le

La rivi­sta non si pre­sen­ta come por­ta­vo­ce di un grup­po, né vuo­le esse­re luo­go di pre­ci­se ela­bo­ra­zio­ni teo­ri­che, quan­to piut­to­sto rap­pre­sen­ta­re una pos­si­bi­li­tà di dibat­ti­to su tut­ti i pro­ble­mi, le tema­ti­che, gli avve­ni­men­ti che han­no nel movi­men­to anti­ca­pi­ta­li­sti­co ita­lia­no e inter­na­zio­na­le il loro pun­to di rife­ri­men­to più com­ples­si­vo.
Tale pro­get­to vie­ne con­dot­to seguen­do una dupli­ce linea di inda­gi­ne: da un lato si mostra­no gli esem­pi di ristrut­tu­ra­zio­ne capi­ta­li­sti­ca in cor­so, dal ruo­lo ege­mo­ne del­l’im­pe­ria­li­smo ame­ri­ca­no alla fun­zio­ne impor­tan­te del­le mul­ti­na­zio­na­li, dal­la rior­ga­niz­za­zio­ne del lavo­ro in fab­bri­ca all’u­so del fasci­smo e del­la pro­vo­ca­zio­ne, dal­la pro­vo­ca­zio­ne poli­zie­sca e giu­di­zia­ria ai vari aspet­ti che essa assu­me nel­la quo­ti­dia­na mani­po­la­zio­ne cul­tu­ra­le e ideo­lo­gi­ca, fino ad una pre­ci­sa denun­cia dei mec­ca­ni­smi del­l’in­gan­no infor­ma­ti­vo da par­te del­la stam­pa e del­la radio­te­le­vi­sio­ne.
Dal­l’al­tra ven­go­no illu­stra­te le rispo­ste da par­te ope­ra­ia a tale pro­ces­so di ristrut­tu­ra­zio­ne, e vie­ne quin­di docu­men­ta­ta la coscien­za poli­ti­ca del­le avan­guar­die di clas­se che si mani­fe­sta in nuo­vi momen­ti di lot­ta auto­no­ma­men­te orga­niz­za­ti, in fab­bri­ca e fuo­ri, fino alle più avan­za­te for­me di lot­ta arma­ta, di cui «Con­tro­in­for­ma­zio­ne», a dif­fe­ren­za di qua­si tut­ta la stam­pa alter­na­ti­va ita­lia­na, si è spes­so e a lun­go occu­pa­to pub­bli­can­do imma­gi­ni e docu­men­ti.
Pre­sup­po­sto più vol­te dichia­ra­to dai suoi redat­to­ri è infat­ti quel­lo di lascia­re par­la­re i pro­ta­go­ni­sti socia­li del­le lot­te, i qua­li, già impli­ci­ta­men­te, com­pio­no «comu­ni­ca­zio­ne anta­go­ni­sta»; e gli stes­si pro­ta­go­ni­sti fan­no da fon­te «diver­sa» di infor­ma­zio­ne e di rifles­sio­ne anche per le pro­po­ste teo­ri­co-inter­pre­ta­ti­ve dei redattori.«Controinformazione» appa­re fin dal pri­mo nume­ro come una tra le rivi­ste più cura­te nel­la veste gra­fi­ca (gran­de for­ma­to; ogni nume­ro com­po­sto da un cen­ti­na­io di pagi­ne, mol­te foto­gra­fie, dise­gni, inser­ti e docu­men­ti).
Coe­ren­te­men­te con l’im­pe­gno di pre­ci­sio­ne docu­men­ta­ti­va anche il lin­guag­gio ten­de ad esse­re il più pun­tua­le e scien­ti­fi­co pos­si­bi­le, pur man­te­nen­do­si sem­pre su un ele­va­to livel­lo di leg­gi­bi­li­tà, rea­liz­zan­do una scrit­tu­ra di tipo saggistico-documentativo.

I VOLSCI


Perio­di­ci­tà: men­si­le fino al dicem­bre 1978, poi irre­go­la­re
For­ma­to: tabloid
Roma feb­bra­io 1978
Dura­ta: in cor­so di pub­bli­ca­zio­ne
Tira­tu­ra: 5.000 copie
Dif­fu­sio­ne Ita­lia cen­tra­le


La rivi­sta pub­bli­ca il pri­mo nume­ro nel feb­bra­io 1978 quan­do anco­ra sono pro­fon­de le trac­ce lascia­te dal movi­men­to del 1977.
Difat­ti è carat­te­riz­za­ta oltre che da una pesan­te e radi­ca­le cri­ti­ca nei con­fron­ti dei mez­zi di infor­ma­zio­ne isti­tu­zio­na­li, anche da una seria cri­ti­ca nei con­fron­ti di alcu­ne ten­den­ze che han­no attra­ver­sa­to que­sto movi­men­to.
Al cen­tro di una gros­sa cam­pa­gna di cri­mi­na­liz­za­zio­ne da par­te di tut­ti gli orga­ni isti­tu­zio­na­li e soprat­tut­to da par­te del Pci, via dei Vol­sci, inte­so come movi­men­to roma­no pro­ta­go­ni­sta anch’es­so dei feno­me­ni che han­no carat­te­riz­za­to il ’77, vie­ne fat­to cen­tro di alcu­ne misu­re repres­si­ve che por­ta­no in pochi mesi alla chiu­su­ra del­la sede di «via dei Vol­sci», alla denun­cia per ban­da arma­ta per 94 com­pa­gni, di cospi­ra­zio­ne poli­ti­ca per un tota­le di 183, fino alla richie­sta del con­fi­no per una tren­ti­na di mili­tan­ti dei «Comi­ta­ti Auto­no­mi Ope­rai».
E’ pro­prio a segui­to di que­sta cam­pa­gna di cri­mi­na­liz­za­zio­ne dove vie­ne più vol­te men­zio­na­to il nome di via dei Vol­sci che vie­ne scel­to come testa­ta del­la rivi­sta pro­prio «I Vol­sci».
«Il cre­scen­te dispo­ti­smo nel con­trol­lo del­le infor­ma­zio­ni» dun­que e «la cri­si sem­pre più intol­le­ra­bi­le del­l’ir­rea­li­smo teo­ri­co del sepa­ra­ti­smo socia­le, del gre­ga­ri­smo poli­ti­co, del lin­guag­gio codi­fi­ca­to del­le orga­niz­za­zio­ni di estre­ma sini­stra», sarà il cen­tro del dibat­ti­to alme­no in que­sto pri­mo nume­ro.
«I Vol­sci» carat­te­riz­ze­rà il suo inter­ven­to in un duro attac­co nei con­fron­ti del Pci rite­nu­to il mag­gio­re respon­sa­bi­le e pro­mo­to­re di que­sta gros­sa cam­pa­gna di cri­mi­na­liz­za­zio­ne. Ver­so la fine del 1978 la rivi­sta par­te­ci­pa al gros­so dibat­ti­to che coin­vol­ge tut­ta l’a­rea del­l’au­to­no­mia. Que­sto dibat­ti­to era cen­tra­to sul pro­ble­ma di ope­ra­re un sal­to di qua­li­tà orga­niz­za­ti­vo all’in­ter­no del movi­men­to.
Le ana­li­si fat­te da rivi­ste come «Pri­mo Mag­gio» e «Con­tro­in­for­ma­zio­ne», che intro­du­ce­va­no ele­men­ti di valu­ta­zio­ne teo­ri­ca sul­l’au­to­no­mia ope­ra­ia, sui suoi com­por­ta­men­ti e sul­la ristrut­tu­ra­zio­ne del capi­ta­le, veni­va­no rite­nu­te insuf­fi­cien­ti se di pari pas­so non si avvia­va con­cre­ta­men­te il pro­ces­so organizzativo.Da qui la pro­po­sta di crea­re un «Movi­men­to del­l’Au­to­no­mia Ope­ra­ia» capa­ce di tra­dur­re in ter­mi­ni orga­niz­za­ti­vi tut­te le for­me di spon­ta­nei­smo anta­go­ni­sta pre­sen­ti sul ter­ri­to­rio.
Oltre che a trat­ta­re argo­men­ti riguar­dan­ti le lot­te ope­ra­ie e que­stio­ni sin­da­ca­li soprat­tut­to di alcu­ne gros­se fab­bri­che (Fiat, Alfa Romeo ecc.), «I Vol­sci» tro­van­do­si in una real­tà socia­le – quel­la roma­na – tipi­ca­men­te ter­zia­ria, occu­pa gran par­te del suo inter­ven­to pro­prio in que­sto set­to­re. Si par­la di sfrut­ta­men­to del­la don­na den­tro e fuo­ri la fab­bri­ca (lavo­ro pre­ca­rio, agri­co­lo, dome­sti­co), di lavo­ro nero, di disoc­cu­pa­ti, di scuo­la, di ser­vi­zi come gli ospe­da­li e il set­to­re sani­ta­rio in gene­re, SIP , Enel, fer­ro­vie­ri, ecc. La rivi­sta, inol­tre, si occu­pa con mol­ta atten­zio­ne di car­ce­re, repres­sio­ne e con­trol­lo sociale.

SCHEDA SECONDA

L’ERBA VOGLIO


Perio­di­ci­tà: bime­stra­le
For­ma­to: 21x28
Mila­no 1971–1977
Dif­fu­sio­ne nazio­na­le (soprat­tut­to Nord Ita­lia).


II sen­so del­la rivi­sta e dei libri «L’er­ba voglio» può esse­re dato, nel modo più sem­pli­ce, indi­can­do il modo in cui rivi­sta e libri ebbe­ro ori­gi­ne. Nel­lo stes­so tem­po, si tro­ve­rà anche indi­ca­to il sen­so di ciò che è sta­to poi deno­mi­na­to «il ’68!, o uno dei suoi sen­si prin­ci­pa­li, entro il qua­le si sono svol­ti alcu­ni anni del­la sto­ria ita­lia­na.
All’i­ni­zio del ’71 uscì pres­so Einau­di il libro col­let­ti­vo «L’er­ba voglio», rac­col­ta di varie e dif­fe­ren­ti espe­rien­ze edu­ca­ti­ve nel­l’am­bi­to soprat­tut­to degli asi­li, del­la scuo­la ele­men­ta­re e di quel­la media.
Esso col­le­ga­va e com­men­ta­va i mate­ria­li di lavo­ro che era­no sta­ti pre­sen­ta­ti a un con­ve­gno svol­to­si a Mila­no l’an­no pri­ma. Il libro conob­be un gran­de suc­ces­so (oltre cin­quan­ta­mi­la copie ven­du­te, cin­que ristam­pe). Ma non fu que­sta l’o­ri­gi­ne del­la rivi­sta.
L’o­ri­gi­ne fu in un mode­sto car­ton­ci­no, inse­ri­to astu­ta­men­te nel libro stes­so, che gli inte­res­sa­ti ai lavo­ri espo­sti nel libro era­no pre­ga­ti di riman­da­re a un indi­riz­zo pre­sta­bi­li­to.
Nel giro di pochi mesi, arri­va­ro­no miglia­ia di rispo­ste da tut­ta Ita­lia e anche dal­l’e­ste­ro, un nume­ro tale da stu­pi­re gli esper­ti di mar­ke­ting e da crea­re nel­lo stes­so tem­po note­vo­li per­ples­si­tà negli idea­to­ri del­l’i­ni­zia­ti­va.
Che cosa si pote­va fare per sta­bi­li­re un rea­le con­tat­to con que­ste miglia­ia di per­so­ne spar­se in tut­to il pae­se?
La rispo­sta fu la rivi­sta «L’er­ba voglio», bime­stra­le usci­to abba­stan­za pun­tual­men­te dal luglio ’71 (cioè pochi mesi dopo l’u­sci­ta del libro) fino all’au­tun­no ’77.
Che cosa si vuoi dire con que­sto? Si vuoi dire che «L’er­ba voglio» è sta­ta essen­zial­men­te il ten­ta­ti­vo, pro­se­gui­to per anni, di sta­bi­li­re un col­let­ti­vo fles­si­bi­le, mode­sto ma rea­le, fon­da­to sul­lo scam­bio e la inter­ro­ga­zio­ne di espe­rien­ze indi­vi­dua­li e comu­ni, esclu­den­do sin da prin­ci­pio l’u­so e l’i­dea­liz­za­zio­ne di capi, di strut­tu­re o di paro­le d’or­di­ne.
Sen­za quin­di costi­tui­re una nuo­va pseu­do-reli­gio­ne lai­ca, come se ne sono via via costi­tui­te a cen­ti­na­ia nel­l’e­po­ca moder­na.
E sot­to­po­nen­do l’i­ne­vi­ta­bi­le fio­ri­tu­ra imma­gi­na­ria di ogni perio­do di muta­men­to al con­trol­lo più pre­ci­so e arti­co­la­to. E dan­do voce e con­si­sten­za ai modi di oltre­pas­sa­men­to effet­ti­vo del già dato, del già noto e appro­va­to. A testi­mo­nian­za di ciò, basta­no i som­ma­ri dei tren­ta nume­ri del­la rivi­sta e i tito­li del­la ven­ti­na di libri usci­ti.
Si può dire sen­za van­te­ria che chi vor­rà cer­ca­re e scan­da­glia­re la cor­ren­te prin­ci­pa­le del­le idee e dei pro­get­ti del decen­nio ’70 dovrà neces­sa­ria­men­te ricor­re­re a quei fogli.
Per­ché ora «L’er­ba voglio» non cir­co­la più? Sin dal feb­bra­io ’77 la rivi­sta scri­ve­va: «Il nostro tipo di lavo­ro ci sem­bra oggi con­clu­so, e per vari ordi­ni di ragio­ni.
In pri­mo luo­go, la distin­zio­ne stes­sa di mol­ti temi, che all’i­ni­zio sem­bra­va­no secon­da­ri o “con­tro­ri­vo­lu­zio­na­ri”, ren­de ora neces­sa­rio un lavo­ro rin­no­va­to per non cade­re nel­la ripe­ti­zio­ne, di ciò che noi stes­si abbia­mo fat­to sin qui e che, nel­la ripe­ti­zio­ne, rischie­reb­be di ridur­si, a paro­la d’or­di­ne, a ritua­li­smo, se non addi­rit­tu­ra a slo­gan (si pen­si, tan­to per fare un esem­pio, a come spes­so vie­ne usa­to “il per­so­na­le è poli­ti­co”). Abbia­mo tut­ti la per­ce­zio­ne che un perio­do è fini­to …
In que­sta fase la cri­si del­le orga­niz­za­zio­ni par­ti­ti­che che in sé era ine­vi­ta­bi­le, ed è salu­ta­re,- rischia di tra­sci­na­re con sé nel diso­rien­ta­men­to e nel­la sfi­du­cia lar­ghi stra­ti di gio­va­ni che in que­sti ulti­mi anni sono rima­sti pre­si den­tro un tipo di “mili­tan­za” alie­nan­te quan­to quel­la dei par­ti­ti tra­di­zio­na­li».
Di lì a poco, quel «diso­rien­ta­men­to» e quel­la «mili­tan­za alie­nan­te» sareb­be­ro sfo­cia­ti negli «anni di piom­bo» del­la guer­ra inter­na tra sta­to e ter­ro­ri­smo, chiu­den­do qua­si ogni spa­zio di azio­ne autonoma.

Linea di con­dot­ta, n. 1, Luglio-Otto­bre 1975.


Che cos’è un gri­mal­del­lo di fron­te ad un tito­lo azio­na­rio, che cos’è la rapi­na di una ban­ca di fron­te alla fon­da­zio­ne di una ban­ca, che cos’è l’o­mi­ci­dio di fron­te al lavo­ro…
B. Bre­cht

Mil­le­na­ri­sti
Veri­tà e ideo­lo­gia nel­la rap­pre­sen­ta­zio­ne eco­no­mi­ca del­la cri­si. Il movi­men­to del­le cate­go­rie – sala­rio e pro­fit­to – ver­so il supe­ra­men­to del­la fase del­l’ac­cu­mu­la­zio­ne basa­ta sul pro­ces­so espan­si­vo dei biso­gni ope­rai.

La lun­ga ago­nia del­l’or­di­ne mone­ta­rio
L’in­fla­zio­ne da petro­lio, mano­vra­ta dal­le mul­ti­na­zio­na­li ener­ge­ti­che e dagli Sta­ti Uni­ti, mira ad attua­re una enor­me con­cen­tra­zio­ne di risor­se valu­ta­rie, e di pote­re politico.

L’e­spe­ri­men­to di un gior­na­li­no set­ti­ma­na­le di nome l’U­no che nel 1977 sareb­be dovu­to usci­re da Linus ed esse­re pub­bli­ca­to autonomamente.

All’ul­ti­mo, quan­do era già sta­ta acqui­sta­ta la car­ta ed era­no pron­ti testi e dise­gni, la Riz­zo­li ci ripen­sò e riten­ne trop­po liber­ta­rio quel foglio che usci­va e sfi­da­va la tem­pe­sta.
Ne bloc­cò dun­que l’uscita, ma l’U­no creb­be viru­len­to, inge­nuo e smar­gias­so nel mar­su­pio Linus, testi­mo­nian­do balor­dag­gi­ni e splen­do­ri, spe­ran­ze ed erro­ri, debo­lez­za e for­za di un movi­men­to gio­va­ni­le che rin­gio­va­ni­va pure i vec­chi stra­vec­chi.
Ora tan­te di quel­le cose paio­no supe­ra­te, addi­rit­tu­ra obso­le­te, ma sono nate allo­ra con pas­sio­ne. Per la pri­ma vol­ta, dopo ven­t’an­ni esat­ti, i dodi­ci nume­ri del ’77 esco­no dal vec­chio Linus e ven­go­no rac­col­ti in un uni­co volume.Ricordo per redu­ci e sco­per­ta per neo­na­ti, il set­ti­ma­na­le costret­to a diven­ta­re men­si­le dice for­se anco­ra qual­co­sa.
Che è sem­pre meglio cri­ti­ca­re che ubbi­di­re.
Lo sche­le­tro nel­l’ar­ma­dio di Linus.

QUADERNI ROSSI


Perio­di­ci­tà: irre­go­la­re
For­ma­to: libro
Tori­no 196l
Dura­ta: anni 4
Nume­ri edi­ti: 6 più due sup­ple­men­ti di let­te­re alla rivi­sta
Tira­tu­ra: 1.500 copie
Dif­fu­sio­ne nord Ita­lia.

La nasci­ta del­la rivi­sta ha avu­to nel­la figu­ra di Ranie­ro Pan­zie­ri il ful­cro cata­liz­za­to­re principale.

Compagni, gli obiettivi su cui oggi i proletari scendono in piazza sono molto importanti

Archivio La Lunga Rabbia – Milano