…] nel 1973, nasce a Roma «Rivolta di classe» [2] un «foglio aperto al contributo dell’autonomia operaia interessata al processo di centralizzazione nazionale e a quelle forze politiche intenzionate ad un serio e costruttivo confronto interno alla necessità pratica di costruire il partito armato proletario» [3]. Rispetto al suo corrispondente milanese, il giornale è inizialmente molto essenziale e stringato sia nell’analisi che nell’impaginazione (eccettuate alcune copie uscirà sempre come foglio in attesa di registrazione, né datato né numerato), e rimarrà comunque sempre fedele all’iniziale obiettivo programmatico, cioè produrre un lavoro collettivo frutto della fusione di militanza, teoria e pratica, nell’ambito dell’area dell’autonomia operaia. Quest’esperienza si concluderà nel 1975 con il merito di aver saputo riunire in un’unica testata le istanze plurime di quella che era la frammentata area dell’autonomia romana: dal sottoproletariato urbano organizzato ai comitati per la casa, dal movimento di lotta dei carcerati agli ospedalieri del Policlinico, prestando sempre maggiore attenzione alla nuova realtà dei lavoratori del terziario, il settore dei servizi infatti stava divenendo il nuovo teatro di scontro delle rivendicazioni dell’area. Una nuova serie comincerà ad essere stampata a partire dal 1976: rimanendo sempre legato agli aspetti pratico-teorici della militanza, e per questioni oggettive con particolare attenzione al mondo carcerario, e al movimento studentesco. La redazione del nuovo «Rivolta di classe» [4], contigua alla precedente, trova legittimazione all’interno dei Collettivi Autonomi Operai (CAO), più vicina per impostazione analitica a quella del milanese «Rosso», con il quale collaborerà come corrispondente romano per un breve periodo nello stesso anno; è dell’ ottobre 1976, infatti, il comunicato che annuncia sulle pagine del giornale la chiusura della «breve ma pur fruttuosa collaborazione dei compagni della redazione romana» [5]. Anche la redazione di «Rivolta di classe» non riuscirà ad arrivare alla fine del ’77, in questo caso per portare a compimento il progetto del movimento dell’Autonomia Operaia, che agisse da raccordo dell’area a livello nazionale; nel 1978 infatti la stessa redazione darà il via alla pubblicazione della rivista «I Volsci» [6], nata con ampi spazi di approfondimento teorico all’interno della oramai lacerata area autonoma romana che trovava base ideale tra i lavoratori del settore terziario e dei servizi. […]
[…] «I primi collettivi autonomi nascono all’inizio degli anni Settanta da alcuni gruppi di transfughi dal Pci e dal Manifesto e, soprattutto, dal filone operaista. [… ] A Roma, all’origine di tutto c’è l’alleanza lavoratori-studenti del Collettivo di Medicina, che si riconosce nelle posizioni del Manifesto; ed è dal Collettivo che si separa un nucleo di infermieri, portantini e tecnici guidato da Daniele Pifano [… ] che nel ’72 fonda, insieme ad altre componenti (Enel, Fiat di Grottarossa, Cub dei ferrovieri), i Comitati autonomi operai di via dei Volsci» [7] «che sviluppano da subito una tematica fortemente spontaneista, erede di una impostazione luxemburghiana» [8] e che assieme a quelli di via di Donna Olimpia diventeranno i referenti principali dell’intera area dell’autonomia romana. Lo scioglimento di Potere operaio, del Gruppo Gramsci, e della Federazione comunista libertaria romana portano nell’area nuovi militanti che giungono anche da un’organizzazione ormai in crisi di identità come Lotta continua.
[…] un cenno a parte occorre dedicarlo a «I Volsci». La rivista esce dal febbraio 1978 come continuazione della precedente «Rivolta di classe»; la sua cadenza ha carattere mensile ma irregolare e, in totale, usciranno undici numeri, l’ultimo nell’ottobre 1981. «I Volsci» sono l’espressione del collettivo di via dei Volsci, un gruppo che si forma a cavallo del ’71 e ’72 per una scissione dal Manifesto, quando fallisce la fusione di quest’ultimo con Potere Operaio. Inizialmente il collettivo collabora con «Rosso», ma quasi subito se ne stacca a causa di profondi contrasti e inizia una pubblicazione propria, «Rivolta di classe». Il successivo cambiamento del nome segue la durissima campagna di criminalizzazione e repressione attuata dal Pci in particolare durante tutto l’arco del ’77 [9]. «I Volsci» è una sfida alla campagna di criminalizzazione dei media nella quale più volte ricorre il nome di via dei Volsci (una strada del popolare quartiere romano di San Lorenzo) sovente associata alla parola “covo”» [10]. Alla fine del ’78 il gruppo partecipa attivamente al dibattito in seno a tutta l’Autonomia di un ulteriore salto di qualità organizzativo e prospetta la costituzione di una struttura accentrata che organizzi tutte le forme di spontaneismo antagonista, il Movimento dell’Autonomia Operaia (MAO). «I Volsci» risente indubbiamente della realtà romana più legata al settore terziario che alla dimensione della fabbrica. Un’attenzione particolare è dedicata alle condizioni di lavoro di settori quali ospedalieri, ferrovieri, lavoratori dell’Enel e della Sip colpiti dalla piaga del lavoro nero, dalla crescente precarizzazione e dimenticati dalle politiche del sindacato indicato come «un soggetto istituzionale integrato in un progetto di programmazione capitalistica» [11] di cui fa parte anche il Pci «[… ] fautore di una socialdemocrazia oppressiva, [… ] asservito all’imperialismo sovietico, [… ] ormai entrato nell’ apparato repressivo dello Stato» [12] .
Gli articoli dedicati alle problematiche della donna sono esclusivamente a firma dei Collettivi femministi. La recente approvazione della legge che legalizza l’aborto è solo un primo passo verso l’emancipazione della donna: «Il tipo di “emancipazione” che il capitale offre alle donne è, in termini di mercato del lavoro, lavoro nero, a domicilio, precarietà, sottoccupazione, o, nel caso di regolari rapporti di dipendenza, lavoro parcellare, ripetitivo, dequalificato […]» [13]. Occorre rimuovere gli ostacoli burocratici che, rendendo difficile e lungo il processo dell’interruzione di gravidanza, costringeranno le donne a tornare sul tavolo delle «mammane». Un’altra proposta è quella di migliorare il funzionamento dei consultori, visti come «momenti di assorbimento dello «scontento» femminile, dei canali di collegamento tra le donne e le istituzioni politiche» [14]. Tutte le recenti politiche statali hanno causato, a parere de «I Volsci», un allargamento delle fasce di emarginazione sociale in grado di trasformarsi, attraverso una loro organizzazione, identificabile nell’Autonomia operaia, in forze rivoluzionarie. Di fronte a tutto questo e ad una conseguente ripresa della conflittualità, la classe politica è stata soltanto capace o di inasprire le già dure misure repressive, o di disaggregare la nascente organizzazione attraverso la deliberata introduzione delle droghe pesanti. «Riteniamo che una delle ragioni fondamentali dell’introduzione dell’eroina sia stato il pericolo che il capitale avvertiva nella tendenza all’integrazione tra fasce di proletariato espulso dal processo produttivo; integrazione che offriva grosse potenzialità rivoluzionarie» [15].
Il principale strumento repressivo rimane comunque il carcere; a questo proposito il punto di vista della redazione è di un netto rifiuto dell’istituto carcerario in generale, visto come misura repressiva che colpisce soprattutto il proletariato; in particolare c’è un rifiuto per le carceri «speciali», luoghi di detenzione dei detenuti politici, che rispondono «alla necessità di colpire le avanguardie comuniste combattenti e funzionare come punto di partenza per la militarizzazione del territorio e di divisione del proletariato in buoni e cattivi, i criminali e i ragionevoli, i brigatisti, gli autonomi, i moderati, in definitiva chi si ribella, e rifiuta i patti sociali per i proletari, e chi li accetta […]» [16].
La condanna dello sfruttamento ambientale è parte integrante della lotta rivoluzionaria, in quanto la distruzione delle risorse è una componente essenziale dello sviluppo capitalistico. «[…] Come non abbiamo mai creduto alla lotta antinucleare di tipo ecologico, separata dal resto della lotta di classe, così non abbiamo creduto nemmeno alla possibilità di misurarla istituzionalmente attraverso il referendum [… ]» [17].
La dimensione internazionale è analizzata sotto diversi aspetti: l’internazionalismo proletario si deve opporre all’imperialismo «tradizionale», quello legato agli Usa, e al «socialimperialismo» che caratterizza la politica estera sovietica; si riscontrano, inoltre, dure critiche a quello che è definito «l’impero delle multinazionali».
[…] Sono frequenti gli appelli alla mobilitazione: «Occorre realizzare la messa in movimento di tutti gli strati sociali in funzione antagonista all’attuale regime; fare avanzare, cioè, il fronte di classe […]» [18] e «[…] è necessario riuscire a ricomporre i vari settori comunisti del proletariato nella lotta contro il capitale e lo Stato» [19]. Indubbiamente in ogni articolo traspare un’analisi della conflittualità sociale, la cui risoluzione è vista sempre in prospettiva rivoluzionaria.
Ogni articolo non è firmato dal redattore, come se ogni pezzo volesse caratterizzarsi come il prodotto di una singola voce collettiva, quella de «I Volsci» appunto. […] la rivista copre una tiratura di 5000 copie circa. Accanto a «I Volsci» opera, inoltre, la libera Radio Onda Rossa, che ancora oggi prosegue le sue trasmissioni.
[1] Tratto da «Rosso», «Rivolta di classe», «Metropoli», i periodici dell’autonomia a Milano e Roma dal 1974 al 1981, di Tiziana Rondinella e da «I Volsci» e l’autonomia operaia, a cura di Andrea Barbera e Luisella Quaglia, rispettivamente consultabili su: http://w3.uniroma1.it/dsmc/ricerca/Allegati/425_442.pdf e http://w3.uniroma1.it/dsmc/ricerca/Allegati/407_424.pdf
[2] «Rivolta di classe,», Roma, 1973–75.
[3] «Rivolta di classe», Roma, 1975.
[4] «Rivolta di classe», Roma, 1976–78.
[5[ «Rosso», Roma, ottobre 1976, n. 12.
[6] «Rivolta di classe», Roma, 1978–81.
[7] M. Monicelli, L’ultrasinistra in Italia 1969–1978, Laterza, Roma-Bari 1978, p. 116.
[8[ Nanni Balestrini, Primo Moroni, L’orda d’oro. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale, Feltrinelli, Milano 1997, p. 445.
[9[ Cfr. Giorgio Bocca, Il caso 7 aprile, Feltrinelli, Milano 1980, pp. 87–102; A. Mangano, Le riviste degli anni Settanta. Gruppi, movimenti e conflitti sociali, Massari, Bolsena (VT) 1998, pp. 276–277.
[10[ A. Mangano, op. cit., p. 276.
[11[ «I Volsci», Inchiesta: per conoscere la nuova realtà di classe dentro cui far crescere l’Autonomia, n. 6, ottobre 1978, pp. 2 sgg
[12[ «I Volsci», Quelli che vengono da lontano, n. 10, marzo 1980, p. 16.
[13[ «I Volsci», Operaie negate di un lavoro emarginato, n. 9, luglio 1979, p. 20.
[14[ «I Volsci», Aborto. Una legge sul controllo dei meno garantiti: le donne, n. 4, mag./giu.1978, p. 4.
[15[ «I Volsci», La trappola dell’eroina, 1979, n. 9, luglio, p. 22.
[16[ «I Volsci», Siamo tutti prigionieri politici, 1978, n. 4, mag./giu, p. 10.
[17[ «I Volsci», Estate antinucleare, n. 9, luglio 1979, p. 15.
[18] «I Volsci», Il piano per lo sfruttamento, n. 7 nov./dic. 1978, p. 2.
[19] «I Volsci», Le gabbie speciali, n. 4, mag./giu. 1978, p. 10.