
AA.VV., Bologna marzo 1977 …fatti nostri…, Bertani editore, Verona 1977
«Non c’è una storia in questo libro, pagina uno non è madre o causa di pagina due, semplicemente viene prima: se qualche sociologo è tra voi, inizierà il libro dalla fine, quello è l’ordine sociologico, ma… il libro inizia come nella nostra testa, con la morte di Francesco, gli scontri le barricate il fuoco: dove abbiamo iniziato questa fase della nostra vita…».
Qui, nel rifiuto delle spiegazioni e nel bisogno della comunicazione, sta il nodo non solo di questo libro ma dei fatti, del periodo storico e politico in cui libro e fatti si inscrivono: questo 1977 duro e opaco più di ogni altro recente anno… L’emarginazione non è, qui, puro dato sociologico: si fa vissuto e azione; la stessa frattura con la città consumata nel precipitare della lotta, non è esterna alla consapevolezza. Utopicamente, i ragazzi di Bologna se ne fanno un’arma, momento di invenzione e di nuova provocazione: «Questo libro è un discorso senza soggetto… una città invisibile, che scivola sotto, che scappa dal tetto, assente dagli specchi ufficiali della stampa, dai comizi scritti letti e ripetuti… noi guardiamo la città invisibile sulla quale si è adagiata Bologna rossa e bottegaia… irritata perché è stato turbato lo spettacolo della sua propaganda»…
Le vetrine rotte sono un altro modo: se ne può discutere a lungo, certo è che quegli stessi ragazzi, una settimana prima, invadevano i marciapiedi, durante i cortei, per parlare, discutere, coinvolgere, senza deleghe e gerarchie, rifiutando il rituale della politica.
Che la contestazione del ’77 sia ancor meno «facile» di quella del ’68, è indubbio: pubblicando questo libro, accettiamo una sfida, che a nostra volta ribaltiamo sui lettori: È POSSIBILE CAPIRE? È possibile (per di più di fronte ad un soggetto collettivo che si rifiuta di darne una) una interpretazione politica non di comodo – né in una direzione né nell’altra? Sette, otto mesi tra i più infuocati del dopoguerra, bisogni e desideri, azioni politiche e politiche gestuali, scelte e non-scelte, tutto questo può accogliere e sviluppare di nuovo una possibilità positiva, una linea di condotta, insomma uno sbocco politico reale?