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IL DOPOGUERRA

Mila­no e il suo ter­ri­to­rio han­no da sem­pre rap­pre­sen­ta­to uno dei cen­tri noda­li del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio ita­lia­no, più che per l’elaborazione teo­ri­ca, per il fat­to che qui le cose acca­do­no, spes­so con lar­go anti­ci­po e mag­gior inten­si­tà rispet­to al resto d’Italia. In par­ti­co­la­re, è la sua clas­se ope­ra­ia a ren­der­si pro­ta­go­ni­sta dei nuo­vi com­por­ta­men­ti. È dal­le fab­bri­che e dai quar­tie­ri ope­rai che, il 25 apri­le 1945, ini­zia la libe­ra­zio­ne del­la cit­tà occu­pa­ta dai nazi­fa­sci­sti, ma già pri­ma i lavo­ra­to­ri dell’Alfa Romeo han­no dato vita agli scio­pe­ri del 1943 e alle pri­me mobi­li­ta­zio­ni anti­fa­sci­ste, puni­te dura­men­te, spes­so con la depor­ta­zio­ne nei cam­pi di con­cen­tra­men­to tede­schi. Que­sto pro­ta­go­ni­smo si carat­te­riz­za quin­di per una for­te coscien­za poli­ti­ca anti­fa­sci­sta e socia­li­sta, por­ta­tri­ce però anche di valo­ri incen­tra­ti sul­l’i­deo­lo­gia del lavo­ro e sul «con­si­de­rar­si la par­te sana e pro­dut­ti­va del­la nazio­ne con­trap­po­sta alla bor­ghe­sia vista come cor­rot­ta, inca­pa­ce e parassitaria».

Nell’immediato secon­do dopo­guer­ra, la cit­tà rap­pre­sen­ta buo­na par­te del set­to­re poli­ti­co del­la “Resi­sten­za tra­di­ta” che dà vita, tra il mag­gio 1945 e il feb­bra­io 1949 a Mila­no e din­tor­ni, alla Volan­te ros­sa, un grup­po arma­to di ex-par­ti­gia­ni che inten­de pro­se­gui­re la lot­ta arma­ta per pas­sa­re dal­la libe­ra­zio­ne dal nazi­fa­sci­smo alla rivo­lu­zio­ne socia­li­sta; que­sta com­po­nen­te vie­ne sca­ri­ca­ta aper­ta­men­te dal Par­ti­to Comu­ni­sta Ita­lia­no (PCI) che ha già deci­so di strin­ge­re un pat­to costi­tu­zio­na­le con gli indu­stria­li e garan­ti­re così la ripre­sa eco­no­mi­ca e pro­dut­ti­va ita­lia­na, den­tro il nuo­vo siste­ma dei par­ti­ti nati dal­la Resi­sten­za e nel rispet­to del­le sfe­re di influen­za sta­bi­li­te da Usa e Urss.

Gli ope­rai mila­ne­si però si sen­to­no anco­ra pro­ta­go­ni­sti: chiu­si nel­le fab­bri­che, orgo­glio­si del­la pro­pria capa­ci­tà pro­fes­sio­na­le, fidu­cio­si nel­la dire­zio­ne poli­ti­ca del PCI, si con­si­de­ra­no depo­si­ta­ri di un com­pi­to sto­ri­co da rea­liz­za­re attra­ver­so il mon­do del lavo­ro: il con­ti­nuo svi­lup­po del­le for­ze pro­dut­ti­ve, l’at­tua­zio­ne del­la Costi­tu­zio­ne nata dal­la Resistenza.

Il model­lo di svi­lup­po scel­to dal capi­ta­li­smo ita­lia­no com­por­ta un’al­tis­si­ma pro­dut­ti­vi­tà garan­ti­ta dal­l’i­deo­lo­gia del lavo­ro e bas­sis­si­mi sala­ri assi­cu­ra­ti dal­la tota­le inef­fi­cien­za dei sin­da­ca­ti e per­met­te, alla fine degli anni Cin­quan­ta,  enor­mi pro­fit­ti al capi­ta­le mono­po­li­sti­co nazio­na­le ma anche la neces­si­tà di una for­te ristrut­tu­ra­zio­ne pro­dut­ti­va per poter­si pro­por­re sui mer­ca­ti inter­na­zio­na­li, per incre­men­ta­re i con­su­mi inter­ni, per aumen­ta­re la pro­pria capa­ci­tà di con­trol­lo sul­le nuo­ve gene­ra­zio­ni e sul­la stes­sa clas­se ope­ra­ia. Que­sto obiet­ti­vo com­por­ta l’in­tro­du­zio­ne mas­sic­cia del­la cate­na di mon­tag­gio uti­liz­zan­do lavo­ro dequa­li­fi­ca­to, met­ten­do così in cri­si la figu­ra dell’operaio spe­cia­liz­za­to, for­te­men­te poli­ti­ciz­za­ta a dif­fe­ren­za del “nuo­vo” ope­ra­io (l’operaio mas­sa) che non ha una tra­di­zio­ne resi­sten­zia­le e socia­li­sta. La clas­se ope­ra­ia pren­de per tat­ti­ca quel­la che per il par­ti­to è stra­te­gia, men­tre il capi­ta­li­smo por­ta avan­ti i suoi pia­ni di rico­stru­zio­ne e di rior­ga­niz­za­zio­ne del pro­prio pote­re nel­le fab­bri­che. L’i­stin­ti­vo com­por­ta­men­to ope­ra­io è di rifiu­to, rifiu­to del cot­ti­mo, rifiu­to dei tem­pi sem­pre più stret­ti, rifiu­to del­la gerar­chia e del­la disci­pli­na padro­na­le del lavo­ro; quel­lo del­le orga­niz­za­zio­ni poli­ti­che e sin­da­ca­li è inve­ce l’a­de­gua­men­to alle rego­le del capitale.

GLI ANNI SESSANTA

La situa­zio­ne ini­zia a cam­bia­re a par­ti­re dal luglio 1960 con la rivol­ta anti­fa­sci­sta geno­ve­se che segna la rot­tu­ra con le cen­tra­li rifor­mi­ste, le qua­li non rico­no­sco­no come pro­pri i gio­va­ni (le “magliet­te a stri­sce”) che voglio­no impe­di­re il con­gres­so neo­fa­sci­sta in città.

Nel 1962 a Mila­no, duran­te una mani­fe­sta­zio­ne con­tro la poli­ti­ca Usa nei con­fron­ti di Cuba, muo­re Gio­van­ni Ardiz­zo­ne, tra­vol­to da una camio­net­ta del­la poli­zia. Anche in que­sto caso il PCI sca­ri­ca sui mani­fe­stan­ti la respon­sa­bi­li­tà di quan­to accaduto.

Il cul­mi­ne del­la frat­tu­ra tra rifor­mi­smo e nuo­va clas­se ope­ra­ia si regi­stra però con gli scon­tri di piaz­za Sta­tu­to a Tori­no nel luglio 1962.

Nel mez­zo, tra il set­tem­bre del 1960 e il mar­zo 1961, si regi­stra la lot­ta «sto­ri­ca» degli elet­tro­mec­ca­ni­ci mila­ne­si che si carat­te­riz­za per uno scon­tro duro col padro­na­to e le for­ze dell’ordine, a col­pi di scio­pe­ri, pic­chet­ti, mani­fe­sta­zio­ni di piaz­za e cari­che del­la poli­zia, e che evi­den­zia un com­por­ta­men­to ope­ra­io di non inte­gra­zio­ne nono­stan­te il capi­ta­le ten­ti la poli­ti­ca degli alti sala­ri e del­la “pro­spe­ri­tà”. È la pri­ma scin­til­la che por­te­rà all’autunno cal­do del ’69, il pri­mo segna­le che la clas­se ope­ra­ia ita­lia­na non è inte­gra­ta, che può vin­ce­re con­tro un padro­na­to che barat­ta il “mira­co­lo eco­no­mi­co” con una poli­ti­ca di sfrut­ta­men­to fat­to di aumen­to dei rit­mi, di lavo­ro a cot­ti­mo, men­tre i sala­ri resta­no al palo. È una lot­ta che anti­ci­pa mol­te del­le riven­di­ca­zio­ni ope­ra­ie degli anni suc­ces­si­vi: ora­rio di lavo­ro, aumen­ti sala­ria­li, pari­tà retri­bu­ti­va tra uomi­ni e don­ne, inden­ni­tà di malat­tia e di infor­tu­nio. Il capo degli indu­stria­li metal­mec­ca­ni­ci Fer­di­nan­do Bor­let­ti scri­ve che «le lot­te in cor­so si pro­pon­go­no obiet­ti­vi che toc­ca­no la strut­tu­ra stes­sa del rap­por­to di lavo­ro, in quan­to ten­do­no a toglie­re al dato­re di lavo­ro la respon­sa­bi­li­tà del­la gestio­ne dell’azienda». Ovve­ro il pote­re operaio.

Il desi­de­rio di cam­bia­men­to però non inte­res­sa solo la clas­se lavo­ra­tri­ce, è tut­ta la socie­tà che lan­cia gran­di segna­li di males­se­re, la distan­za tra isti­tu­zio­ni e cit­ta­di­ni è sem­pre più gran­de. A entra­re in cri­si sono le gran­di for­me di rap­pre­sen­tan­za (par­ti­ti, sin­da­ca­to, asso­cia­zio­ni­smo) ma anche gran par­te dei model­li con­so­li­da­ti del vive­re quo­ti­dia­no. La rispo­sta isti­tu­zio­na­le a que­sto cam­bia­men­to è il gover­no di cen­tro­si­ni­stra che appa­re imme­dia­ta­men­te fun­zio­na­le allo svi­lup­po capi­ta­li­sti­co e non espres­sio­ne di una volon­tà poli­ti­ca di rinnovamento.

Al nuo­vo fer­men­to che pro­vie­ne dai lavo­ra­to­ri e dai gio­va­ni, lo Sta­to rispon­de con una dura repres­sio­ne. La rifor­ma del­la scuo­la media, appa­ren­te­men­te egua­li­ta­ria, mostra che poco è cam­bia­to rispet­to a pri­ma, anzi si pre­sen­ta anco­ra più rigi­da e selet­ti­va. A metà anni Ses­san­ta si va for­man­do una coscien­za poli­ti­ca stu­den­te­sca, non ci sono anco­ra for­me radi­ca­li di con­te­sta­zio­ne, ma i segni del males­se­re sono dif­fu­si e rive­la­to­ri del­la frat­tu­ra tra con­di­zio­ne gio­va­ni­le e isti­tu­zio­ni. Ne è testi­mo­nian­za la vicen­da del gior­na­le stu­den­te­sco «La Zan­za­ra» del liceo Pari­ni di Mila­no che, nel feb­bra­io 1966, pub­bli­ca un’inchiesta su cosa pen­sa­no le stu­den­tes­se del­la ses­sua­li­tà e dei rap­por­ti pre­ma­tri­mo­nia­li nel­la qua­le si denun­cia «una gra­ve defi­cien­za peda­go­gi­ca del­la socie­tà, e in par­ti­co­la­re del­la scuo­la» nei con­fron­ti dei gio­va­ni e del­la loro liber­tà. Con­tro que­sta inchie­sta si schie­ra Gio­ven­tù stu­den­te­sca, grup­po diret­to da don Lui­gi Gius­sa­ni, il futu­ro fon­da­to­re di Comu­nio­ne e Libe­ra­zio­ne, e lo “scan­da­lo” fini­sce sul­le pri­me pagi­ne dei gior­na­li. Inter­vie­ne la magi­stra­tu­ra che rin­via a giu­di­zio per diret­tis­si­ma i tre redat­to­ri-stu­den­ti del Pari­ni, il pre­si­de Danie­le Mat­ta­lia e la tito­la­re del­la tipo­gra­fia. Tra gli avvo­ca­ti difen­so­ri vi sono Ser­gio Spaz­za­li e Giu­lia­no Spaz­za­li, pro­ta­go­ni­sti per tut­ti gli anni Set­tan­ta del­la dife­sa di mili­tan­ti e lavo­ra­to­ri comunisti.

Gra­zie all’influenza di per­so­nag­gi come Jack Kerouac e Allen Gin­sberg, nasce anche in Ita­lia un’area del­la con­tro­cul­tu­ra. Le pri­me for­me del movi­men­to beat ita­lia­no si regi­stra­no a Mila­no nel 1965, quan­do un grup­po di “capel­lo­ni” pren­de in affit­to un nego­zio di via­le Mon­te­ne­ro e lo tra­sfor­ma in un luo­go di incon­tro. Nel novem­bre 1966, sem­pre a Mila­no, esce «Mon­do Beat», il pri­mo gior­na­le under­ground ita­lia­no, che diven­ta rapi­da­men­te il foglio di col­le­ga­men­to e comu­ni­ca­zio­ne dei vari grup­pi ope­ran­ti in Ita­lia, fra cui Onda ver­de, sen­za dub­bio il più impor­tan­te per spes­so­re cul­tu­ra­le e pro­get­tua­li­tà, fon­da­to da Andrea Val­ca­ren­ghi, poi pro­mo­to­re di «Re Nudo» e uno dei prin­ci­pa­li espo­nen­ti del­l’a­rea del­la con­tro­cul­tu­ra ita­lia­na. Il movi­men­to beat vie­ne dura­men­te repres­so ma ciò non impe­di­sce la pra­ti­ca degli spa­zi libe­ra­ti (comu­ni, uso di piaz­ze e stra­de): a Mila­no si cer­ca di rea­liz­za­re una Comu­ne all’a­per­to affit­tan­do un ter­re­no in via Ripa­mon­ti (esta­te 1967) che il «Cor­rie­re del­la Sera» non esi­ta a defi­ni­re Bar­bo­nia City, allu­den­do a «sacri­le­ghe noz­ze di san­gue», dro­ghe, stu­pri e orge, di esse­re ricet­ta­co­lo di malat­tie infet­ti­ve e rifu­gio di mino­ren­ni scap­pa­ti da casa. Le for­ze dell’ordine pro­ce­do­no allo sgom­be­ro in modo violento.

Nel frat­tem­po, l’intensità del­le lot­te ope­ra­ie cre­sce in tut­ta Ita­lia, il PCI rima­ne fede­le alla “poli­ti­ca di pia­no” cioè una poli­ti­ca che per­met­ta di pia­ni­fi­ca­re lo svi­lup­po eco­no­mi­co, pro­dut­ti­vo e poli­ti­co. Il PCI chie­de solo la par­te­ci­pa­zio­ne “demo­cra­ti­ca” dei comu­ni­sti e dei sin­da­ca­ti all’elaborazione di que­ste stra­te­gie di svi­lup­po capi­ta­li­sti­co: è il mito del­la clas­se ope­ra­ia che si fà Sta­to. La mag­gior par­te dei lavo­ra­to­ri rima­ne fede­le al par­ti­to e al sin­da­ca­to, ciò anche per man­can­za di alter­na­ti­ve poli­ti­che ma è chia­ro che la ten­den­za ope­ra­ia è di spez­za­re le rego­le con­trat­tua­li, di sepa­ra­re sala­rio e pro­dut­ti­vi­tà. Le for­me di lot­ta dell’operaio-massa: il “gat­to sel­vag­gio” o scio­pe­ro “a fischiet­to”, quel­li “a scac­chie­ra” e “a sin­ghioz­zo”, sono tut­te al di fuo­ri del­la tra­di­zio­ne sin­da­ca­le e cor­ri­spon­do­no al len­to for­mar­si dei “com­por­ta­men­ti auto­no­mi di classe”.

Que­sto cli­ma di cam­bia­men­to pro­du­ce rivi­ste come i «Qua­der­ni Pia­cen­ti­ni», i «Qua­der­ni Ros­si» e «Clas­se Ope­ra­ia» che intro­du­co­no pun­ti di vista cri­ti­ci e radi­ca­li in cam­po poli­ti­co e cul­tu­ra­le, in par­ti­co­la­re nasce l’operaismo. Nei pri­mi anni del­la sua espe­rien­za, l’intervento “ope­rai­sta” sul ter­ri­to­rio mila­ne­se è da con­si­de­rar­si di scar­sa effi­ca­cia, ma è indub­bio che mol­ti dei per­cor­si docu­men­ta­ti nel nostro archi­vio sono da inse­rir­si nell’area dell’autonomia ope­ra­ia (quel­la con la a minu­sco­la) e del rifiu­to del lavo­ro. A Mila­no, l’intervento è siste­ma­ti­co ma pro­du­ce pochi risul­ta­ti orga­niz­za­ti­vi. Ser­gio Bolo­gna men­zio­na «uno scio­pe­ro spon­ta­neo con cor­teo alla pre­fet­tu­ra del­l’Inno­cen­ti di Lam­bra­te nel mag­gio 1965, ricor­do le lot­te di repar­to alla Sie­mens di piaz­za­le Lot­to, all’Auto­bian­chi di Desio, alla Far­mi­ta­lia, all’Al­fa Por­tel­lo. Ave­va­mo com­pa­gni a Como, Vare­se, Pavia, Mon­za, Cre­mo­na, che inter­ve­ni­va­no su altre gran­di fab­bri­che lom­bar­de. Ma alla Pirel­li non cono­sce­va­mo nes­su­no. Il risul­ta­to di que­sto lavo­ro di tal­pe qua­le fu? Un “sape­re” sul­la fab­bri­ca in tut­te le sue arti­co­la­zio­ni, come non ce l’a­ve­va nes­su­no in Ita­lia allo­ra, né i tori­ne­si, schiac­cia­ti dal­la mono­cul­tu­ra del­l’au­to né i vene­ti né i geno­ve­si. Il pano­ra­ma indu­stria­le del­l’a­rea mila­ne­se era più varie­ga­to, più sen­si­bi­le all’in­no­va­zio­ne, più aper­to all’in­du­stria stra­nie­ra». Con la chiu­su­ra di «Clas­se Ope­ra­ia» però que­sto inter­ven­to in fab­bri­ca si interrompe.

Tra gli epi­so­di del perio­do da ricor­da­re: nel 1966 in occa­sio­ne del­l’i­nau­gu­ra­zio­ne del­la Fie­ra Cam­pio­na­ria di Mila­no miglia­ia di ope­rai scen­do­no in scio­pe­ro e si reca­no alla fie­ra per con­te­sta­re l’allora pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca Giu­sep­pe Sara­gat; i sin­da­ca­ti cer­ca­no di impe­di­re la mani­fe­sta­zio­ne, scop­pia una vera e pro­pria guer­ri­glia tra i lavo­ra­to­ri dell’Alfa Romeo e i poli­ziot­ti, con tan­to di scam­bio di “pri­gio­nie­ri”.

In occa­sio­ne dei con­trat­ti del 1966 alla Sie­mens di Mila­no nasce il pri­mo orga­ni­smo ope­ra­io demo­cra­ti­co di base, un con­si­glio di fab­bri­ca ante lit­te­ram, sot­to for­ma di comi­ta­to di scio­pe­ro e com­po­sto da dele­ga­ti di repar­to. Il Comi­ta­to ha vita bre­ve a cau­sa del duro sabo­tag­gio sin­da­ca­le ma l’indicazione è chia­ra, gli ope­rai ini­zia­no a con­si­de­ra­re nuo­ve for­me del­la pro­pria rap­pre­sen­tan­za. Nel feb­bra­io 1968, sem­pre alla Sie­mens si regi­stra il pri­mo scio­pe­ro degli impie­ga­ti e dei tec­ni­ci. Da quel momen­to ripren­do­no le agi­ta­zio­ni e le ini­zia­ti­ve dei lavo­ra­to­ri (con la costi­tu­zio­ne dei cosid­det­ti Grup­pi di stu­dio) in tut­te le fab­bri­che. È la pri­ma vol­ta nel dopo­guer­ra che stra­ti di for­za-lavo­ro tra­di­zio­nal­men­te usa­ti in fun­zio­ne anti­o­pe­ra­ia e vei­co­lo socia­le del­la disci­pli­na padro­na­le in fab­bri­ca, rom­po­no i loro lega­mi di dipen­den­za e scel­go­no la stra­da del­la soli­da­rie­tà di classe.

In que­ste signi­fi­ca­ti­ve espe­rien­ze di dis­sen­so ope­ra­io, si inse­ri­sco­no le pri­me for­me di inter­ven­to dei grup­pi del­la nascen­te sini­stra rivo­lu­zio­na­ria (for­ma­ti in mag­gio­ran­za da stu­den­ti) le cui tema­ti­che egua­li­ta­rie e anti-pro­dut­ti­ve influen­za­no con­si­sten­ti set­to­ri di avan­guar­die ope­ra­ie e qua­dri sindacali.

IL BIENNIO ROSSO

Il 1968 tro­va Mila­no in pri­ma fila, con le varie occu­pa­zio­ni dell’università cat­to­li­ca del Sacro Cuo­re (la pri­ma il 5 dicem­bre 1967) e ai rela­ti­vi scon­tri di lar­go Gemel­li (25 mar­zo), l’assedio del «Cor­rie­re del­la sera» (8 giu­gno) ma anche l’occupazione dell’ex alber­go Com­mer­cio in piaz­za Fon­ta­na (28 novem­bre), «un pugna­le nel cuo­re del­la cit­tà capi­ta­li­sta», la con­te­sta­zio­ne anti­con­su­mi­sti­ca alla pri­ma del tea­tro La Sca­la (7 dicembre).

Le lot­te nel­le fab­bri­che mila­ne­si nel 1967–68 espri­mo­no una for­te auto­no­mia dei com­por­ta­men­ti ope­rai rispet­to alla poli­ti­ca rifor­mi­sta di PCI e sin­da­ca­to, inca­pa­ci ormai di gover­na­re la con­flit­tua­li­tà crescente.

La lot­ta con­tro il col­la­bo­ra­zio­ni­smo sin­da­ca­le si divi­de tra chi rima­ne all’interno del­le strut­tu­re sin­da­ca­li per cam­biar­le dall’interno e chi le con­si­de­ra irri­for­ma­bi­li e dà vita a orga­ni­smi auto­no­mi ope­rai in gra­do di svi­lup­pa­re un’azione di mas­sa su base di clas­se. Nel­la pri­ma­ve­ra del 1968, dopo i gran­dio­si e vit­to­rio­si scio­pe­ri con­tro le gab­bie sala­ria­li e per la rifor­ma del­le pen­sio­ni, si costi­tui­sco­no a Mila­no i pri­mi Comi­ta­ti uni­ta­ri di base (CUB).

Quel­lo più noto e impor­tan­te si for­ma alla Pirel­li di Mila­no e si pre­sen­ta sen­za eti­chet­te poli­ti­che ma come nucleo di orga­niz­za­zio­ne del­la lot­ta per il con­trat­to azien­da­le. Que­sta nuo­va pre­sen­za inco­rag­gia tut­ti i grup­pi alla sini­stra del PCI a svol­ge­re inter­ven­to fuo­ri dai can­cel­li del­la Bicoc­ca (PCd’I, Avan­guar­dia Ope­ra­ia ma anche Clas­se Ope­ra­ia pri­ma e Pote­re Ope­ra­io poi): il CUB sem­bra imper­mea­bi­le a que­sti inter­ven­ti ester­ni men­tre le sezio­ni sin­da­ca­li del­lo sta­bi­li­men­to fan­no pesan­ti pres­sio­ni per richia­ma­re gli atti­vi­sti dissidenti.

La base dell’azione del CUB Pirel­li è la con­di­zio­ne mate­ria­le ope­ra­ia davan­ti allo sfrut­ta­men­to capi­ta­li­sti­co, la sua linea poli­ti­ca cioè deve ade­ri­re alla con­di­zio­ne ope­ra­ia in fab­bri­ca, veri­fi­can­do nell’azione i con­te­nu­ti e gli stru­men­ti di lot­ta, svi­lup­pan­do così il livel­lo del­la coscien­za ope­ra­ia. Il CUB è coscien­te che nel­lo scon­tro con il pia­no capi­ta­li­sti­co la clas­se ope­ra­ia ha rag­giun­to una matu­ri­tà che fa intui­re le tema­ti­che dell’Autunno cal­do. La lot­ta che il CUB sostie­ne è per il pote­re ope­ra­io, l’attacco al padro­ne è com­ples­si­vo. Le con­trad­di­zio­ni del pia­no capi­ta­li­sti­co emer­go­no solo quan­do l’o­pe­ra­io com­pren­de che ogni suo biso­gno eco­no­mi­co è un momen­to di una defrau­da­zio­ne più gene­ra­le e che essi pos­so­no tro­va­re sod­di­sfa­zio­ne attra­ver­so una lot­ta gene­ra­le per la pre­sa del potere.

Orga­niz­zar­si solo per una lot­ta riven­di­ca­ti­va è fal­li­men­ta­re poi­ché solo i con­te­nu­ti poli­ti­ci pos­so­no gene­ra­re il rifiu­to gene­ra­le del­le con­di­zio­ni eco­no­mi­che. Da qui la neces­si­tà di indi­vi­dua­re i diver­si con­te­nu­ti riven­di­ca­ti­vi, i biso­gni eco­no­mi­ci capa­ci di assu­me­re con­cre­ta­men­te signi­fi­ca­to poli­ti­co. Per il CUB non ci si deve bat­te­re sem­pli­ce­men­te per la rego­la­men­ta­zio­ne del cot­ti­mo o il miglio­ra­men­to del­l’am­bien­te di lavo­ro, ma è vero che attra­ver­so que­sta con­te­sta­zio­ne (come con la auto­ri­du­zio­ne del rit­mo di lavo­ro) si può met­te­re in discus­sio­ne il pote­re deci­sio­na­le al padrone.

Il CUB inten­de supe­ra­re la fase in cui vi è la divi­sio­ne tra momen­to eco­no­mi­co del­la lot­ta, gesti­to dai sin­da­ca­ti, e momen­to poli­ti­co, gesti­to dai par­ti­ti rifor­mi­sti. Solo l’u­nio­ne tra lot­ta eco­no­mi­ca e poli­ti­ca può met­te­re in cri­si la socie­tà capi­ta­li­sti­ca. Il CUB, quin­di, diven­ta il ten­ta­ti­vo di rida­re alla clas­se ope­ra­ia il ruo­lo di sog­get­to sia del­la lot­ta eco­no­mi­ca che del­la lot­ta poli­ti­ca. Il CUB non si pro­po­ne come strut­tu­ra alter­na­ti­va al sin­da­ca­to, ma ne met­te in discus­sio­ne il ruo­lo ogget­ti­vo all’interno del siste­ma capi­ta­li­sti­co con il pre­ci­so com­pi­to di ingab­bia­re le lot­te ope­ra­ie. Il CUB si tro­va dun­que a fian­co del sin­da­ca­to nel­l’in­ter­ven­to in fab­bri­ca, ma por­ta avan­ti un’im­po­sta­zio­ne diver­sa, spes­so attac­ca­ta e rifiu­ta­ta dal sin­da­ca­to, a vol­te inve­ce recuperata.

Il CUB non accu­sa i sin­da­ca­ti di esse­re i “tra­di­to­ri del­la clas­se ope­ra­ia”, ma ne rile­va i limi­ti intrin­se­chi che pos­so­no esse­re supe­ra­ti solo con una gestio­ne poli­ti­ca auto­no­ma del­le lot­te. Que­ste carat­te­ri­sti­che del CUB con­ten­go­no tut­to ciò che si inten­de per auto­no­mia ope­ra­ia, l’esperienza del CUB Pirel­li pre­fi­gu­ra i movi­men­ti e il sin­da­ca­to di base degli anni Set­tan­ta, non tan­to come for­mu­la orga­niz­za­ti­va ma come stra­te­gia con­te­nu­ta nel rifiu­to del lavo­ro rac­chiu­so nel­la rivendicazione/​realizzazione del­l’a­bro­ga­zio­ne del sala­rio a incen­ti­vo, nel­l’a­ver indi­ca­to la stra­da del­l’e­gua­li­ta­ri­smo con­tro gli aumen­ti di meri­to e il siste­ma di pro­mo­zio­ni del padro­na­to, nel­l’a­ver tro­va­to il tipo di obiet­ti­vi che si pote­va­no pra­ti­ca­re sen­za pas­sa­re per una negoziazione.

Vie­ne riaf­fer­ma­ta la capa­ci­tà ope­ra­ia di rea­liz­za­re un diver­so siste­ma di orga­niz­za­zio­ne del lavo­ro, un diver­so cli­ma in fab­bri­ca sen­za pas­sa­re per le media­zio­ni sin­da­ca­li. Per Ser­gio Bolo­gna, è dai tem­pi del­la Resi­sten­za che non si attua­no for­me così com­ples­se di auto­ri­du­zio­ne del­la pro­du­zio­ne, for­me che richie­do­no una par­te­ci­pa­zio­ne e un’u­ni­tà straor­di­na­rie da par­te di tut­ti i lavo­ra­to­ri, tec­ni­ci compresi.

Nel­lo stes­so perio­do nasce la col­la­bo­ra­zio­ne di alcu­ni mili­tan­ti ope­rai­sti con un grup­po di lavo­ra­to­ri del­la Snam Pro­get­ti di San Dona­to Mila­ne­se che van­no a for­ma­re l’Assemblea per­ma­nen­te del­la Snam; qua la lot­ta scop­pia a metà otto­bre 1968 con l’occupazione degli uffi­ci e si pro­trae fino alla metà di novem­bre, quan­do gli stu­den­ti occu­pa­no il Poli­tec­ni­co di Milano.

La que­stio­ne dei “tec­ni­ci” vie­ne posta con for­za dai mili­tan­ti e dagli intel­let­tua­li ope­rai­sti. A Mila­no nel novem­bre del ’68 si tie­ne un gran­de con­ve­gno nazio­na­le del­le facol­tà tec­ni­co-scien­ti­fi­che in lot­ta che pro­du­ce impor­tan­ti ana­li­si sul­la ristrut­tu­ra­zio­ne tec­no­lo­gi­ca in cor­so e sui com­pi­ti che il neo­ca­pi­ta­li­smo asse­gna ai tec­ni­ci, e alla for­ma­zio­ne di tec­ni­ci da par­te del­la scuo­la e dell’università.

Nel suo inter­ven­to, Fran­co Piper­no di Pote­re Ope­ra­io esal­ta l’intelligenza e la com­pe­ten­za tec­ni­co-scien­ti­fi­ca rivo­lu­zio­na­ria che ren­do­no impor­tan­te il per­cor­so dei tec­ni­ci, in par­ti­co­la­re il loro col­lo­ca­men­to nel­lo scon­tro di clas­se in cor­so. Il 15 feb­bra­io 1969, si svol­ge a Mila­no la pri­ma mani­fe­sta­zio­ne nazio­na­le di tec­ni­ci e impie­ga­ti del­le gran­di industrie.

I lavo­ra­to­ri mila­ne­si sono alla testa del­le lot­te ope­ra­ie duran­te tut­to il 1969, in un cre­scen­do che arri­va all’«autunno cal­do». A Mila­no un impo­nen­te cor­teo di 100 mila ope­rai pre­si­dia l’As­so­lom­bar­da; il 19 novem­bre si svol­ge un riu­sci­tis­si­mo scio­pe­ro nazio­na­le per la casa, le cit­tà sono para­liz­za­te, mani­fe­sta­zio­ni ovun­que, la ten­sio­ne aumen­ta tan­to che a Mila­no, men­tre il segre­ta­rio del­la CISL, Bru­no Stor­ti, sta ter­mi­nan­do un comi­zio al tea­tro Liri­co, nell’adiacente via Lar­ga, le camio­net­te del­la Cele­re cari­ca­no un assem­bra­men­to di ope­rai e stu­den­ti. Gli scon­tri sono bre­vi e vio­len­tis­si­mi. Muo­re l’a­gen­te Anto­nio Anna­rum­ma. La rea­zio­ne del­le isti­tu­zio­ni e dei mass media è furen­te, si asso­cia il fat­to alla ten­sio­ne del­le lot­te in fab­bri­ca, si scri­ve di caos e di peri­co­lo ever­si­vo. Si pre­pa­ra la suc­ces­si­va tap­pa del­la stra­te­gia del­la ten­sio­ne che por­ta a Mila­no, il 12 dicem­bre, alle bom­be di piaz­za Fon­ta­na, la “stra­ge di Sta­to”, all’arresto degli anar­chi­ci e alla mor­te di Giu­sep­pe Pinel­li.

L’evento è ampia­men­te pre­an­nun­cia­to e pre­pa­ra­to dal­le bom­be esplo­se il 25 apri­le 1969 al padi­glio­ne Fiat del­la Fie­ra cam­pio­na­ria, che pro­vo­ca diver­si feri­ti gra­vi, e all’Uf­fi­cio Cam­bi del­la sta­zio­ne Cen­tra­le del­la cit­tà lom­bar­da. Sen­za dimen­ti­ca­re che il 12 dicem­bre, oltre a quel­la di piaz­za Fon­ta­na, vie­ne tro­va­ta una secon­da bom­ba ine­splo­sa nel­la cen­tra­lis­si­ma sede mila­ne­se del­la Ban­ca com­mer­cia­le italiana.

Fin dal 19 dicem­bre ’69 si può leg­ge­re sui muri di Mila­no un volan­ti­no fir­ma­to. Gli ami­ci del­l’IN­TER­NA­ZIO­NA­LE (Situa­zio­ni­sta) e inti­to­la­to Il Rei­ch­stag bru­cia? (chia­ro rife­ri­men­to all’e­pi­so­dio che ha con­tri­bui­to all’a­sce­sa al pote­re di Hitler nel 1933) che sug­ge­ri­sce da subi­to una cor­ret­ta inter­pre­ta­zio­ne di quan­to è avve­nu­to: «Di fron­te al mon­ta­re del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio mal­gra­do la meto­di­ca azio­ne di recu­pe­ro dei sin­da­ca­ti e dei buro­cra­ti del­la vec­chia e nuo­va “sini­stra”, divie­ne fata­le per il Pote­re rispol­ve­ra­re anco­ra una vol­ta la vec­chia com­me­dia del­l’or­di­ne, gio­can­do que­sta vol­ta la fal­sa car­ta del ter­ro­ri­smo, nel ten­ta­ti­vo di scon­giu­ra­re la situa­zio­ne che lo costrin­ge­rà a sco­pri­re tut­to il suo gio­co di fron­te alla chia­rez­za del­la rivoluzione».

I PRIMI ANNI SETTANTA

Dal­la volon­tà di far luce su quan­to sta avve­nen­do nasco­no, nel mag­gio 1970, il «Bol­let­ti­no di con­tro­in­for­ma­zio­ne demo­cra­ti­ca» e il Comi­ta­to nazio­na­le di lot­ta con­tro la stra­ge di Sta­to («Stra­ge di Sta­to»); vie­ne pub­bli­ca­to il libro La Stra­ge di Sta­to i cui con­te­nu­ti vei­co­la­no una bat­ta­glia col­let­ti­va in dife­sa degli arre­sta­ti e con­tro l’in­vo­lu­zio­ne rea­zio­na­ria, che sta alla base del­la for­ma­zio­ne del­le tema­ti­che del­l’an­ti­fa­sci­smo mili­tan­te e del­la costru­zio­ne di strut­tu­re di dife­sa degli spa­zi di agi­bi­li­tà del movi­men­to la cui sin­te­si può esse­re con­si­de­ra­ta il Soc­cor­so Ros­so (SR), for­ma­to da avvo­ca­ti, intel­let­tua­li, arti­sti (su tut­ti Fran­ca Rame e Dario Fo), mili­tan­ti rivo­lu­zio­na­ri, stu­den­ti e ope­rai, e svol­ge nel­la pri­ma metà degli anni Set­tan­ta un ruo­lo da pro­ta­go­ni­sta sul pia­no del­la dife­sa lega­le e di appog­gio alle lot­te carcerarie.

Gli avvo­ca­ti e i gior­na­li­sti che dan­no vita a que­ste espe­rien­ze svi­lup­pa­no una rifles­sio­ne che dà luo­go a una scel­ta poli­ti­ca di rifiu­to del ruo­lo e del­la pro­fes­sio­ne del tec­ni­co già ini­zia­ta dai «Qua­der­ni Ros­si». Rifiu­ta­re il ruo­lo (di gior­na­li­sta, di avvo­ca­to) signi­fi­ca ave­re la con­sa­pe­vo­lez­za che il “sape­re del capi­ta­le” è “scien­za osti­le alla clas­se”, vuol dire disve­la­re le radi­ci del domi­nio e del­lo sfrut­ta­men­to: nasce la controinformazione.

Piaz­za Fon­ta­na è anche la “fine dell’innocenza” del movi­men­to che ha carat­te­riz­za­to il “bien­nio ros­so” 1968–69, il movi­men­to vie­ne ero­so e soprav­vi­vo­no le ipo­te­si di par­ti­to: sor­go­no i grup­pi extra­par­la­men­ta­ri (mar­xi­sti-leni­ni­sti, ope­rai­sti, filo trotz­ki­sti) che carat­te­riz­za­no la sce­na rivo­lu­zio­na­ria ita­lia­na nel­la pri­ma metà degli anni Set­tan­ta. A Mila­no tra gli altri si for­ma­no Avan­guar­dia Ope­ra­ia, l’Unio­ne dei comu­ni­sti (m‑l) e il Movi­men­to Stu­den­te­sco, pre­sen­za que­sta con cui si dovran­no misu­ra­re poli­ti­ca­men­te e “mili­tar­men­te” tut­ti colo­ro che inten­do­no inter­ve­ni­re nel movi­men­to mila­ne­se. Que­sti grup­pi recu­pe­ra­no la tra­di­zio­ne ter­zin­ter­na­zio­na­li­sta e scon­fig­go­no le ipo­te­si più “crea­ti­ve”. In par­ti­co­la­re, emar­gi­na­no le aree ope­rai­ste e anar­chi­che, i situa­zio­ni­sti e i grup­pi mar­xi­sti-leni­ni­sti più intran­si­gen­ti. La frat­tu­ra nel movi­men­to tra l’a­rea poli­ti­ca e quel­la con­tro­cul­tu­ra­le e social-crea­ti­va (che a Mila­no è for­te e mol­to atti­va, pen­sia­mo a «Re Nudo» e ai situa­zio­ni­sti) è pesan­te; solo da par­te del Grup­po Gram­sci e in occa­sio­ne del Festi­val del par­co Lam­bro del 1976 vi sono ten­ta­ti­vi, gene­ro­si ma fal­li­ti, di ricom­por­re lo strappo.

Tra i grup­pi che nasco­no a Mila­no c’è il Col­let­ti­vo Poli­ti­co Metro­po­li­ta­no (CPM), poi Sini­stra Pro­le­ta­ria, che indi­vi­dua i limi­ti poli­ti­ci del­la lot­ta in fab­bri­ca e sce­glie di supe­ra­re l’autonomia ope­ra­ia, pun­tan­do tut­to sui livel­li di mili­tan­za, sul­l’or­ga­niz­za­zio­ne di qua­dri. Il CPM è il risul­ta­to orga­niz­za­ti­vo del dibat­ti­to che inve­ste l’area dei CUB mila­ne­si nel 1968–69 e nasce per esten­de­re la pro­pria azio­ne dal­la fab­bri­ca al socia­le, per supe­ra­re le con­trad­di­zio­ni insi­te nel­la sepa­ra­tez­za tra le lot­te di fab­bri­ca e quel­le socia­li e stu­den­te­sche. Il CPM diven­ta rapi­da­men­te, in par­ti­co­la­re a Mila­no, un orga­ni­smo di mas­sa pre­sen­te in deci­ne di fab­bri­che e di scuo­le. Vie­ne visto con sim­pa­tia e inte­res­se soprat­tut­to dal­l’a­rea dei mili­tan­ti di Pote­re Ope­ra­io che nel CPM, pur nel­la dif­fe­ren­za pro­get­tua­le, indi­vi­dua­no un esem­pio con­cre­to di orga­ni­smo del­l’au­to­no­mia ope­ra­ia. Nel cor­so del 1970, il CPM pub­bli­ca «Sini­stra pro­le­ta­ria», stru­men­to di infor­ma­zio­ne e col­le­ga­men­to tra lot­te e situa­zio­ni, che dopo due nume­ri vie­ne sosti­tui­to da «Nuo­va resi­sten­za»; a Mila­no, il Col­let­ti­vo con­du­ce e appog­gia (come Sini­stra Pro­le­ta­ria e in allean­za con Pote­re Ope­ra­io e Lot­ta Con­ti­nua) mol­te lot­te di fab­bri­ca, alcu­ne gran­di occu­pa­zio­ni di case al quar­tie­re Gal­la­ra­te­se e in via Mac Mahon, lan­cia la cam­pa­gna di lot­te per i tra­spor­ti Pren­dia­mo­ci i tra­spor­ti, Il tra­spor­to si pren­de l’ab­bo­na­men­to non si paga. Impor­tan­te anche la sua costan­te atti­vi­tà di inter­ven­to tra i lavo­ra­to­ri-stu­den­ti (Movi­men­to Lavo­ra­to­ri stu­den­ti, Isti­tu­to tec­ni­co Fel­tri­nel­li) e i lavo­ra­to­ri tec­ni­ci (CUB Pirel­li, Grup­po di Stu­dio Sit Sie­mens, Grup­po di Stu­dio IBM).

Dal CPM, nel 1970, nasco­no le Bri­ga­te Ros­se che met­to­no in atto le loro pri­me azio­ni arma­te all’in­ter­no del­le fab­bri­che, in par­ti­co­la­re alla Sit-Sie­mens e alla Pirel­li di Mila­no. In pre­ce­den­za, le BR effet­tua­no un comi­zio volan­te nel quar­tie­re ope­ra­io del Loren­teg­gio, sem­pre a Mila­no, e un lan­cio di volan­ti­ni di fron­te alla Sit-Siemens.

Nel­lo stes­so perio­do nasco­no i Grup­pi d’Azione Par­ti­gia­na fon­da­ti dall’editore mila­ne­se Gian­gia­co­mo Fel­tri­nel­li che riten­go­no immi­nen­te un col­po di Sta­to in Ita­lia e agi­sco­no facen­do rife­ri­men­to alla resi­sten­za partigiana.

Nel novem­bre 1970 Lot­ta Con­ti­nua lan­cia il pro­gram­ma “Pren­dia­mo­ci la cit­tà” che spo­sta l’attenzione dal­la fab­bri­ca, non più in gra­do di trai­na­re il movi­men­to, al ter­re­no sociale.

Nel 1971 una fra­zio­ne del Movi­men­to Stu­den­te­sco, gui­da­ta da Popi Sara­ci­no si scin­de e for­ma il Grup­po Gram­sci. I mili­tan­ti del Gram­sci sta­bi­li­sco­no quei con­tat­ti col resto del­la sini­stra extra­par­la­men­ta­re rifiu­ta­ti inve­ce dal Movi­men­to Stu­den­te­sco, arroc­ca­to nell’università Sta­ta­le. Il Grup­po Gram­sci pub­bli­ca un men­si­le teo­ri­co, «Ras­se­gna comu­ni­sta».

Nel 1971, in cor­so di Por­ta Tici­ne­se 106, apre la libre­ria Calu­sca di Pri­mo Moro­ni, vero cro­ce­via di innu­me­re­vo­li per­cor­si di ela­bo­ra­zio­ne teo­ri­ca, con­tro­in­for­ma­zio­ne, con­tro­cul­tu­re, pra­ti­che socia­li non omologate.

Nel giu­gno 1971, si svol­ge a Mila­no il pri­mo con­ve­gno nazio­na­le dei grup­pi fem­mi­ni­sti a cui par­te­ci­pa­no il Demau (Demi­sti­fi­ca­zio­ne del­l’au­to­ri­ta­ri­smo patriar­ca­le, nato a Mila­no alla fine degli anni Ses­san­ta) e Rivol­ta Fem­mi­ni­le.

A dimo­stra­zio­ne dell’importanza che vie­ne data all’intervento nel­la metro­po­li ita­lia­na per eccel­len­za, a set­tem­bre del 1971 arri­va­no a Mila­no per svol­ge­re il pro­prio inter­ven­to poli­ti­co nuo­vi mili­tan­ti di Pote­re Ope­ra­io (Anto­nio Negri, Emi­lio Vesce, Gio­van­ni Gio­van­nel­li, Glo­ria Pesca­ro­lo, Gian­ni Mai­nar­di, Gian­fran­co Pan­ci­no, Ore­ste Scal­zo­ne) che affian­ca­no Ser­gio Bolo­gna, Giai­ro Daghi­ni e Bru­no Bez­za. L’intervento mila­ne­se si con­cen­tra all’Alfa Romeo, Pirel­li, Eni, Snia, Far­mi­ta­lia, Telet­tra, alle scuo­le medie supe­rio­ri e all’università, in par­ti­co­la­re ad Archi­tet­tu­ra dove Alber­to Magna­ghi svi­lup­pa un discor­so tec­ni­co e poli­ti­co sul rap­por­to tra archi­tet­tu­ra e ter­ri­to­rio. Ven­go­no aper­te le sedi di via Maron­cel­li e, per bre­ve tem­po, di Vare­do (per ten­ta­re un inter­ven­to alla Snia).

Ini­zia la lun­ga sta­gio­ne del­le con­te­sta­zio­ni ai con­cer­ti pop e rock sti­mo­la­te e a vol­te orga­niz­za­te da «Re Nudo» e Stam­pa alter­na­ti­va, i pro­ta­go­ni­sti sono i gio­va­ni pro­le­ta­ri che voglio­no “ripren­der­si la musi­ca” e pro­te­sta­re con­tro lo sfrut­ta­men­to capi­ta­li­sta dei loro biso­gni, recla­man­do per­ciò il loro dirit­to ad assi­ste­re gra­tui­ta­men­te ai con­cer­ti. Sto­ri­ca la con­te­sta­zio­ne al con­cer­to dei Led Zep­pe­lin al velo­dro­mo Vigo­rel­li il 5 luglio 1971.

La gran­de ope­ra di con­tro­in­for­ma­zio­ne e la cam­pa­gna di mas­sa Val­pre­da libe­ro! e La stra­ge è di sta­to fan­no crol­la­re la tesi men­zo­gne­ra costrui­ta dai ser­vi­zi segre­ti che vuo­le gli anar­chi­ci col­pe­vo­li del­la stra­ge di piaz­za Fon­ta­na: nasce la con­tro­in­for­ma­zio­ne mili­tan­te. Nel feb­bra­io 1972 ini­zia il pro­ces­so per la stra­ge che si tra­sfor­ma in un pesan­te atto di accu­sa del­le “tra­me di sta­to”. Nell’occasione, l’11 mar­zo a Mila­no, si svol­ge una del­le più vio­len­te mani­fe­sta­zio­ni di piaz­za che si ricor­di­no, per ore la cit­tà vie­ne “tenu­ta” dai com­pa­gni a col­pi di bot­ti­glie molo­tov che ven­go­no sca­glia­te in par­ti­co­la­re con­tro il «Cor­rie­re del­la Sera».

Il 3 mar­zo, a Mila­no, vie­ne seque­stra­to dal­le Bri­ga­te ros­se l’ingegnere del­la Sie­mens Mac­chia­ri­ni che subi­sce un “pro­ces­so poli­ti­co” lam­po di una ven­ti­na di minu­ti pri­ma di esse­re rila­scia­to. Que­sto pri­mo seque­stro poli­ti­co vie­ne visto con sim­pa­tia tra le avan­guar­die ope­ra­ie e da alcu­ne orga­niz­za­zio­ni extra­par­la­men­ta­ri come Pote­re Ope­ra­io e Lot­ta Continua.

Il 15 mar­zo 1972, sot­to un tra­lic­cio a Segra­te (Mi), vie­ne tro­va­to il cada­ve­re di Gian­gia­co­mo Fel­tri­nel­li con accan­to alcu­ne cari­che di esplo­si­vo anco­ra inne­sca­te. La mor­te di Fel­tri­nel­li e le con­get­tu­re che l’ac­com­pa­gna­no segna­no un epi­so­dio cru­cia­le del dibat­ti­to di que­gli anni. L’episodio rom­pe quel tes­su­to di col­la­bo­ra­zio­ne che si era venu­to a crea­re tra il movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio e aree “demo­cra­ti­che” com­po­ste da figu­re di rilie­vo del gior­na­li­smo, del­la magi­stra­tu­ra, intel­let­tua­li del­la sini­stra rifor­mi­sta: nasce la para­no­ia del “nemi­co inter­no”. In una pri­ma fase i “demo­cra­ti­ci” e par­te dei grup­pi extra­par­la­men­ta­ri inter­pre­ta­no la mor­te di Fel­tri­nel­li come l’ennesimo epi­so­dio del­la “stra­te­gia del­la ten­sio­ne”, come un “omi­ci­dio di Sta­to”, non han­no dub­bi che si trat­ti di una pro­vo­ca­zio­ne. Pote­re Ope­ra­io però rom­pe il fron­te del­le sup­po­si­zio­ni com­plot­ti­ste e in un nume­ro del suo gior­na­le rive­la la mili­tan­za di Fel­tri­nel­li nei GAP col nome di bat­ta­glia di “coman­dan­te Osval­do”. Que­sta veri­tà riac­cen­de il dibat­ti­to sul­le for­ma­zio­ni clan­de­sti­ne rom­pen­do il fron­te rivo­lu­zio­na­rio: Lot­ta Con­ti­nua si schie­ra in dife­sa di Pote­re Ope­ra­io, Avan­guar­dia Ope­ra­ia e le aree “demo­cra­ti­che” esco­no dal Comi­ta­to nazio­na­le di lot­ta con­tro la stra­ge di sta­to, accu­san­do Pote­re Ope­ra­io e Lot­ta Con­ti­nua di fare un’analisi fol­le del­la situa­zio­ne ita­lia­na e dei com­pi­ti del movi­men­to che li avvi­ci­na ai GAP e alle BR.

Il 17 mag­gio, a Mila­no, vie­ne ucci­so il com­mis­sa­rio Lui­gi Cala­bre­si, coin­vol­to nell’indagine sul­la mor­te dell’anarchico Pinel­li. Dopo una lun­ga serie di pro­ces­si, la magi­stra­tu­ra attri­bui­sce l’omicidio a mili­tan­ti di Lot­ta continua.

NASCE L’AUTONOMIA OPERAIA

Nel set­tem­bre del 1973 nasce «Pri­mo mag­gio» (Ser­gio Bolo­gna, Lapo Ber­ti, Bru­no Car­to­sio); nel 1974 ini­zia le pub­bli­ca­zio­ni «Cri­ti­ca del dirit­to» a cui col­la­bo­ra­no pre­to­ri del lavo­ro come Roma­no Cano­sa e Ezio Sini­scal­chi, ma anche Anto­nio Negri.

Nasce «Con­tro­in­for­ma­zio­ne», per i pri­mi nume­ri sarà diret­to­re Emi­lio Vesce, nel­la cui reda­zio­ne ini­zia­le par­te­ci­pa tra gli altri Fran­co Tom­mei, uno dei lea­der dell’autonomia cit­ta­di­na. Col­la­bo­ra­zio­ne che gli costa l’arresto dopo la sco­per­ta da par­te del­le for­ze dell’ordine del­la base bri­ga­ti­sta di Rob­bia­no di Medi­glia, all’interno del­la qua­le ven­go­no tro­va­ti docu­men­ti che met­to­no in rela­zio­ne il gior­na­le, una par­te dell’autonomia mila­ne­se e le stes­se Bri­ga­te Rosse.

Nell’area anar­chi­ca, il Cen­tro comu­ni­sta di ricer­che sul­l’au­to­no­mia pro­le­ta­ria (Ccrap) pre­sen­ta «Pro­le­ta­ri auto­no­mi» (poi «Col­le­ga­men­ti Wob­bly», rivi­sta che rap­pre­sen­ta l’esperienza liber­ta­ria nel movi­men­to dell’autonomia mila­ne­se – Cosi­mo Sca­rin­zi, Rober­to Brio­schi fra i pro­mo­to­ri).

Sem­pre in area liber­ta­ria si pos­so­no col­lo­ca­re i comon­ti­sti (Ric­car­do D’Este, Dada Fusco, Rober­to Vino­sa, Pao­lo Ranie­ri) che pub­bli­ca­no «Comon­ti­smo» e si radi­ca­no in diver­se occu­pa­zio­ni di case e col­let­ti­vi. Tra di loro Gior­gio Cesa­ra­no auto­re di nume­ro­si testi fon­da­men­ta­li e tra gli ani­ma­to­ri, insie­me a Max Capa, del­la rivi­sta «Puzz», gior­na­le a fumet­ti under­ground, e di un col­let­ti­vo di Quar­to Oggia­ro che espri­me posi­zio­ni asso­lu­ta­men­te radi­ca­li nel movi­men­to auto­no­mo milanese.

Il 1973 è un anno cru­cia­le, in par­ti­co­la­re è l’anno dell’occupazione del­la Fiat Mira­fio­ri da par­te degli ope­rai in lot­ta, del gol­pe fasci­sta in Cile e del­le tesi del com­pro­mes­so sto­ri­co espo­ste da Enri­co Ber­lin­guer, segre­ta­rio del PCI. Se all’interno del movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio tut­ti sono d’accordo che la for­za dell’autonomia ope­ra­ia ha rag­giun­to un livel­lo di for­za che non si può supe­ra­re all’interno del­le mura del­la fab­bri­ca, ci si divi­de però sul­la stra­te­gia da segui­re di fron­te alla con­sta­ta­zio­ne che il rifor­mi­smo non ha rice­vu­to la spal­la­ta decisiva.

Occu­pa­zio­ne di Mira­fio­ri e gol­pe di Pino­chet pro­vo­ca­no tut­ta una serie di rifles­sio­ni da par­te del PCI (che ela­bo­ra il com­pro­mes­so sto­ri­co) e dei grup­pi rivo­lu­zio­na­ri ormai in cri­si. Avan­guar­dia Ope­ra­ia, Movi­men­to Stu­den­te­sco e PDUP scel­go­no defi­ni­ti­va­men­te la via isti­tu­zio­na­le; Lot­ta Con­ti­nua ini­zia un per­cor­so che la por­ta a dare indi­ca­zio­ne di voto al PCI nel­le ele­zio­ni ammi­ni­stra­ti­ve del 1975 e poi a ade­ri­re al car­tel­lo elet­to­ra­le di Demo­cra­zia Pro­le­ta­ria. Diver­sa è la posi­zio­ne di Pote­re Ope­ra­io e di una par­te di dis­si­den­ti inter­ni a Lot­ta Con­ti­nua che trag­go­no dal gol­pe cile­no un’indicazione oppo­sta a quel­la del PCI: l’errore di Sal­va­dor Allen­de, pre­si­den­te del Cile, non è la man­ca­ta allean­za con la Demo­cra­zia Cri­stia­na quan­to non ave­re arma­to il popo­lo con­tro gli attac­chi del­la destra. L’occupazione del­lo sta­bi­li­men­to di Mira­fio­ri dimo­stra la capa­ci­tà ope­ra­ia di resi­ste­re agli attac­chi padro­na­li e una volon­tà di con­trat­tac­ca­re a livel­lo di pote­re. L’autonomia ope­ra­ia com’era inte­sa fino ad allo­ra è supe­ra­ta, il pote­re ope­ra­io si deve espri­me­re non solo nei repar­ti ma deve usci­re sul ter­ri­to­rio, far­si potere.

Il cuo­re del­la nascen­te Auto­no­mia Ope­ra­ia sono le assem­blee ope­ra­ie, in par­ti­co­la­re quel­le del­la Sit Sie­mens, Alfa Romeo e Pirel­li, ma anche quel­le del­la Mot­ta e del­la Ale­ma­gna. Nel labo­ra­to­rio mila­ne­se si evi­den­zia la figu­ra del lavo­ra­to­re pre­ca­rio, quel­lo dei con­trat­ti a ter­mi­ne, del­la sta­gio­na­li­tà che dura tut­to l’anno, del lavo­ro a domi­ci­lio e in nero, del lavo­ra­to­re che non ha alcu­no stru­men­to di oppo­si­zio­ne. Si apro­no così oriz­zon­ti nuo­vi per l’intervento poli­ti­co: esplo­de il movi­men­to fem­mi­ni­sta, si dif­fon­de una nuo­va coscien­za di clas­se che met­te la crea­ti­vi­tà e i biso­gni al cen­tro del­la pro­pria pratica.

Que­sto fer­men­to por­ta a diver­si svi­lup­pi e ten­ta­ti­vi orga­niz­za­ti­vi. Si for­ma intor­no agli orga­ni­smi auto­no­mi ope­rai più impor­tan­ti (Assem­blea auto­no­ma Pirel­li, Assem­blea auto­no­ma Alfa Romeo, Comi­ta­to di lot­ta Sit-Sie­mens) un’area di discus­sio­ne che inten­de costi­tui­re l’area dell’Autonomia ope­ra­ia («Gior­na­le degli orga­ni­smi auto­no­mi»). La gene­ra­le cri­si dei grup­pi extra­par­la­men­ta­ri inte­res­sa anche il Grup­po Gram­sci («Ras­se­gna comu­ni­sta» e «Ros­so»), pre­sen­te a Mila­no e Vare­se fra inse­gnan­ti, intel­let­tua­li e lavo­ra­to­ri del­la zona Nord (Face Stan­dard, IRE Ignis) e che da qual­che tem­po cri­ti­ca la for­ma del grup­po orga­niz­za­to, del diri­gi­smo leni­ni­sta, cer­can­do inve­ce for­me di orga­niz­za­zio­ne di base che pre­fi­gu­ri­no un per­cor­so di socia­li­tà libe­ra­ta (Col­let­ti­vi poli­ti­ci ope­rai (CPO), Col­let­ti­vi poli­ti­ci stu­den­te­schi (CPS)).

Una par­te con­si­sten­te dei fuo­riu­sci­ti da Pote­re Ope­ra­io dopo il con­ve­gno di Roso­li­na (Ro) (mag­gio-giu­gno 1973, qual­che mese dopo i “faz­zo­let­ti ros­si” di Mira­fio­ri), deci­de di unir­si al Grup­po Gram­sci e di scio­glier­si all’interno del­la nascen­te Auto­no­mia Ope­ra­ia («Ros­so»). A Mila­no vie­ne costrui­ta una strut­tu­ra di inter­ven­to metro­po­li­ta­no alla qua­le par­te­ci­pa­no ope­rai del­la Sit-Sie­mens, del­l’Al­fa Romeo e, più tar­di, di mol­te altre fab­bri­che del­la cin­tu­ra Nord. È all’interno di que­ste dina­mi­che che si for­ma­no deci­ne di col­let­ti­vi nei quar­tie­ri, nel­le scuo­le e nel­le fab­bri­che di tut­ta la Lom­bar­dia, ognu­na con la sua indi­pen­den­za orga­niz­za­ti­va ma uni­te in quel­la che vie­ne defi­ni­ta l’area dell’Autonomia Ope­ra­ia. La nuo­va sede diven­ta quel­la dell’ex Grup­po Gram­sci in via Disci­pli­ni. Avvie­ne l’incontro anche con il Fron­te Uni­ta­rio Omo­ses­sua­le Rivo­lu­zio­na­rio Ita­lia­no («Fuo­ri») con cui la rivi­sta «Ros­so» col­la­bo­ra per qual­che tempo.

Il col­let­ti­vo ope­ra­io più agguer­ri­to dei CPO è quel­lo del­la Face Stan­dard; mol­to impor­tan­te è anche quel­lo del­la Sit-Sie­mens. Nel­le scuo­le mila­ne­si nasce il Coor­di­na­men­to col­let­ti­vi auto­no­mi stu­den­te­schi i cui ade­ren­ti sono pre­sen­ti nel­le scuo­le del cen­tro cit­tà (Ber­chet, VIII Itis, Pari­ni, Gali­lei, Inge­gne­ria) men­tre si svi­lup­pa­no aggre­ga­zio­ni gio­va­ni­li di quar­tie­re a Bag­gio, Sta­de­ra, San Siro, Lam­bra­te, Roma­na-Vit­to­ria; a Rho il Coor­di­na­men­to degli orga­ni­smi auto­no­mi orga­niz­za nel­la pro­pria zona l’autoriduzione dei tra­spor­ti e del­le bol­let­te. Il 6 otto­bre 1974 vie­ne incen­dia­to e distrut­to un inte­ro magaz­zi­no del­la Face Stan­dard, indu­stria appar­te­nen­te alla mul­ti­na­zio­na­le ITT accu­sa­ta di aver favo­ri­to il gol­pe fasci­sta cile­no (11 set­tem­bre 1973). Nell’area mila­ne­se non era mai sta­to com­piu­to un attac­co simi­le a un impian­to indu­stria­le. L’azione nasce nell’ambito di «Ros­so» e apre al suo inter­no una discus­sio­ne sul­le for­me di lot­ta che coin­vol­ge tut­ta l’organizzazione che con­di­vi­de l’operazione. Il volan­ti­no di riven­di­ca­zio­ne vie­ne dif­fu­so per una set­ti­ma­na nel­le fab­bri­che, nel­le scuo­le, nei loca­li fre­quen­ta­ti da mili­tan­ti di sini­stra, nei cinema.

Il 1974 si apre con una for­te ripre­sa dell’iniziativa ope­ra­ia, in par­ti­co­la­re alla Magne­ti Marel­li, alla Bre­da, alla Telet­tra, alla Falck, nel set­to­re chi­mi­co, alla Bor­let­ti e alla Pirel­li. Il 7 feb­bra­io ini­zia­no una serie di mobi­li­ta­zio­ni nazio­na­li dei lavo­ra­to­ri metal­mec­ca­ni­ci, chi­mi­ci e tes­si­li. Duran­te il cor­teo mila­ne­se ven­go­no deva­sta­ti i loca­li del­la Fede­ra­zio­ne Monar­chi­ca. Pro­se­gue il 20 feb­bra­io con uno scio­pe­ro del­le gran­di indu­strie. Si arri­va al 27 feb­bra­io con un nuo­vo scio­pe­ro gene­ra­le che por­ta alle dimis­sio­ni del mini­stro del Teso­ro Ugo La Malfa.

Il 1974 è l’anno del­la vit­to­ria refe­ren­da­ria con­tro l’abolizione del divor­zio, ma anche del­le stra­gi fasci­ste: il 28 mag­gio 1974, duran­te una mani­fe­sta­zio­ne sin­da­ca­le in piaz­za del­la Log­gia a Bre­scia, una bom­ba nasco­sta in un cesti­no dei rifiu­ti ucci­de otto per­so­ne men­tre un cen­ti­na­io riman­go­no feri­te; il 4 ago­sto 1974 una bom­ba esplo­de su una car­roz­za del tre­no Ita­li­cus all’u­sci­ta del­la Gran­de gal­le­ria del­l’Ap­pen­ni­no, nei pres­si di San Bene­det­to Val di Sam­bro, in pro­vin­cia di Bolo­gna, pro­vo­can­do dodi­ci vit­ti­me e cen­to­cin­que feri­ti. Dopo la stra­ge di Bre­scia, la rispo­sta di mas­sa è impo­nen­te e all’insegna dell’antifascismo militante.

L’8 set­tem­bre muo­re a Roma, nel quar­tie­re popo­la­re di San Basi­lio, Fabri­zio Ceru­so duran­te i duris­si­mi scon­tri tra poli­zia e occu­pan­ti di case spal­leg­gia­ti dai mili­tan­ti rivo­lu­zio­na­ri. Ne seguo­no alcu­ni gior­ni di scon­tri vio­len­tis­si­mi nei qua­li ven­go­no impie­ga­te anche armi da fuo­co da entram­be le par­ti, ma alla fine la poli­zia è costret­ta ad andarsene.

L’ondata di anti­fa­sci­smo mili­tan­te e l’uso di armi da fuo­co duran­te una mani­fe­sta­zio­ne diven­ta­no tema di dibat­ti­to nell’area dell’autonomia ope­ra­ia nazio­na­le e quin­di anche mila­ne­se, per alcu­ni set­to­ri infat­ti diven­ta neces­sa­rio pen­sa­re di “arma­re le masse”.

Dal 13 al 16 giu­gno, al par­co Lam­bro di Mila­no, si svol­ge il Festi­val del pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le orga­niz­za­to dal­la rivi­sta «Re Nudo». Otti­mo il suc­ces­so di pub­bli­co, così che l’evento vie­ne repli­ca­to al par­co Lam­bro anche nei due anni successivi.

A fron­te dell’aumento del­le tarif­fe elet­tri­che, tele­fo­ni­che e dei tra­spor­ti deci­so dal gover­no, dall’agosto 1974 si dif­fon­de in tut­ta Ita­lia una cam­pa­gna di mas­sa sull’ auto­ri­du­zio­ne. All’interno dell’area auto­no­ma si orga­niz­za­no azio­ni che col­pi­sco­no le cen­tra­li­ne tele­fo­ni­che del­la Sip, ven­go­no mano­mes­si deci­ne di miglia­ia di con­ta­to­ri dell’Enel, si esten­de la pra­ti­ca di non paga­re i bigliet­ti dei tra­spor­ti pub­bli­ci. Nell’ambito del­la cam­pa­gna di auto­ri­du­zio­ne, dal 30 set­tem­bre ha ini­zio in Lom­bar­dia il cosid­det­to “scio­pe­ro lun­go” con­tro il caro­vi­ta. In que­sto ambi­to, il 19 otto­bre ven­go­no effet­tua­ti espro­pri pro­le­ta­ri ai dan­ni di due super­mer­ca­ti di Quar­to Oggia­ro e di via Pado­va. Per «Ros­so» è un esem­pio con­cre­to di ciò che si deve inten­de­re «per rap­por­to tra espe­rien­za di avan­guar­dia e ille­ga­li­tà di massa».

Le diver­se valu­ta­zio­ni sul­la for­za del­le lot­te ope­ra­ie e sul com­pro­mes­so sto­ri­co apro­no una frat­tu­ra anche in Lot­ta Con­ti­nua tra l’opzione neo-isti­tu­zio­na­le del­la mag­gio­ran­za del grup­po diri­gen­te e la scel­ta di radi­ca­liz­za­re ulte­rior­men­te il con­flit­to da par­te di chi poi sce­glie di lascia­re l’organizzazione. La posi­zio­ne uffi­cia­le di Lot­ta Con­ti­nua è dra­sti­ca: davan­ti al per­pe­tuar­si dell’egemonia rifor­mi­sta occor­re assu­me­re il pun­to di vista del­la medie­tà del­la clas­se ope­ra­ia, ripen­san­do il rap­por­to con le sue orga­niz­za­zio­ni di base e con la sua stes­sa base operaia.

Chi cri­ti­ca que­sta posi­zio­ne se ne esce dall’organizzazione, in par­ti­co­la­re dal­la sede di Lot­ta Con­ti­nua di Sesto San Gio­van­ni; que­sti mili­tan­ti, insie­me ad una par­te pro­ve­nien­te da Pote­re Ope­ra­io, deci­de di for­ma­re i Comi­ta­ti Comu­ni­sti per il Pote­re Ope­ra­io (fine 1974). Di lì a poco si uni­sco­no ai Comi­ta­ti anche la Cor­ren­te e la Fra­zio­ne, grup­pi inter­ni a Lot­ta Con­ti­nua redu­ci dal­la bat­ta­glia con­gres­sua­le del gen­na­io 1975: sono soprat­tut­to ope­rai del­la Magne­ti Marel­li di Cre­scen­za­go, del­la Falck di Sesto San Gio­van­ni, del­la Telet­tra di Vimer­ca­te, del­la Car­lo Erba di Roda­no, il Cir­co­lo Lenin di Sesto San Gio­van­ni, i col­let­ti­vi di quar­tie­re di Cini­sel­lo Bal­sa­mo, Cor­ma­no, del Tici­ne­se, di Roma­na e Sem­pio­ne, i ser­vi­zi d’ordine di alcu­ni quar­tie­ri mila­ne­si («Sen­za Tre­gua»).

Nel frat­tem­po, nell’area mila­ne­se si svi­lup­pa l’e­spe­rien­za del­le ron­de ope­ra­ie con­tro gli straor­di­na­ri che, a Sesto San Gio­van­ni, Cini­sel­lo Bal­sa­mo, Cre­scen­za­go e via­le Mon­za, al saba­to spaz­za­no le pic­co­le medie fab­bri­che, neu­tra­liz­zan­do i guar­dio­ni e but­tan­do fuo­ri dai repar­ti quan­ti vi stan­no lavo­ran­do. Cre­sco­no anche le pra­ti­che di espro­prio pro­le­ta­rio, le auto­ri­du­zio­ni del­le bol­let­te e degli abbo­na­men­ti dei tra­spor­ti pubblici.

 

LA CRESCITA SBALORDITIVA DELL’AUTONOMIA OPERAIA

Il fat­to poli­ti­co-mili­ta­re più impor­tan­te del 1975 è ’’le gior­na­te di apri­le” (16–18 apri­le) con­se­guen­za degli omi­ci­di di Clau­dio Varal­li e Gian­ni­no Zibec­chi. Sono il bat­te­si­mo del fuo­co del­l’a­rea del­l’Au­to­no­mia a Mila­no (Comi­ta­ti Comu­ni­sti, Ros­so, Alfa Romeo), la piaz­za cam­bia la pro­pria com­po­si­zio­ne diven­tan­do più radi­ca­le. Le gior­na­te di apri­le mostra­no che il tem­po del­le para­te sin­da­ca­li è fini­to; si con­so­li­da la pra­ti­ca di vere e pro­prie squa­dre arma­te, di spez­zo­ni di ser­vi­zio d’or­di­ne che si stac­ca­no dal cor­teo per pra­ti­ca­re una serie di obiet­ti­vi. Il ner­bo dei cor­tei di quei gior­ni è rac­col­to die­tro lo stri­scio­ne del­le fab­bri­che di Sesto San Gio­van­ni che com­pat­ta gli ope­rai più com­bat­ti­vi dimo­stran­do che l’Autonomia Ope­ra­ia esi­ste come sog­get­to poli­ti­co. Con­tem­po­ra­nea­men­te fal­li­sce il ten­ta­ti­vo dei grup­pi (Avan­guar­dia Ope­ra­ia, Lot­ta Con­ti­nua, Movi­men­to Stu­den­te­sco in par­ti­co­la­re) di rin­chiu­de­re all’interno del supe­ra­to sche­ma dell’antifascismo mili­tan­te il gran­de poten­zia­le espres­so da que­sta nuo­va gene­ra­zio­ne di mili­tan­ti. La nuo­va sta­gio­ne di lot­te è tut­ta all’insegna dell’autonomia, i nuo­vi col­let­ti­vi di fab­bri­ca, scuo­la e ter­ri­to­rio nasco­no come auto­no­mi e così le loro lot­te. Il model­lo orga­niz­za­ti­vo dei grup­pi è fal­li­to, si svi­lup­pa la pra­ti­ca dell’appropriazione (spe­se pro­le­ta­rie ma anche auto­ri­du­zio­ni dei con­cer­ti rock), le ron­de con­tro il lavo­ro nero e lo spac­cio d’eroina, l’occupazione di sta­bi­li, la crea­zio­ne dei pri­mi spa­zi auto­ge­sti­ti (il Fab­bri­co­ne di via Tor­to­na, il Virus di via Cor­reg­gio 18, il Leon­ca­val­lo, il Gari­bal­di, il Cen­tro socia­le anar­chi­co di via Con­chet­ta, ma anche i cen­tri del­la Sta­de­ra, Baro­na, Bag­gio, Cit­tà stu­di, Lam­bra­te, Caso­ret­to, Roma­na Vit­to­ria, cor­so Garibaldi).

Tra le altre com­po­nen­ti dell’autonomia mila­ne­se ci sono anche i Col­let­ti­vi comu­ni­sti auto­no­mi che riu­ni­sco­no il Cen­tro socia­le Arge­la­ti, il Cen­tro socia­le Panet­to­ne, il Cen­tro di lot­ta con­tro il lavo­ro nero Car­lo Spon­ta, i com­pa­gni auto­no­mi del Romana-Vigentina.

Poco più a nord inve­ce sono pre­sen­ti il Coor­di­na­men­to degli orga­ni­smi auto­no­mi del­la zona Rho, i Comi­ta­ti auto­no­mi del­la zona Vene­go­no-Tra­da­te, il Comi­ta­to poli­ti­co di zona di Busto Arsi­zio, il Coor­di­na­men­to dei Comi­ta­ti auto­no­mi del­la zona Saron­no-Caron­no, il Coor­di­na­men­to anar­chi­co del­la zona Legna­no. Nel Ber­ga­ma­sco sono atti­vi i Col­let­ti­vi poli­ti­ci auto­no­mi; nel Lodi­gia­no gli omo­ni­mi Col­let­ti­vi poli­ti­ci auto­no­mi.

L’anno si chiu­de con un cre­scen­do di ini­zia­ti­ve nel­le fab­bri­che, in par­ti­co­la­re alla Magne­ti Marel­li con­tro ristrut­tu­ra­zio­ne e licen­zia­men­ti poli­ti­ci (Comi­ta­to comu­ni­sta Magne­ti) e all’Innocenti in fase di pro­fon­da ristrut­tu­ra­zio­ne (Coor­di­na­men­to ope­rai Inno­cen­ti). L’atteggiamento remis­si­vo del sin­da­ca­to davan­ti allo sman­tel­la­men­to dell’Innocenti, diven­ta l’esempio più chia­ro dell’azione “col­la­bo­ra­zio­ni­sta” rifor­mi­sta. Tra i vari epi­so­di che con­trad­di­stin­guo­no la ver­ten­za, il 29 otto­bre duran­te lo scio­pe­ro gene­ra­le, un cor­teo auto­no­mo pri­ma occu­pa la sta­zio­ne di Lam­bra­te e poi ten­ta di fare il suo ingres­so all’interno del vici­no sta­bi­li­men­to Inno­cen­ti per por­ta­re la soli­da­rie­tà agli ope­rai in lot­ta ma tro­va la stra­da sbar­ra­ta dal ser­vi­zio d’ordine sin­da­ca­le spal­leg­gia­to da quel­lo di Avan­guar­dia Ope­ra­ia: lo scon­tro fisi­co è ine­vi­ta­bi­le e por­ta a soste­ne­re la ‘’fine dell’unità operaia’’.

Il 17 gen­na­io 1976, le fem­mi­ni­ste mila­ne­si indi­co­no una mani­fe­sta­zio­ne per l’aborto in piaz­za Duo­mo nel cor­so del­la qua­le entra­no nel­la cat­te­dra­le per con­te­sta­re un seco­la­re luo­go di repres­sio­ne del­le don­ne (col­let­ti­vo fem­mi­ni­sta di via Che­ru­bi­ni).

Il 6 feb­bra­io 1976 i sin­da­ca­ti indi­co­no quat­tro ore di scio­pe­ro gene­ra­le a Mila­no, il comi­zio di Bru­no Stor­ti del­la CISL vie­ne con­te­sta­to dai grup­pi del­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria che ten­ta­no un assal­to al pal­co sin­da­ca­le; la mani­fe­sta­zio­ne ter­mi­na con un cor­teo auto­no­mo che si diri­ge alla sta­zio­ne Cen­tra­le e la occupa.

Nel­lo stes­so mese, al tea­tro Uomo, vie­ne pre­sen­ta­to lo spet­ta­co­lo La tra­via­ta nor­ma, orga­niz­za­to dal col­let­ti­vo auto­no­mo omo­ses­sua­le, il cui pro­ta­go­ni­sta è Mario Mieli.

L’8 mar­zo le com­pa­gne fem­mi­ni­ste auto­no­me orga­niz­za­no una dura con­tro­ma­ni­fe­sta­zio­ne davan­ti all’ingresso del­la cli­ni­ca Mangiagalli.

Il 25 mar­zo, duran­te lo scio­pe­ro gene­ra­le con­tro la cri­si eco­no­mi­ca e l’aumento dei prez­zi, in tut­ta Ita­lia si svol­go­no mani­fe­sta­zio­ni che in alcu­ne cit­tà, come Napo­li e Ber­ga­mo, ter­mi­na­no con un vero e pro­prio assal­to alle Pre­fet­tu­re ed espro­pri nei nego­zi del cen­tro cit­ta­di­no. A Mila­no, il cor­teo va all’occupazione del­la sta­zio­ne fer­ro­via­ria di Lam­bra­te e a spaz­zo­la­te di mas­sa in nume­ro­se azien­de, duran­te la mani­fe­sta­zio­ne vie­ne dato l’assalto all’esattoria civi­ca di Piaz­za Vetra, all’ufficio ven­di­te del­la Dal­mi­ne, agli uffi­ci del­la Ras, alla sede del­le Assi­cu­ra­zio­ni mila­ne­si, alla sede del­la Confapi.

Il 10 apri­le 1976 espro­prio pro­le­ta­rio al super­mer­ca­to GS di Bres­so; l’azione vie­ne ripe­tu­ta il 23 apri­le all’UPIM di Colo­gno Mon­ze­se; il 20 mag­gio all’Esselunga del quar­tie­re Bovi­sa; il 22 mag­gio all’Esselunga di via Bergamo.

Sem­pre in apri­le, un grup­po di gio­va­ni inter­rom­pe il con­cer­to di Fran­ce­sco De Gre­go­ri al Pala­li­do per con­te­sta­re la sua fal­sa appar­te­nen­za al movi­men­to e il costo ecces­si­vo dei bigliet­ti dei suoi con­cer­ti. Nei mesi suc­ces­si­vi, i gio­va­ni pro­le­ta­ri fan­no fal­li­re il ten­ta­ti­vo di Comu­nio­ne e Libe­ra­zio­ne di orga­niz­za­re il con­cer­to di Alan Sti­vell, che vie­ne annul­la­to dopo minac­ce e atten­ta­ti con­tro sedi dell’organizzazione cat­to­li­ca; i cir­co­li gio­va­ni­li deci­do­no di inter­ve­ni­re “cri­ti­ca­men­te” al con­cer­to di Anto­nel­lo Ven­dit­ti orga­niz­za­to dal­la “demo­cra­ti­ca” radio Cana­le 96.

Il 2 apri­le, un grup­po arma­to fa irru­zio­ne nel­la por­ti­ne­ria del­la Magne­ti Marel­li di Cre­scen­za­go e spa­ra alle gam­be del capo del­le guar­die del­la fab­bri­ca: il Comi­ta­to ope­ra­io boi­cot­ta l’o­ra di scio­pe­ro di pro­te­sta indet­ta dai sin­da­ca­ti. Né una lacri­ma, né un minu­to di scio­pe­ro per il capo dei guar­dio­ni, tito­la il volan­ti­no del Comitato.

Il 29 apri­le 1976, a Mila­no, vie­ne ucci­so a col­pi di pisto­la Enri­co Pede­no­vi, con­si­glie­re pro­vin­cia­le mis­si­no: è il pri­mo omi­ci­dio poli­ti­co inten­zio­na­le riven­di­ca­to in Ita­lia negli anni Set­tan­ta attri­bui­bi­le alla sini­stra. L’azione è la rispo­sta mili­tan­te all’ag­gres­sio­ne fasci­sta che costa la vita a Gae­ta­no Amo­ro­so, com­pa­gno del­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria, e va inse­ri­to in un con­te­sto che regi­stra nel­la cit­tà lom­bar­da un’intensa atti­vi­tà squadristica.

Di lì a pochi mesi, ter­mi­na l’esperienza di Sen­za Tre­gua a segui­to di una rot­tu­ra inter­na su alcu­ni pun­ti rite­nu­ti fon­da­men­ta­li. In par­ti­co­la­re, una par­te dei Comi­ta­ti Comu­ni­sti lan­cia dure accu­se alla diri­gen­za costrui­ta da sin­go­le sog­get­ti­vi­tà e non per rap­pre­sen­tan­za poli­ti­ca, carat­te­riz­za­ta da intel­let­tua­li­smo, che lavo­ra per rigi­da divi­sio­ne dei com­pi­ti e non pro­muo­ve il dibat­ti­to inter­no. La con­se­guen­za di que­ste dina­mi­che por­ta alla con­vi­ven­za di pro­get­ti poli­ti­ci diver­si e alla con­se­guen­te man­ca­ta rea­liz­za­zio­ne del pro­get­to d’organizzazione. La rot­tu­ra di Sen­za Tre­gua por­ta alla for­ma­zio­ne di tre pro­get­ti orga­niz­za­ti­vi diver­si: Pri­ma Linea (PL), Uni­tà Comu­ni­ste Com­bat­ten­ti (UCC) e Comi­ta­ti Comu­ni­sti Rivo­lu­zio­na­ri (CoCo­Ri).

Alle ele­zio­ni poli­ti­che del 20 giu­gno 1976, il car­tel­lo elet­to­ra­le di Demo­cra­zia Pro­le­ta­ria (Avan­guar­dia Ope­ra­ia, Lot­ta Con­ti­nua, Par­ti­to di uni­tà pro­le­ta­ria (PDUP), Movi­men­to Lavo­ra­to­ri per il Socia­li­smo) pun­ta al “gover­no del­le sini­stre”, nono­stan­te il PCI non inten­de affat­to coin­vol­ge­re DP e anzi riba­di­sca la pro­pria fedel­tà alla Nato e alle tesi del com­pro­mes­so sto­ri­co. Demo­cra­zia pro­le­ta­ria (DP) pun­ta al 6/​7%, è evi­den­te che l’esito elet­to­ra­le deci­de­rà il futu­ro del­la ‘’vec­chia’’ sini­stra extra­par­la­men­ta­re. La cam­pa­gna elet­to­ra­le è mol­to vio­len­ta. Il risul­ta­to è delu­den­te: il PCI non sor­pas­sa la Dc, vie­ne nomi­na­to il cosid­det­to “gover­no del­le asten­sio­ni” di Andreot­ti; DP arri­va all’1,5%, per­cen­tua­le che san­ci­sce la cri­si defi­ni­ti­va dei “grup­pi” (al suc­ces­si­vo con­gres­so nazio­na­le, Lot­ta Con­ti­nua si scio­glie con ulte­rio­re tra­va­so di mili­tan­ti nei Comi­ta­ti Comu­ni­sti e nel movi­men­to) che però rifiu­ta­no di tor­na­re al movi­men­ti­smo con­dan­nan­do­si all’irrilevanza par­la­men­ta­re. A fian­co di que­sta scel­ta, la loro cri­si si spie­ga anche con la cosid­det­ta “cri­si del­la mili­tan­za” e la cre­sci­ta “sba­lor­di­ti­va” dell’autonomia ope­ra­ia (che si è schie­ra­ta aper­ta­men­te per l’astensionismo elettorale).

Il 10 luglio 1976 scop­pia una val­vo­la del­lo sta­bi­li­men­to Icme­sa di Seve­so e fuo­rie­sce una note­vo­le quan­ti­tà di dios­si­na che inqui­na la zona cir­co­stan­te. Il disa­stro ambien­ta­le sve­la il ruo­lo del­le mul­ti­na­zio­na­li in Ita­lia ma anche quel­lo dei poli­ti­ci a tut­ti i livel­li ter­ri­to­ria­li, del­la Chie­sa cat­to­li­ca, dei medi­ci e dei ricer­ca­to­ri. Impor­tan­te è l’intervento del Comi­ta­to popo­la­re tec­ni­co-scien­ti­fi­co for­ma­to da ope­rai e stu­den­ti del­la zona, ma anche da lavo­ra­to­ri del­la Car­lo Erba, dal col­let­ti­vo di Archi­tet­tu­ra di Mila­no, da medi­ci e scien­zia­ti. Il loro sco­po è chia­ri­re il lega­me indis­so­lu­bi­le tra pro­du­zio­ni noci­ve, capi­ta­li­smo e guer­ra, intro­dur­re un meto­do par­te­ci­pa­ti­vo tra la popo­la­zio­ne del­la zona sul­la base del­la cono­scen­za diret­ta e dell’azione in pri­ma per­so­na nel­la dife­sa del­la pro­pria salu­te (Volan­to­ne Con­tro le pro­du­zio­ni di mor­te di Ros­so vivo e Sen­za Tregua).

Nell’area mila­ne­se, gli orga­ni­smi auto­no­mi ope­rai più for­ti sono il Coor­di­na­men­to dell’Alfa Romeo, il Col­let­ti­vo poli­ti­co del­la Sit-Sie­mens, i Comi­ta­ti ope­rai del­la Magne­ti Marel­li di Cre­scen­za­go, del­la Car­lo Erba di Roda­no, del­la Telet­tra di Vimer­ca­te, del­la Falck di Sesto San Gio­van­ni e del­la Phil­co di Pon­te San Pie­tro, i Comi­ta­ti di lot­ta del­la Far­gas e del­la Fiat OM. Que­ste situa­zio­ni, que­sti pun­ti di for­za, diven­ta­no il trai­no del­le lot­te ope­ra­ie auto­no­me anche per quel­le real­tà ogget­ti­va­men­te più debo­li come le pic­co­le e medie fab­bri­che. Ciò vale soprat­tut­to nell’area mila­ne­se dove si arri­va alla costi­tu­zio­ne del Coor­di­na­men­to auto­no­mo ope­ra­io mila­ne­se (pro­mos­so da Sen­za Tre­gua, Ros­so e Pc(m‑l) I) che, tra il 1976 e il 1977, orga­niz­za scio­pe­ri e cor­tei auto­no­mi di una cer­ta impor­tan­za. A Mila­no c’è anche il Coor­di­na­men­to per l’occupazione dell’Alfa Romeo («Sen­za padro­ni») e il Coor­di­na­men­to lavo­ra­to­ri e dele­ga­ti del­la zona Roma­na, che fa rife­ri­men­to a Lot­ta Continua.

Alla Magne­ti Marel­li si veri­fi­ca uno degli epi­so­di car­di­ne dell’iniziativa ope­ra­ia auto­no­ma del perio­do. Dopo una lot­ta dura con­tro la ristrut­tu­ra­zio­ne che vede l’invasione vio­len­ta degli uffi­ci del­la dire­zio­ne azien­da­le, quat­tro avan­guar­die del Comi­ta­to ven­go­no licen­zia­te dal­l’a­zien­da per la loro atti­vi­tà poli­ti­ca inter­na ai repar­ti del­lo sta­bi­li­men­to. Ogni mat­ti­na però que­sti lavo­ra­to­ri ven­go­no por­ta­ti in fab­bri­ca da un cor­teo ope­ra­io (la Guar­dia ros­sa) con­tro la volon­tà del padro­ne, del sin­da­ca­to e del tri­bu­na­le che ha con­fer­ma­to i prov­ve­di­men­ti del padro­ne, e li tra­sfor­ma in rivo­lu­zio­na­ri a tem­po pie­no. Que­sta pras­si si pro­trae per un anno inte­ro. Il tri­bu­na­le del lavo­ro di Mila­no sfor­na sen­ten­ze con­trad­dit­to­rie, a ogni gra­do di giu­di­zio il ver­det­to cam­bia: decre­ti di rias­sun­zio­ne e con­fer­me del licen­zia­men­to si alter­na­no. Quan­do il tri­bu­na­le del lavo­ro discu­te la cau­sa di lavo­ro, vie­ne rego­lar­men­te inva­so da cor­tei ope­rai, fre­quen­ti gli scon­tri con i cara­bi­nie­ri all’interno del­lo stes­so Palaz­zo di Giu­sti­zia milanese.

Nel mese di luglio ini­zia la lot­ta con­trat­tua­le dei lavo­ra­to­ri ospe­da­lie­ri che a Mila­no espri­me gran­di livel­li di lot­ta che por­ta­no all’intervento dell’esercito per garan­ti­re l’apertura del­le men­se per i rico­ve­ra­ti. (Col­let­ti­vo Poli­cli­ni­co, Comi­ta­to di lot­ta del Niguar­da, Com­pa­gni auto­no­mi del San Car­lo).

Il 20 otto­bre, scio­pe­ro gene­ra­le, duran­te il cor­teo sin­da­ca­le mila­ne­se ope­ra­no nume­ro­si grup­pi di per­so­ne arma­te che assal­ta­no e incen­dia­no uffi­ci e cen­tri di cal­co­lo di gros­se azien­de, sac­cheg­gia­no un super­mer­ca­to, distrug­go­no la sede di Comu­nio­ne e Libe­ra­zio­ne (CL).

Per il 30 novem­bre, in occa­sio­ne di un nuo­vo scio­pe­ro gene­ra­le, l’Autonomia Ope­ra­ia mila­ne­se e il PC(m‑l) I orga­niz­za­no un cor­teo auto­no­mo rispet­to ai con­cen­tra­men­ti sin­da­ca­li. La mani­fe­sta­zio­ne por­ta in piaz­za diver­se miglia­ia di lavo­ra­to­ri, pro­le­ta­ri e stu­den­ti «per lo svi­lup­po e l’organizzazione di un’opposizione di clas­se» e con­tro l’attacco padro­na­le, con­tro il gover­no del­le asten­sio­ni e il col­la­bo­ra­zio­ni­smo sindacale.

Il 15 dicem­bre 1976, a Sesto San Gio­van­ni muo­re il mili­tan­te del­le Bri­ga­te Ros­se Wal­ter Ala­sia (a cui vie­ne poi inti­to­la­ta la colon­na mila­ne­se dell’organizzazione) duran­te un con­flit­to a fuo­co con la poli­zia duran­te il qua­le muo­io­no anche due agen­ti. Ala­sia è un ex mili­tan­te di Lot­ta Con­ti­nua mol­to cono­sciu­to a Sesto. La sua mor­te desta scal­po­re nei mass media, nel sin­da­ca­to ma soprat­tut­to nel movi­men­to rivo­lu­zio­na­rio. Quel­lo che acca­de nel­le fab­bri­che mila­ne­si in occa­sio­ne dei suoi fune­ra­li è la dimo­stra­zio­ne che la lot­ta arma­ta è pre­sen­te nel dibat­ti­to di mas­sa, soprat­tut­to ope­ra­io. Il fat­to più signi­fi­ca­ti­vo è la bat­ta­glia poli­ti­ca che vie­ne com­bat­tu­ta in fab­bri­che come la Marel­li, la Bre­da e la Falck dove i comi­ta­ti ope­rai si oppon­go­no, giu­di­can­do­lo anti­o­pe­ra­io, allo scio­pe­ro con­tro il ter­ro­ri­smo indet­to da PCI e sin­da­ca­ti. Impor­tan­te anche il fune­ra­le di Ala­sia a cui par­te­ci­pa­no cen­ti­na­ia di ope­rai e mili­tan­ti seste­si che lo ricor­da­no come uno di loro.

In que­sto con­te­sto si svi­lup­pa­no impe­tuo­sa­men­te i cir­co­li del pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le, tan­to che si può dire che il ’77 a Mila­no vie­ne anti­ci­pa­to dai gio­va­ni pro­le­ta­ri del­le peri­fe­rie, dal­le occu­pa­zio­ni del­le case, dagli ingres­si al cine­ma gra­tis, dagli assal­ti ai super­mer­ca­ti. I pri­mi segna­li si avver­to­no a Mila­no tra il 1975 e il 1976 quan­do con­si­sten­ti stra­ti gio­va­ni­li del­le estre­me peri­fe­rie del­la metro­po­li dan­no vita spon­ta­nea­men­te a for­me di aggre­ga­zio­ne basa­te sul­la cri­ti­ca del­la mise­ria del­la loro con­di­zio­ne socia­le: stu­den­ti, disoc­cu­pa­ti, ope­rai pre­ca­ri e sot­to­pa­ga­ti. Per loro esi­ste il pro­ble­ma del tem­po libe­ro, vis­su­to come obbli­go coat­to al vuo­to, alla noia, all’a­lie­na­zio­ne. A par­ti­re da que­sta con­sa­pe­vo­lez­za si costi­tui­sco­no i Cir­co­li del pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le che, nel giro di pochi mesi, pro­muo­vo­no deci­ne di occu­pa­zio­ni di edi­fi­ci, anche in cen­tro a Mila­no. Que­sti luo­ghi diven­ta­no i luo­ghi di aggre­ga­zio­ne del pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le mila­ne­se e rac­col­go­no un gran­de suc­ces­so. I Cir­co­li si river­sa­no dal­le peri­fe­rie al cen­tro non più per ban­de o pic­co­li grup­pi ma per diver­tir­si aper­ta­men­te orga­niz­zan­do feste musi­ca­li oppu­re per scon­trar­si con la poli­zia e riven­di­ca­re il pro­prio dirit­to a riu­nir­si a fare festa e “riap­pro­priar­si del­la vita”. Duran­te que­ste mani­fe­sta­zio­ni ini­zia­no a esse­re pra­ti­ca­te for­me sem­pre più espli­ci­te di riap­pro­pria­zio­ne del­la mer­ce con espro­pri di nego­zi di lus­so e di gene­ri alimentari.

Nel­la pri­ma fase, i Cir­co­li del pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le tro­va­no sup­por­to orga­niz­za­ti­vo in strut­tu­re poli­ti­che e cul­tu­ra­li già con­so­li­da­te come «Re Nudo» che segue da vici­no il movi­men­to dei circoli.

A giu­gno 1976 si svol­ge il festi­val del par­co Lam­bro a Mila­no, orga­niz­za­to da «Re Nudo» e par­te del­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria: anar­chi­ci, Lot­ta Con­ti­nua e auto­no­mi. Da subi­to si pre­sen­ta come un mega radu­no, vi afflui­sco­no 100.000 gio­va­ni da tut­ta Ita­lia. Le con­trad­di­zio­ni poli­ti­che e cul­tu­ra­li esplo­do­no vio­len­te­men­te rive­lan­do di col­po i limi­ti del­l’i­deo­lo­gia del­la festa. L’esito del festi­val segna anche l’allontanamento defi­ni­ti­vo tra le pra­ti­che con­tro-cul­tu­ra­li di «Re nudo» e l’area dell’Autonomia Ope­ra­ia. Quest’ultima effet­tua impor­tan­ti rifles­sio­ni sul­l’e­si­to del festi­val per spie­gar­ne il fal­li­men­to, per offri­re un’in­di­ca­zio­ne di lot­ta che per­met­ta al movi­men­to di non impan­ta­nar­si nel­la pro­pria appa­ren­te crisi.

Ros­so scri­ve: ‘’Le occu­pa­zio­ni di case, le appro­pria­zio­ni nei super­mer­ca­ti, le lot­te per il sala­rio, l’or­ga­niz­za­zio­ne con­tro lo spac­cio del­l’e­roi­na, i movi­men­ti di libe­ra­zio­ne, l’e­splo­sio­ne del movi­men­to fem­mi­ni­sta sono entra­ti come pro­ta­go­ni­sti in que­sta festa e han­no decre­ta­to la mor­te del Festi­val pop di Re Nudo. Una cosa è sta­ta chia­ra a tut­ti: che i gio­va­ni pro­le­ta­ri voglio­no fare la festa per diver­tir­si, ma anche per affer­ma­re i pro­pri biso­gni. E que­sti van­no con­tro l’or­di­ne del­la metro­po­li capi­ta­li­sti­ca, con­tro il lavo­ro del­la fab­bri­ca del capi­ta­le, con­tro la repres­sio­ne del­la cul­tu­ra dei padro­ni. A tut­to que­sto i gio­va­ni pro­le­ta­ri voglio­no fare la festa. La ten­sio­ne a usci­re dal par­co Lam­bro, visto ormai come un ghet­to, e a por­ta­re la festa nel­la cit­tà, con­tro la cit­tà, è la con­qui­sta di que­sto festi­val. L’in­di­ca­zio­ne venu­ta da mol­ti com­pa­gni nel festi­val di tor­na­re a por­ta­re nei quar­tie­ri i con­te­nu­ti espres­si nel­le appro­pria­zio­ni e nel­l’as­sem­blea è un pro­gram­ma di lavo­ro poli­ti­co e di con­ti­nui­tà. È la con­sa­pe­vo­lez­za del­la neces­si­tà di riu­ni­fi­ca­re in for­me di lot­ta e di orga­niz­za­zio­ne i biso­gni espres­si dal pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le al Lam­bro con le lot­te degli ope­rai con­tro il lavo­ro, con le lot­te dei disoc­cu­pa­ti per il sala­rio, con l’at­tac­co dei car­ce­ra­ti allo sta­to repres­si­vo, con il rifiu­to del­l’op­pres­sio­ne maschi­li­sta da par­te del­le don­ne. Tor­nia­mo nei quar­tie­ri e nel­le fab­bri­che per­ché il fio­re di rivol­ta sboc­cia­to al Lam­bro si mol­ti­pli­chi in cen­to fio­ri di orga­niz­za­zio­ne, in mil­le epi­so­di di appro­pria­zio­ne, in soli­de basi di con­tro­po­te­re. In capa­ci­tà di orga­niz­za­re per il pros­si­mo anno una gran­de festa: la nostra festa con­tro la metro­po­li’’. E così fu.

In autun­no il Movi­men­to dei Lavo­ra­to­ri per il Socia­li­smo (MLS) deci­de di tra­sfor­ma­re i suoi Comi­ta­ti anti­fa­sci­sti di quar­tie­re in Cir­co­li gio­va­ni­li. Il fat­to susci­ta mol­te per­ples­si­tà, poi­ché è risa­pu­to che il Mls ha una posi­zio­ne poli­ti­ca filo­sta­li­ni­sta e dura­men­te con­tra­ria alle ten­den­ze con­tro­cul­tu­ra­li, l’opposto di quan­to dichia­ra­to dal movi­men­to del pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le. Il rap­por­to tra que­sti Cir­co­li gio­va­ni­li e i Cir­co­li pro­le­ta­ri gio­va­ni­li si risol­ve, alla fine del­l’an­no dopo lun­ghe pole­mi­che, con l’inevitabile rottura.

La com­par­sa dei cir­co­li segna una ripre­sa di vita­li­tà per l’intero movi­men­to mila­ne­se, vie­ne pro­mos­sa e pra­ti­ca­ta la cam­pa­gna per l’au­to­ri­du­zio­ne del bigliet­to del cine­ma e con­tro la distri­bu­zio­ne dei film di ter­za cate­go­ria nei cir­cui­ti peri­fe­ri­ci. Per alcu­ne dome­ni­che miglia­ia di gio­va­ni si auto­ri­du­co­no a 500 lire il prez­zo dei bigliet­ti di ingres­so nel­le sale di pri­ma visione.

I cir­co­li gio­va­ni­li mila­ne­si sono estre­ma­men­te radi­ca­ti nel­le peri­fe­rie del­la cit­tà, dove vivo­no quei gio­va­ni pro­le­ta­ri che rap­pre­sen­ta­no i nuo­vi lavo­ra­to­ri del­la fab­bri­ca dif­fu­sa, i pro­ta­go­ni­sti del decen­tra­men­to pro­dut­ti­vo e dell’economia som­mer­sa. È dai pro­pri ter­ri­to­ri che que­sti gio­va­ni pro­le­ta­ri cala­no nel cen­tro cit­tà dei nego­zi e dei cine­ma con l’intenzione di riap­pro­priar­si, insie­me alle mer­ci che han­no pro­dot­to, anche di una par­te del­la pro­pria esi­sten­za. Rap­pre­sen­ta­no una par­te con­si­sten­te di quel­la che può defi­nir­si l’autonomia dif­fu­sa, che dia­lo­ga ma non sem­pre coin­ci­de con l’Autonomia Ope­ra­ia Orga­niz­za­ta. Una par­te di que­sta inten­de ege­mo­niz­za­re l’area dei cir­co­li per inca­me­rar­ne il poten­zia­le esplo­si­vo nei con­fron­ti del­la metro­po­li e del­le sue contraddizioni.

Si arri­va alla con­vo­ca­zio­ne, i pri­mi di novem­bre, dell’Hap­pe­ning del pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le che si svol­ge a Mila­no all’u­ni­ver­si­tà Sta­ta­le. Il mani­fe­sto di con­vo­ca­zio­ne rap­pre­sen­ta un enor­me toma­ha­wk con lo slo­gan. Abbia­mo dis­sot­ter­ra­to l’a­scia di guer­ra. Duran­te il con­ve­gno vie­ne pre­sa la deci­sio­ne di boi­cot­ta­re la “pri­ma” del­la Sca­la. «In pie­no regi­me di sacri­fi­ci impo­sti ai pro­le­ta­ri, la ric­ca bor­ghe­sia mila­ne­se si con­ce­de l’e­mo­zio­ne di paga­re cen­to­mi­la lire per una pol­tro­na all’i­nau­gu­ra­zio­ne del­la sta­gio­ne tea­tra­le del­la Scala».

Il 7 dicem­bre, la zona cir­co­stan­te il tea­tro mila­ne­se è pre­si­dia­ta da cin­que­mi­la poli­ziot­ti in asset­to di guer­ra. È una sera di scon­tri vio­len­tis­si­mi che si con­clu­de con 250 fer­ma­ti, 30 arre­sta­ti e 21 feri­ti. Di lì a poco si scio­glie il coor­di­na­men­to cit­ta­di­no dei cir­co­li, mol­te situa­zio­ni di quar­tie­re sono diso­rien­ta­te e guar­da­no a nuo­ve pro­po­ste orga­niz­za­ti­ve. Le con­se­guen­ze del disa­stro pro­vo­ca­no riper­cus­sio­ni anche all’interno dell’area auto­no­ma mila­ne­se. Sen­za Tre­gua si è già dichia­ra­ta scet­ti­ca in meri­to a indi­vi­dua­re il pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le come pos­si­bi­le sog­get­to poli­ti­co; in Ros­so si svi­lup­pa un dibat­ti­to sul­le for­me di lot­ta e sul­le scel­te orga­niz­za­ti­ve da com­pie­re, arri­van­do alla con­clu­sio­ne che è neces­sa­ria una stret­ta orga­niz­za­ti­va che for­ma­liz­zi la pre­sen­za, all’interno di ogni col­let­ti­vo, di una strut­tu­ra logi­sti­ca. Si for­ma­no le Bri­ga­te Comu­ni­ste.

Tra il 1976 e il 1977 si mol­ti­pli­ca­no le pra­ti­che di con­tro­po­te­re e di ille­ga­li­tà dif­fu­sa con­tro il lavo­ro nero (atten­ta­ti e irru­zio­ni pres­so dit­te e pic­co­le impre­se), espro­pri pro­le­ta­ri con­tro nego­zi di abbi­glia­men­to e super­mer­ca­ti, atten­ta­ti con­tro i luo­ghi di spac­cio dell’eroina, le isti­tu­zio­ni repres­si­ve (cara­bi­nie­ri, poli­zia, vigi­li urba­ni, car­ce­re), la Demo­cra­zia Cristiana.

In par­ti­co­la­re, a Mila­no (fine 1976-metà 1977) si svi­lup­pa una for­te ini­zia­ti­va mili­tan­te che ha al suo cen­tro le ron­de ope­ra­ie con­tro i luo­ghi di sfrut­ta­men­to del lavo­ro nero e del­la «fab­bri­ca dif­fu­sa». Le ron­de sono orga­ni­smi infor­ma­li che nasco­no nei quar­tie­ri del­la cit­tà (Lam­bra­te, San Siro, Tici­ne­se, Roma­na-Vit­to­ria, Bovi­sa, Mece­na­te). La ron­da è eser­ci­zio di pote­re nel­la pra­ti­ca dell’appropriazione, del­la tas­sa­zio­ne dei diri­gen­ti, del­la puni­zio­ne dei capet­ti e dei guar­dio­ni; è eser­ci­zio di attac­co ai cen­tri di pote­re e di ristrut­tu­ra­zio­ne anti­o­pe­ra­ia (cen­tri dire­zio­na­li, cal­co­la­to­ri) e agli enti che gesti­sco­no i ser­vi­zi pub­bli­ci sul ter­ri­to­rio (tra­spor­ti, luce, tele­fo­ni); è orga­niz­za­zio­ne di mas­sa per­ché, rac­co­glien­do imme­dia­ta­men­te tut­te le for­ze di orga­niz­za­zio­ne auto­no­ma, supe­ra e spez­za la divi­sio­ne ope­rai-disoc­cu­pa­ti-gio­va­ni-avan­guar­die di quar­tie­re; è pro­get­to di orga­niz­za­zio­ne per­ché espri­me e sin­te­tiz­za tut­ti i livel­li di attac­co dell’iniziativa auto­no­ma. Deci­ne sono gli inter­ven­ti del­le ron­de che col­pi­sco­no quei micro­re­par­ti spar­si nei quar­tie­ri peri­fe­ri­ci, spes­so su com­mes­sa del­le mul­ti­na­zio­na­li, con la com­pli­ci­tà del­le orga­niz­za­zio­ni sin­da­ca­li e degli enti loca­li, e che alla fac­cia del­la cri­si, uti­liz­za­no gli straor­di­na­ri il saba­to, licen­zia­no gli assen­tei­sti, sfrut­ta­no il lavo­ro nero, dan­no bas­si sala­ri per pro­dur­re mer­ci a bas­so prez­zo e ad alto profitto.

E ARRIVIAMO AL ‘77

L’area dell’Autonomia orga­niz­za­ta mila­ne­se è sem­pre sta­ta estre­ma­men­te varie­ga­ta e non ha mai avu­to un grup­po ege­mo­ne come i Vol­sci a Roma o i Col­let­ti­vi poli­ti­ci nel Vene­to. In que­sto perio­do le com­po­nen­ti prin­ci­pa­li sono quel­le che si riu­ni­sco­no intor­no alle tesi espo­ste dal­la rivi­sta «Ros­so» (i Col­let­ti­vi poli­ti­ci ope­rai) e «Sen­za Tre­gua» (i Comi­ta­ti Comu­ni­sti per il pote­re operaio).

L’area di «Ros­so» indi­vi­dua come sog­get­to poli­ti­co l’operaio socia­le che nasce nel­la dif­fu­sio­ne sul ter­ri­to­rio del­la fab­bri­ca in segui­to alla ristrut­tu­ra­zio­ne eco­no­mi­ca che met­te in enor­me dif­fi­col­tà la ricom­po­si­zio­ne ope­ra­ia all’interno dei gran­di sta­bi­li­men­ti. In que­sto modo il con­flit­to si ridu­ce nel­le fab­bri­che ma si espan­de sul ter­ri­to­rio, inve­sten­do la vita socia­le del­le per­so­ne e così lo scon­tro assu­me carat­te­re glo­ba­le, inve­ste la vita com­ples­si­va del­le per­so­ne, non solo il luo­go di lavo­ro. A livel­lo di fab­bri­che, «Ros­so» è ben pre­sen­te alla Sie­mens, alla Face e all’Alfa (CPO), nel­le scuo­le orga­niz­za i Col­let­ti­vi Poli­ti­ci Stu­den­te­schi, in par­ti­co­la­re al liceo clas­si­co Ber­chet. Dal­la sua area di dibat­ti­to nasco­no le Bri­ga­te Comu­ni­ste pri­ma che por­ta­no poi alla for­ma­zio­ne del­le For­ma­zio­ni Comu­ni­ste Com­bat­ten­ti.

Sen­za Tre­gua riven­di­ca l’armamento ope­ra­io di mas­sa, il decre­to ope­ra­io, si rico­no­sce nel­la cen­tra­li­tà ope­ra­ia (l’operaio del­la gran­de fab­bri­ca) con buo­ne pre­sen­ze alla Magne­ti Marel­li di Cre­scen­za­go, all’Innocenti di Lam­bra­te, alla Phil­co di Brem­ba­te, alla Telet­tra di Vimer­ca­te, alla Car­lo Erba di Roda­no, alla Falck di Sesto San Giovanni.

A que­sti due grup­pi prin­ci­pa­li si deve aggiun­ge­re il col­let­ti­vo del quar­tie­re popo­la­re del Caso­ret­to cono­sciu­to anche come “ban­da Bel­li­ni”, dota­to di un note­vo­le ser­vi­zio d’ordine. Il Comi­ta­to comu­ni­sta (mar­xi­sta-leni­ni­sta) di uni­tà e di lot­ta, il CoCu­Lo, (rivi­sta «Adda­ve­nì»); il Par­ti­to comu­ni­sta (mar­xi­sta-leni­ni­sta) ita­lia­noLa voce ope­ra­ia»); il Coor­di­na­men­to degli orga­ni­smi auto­no­mi di zona sud (via Momi­glia­no); diver­se com­po­nen­ti anar­chi­che («Col­le­ga­men­ti Wob­bly») e situa­zio­ni­ste («Gat­ti sel­vag­gi», «Puzz»). A que­sti set­to­ri si deve aggiun­ge­re una com­po­nen­te fem­mi­ni­sta non asso­cia­bi­le diret­ta­men­te a nes­su­na di que­ste posi­zio­ni ma vici­na all’autonomia (col­let­ti­vo di via dell’Orso); i gio­va­ni dei col­let­ti­vi di quar­tie­re (Roma­na-Vit­to­ria, Bag­gio, Baro­na, Lam­bra­te, Bovi­sa, San Siro, Sta­de­ra, Sem­pio­ne-Gari­bal­di, Gal­la­ra­te­se, Olmi, Cesa­no Bosco­ne, Are­se-Rho-Pero; una par­te dei cir­co­li del pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le; il Coor­di­na­men­to dell’opposizione ope­ra­ia (Alfa Romeo).

Non si può capi­re la com­pli­ca­tis­si­ma real­tà auto­no­ma mila­ne­se se non ci si ren­de con­to che, nel­la cit­tà mene­ghi­na, a fian­co del­le orga­niz­za­zio­ni com­bat­ten­ti si for­ma­no una incre­di­bi­le quan­ti­tà di micror­ga­niz­za­zio­ni mobi­li e infor­ma­li che dif­fon­do­no la pra­ti­ca arma­ta dal­la metro­po­li ai cen­tri più peri­fe­ri­ci, pri­vi­le­gian­do l’at­tac­co non tan­to al «cuo­re del­lo Sta­to» quan­to alle figu­re che costi­tui­sco­no «l’ar­ti­co­la­zio­ne del coman­do capi­ta­li­sti­co sui ter­ri­to­ri». Accan­to a colo­ro che mili­ta­no nei grup­pi com­bat­ten­ti come Pri­ma Linea e Bri­ga­te Ros­se, all’interno dell’Autonomia orga­niz­za­ta mol­ti com­pa­gni, spes­so gio­va­nis­si­mi, dan­no inve­ce vita a microag­gre­ga­zio­ni per affi­ni­tà, lega­te spes­so a ter­ri­to­ri come i quar­tie­ri popo­la­ri dove vivo­no, a col­let­ti­vi di scuo­la o a col­let­ti­vi nati per com­bat­te­re in manie­ra mili­tan­te la dif­fu­sio­ne dell’eroina o per attac­ca­re i “covi del lavo­ro nero” (entram­be le due for­me di sfrut­ta­men­to le vivo­no diret­ta­men­te sul­la loro pel­le), ma anche per orga­niz­za­re qual­che azio­ne arma­ta o espro­pria­re nego­zi di lus­so. Que­sta area è mobi­le, non si dà vere strut­tu­re orga­niz­za­ti­ve fis­se, la loro cre­di­bi­li­tà spes­so è affi­da­ta alla “piaz­za”. I grup­pi auto­no­mi più orga­niz­za­ti (com­bat­ten­ti com­pre­si) ten­ta­no in ogni modo di tira­re que­ste aggre­ga­zio­ni dal­la loro par­te, in un rap­por­to di sim­bio­si (i grup­pi garan­ti­sco­no il logi­sti­co, i micro­grup­pi agi­sco­no) più che su una rea­le coop­ta­zio­ne, ma il risul­ta­to, alme­no per tut­to il 1977, è deludente.

L’esplodere di ini­zia­ti­ve arma­te nel­la metro­po­li mila­ne­se fa intra­ve­de­re per le orga­niz­za­zio­ni com­bat­ten­ti la pos­si­bi­li­tà di reclu­ta­re mili­tan­ti. In que­sto con­te­sto nasco­no, nell’area di dibat­ti­to di «Ros­so», le Bri­ga­te Comu­ni­ste con lo sco­po di argi­na­re l’esodo di mili­tan­ti dell’Autonomia ver­so l’area com­bat­ten­te, cer­can­do di rap­por­ta­re le azio­ni di sabo­tag­gio e di con­tro­po­te­re alla figu­ra dell’operaio socia­le. L’esperimento orga­niz­za­ti­vo dura poco e già nell’estate 1977 le Bri­ga­te Comu­ni­ste si sciol­go­no sul modo di inten­de­re fun­zio­ni e sco­pi di un’organizzazione arma­ta. Da que­sta espe­rien­za nasco­no poi le For­ma­zio­ni Comu­ni­ste Com­bat­ten­ti; altri mili­tan­ti entra­no inve­ce nei Pro­le­ta­ri Arma­ti per il Comu­ni­smo, Guer­ri­glia Ros­sa, Pri­ma Linea e Bri­ga­te Rosse.

Tut­te le uni­ver­si­tà ita­lia­ne sono in gran­de fer­men­to per con­te­sta­re la rifor­ma degli ate­nei volu­ta dal mini­stro del­la Pub­bli­ca Istru­zio­ne Fran­co Maria Mal­fat­ti. Nel feb­bra­io 1977, ana­lo­ga­men­te a quan­to sta avve­nen­do in tut­ta Ita­lia, a Mila­no vie­ne occu­pa­ta l’U­ni­ver­si­tà statale.

Il 26 gen­na­io sin­da­ca­ti e Con­fin­du­stria sigla­no, nel­la sede del CNEL, uno sche­ma di accor­do sul­la ridu­zio­ne del costo del lavo­ro e l’aumento del­la pro­dut­ti­vi­tà. Imme­dia­te ma spo­ra­di­che le rea­zio­ni ope­ra­ie alla noti­zia del­la fir­ma dell’accordo, in alcu­ne fab­bri­che i lavo­ra­to­ri scio­pe­ra­no auto­no­ma­men­te: Ctp Sie­mens, Fiat-Om, Magne­ti Marel­li ed Erco­le Marel­li a Milano.

L’8 mar­zo vede una mobi­li­ta­zio­ne estre­ma­men­te par­te­ci­pa­ta del movi­men­to fem­mi­ni­sta che, nel­lo sfi­la­re per stra­de e piaz­ze, riba­di­sce la pro­pria auto­no­mia non solo da par­ti­ti e isti­tu­zio­ni ma anche dal­lo stes­so movi­men­to degli stu­den­ti. A Mila­no i coor­di­na­men­ti fem­mi­ni­sti di via dell’Orso e dell’università Boc­co­ni orga­niz­za­no una “mili­tan­te” mani­fe­sta­zio­ne che si pone come obiet­ti­vi poli­ti­ci la con­te­sta­zio­ne dell’Inam che com­bat­te l’assenteismo del­le lavo­ra­tri­ci, del­la cli­ni­ca gine­co­lo­gi­ca Man­gia­gal­li che nega abor­ti tera­peu­ti­ci e dei nego­zi di Lui­sa Spa­gno­li, accu­sa­ta di sfrut­ta­re il lavo­ro del­le detenute.

L’11 mar­zo a Bolo­gna un cara­bi­nie­re ucci­de il mili­tan­te di Lot­ta con­ti­nua Fran­ce­sco Lorus­so, seguo­no gior­ni di scon­tri di piaz­za vio­len­tis­si­mi che por­ta­no i car­ri arma­ti a pre­si­dia­re le vie del­la cit­tà; il gior­no dopo a Roma si svol­ge la mani­fe­sta­zio­ne nazio­na­le del movi­men­to che si tra­sfor­ma in uno dei cor­tei più vio­len­ti che l’Italia ricor­di. Lo stes­so gior­no, a Mila­no duran­te un cor­teo estre­ma­men­te com­bat­ti­vo si sca­te­na una vio­len­ta spa­ra­to­ria che man­da in fran­tu­mi i vetri del­la sede dell’Assolombarda.

In occa­sio­ne del­lo scio­pe­ro gene­ra­le del 18 mar­zo, un cor­teo ope­ra­io auto­no­mo sfi­la nel cen­tro cit­tà andan­do a col­pi­re nume­ro­si obiet­ti­vi, in par­ti­co­la­re la palaz­zi­na del­la dire­zio­ne del­la Marel­li (licen­zia­men­to di avan­guar­die ope­ra­ie e ristrut­tu­ra­zio­ne) e gli uffi­ci del­la Bas­sa­ni Tici­no (sfrut­ta­men­to del lavo­ro sot­to­pa­ga­to del­le dete­nu­te di San Vit­to­re). Nel com­men­ta­re il cor­teo, l’intera auto­no­mia ope­ra­ia mila­ne­se riven­di­ca le discri­mi­nan­ti rivo­lu­zio­na­rie del­la mani­fe­sta­zio­ne frut­to del­la rot­tu­ra dell’unità ope­ra­ia ope­ra­ta dal­la sini­stra ope­ra­ia nei con­fron­ti del PCI e del sindacato.

Nell’aprile del 1977, set­te mili­tan­ti dei Comi­ta­ti Comu­ni­sti per il pote­re ope­ra­io ven­go­no arre­sta­ti dai cara­bi­nie­ri al ritor­no da un’esercitazione all’uso di armi da fuo­co in Val­gran­de: sono ope­rai del Mila­ne­se (Falck, Magne­ti Marel­li). I Comi­ta­ti ope­rai del­la Magne­ti e del­la Falck gesti­sco­no gli arre­sti poli­ti­ca­men­te, riven­di­can­do il dirit­to all’armamento ope­ra­io di fron­te al ter­ro­ri­smo anti­o­pe­ra­io dei padro­ni. Distri­bui­sco­no un volan­ti­no a un comi­zio di Tren­tin in piaz­za Castel­lo a Mila­no; il testo reci­ta che i ceti del­la pic­co­la e media bor­ghe­sia com­mer­cian­te si arma­no, che i padro­ni han­no i loro cor­pi arma­ti pri­va­ti, e che dun­que è legit­ti­mo che gli ope­rai fac­cia­no altret­tan­to. Al pro­ces­so l’au­la è pie­na di com­pa­gni che scan­di­sco­no slo­gan di soli­da­rie­tà. Poco tem­po dopo il pro­ces­so, alla Magne­ti Marel­li si svol­go­no del­le ele­zio­ni per il con­si­glio dei dele­ga­ti. Enri­co Baglio­ni, uno dei licen­zia­ti e arre­sta­ti in Val­gran­de è tra i pri­mi eletti.

Il pri­mo mag­gio, l’Autonomia mila­ne­se orga­niz­za una par­te­ci­pa­ta con­tro­ma­ni­fe­sta­zio­ne con i col­let­ti­vi ope­rai del­la Face e del­la Sie­mens in testa.

Il 12 mag­gio a Mila­no ven­go­no arre­sta­ti i due avvo­ca­ti del Soc­cor­so ros­so Ser­gio Spaz­za­li e Gio­van­ni “Nan­ni” Cap­pel­li. Il gior­no suc­ces­si­vo a Roma vie­ne ucci­sa dal­la poli­zia in bor­ghe­se Gior­gia­na Masi; il cor­teo mila­ne­se del 14 si svol­ge per­ciò in una atmo­sfe­ra par­ti­co­lar­men­te tesa. La mani­fe­sta­zio­ne sfi­la vici­no al car­ce­re di San Vit­to­re, dove sono dete­nu­ti i due avvo­ca­ti, un grup­po si stac­ca dal resto dei mani­fe­stan­ti e apre il fuo­co con­tro la poli­zia: resta­no gra­ve­men­te feri­ti due poli­ziot­ti, men­tre un ter­zo muore.

L’episodio por­ta gros­se con­se­guen­ze all’interno dell’area dell’Autonomia mila­ne­se, si crea una spac­ca­tu­ra tra chi spin­ge per un innal­za­men­to del livel­lo di scon­tro e un’organizzazione cen­tra­liz­za­ta dei micro­grup­pi, chi cri­ti­ca aper­ta­men­te l’episodio e chi lo repu­ta come la pos­si­bi­le fine del movi­men­to auto­no­mo cit­ta­di­no. I cir­co­li del pro­le­ta­ria­to gio­va­ni­le sono in pro­fon­da cri­si, risen­to­no anche loro del­la spin­ta a uno scon­tro sem­pre più duro e, a Mila­no, appa­ren­te­men­te ingovernabile.

Si radi­ca­liz­za anche lo scon­tro con il Movi­men­to lavo­ra­to­ri per il socia­li­smo, accu­sa­to di esse­re sta­li­ni­sta e in com­but­ta con sin­da­ca­to e pro­prie­ta­ri di alcu­ne case occu­pa­te dai pro­le­ta­ri, in par­ti­co­la­re nel­la popo­la­re zona Tici­ne­se del­la città.

La cri­si del movi­men­to del 77 si evi­den­zia al con­ve­gno con­tro la repres­sio­ne che si svol­ge a Bolo­gna nel mese di set­tem­bre. Nei mesi suc­ces­si­vi i Col­let­ti­vi Poli­ti­ci Ope­rai mila­ne­si e i Col­let­ti­vi Poli­ti­ci Vene­ti per il pote­re ope­ra­io (che uni­fi­ca­no i loro gior­na­li, «Ros­so» e «Per il pote­re ope­ra­io», in «Ros­so per il pote­re ope­ra­io») con­cor­da­no sul­la neces­si­tà e urgen­za di un pro­get­to poli­ti­co-orga­niz­za­ti­vo nazio­na­le per i vari spez­zo­ni dell’Autonomia Ope­ra­ia Orga­niz­za­ta pro­po­nen­do il Par­ti­to dell’Autonomia, innan­zi­tut­to ai Comi­ta­ti Auto­no­mi Ope­rai roma­ni (i Vol­sci), che rifiu­ta­no l’ipotesi.

Nell’autunno del 1977, a Mila­no, esplo­do­no le lot­te con­tro la repres­sio­ne (con­ti­nui arre­sti di mili­tan­ti auto­no­mi) e con­tro l’aumento del­le tarif­fe dei tra­spor­ti pub­bli­ci con cor­tei, bloc­chi stra­da­li, sabo­tag­gi di mas­sa del­le mac­chi­net­te obliteratrici.

Da segna­la­re il cor­teo del 12 novem­bre che pro­te­sta con­tro la chiu­su­ra da par­te del­la magi­stra­tu­ra di alcu­ne sedi auto­no­me a Roma e Tori­no; la mani­fe­sta­zio­ne è carat­te­riz­za­ta da nume­ro­si disar­mi di vigi­li urba­ni e vigi­lan­tes e da un assal­to arma­to alla Pol­fer del­la sta­zio­ne fer­ro­via­ria di por­ta Genova.

Con­ti­nua sem­pre più for­te la lot­ta negli ospe­da­li mila­ne­si con cor­tei e assem­blee ma anche licen­zia­men­ti, arre­sti e pro­ces­si del­le avan­guar­die espres­se da quel movimento.

Il 26 dicem­bre muo­re in car­ce­re, in manie­ra sospet­ta, il com­pa­gno auto­no­mo Mau­ro Lar­ghi, avan­guar­dia del movi­men­to stu­den­te­sco saron­ne­se. È sta­to arre­sta­to pochi gior­ni pri­ma con l’accusa di aver appe­na disar­ma­to un agen­te di polizia.

DA MORO AL 7 APRILE

Nel 1978, Ros­so con­cen­tra il pro­prio lavo­ro di mas­sa in par­ti­co­la­re sul­la lot­ta con­tro i saba­ti lavo­ra­ti­vi all’Alfa romeo, pub­bli­ca la rivi­sta «Black out» (e poi «Magaz­zi­no») e apre radio Blackout.

Ripren­de slan­cio la lot­ta nel­le scuo­le medie supe­rio­ri, si for­ma il Coor­di­na­men­to degli orga­ni­smi pro­le­ta­ri del­la scuo­la; il suo cul­mi­ne vie­ne rag­giun­to con la cam­pa­gna per il 6 poli­ti­co por­ta­ta avan­ti dal Col­let­ti­vo poli­ti­co auto­no­mo del Cesa­re Cor­ren­ti sul­la base di un volan­ti­no sigla­to anche dal Col­let­ti­vo auto­no­mo chi­mi­ci di Ber­ga­mo e del Col­let­ti­vo del IX Itis di Milano.

I rap­por­ti con il Movi­men­to lavo­ra­to­ri per il socia­li­smo sono sem­pre più tesi, non si con­ta­no le aggres­sio­ni con­tro mili­tan­ti e sim­pa­tiz­zan­ti auto­no­mi, su tut­te quel­la con­tro il pit­to­re Fau­sto Paglia­no nel quar­tie­re Tici­ne­se. Per pro­te­sta­re con­tro un’informazione rite­nu­ta scor­ret­ta, gli auto­no­mi mila­ne­si occu­pa­no per mezz’ora l’emittente radio Popolare.

A Mila­no, il 16 mar­zo gran­de cor­teo auto­no­mo in appog­gio alla lot­ta dei lavo­ra­to­ri dell’Unidal (Comi­ta­to di lot­ta Uni­dal); duran­te il cor­teo arri­va la noti­zia del seque­stro dell’onorevole Aldo Moro che sca­te­na un cer­to entu­sia­smo tra i par­te­ci­pan­ti. Nel­le assem­blee suc­ces­si­ve, inve­ce, le varie com­po­nen­ti auto­no­me cri­ti­ca­no in vario modo l’azione del­le Bri­ga­te Rosse.

Due gior­ni dopo, i fasci­sti ucci­do­no Fau­sto Tinel­li e Loren­zo “Iaio” Ian­nuc­ci, mili­tan­ti del cen­tro socia­le Leon­ca­val­lo, impe­gna­ti in un’inchiesta sul­lo spac­cio di eroi­na nei quar­tie­ri popo­la­ri di Milano.

Alla fine di apri­le, il Col­let­ti­vo auto­no­mo ope­ra­io dell’Alfa Romeo orga­niz­za una serie di gior­na­te di pic­chet­tag­gio fuo­ri dal­lo sta­bi­li­men­to di Are­se per impe­di­re ai lavo­ra­to­ri di lavo­ra­re il saba­to. All’iniziativa par­te­ci­pa tut­ta l’Autonomia ope­ra­ia mila­ne­se che sup­por­ta la mobi­li­ta­zio­ne anche con azio­ni di sabo­tag­gio nei con­fron­ti del­le pro­prie­tà Alfa. Duran­te i pic­chet­ti si regi­stra­no inci­den­ti con il ser­vi­zio d’ordine del PCI inter­no all’azienda.

Esplo­de cla­mo­ro­sa la lot­ta degli ospe­da­lie­ri con for­tis­si­me pun­te di cri­ti­ca al sin­da­ca­to e al rifor­mi­smo. Mila­no insie­me a Ber­ga­mo (Coor­di­na­men­to lom­bar­do ospe­da­li in lot­ta), Firen­ze, Roma e il Vene­to, è una del­le sedi prin­ci­pa­li del­la protesta.

Si con­so­li­da il Coor­di­na­men­to degli orga­ni­smi auto­no­mi di zona sud che rac­co­glie tan­tis­si­mi col­let­ti­vi e pic­co­li grup­pi nati sul ter­ri­to­rio metro­po­li­ta­no. È for­ma­to da gio­va­ni pro­ve­nien­ti dall’ex cir­co­lo Vit­to­ria, Col­let­ti­vo Sta­de­ra, Col­let­ti­vo Chie­sa Ros­sa, cir­co­li di Gra­to­so­glio, Roz­za­no, Loca­te Triul­zi, Baro­na, Cor­vet­to, Sant’Ambrogio, ope­rai del­la Soi­lax e del Coor­di­na­men­to ope­ra­io di via Cre­ma. Enor­me è la doman­da di orga­niz­zar­si e far­si sen­ti­re, in par­ti­co­la­re su temi come il lavo­ro nero e la lot­ta allo spac­cio di eroi­na (Mila­no come Alge­ri).

Nell’area più con­tro-cul­tu­ra­le del movi­men­to nasce l’esperienza di Macon­do, “luo­go magi­co” del­la con­tro­cul­tu­ra milanese.

Il 1979 è un anno in cui il movi­men­to auto­no­mo non rie­sce a espri­me­re gran­di ini­zia­ti­ve poli­ti­che e di piaz­za. A par­te qual­che ini­zia­ti­va anti­fa­sci­sta e anti­re­pres­si­va (pro­ces­so stu­den­ti del Cat­ta­neo), non si regi­stra­no mani­fe­sta­zio­ni al di fuo­ri del­le isti­tu­zio­ni, nes­su­na lot­ta signi­fi­ca­ti­va in fab­bri­ca e sul ter­ri­to­rio su inte­res­si auto­no­mi di clas­se. L’unico con­flit­to extra­sin­da­ca­le di rilie­vo è la lot­ta dei pre­ca­ri del­la scuo­la, agi­ta­zio­ne che però non rie­sce a generalizzarsi.

Aumen­ta espo­nen­zial­men­te inve­ce l’intervento del­le orga­niz­za­zio­ni com­bat­ten­ti (BR, PL, PAC ecc.) che vivo­no un’escalation di ade­sio­ni e di azioni.

L’area di Ros­so si avvi­ci­na a quel­la del­la neo­na­ta Lot­ta con­ti­nua per il comu­ni­smo.

Ad aumen­ta­re la cri­si del movi­men­to arri­va­no gli arre­sti del 7 apri­le («sal­to di qua­li­tà deci­si­vo nel­la tec­ni­ca del domi­nio») e del 21 dicem­bre che anche a Mila­no col­pi­sco­no alcu­ni dei diri­gen­ti sto­ri­ci del movi­men­to auto­no­mo cittadino.

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