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Muore in fabbrica a 14 anni

LA PICCOLA FABBRICA

...la pic­co­la fab­bri­ca ten­de a ser­vir­si di lavo­ro mar­gi­na­le, la pre­sen­za dei mino­ri e dei gio­va­nis­si­mi, se non pro­prio tipi­ca, è tut­ta­via fre­quen­te ed è dal­la pic­co­la fab­bri­ca che si reclu­ta l’a­la for­se più soli­da del movi­men­to del pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le.Sen­za par­la­re del rap­por­to con il pre­ca­ria­to, il lavo­ro a domi­ci­lio, il lavo­ro nero; la cri­si ha spaz­za­to via gli stec­ca­ti che divi­de­va­no le varie “for­ma­zio­ni indu­stria­li” e ha pro­dot­to la dimen­sio­ne del­l’o­pe­ra­io dis­se­mi­na­to. Del­l’o­pe­ra­io del­la pic­co­la fab­bri­ca che muta, in quan­to per lui è dif­fi­ci­le appli­ca­re model­li orga­niz­za­ti­vi e for­me di lot­ta che fun­zio­na­no solo in real­tà mas­si­fi­ca­te; in sostan­za entra­no qui in cri­si gli sti­le­mi sin­da­ca­li che han­no con­no­ta­to la lot­ta ope­ra­ia nel­le gran­di fab­bri­che. Il pas­sag­gio da for­za-lavo­ro a clas­se ope­ra­ia li è garan­ti­to dal­la mas­si­fi­ca­zio­ne ogget­ti­va, qui deve esse­re con­qui­sta­to con pas­sag­gi poli­ti­ci che non sono “dati”, la pra­ti­ca del­la vio­len­za deve sup­pli­re il nume­ro ed il gra­do di mas­si­fi­ca­zio­ne. Se le “ron­de” nasco­no sto­ri­ca­men­te nel­le vec­chie Sta­lin­gra­do di clas­se, poli­ti­ca­men­te sono dimen­sio­na­te sul­la pic­co­la fab­bri­ca. In defi­ni­ti­va pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le, movi­men­to del­le don­ne, lot­ta con­tro il lavo­ro straor­di­na­rio e nero han­no tro­va­to nel­la pic­co­la fab­bri­ca non solo un ter­re­no di ricom­po­si­zio­ne mate­ria­le ma anche uno stru­men­to di media­zio­ne tra i com­por­ta­men­ti del­l’o­pe­ra­io dis­se­mi­na­to e quel­li del­l’o­pe­ra­io con­cen­tra­to nel­le gran­di uni­tà produttive.

Ser­gio Bolo­gna – La tri­bù del­le tal­pe – Fel­tri­nel­li – scrit­ti del ’76

MORIRE A 14 ANNI

Metà set­tem­bre del ’76, è anco­ra esta­te. Da una ven­ti­na di gior­ni Anto­ni­no Dal Zot­to va a lavo­ra­re in una pic­co­la fab­bri­ca di Zanè, la OMAE dei Fra­tel­li Lipa­ri con 15 dipen­den­ti. Ha 14 anni, è un’ap­pren­di­sta e ha da poco fini­to le medie. Anche la mat­ti­na del 13 set­tem­bre tim­bra il car­tel­li­no, si met­te la tuta da lavo­ro ma, pochi minu­ti dopo le 8, un tra­pa­no radia­le lo tra­vol­ge schiac­cian­do­lo orri­bil­men­te. Muo­re immediatamente.

In tan­ti sia­mo pas­sa­ti per que­sti lavo­ri luri­di, nel­le fab­bri­chet­te sen­za nes­sun tipo di dirit­to, costret­ti dal­l’e­tà a subi­re qual­sia­si lavo­ro sen­za aver nes­su­na pos­si­bi­li­tà di giu­di­zio per capi­re la gra­vi­tà del­la situa­zio­ne a cui si è costret­ti e sen­za poter­ci difen­de­re. E il tut­to per una paga ridi­co­la. Anto­ni­no non ne era usci­to, a 14 anni tut­to è fini­to pri­ma anco­ra di cominciare.

Nes­su­na rea­zio­ne uffi­cia­le, la fab­bri­chet­ta ovvia­men­te non è sin­da­ca­liz­za­ta e nono­stan­te si tro­vi all’in­ter­no del­la zona indu­stria­le di Zanè l’e­pi­so­dio, in tut­ta la sua tra­gi­ci­tà, vie­ne defi­ni­to una fata­li­tà. Non un minu­to di scio­pe­ro, un volan­ti­no, un mani­fe­sto, nien­te di niente.

Qual­che gior­no dopo vie­ne siste­ma­ta una cari­ca di esplo­si­vo con­tro l’in­gres­so del­la fab­bri­ca. L’a­zio­ne non rie­sce, qual­co­sa tec­ni­ca­men­te non fun­zio­na e quin­di non si veri­fi­ca nes­sun daneg­gia­men­to del­la mede­si­ma. Nono­stan­te que­sto l’a­zio­ne vie­ne imme­dia­ta­men­te riven­di­ca­ta con un for­te volan­ti­nag­gio in tut­ta la zona indu­stria­le di Zanè e in tut­to il ter­ri­to­rio circostante.

Trat­to da “Gli auto­no­mi – Vol. 5 – Dal­la rivol­ta di Val­da­gno alle repres­sio­ne di Thie­ne – Pag. 53/​54 – Deri­ve Appro­di – 2019” di Dona­to Tagliapietra