Filtra per Categoria
Autonomia Bolognese
Autonomie del Meridione
Fondo DeriveApprodi
Collettivi Politici Veneti
Autonomia Toscana
Blog

Da ”pre-print” n.2 di Ore­ste Scalzone

L’in­sie­me del­le con­si­de­ra­zio­ni fino­ra così som­ma­ria­men­te espo­ste fa indi­ret­ta­men­te rile­va­re la soli­tu­di­ne e l’ec­ce­zio­na­li­tà del caso ita­lia­no. Ric­chez­za e mise­ria di que­sto caso risie­do­no nel fat­to (per mol­ti ver­si for­mi­da­bi­le, per altri per­ver­so) che in que­sto pae­se si pro­du­ce e si ripro­du­ce un intrec­cio o quan­to meno una com­pre­sen­za fra una sov­ver­sio­ne socia­le mos­sa da una strut­tu­ra desi­de­ran­te, com­ples­sa, ric­ca del movi­men­to e for­me di ini­zia­ti­va ter­ro­ri­sti­ca, sia di ter­ro­ri­smo dif­fu­so che di ter­ro­ri­smo pre­de­ter­mi­na­to, che ten­do­no a pro­dur­si come guer­ri­glia. Ecco, l’I­ta­lia è in un cer­to sen­so l’u­ni­co caso sul­lo sce­na­rio mon­dia­le dove fa la sua com­par­sa il dive­ni­re di una guer­ri­glia sen­za pro­gram­ma, sen­za obiet­ti­vi appa­ren­ti cioè con del­le ideo­lo­gie anche mol­to diver­se, mol­to agguer­ri­te, mol­to sofi­sti­ca­te.
Ora, la doman­da che vie­ne natu­ra­le è pro­prio se que­sto sia un ele­men­to di for­za o un ele­men­to di debo­lez­za.
Noi cre­dia­mo che vi sia­no entram­bi gli aspet­ti, ma che soprat­tut­to nel­l’ul­ti­ma fase que­sto secon­do carat­te­re nega­ti­vo di limi­te, di fre­no di fru­stra­zio­ne del­l’ef­fi­ca­cia tra­sfor­ma­ti­va di que­sta pras­si si vada evi­den­zian­do. Un fat­to da rile­va­re, per esem­pio, è sen­z’al­tro la scar­sa sot­to­li­nea­tu­ra del­la cen­tra­li­tà del­le armi del­la cri­ti­ca e del per­ma­ne­re del pro­ble­ma di una con­ti­nua ride­fi­ni­zio­ne del­le armi del­la cri­ti­ca lun­go tut­to l’ar­co del per­cor­so del­l’i­ni­zia­ti­va rivo­lu­zio­na­ria, cioè, non è sta­to spie­ga­to a suf­fi­cien­za che den­tro tut­to il lun­go per­cor­so del­la cri­ti­ca del­le armi per­ma­ne, anzi divie­ne cen­tra­le il pro­ble­ma di arma­re cri­ti­ca­men­te la cri­ti­ca del­le armi.
Inve­ce di fat­to è sta­ta irre­spon­sa­bil­men­te ali­men­ta­ta da par­te del­le orga­niz­za­zio­ni sog­get­ti­ve una for­ma di mani­fe­sta­zio­ne del­la nuo­va spon­ta­nei­tà, che alcu­ne vol­te si è pre­sen­ta­ta nel­la sua bru­ta­li­tà socia­le, altre vol­te si è van­ta­ta di ideo­lo­gia che è pro­prio una pura e sem­pli­ce ideo­lo­gia del­la poten­za del­l’ef­fi­ca­cia del­l’a­zio­ne, un disprez­zo per l’u­ni­ver­so del­le paro­le, con­ce­pi­to come fat­to di debo­lez­za, di ver­ba­li­smo. Il fat­to è che lo spi­ri­to di com­bat­ti­men­to, nel suo aspet­to di ideo­lo­gia che si fa mate­ria­le, ha ben pre­sto comin­cia­to a coniu­gar­si con quel­lo che potrem­mo chia­ma­re l’e­stre­mi­smo, il sov­ver­si­vi­smo socia­le, o meglio, con il sedi­men­to e il costi­tuir­si ideo­lo­gi­co appun­to di un’i­deo­lo­gia, di un uni­ver­so di com­por­ta­men­ti estre­mi­sti come cri­stal­liz­za­zio­ne del­la nuo­va spon­ta­nei­tà, cioè, una dispo­ni­bi­li­tà da par­te di stra­ti non esi­gui di gio­va­ni pro­le­ta­ri ad arma­re la pro­pria volon­tà di sod­di­sfa­re i biso­gni. Per gli esclu­si dal pote­re si è trat­ta­to come di una ver­ti­gi­ne, di un cor­to cir­cui­to imme­dia­ti­sta che ha come dato poten­za alla volon­tà di riap­pro­pria­zio­ne di ric­chez­za e di con­di­zio­ni diver­se di vita. Anche qui qual è sta­to l’e­le­men­to di mise­ria di que­sto pro­ces­so?
Il fat­to che que­sto imme­dia­ti­smo si è ben pre­sto avvol­to su se stes­so ed è diven­ta­to filo­so­fia del­la mise­ria, ideo­lo­gia del­la mise­ria per­ché ha cor­to­cir­cui­ta­to que­sta volon­tà di poten­za e di riap­pro­pria­zio­ne socia­le e di libe­ra­zio­ne iden­ti­fi­can­do­la imme­dia­ta­men­te attor­no ad alcu­ni pove­ri fetic­ci come quel­lo, in fon­do, del­la riap­pro­pria­zio­ne del­le mer­ci. Tra­la­scia­mo qui le rico­stru­zio­ni già fat­te in altra sede, sia sul­l’­hu­mus ideo­lo­gi­co, sia sul­l’­ha­bi­tat socia­le in cui que­sta dina­mi­ca si è svi­lup­pa­ta, quel­lo che ci inte­res­sa qui rile­va­re è la con­trad­di­zio­ne fra il nucleo viven­te del­la rot­tu­ra teo­ri­co-pra­ti­ca rap­pre­sen­ta­ta dal pas­sag­gio alla lot­ta arma­ta e l’e­le­men­to mise­ra­bi­le di que­sto tipo di rot­tu­ra.
La ric­chez­za con­si­ste nel­la indi­vi­dua­zio­ne luci­da di una neces­si­tà di rom­pe­re il mono­po­lio sta­ta­le del­la vio­len­za o più pre­ci­sa­men­te di rom­pe­re il mono­po­lio sta­ta­le del­la for­ma mili­ta­re del­la vio­len­za come uni­ca pos­si­bi­li­tà di appros­si­ma­re un pro­ces­so di tra­sfor­ma­zio­ne socia­le in cui i risul­ta­ti eman­ci­pa­ti­vi non ven­ga­no con­ti­nua­men­te fre­na­ti e fer­ma­ti al di qua di un livel­lo di com­pa­ti­bi­li­tà con l’au­to­di­na­mi­ca del siste­ma. L’e­le­men­to di mise­ria (cioè il fat­to che que­sta rot­tu­ra non ha aper­to una sta­gio­ne feli­ce, non ha rispo­sto a una doman­da di pote­re pro­po­sta dal­l’on­da­ta di lot­te eman­ci­pa­ti­ve dispie­ga­ta­si lun­go tut­ti gli anni ’60) è nel­la pro­gres­si­va auto­no­miz­za­zio­ne del­la sto­ria del­la lot­ta arma­ta, del­la guer­ri­glia, del­le sog­get­ti­vi­tà del pro­ces­so di eman­ci­pa­zio­ne socia­le. La pra­ti­ca com­bat­ten­te ha fini­to per ripro­dur­re in for­ma nuo­va e diver­sa tut­ti i limi­ti che in que­sti anni abbia­mo rile­va­to den­tro l’a­zio­ne poli­ti­ca e socia­le di par­te comu­ni­sta, cioè la mise­ria di una sostan­zia­le e pro­gres­si­va inca­pa­ci­tà di pro­dur­re signi­fi­ca­ti­vi ele­men­ti di tra­sfor­ma­zio­ne socia­le, in altri ter­mi­ni, ciò che avreb­be dovu­to esse­re un fat­to­re di ric­chez­za dei sog­get­ti ha spes­so dato vita alla mise­ria rea­le di una pove­ra inge­gne­ria orga­niz­za­ti­va, si è deter­mi­na­to un siste­ma chiu­so, autoa­li­men­tan­te­si, scar­sa­men­te capa­ce pro­prio per que­sta logi­ca del­l’au­to­suf­fi­cien­za, di inter­fe­ri­re, di inte­ra­gi­re con­ti­nua­men­te con i pas­sag­gi del movi­men­to. L’o­pi­nio­ne di mol­ti com­pa­gni inso­spet­ta­bi­li di paci­fi­smo è che soprat­tut­to negli ulti­mi mesi si sia giun­ti ad un pun­to cri­ti­co per­ché gli ele­men­ti gene­ra­ti­vi pre­sen­ti in que­sto rove­scio del­la meda­glia si sono dispie­ga­ti oltre il limi­te di tol­le­ra­bi­li­tà al di là del qua­le la buo­na salu­te del movi­men­to tra­sfor­ma­ti­vo si pre­sen­ta come irri­me­dia­bil­men­te com­pro­mes­sa. Que­sto non per­ché l’in­si­ste­re il mol­ti­pli­car­si, l’en­de­mi­ciz­zar­si del feno­me­no del ter­ro­ri­smo ver­ti­ca­le e/​o dif­fu­so pro­vo­chi un tale com­pat­ta­men­to isti­tu­zio­na­le da met­te­re in discus­sio­ne e a fron­te del­l’i­ni­zia­ti­va repres­si­va del­lo Sta­to e a fron­te del­l’i­ni­zia­ti­va nor­ma­liz­za­tri­ce del movi­men­to ope­ra­io isti­tu­zio­na­le le liber­tà poli­ti­che del movi­men­to, la sua agi­bi­li­tà, la sua capa­ci­tà di muo­ver­si.
Anzi cre­dia­mo che nel gro­vi­glio di con­se­guen­ze cer­to con­trad­dit­to­rie in com­ples­so, il ter­ro­ri­smo come ogni altra varia­bi­le poli­ti­ca deter­mi­na i risul­ta­ti di desta­bi­liz­za­zio­ne, di disag­gre­ga­zio­ne del­le varie com­po­nen­ti, fra­zio­ni, cor­po­ra­zio­ni, cor­pi sepa­ra­ti, indi­vi­dua­li­tà.
Sem­mai si può dire che il ter­ro­ri­smo cer­to ha, così come la lot­ta sul sala­rio e altre, un effet­to di varia­bi­le poli­ti­ca che favo­ri­sce l’au­to­di­na­mi­ca capi­ta­li­sti­ca e che diven­ta in un cer­to sen­so una for­za pro­dut­ti­va, basti pen­sa­re al con­tri­bu­to che la sua for­ma for­se più lega­ta alla lot­ta di clas­se e ai biso­gni di mas­sa, quel­la del­la gam­biz­za­zio­ne dei capi, ha for­ni­to al pro­ces­so di tra­sfe­ri­men­to del coman­do gerar­chi­co sul­la pro­du­zio­ne sem­pre più da ele­men­ti di auto­ri­tà coer­ci­ti­va ester­na come la rete dei capi a ele­men­ti intro­iet­ta­ti den­tro il pro­ces­so pro­dut­ti­vo o alle mac­chi­ne a con­trol­lo nume­ri­co all’in­for­ma­ti­ca ecc. Quel­lo che temia­mo non è una con­se­guen­za come quel­la che vie­ne con­ti­nua­men­te ripro­po­sta del mar­ci­to pasto­ne del­le ideo­lo­gie del­la sini­stra, cioè la rea­zio­ne di destra, la crea­zio­ne di un bloc­co socia­le di destra, la crea­zio­ne di un bloc­co poli­ti­co isti­tu­zio­na­le, di destra, l’o­biet­ti­vo aiu­to a ten­den­ze auto­ri­ta­rie o addi­rit­tu­ra gol­pi­ste, l’e­ro­sio­ne del garan­ti­smo ecc., non è que­sto che atten­ta alla buo­na salu­te del movi­men­to e non è que­sto per­ché in pri­mo luo­go noi restia­mo fer­ma­men­te con­vin­ti che un model­lo repres­si­vo non è appli­ca­bi­le a que­sta situa­zio­ne socia­le, a que­sta sezio­ne ita­lia­na del mer­ca­to mon­dia­le e del­la com­po­si­zio­ne di clas­se; che appun­to un pae­se come que­sto non è più gover­na­bi­le con i colon­nel­li, che que­sti sia­no solo fan­ta­smi del pas­sa­to del movi­men­to ope­ra­io pro­prio per­ché nes­su­na for­ma di bona­par­ti­smo è appli­ca­bi­le a un livel­lo così cre­sciu­to così socia­liz­za­to di fab­bri­ca socia­le e quin­di di for­za lavo­ro socia­le. In secon­do luo­go noi cre­dia­mo che anche ecces­si­vi strap­pi, ecces­si­vi buchi insom­ma den­tro le maglie del garan­ti­smo isti­tu­zio­na­le non sia con­sen­ti­to al pote­re cen­tra­le rea­liz­zar­li per alcu­ne con­si­de­ra­zio­ni sugli equi­li­bri del­le for­ze; non c’è una liber­tà, una auto­no­mia del­lo Sta­to tale da con­sen­tir­gli una inde­fi­ni­ta liber­tà del­la vio­len­za pro­prio per­ché qui lo Sta­to si pone come gover­no del con­flit­to e come sua rego­la­men­ta­zio­ne. L’e­sem­pio viven­te di que­sto tipo di con­trad­di­zio­ne è la com­po­nen­te rap­pre­sen­ta­ta dal Par­ti­to Comu­ni­sta che con­ti­nua­men­te rap­pre­sen­ta l’a­la più radi­ca­le e for­ca­io­la a paro­le: vera­men­te le colon­ne dell’«Unità» puz­za­no di que­stu­ra lon­ta­no un miglio, con que­sto tra­su­da­re logi­ca que­stu­ri­na ad ogni pas­so.
Dob­bia­mo rico­no­sce­re che ogget­ti­va­men­te per la sua carat­te­ri­sti­ca di par­zia­le spec­chio anche se defor­man­te del socia­le, per la sua rami­fi­ca­zio­ne inter­na al ter­ri­to­rio e alla com­po­si­zio­ne di clas­se, il Par­ti­to Comu­ni­sta si ren­de con­to che sostan­zial­men­te ha ragio­ne Cur­cio che ogni stret­ta repres­si­va favo­ri­sce il reclu­ta­men­to del­le orga­niz­za­zio­ni guer­ri­glie­re, che ogni limi­ta­zio­ne del­le agi­bi­li­tà poli­ti­che sul filo, sul cri­na­le tra poli­ti­ca e lot­ta arma­ta favo­ri­sce l’im­pian­tar­si di una varia­bi­le esclu­si­va­men­te mili­ta­re e di sci­vo­la­men­to di inte­ri stra­ti dif­fi­cil­men­te gesti­bi­le per il movi­men­to ope­ra­io sto­ri­co.
Però c’è guer­ra e guer­ra cioè ci sono vari livel­li di sca­te­na­men­to di que­sta guer­ra, que­sto vale per­fi­no nel­le guer­re dichia­ra­te fra Sta­ti. Natu­ral­men­te non può esse­re per­cor­sa da una sola par­te tut­ta l’e­sca­la­tion di una radi­ca­liz­za­zio­ne sen­za dare per scon­ta­to la sim­me­tri­ca ado­zio­ne del­lo stes­so tipo di radi­ca­li­tà da par­te del­l’av­ver­sa­rio; quin­di è inu­ti­le far­ne­ti­ca­re, cian­cia­re di squa­dro­ni del­la mor­te, di con­tro­ter­ro­ri­smo; è chia­ro che il pote­re sa che un’i­ni­zia­ti­va del gene­re pro­dur­reb­be un sal­to di sca­la del ter­ro­ri­smo, un suo ina­spri­men­to, un suo diven­ta­re più cruen­to. Alcu­ni fan­no un gran par­la­re del con­tro­ter­ro­ri­smo del­lo Sta­to fran­ce­se con­tro l’OAS ma, appun­to, lì la cosa si cali­bra­va su un ter­re­no che anda­va da un ten­ta­ti­vo di omi­ci­dio poli­ti­co con­tro i ver­ti­ci del­lo Sta­to all’a­do­zio­ne di for­me di ter­ro­ri­smo dina­mi­tar­do con­tro il tes­su­to socia­le. Ma que­sto tipo di dispie­ga­men­to mas­si­mo di atti­vi­tà ter­ro­ri­sti­ca non è sta­to nem­me­no appros­si­ma­to, nem­me­no sfio­ra­to dal­le for­ma­zio­ni ter­ro­ri­sti­co-guer­ri­glie­re esi­sten­ti in Ita­lia e lo Sta­to sa bene che ogni suo pas­so in dire­zio­ne di una revo­ca del garan­ti­smo dal­la gene­ra­liz­za­zio­ne di for­me di tor­tu­ra alla gene­ra­liz­za­zio­ne di una leg­ge di guer­ra di fat­to che giu­sti­zi sul posto i sov­ver­si­vi arma­ti, indub­bia­men­te pro­vo­che­reb­be come rea­zio­ne il pas­sag­gio a for­me più radi­ca­li, più cruen­te di lot­ta e quin­di c’è un pro­ble­ma per tut­ti di: cali­bra­tu­ra, di con­trol­lo sui pas­sag­gi, di con­trol­lo sul tipo di spi­ra­le che si pro­du­ce … In que­sto sen­so il Par­ti­to Comu­ni­sta è una con­trad­di­zio­ne viven­te insom­ma tra le paro­le e le cose. Quan­do si par­la di attac­co alla buo­na salu­te del movi­men­to, si par­la pro­prio di una carat­te­ri­sti­ca di ero­sio­ne inter­na del­la sua capa­ci­tà e del­la sua poten­za tra­sfor­ma­ti­va, del­la sua capa­ci­tà di pro­dur­re l’in­no­va­zio­ne socia­le, si par­la cioè di una cate­na di «devia­zio­ni». Cer­chia­mo di radio­gra­far­le: abbia­mo visto mani­fe­star­si una ritua­li­tà isti­tu­zio­na­le, abbia­mo visto pro­dur­si una logi­ca auto-con­ser­va­ti­va, da cor­po­ra­zio­ne di mestie­ri, abbia­mo visto for­mar­si un’i­deo­lo­gia appun­to di ceto.
La pras­si com­bat­ten­te si è anda­ta sepa­ran­do dai suoi fini di tra­sfor­ma­zio­ne socia­le, si è avu­ta una siste­ma­ti­ca sovra­de­ter­mi­na­zio­ne ope­ra­ti­va e un sot­to­di­men­sio­na­men­to degli effet­ti di mol­ti­pli­ca­zio­ne del­l’a­zio­ne guer­ri­glie­ra che solo il livel­lo poli­ti­co può rea­liz­za­re. La pras­si mili­ta­re è sta­ta via via pri­va­ta di mol­ti­pli­ca­to­ri poli­ti­co-socia­li, ha fini­to per mani­fe­star­si come pro­ces­so spo­ra­di­co e spo­ra­di­ci­tà ha signi­fi­ca­to spes­so incom­pren­si­bi­li­tà del codi­ce ragio­na­ti­vo del­la pro­po­sta poli­ti­ca degli ele­men­ti pro­get­tua­li. Il carat­te­re pro­gres­si­va­men­te radi­ca­liz­za­to o cruen­to del­le azio­ni è sta­to visto come una dina­mi­ca di cre­sci­ta di tipo mili­ta­re.
Que­sto è un erro­re di fon­do. Non è vero che l’o­mi­ci­dio poli­ti­co è mili­tar­men­te ad un gra­do di ini­zia­ti­va più avan­za­ta rispet­to ad altre for­me di azio­ne, è sem­pli­ce­men­te una for­ma di ter­ro­ri­smo poli­ti­co più radi­ca­le, tut­to qui.
Non è un caso che la pra­ti­ca del­le orga­niz­za­zio­ni com­bat­ten­ti ha com­ple­ta­men­te tra­scu­ra­to, tra­la­scia­to, non pra­ti­ca­to, un ter­re­no infi­ni­to di occa­sio­ni che i cen­tri di pole­mo­lo­gia del­le socie­tà capi­ta­li­sti­che fan­no tut­t’al­tro che tra­scu­ra­re, come i mec­ca­ni­smi del­la simu­la­zio­ne, del­la guer­ra psi­co­lo­gi­ca. Natu­ral­men­te que­sto vale per tut­ti, cioè il gio­chi­no di con­trap­por­re ter­ro­ri­smo ver­ti­ca­le e ter­ro­ri­smo dif­fu­so come for­ma di ini­zia­ti­va di par­ti­to è un truc­co asso­lu­ta­men­te scioc­co e vuo­to di con­te­nu­to.
Non vi è nes­sun ele­men­to intel­li­gen­te di cri­ti­ca del­la auto­no­miz­za­zio­ne dal socia­le e dal poli­ti­co che si mani­fe­sta al suo pun­to mas­si­mo in azio­ni come quel­la su Ros­sa o quel­la su Ales­san­dri­ni, non c’è nes­sun ele­men­to effet­ti­vo di cri­ti­ca pra­ti­ca, intel­li­gen­te nel­la pro­po­sta del­le varie not­ti dei fuo­chi, che set­to­ri del movi­men­to com­bat­ten­te o i par­ti­ti com­bat­ten­ti diver­si o di fra­zio­ni com­bat­ten­ti diver­se pro­muo­vo­no cioè, in real­tà si trat­ta di una logi­ca che si dif­fe­ren­zia ma che si dibat­te den­tro gli stes­si ele­men­ti di mise­ria.
Que­sti ele­men­ti sono il sovrap­por­re con­ti­nua­men­te una comu­ni­tà illu­so­ria a un’at­ten­zio­ne ver­so la pro­du­zio­ne di una comu­ni­tà anta­go­ni­sti­ca rea­le, e la comu­ni­tà illu­so­ria può esse­re quel­la del­la dire­zio­ne stra­te­gi­ca, può esse­re quel­la del­la micro­fra­zio­ne x o y, può esse­re quel­la di un ambi­to socia­le più allar­ga­to che però nel­la misu­ra in cui non cri­ti­ca e si arre­sta a con­tem­pla­re il pro­prio ombe­li­co, ripro­du­ce solo l’in­sie­me del­le pro­prie dina­mi­che, dei pro­pri com­por­ta­men­ti. Comu­ni­tà illu­so­rie e altret­tan­to illu­so­rie dei micro­par­ti­ti­ni o altret­tan­to illu­so­rie del­le micro­fra­zio­ni guer­ri­glie­re, pos­so­no esse­re gli orga­ni­smi di base, gli orga­ni­smi ter­ri­to­ria­li, i col­let­ti­vi più o meno for­ma­li o infor­ma­li che mani­fe­sta­no la loro ini­zia­ti­va nel movi­men­to. In real­tà il vizio di fon­do è l’au­toi­so­la­men­to del­la fun­zio­ne mili­ta­re, è il suo carat­te­re uni­la­te­ra­le, uni­di­men­sio­na­le, là dove al con­tra­rio ric­chez­za e poten­za sov­ver­si­va dovreb­be­ro risie­de­re nel­l’in­te­ra­zio­ne, nel­l’in­ter­di­pen­den­za tra i ter­re­ni d’a­zio­ne, le logi­che, i lin­guag­gi diver­si e com­ple­men­ta­ri del­la sov­ver­sio­ne per la tra­sfor­ma­zio­ne socia­le. Nel­l’ul­ti­ma fase si sono anda­ti accen­tuan­do que­sti carat­te­ri nega­ti­vi del pro­ces­so. Carat­te­re mise­ro e carat­te­re illu­so­rio del­le comu­ni­tà agen­ti si sono anco­ra di più libe­ra­ti. Le azio­ni più recen­ti di cui si è discus­so appa­io­no come gui­da­te dal carat­te­re cie­co di un rifles­so con­di­zio­na­to.
Fac­cia­mo anco­ra del­le con­si­de­ra­zio­ni descrit­ti­ve di insie­me: col ter­mi­ne gene­ri­co di lot­ta arma­ta ci si rife­ri­sce a feno­me­ni anche mol­to diver­si che pos­sia­mo accor­pa­re in due tron­co­ni fon­da­men­ta­li all’in­ter­no dei qua­li poi ve ne sono mol­te altre.
In linea di mas­si­ma pos­sia­mo dire che il pri­mo, il ter­ro­ri­smo ver­ti­ca­le, si è anda­to sepa­ran­do dal­la poli­ti­ca, ha per­so soprat­tut­to il sen­so del­la cen­tra­li­tà del­l’in­te­ra­zio­ne fra il poli­ti­co e il mili­ta­re, ha rea­gi­to al suo esse­re, mal­gra­do tut­to, tat­ti­ca di par­ti­to sen­za par­ti­to, rin­no­van­do la sua auto­pro­po­si­zio­ne come for­ma stra­te­gi­ca onni­com­pren­si­va di gover­no del lavo­ro rivo­lu­zio­na­rio. Il secon­do si è anda­to tal­men­te immer­gen­do nel ven­tre mol­le del socia­le e del­l’im­me­dia­to da per­de­re per­ciò spes­so socia­li­tà, cioè capa­ci­tà di gene­ra­liz­za­zio­ne socia­le, non di uni­fi­ca­zio­ne for­zo­sa ma di gene­ra­liz­za­zio­ne, cioè è diven­ta­to espres­sio­ne non solo del­le dif­fe­ren­ze ma via via dei par­ti­co­la­ri­smi sem­pre più inde­ci­fra­bi­li, una spe­cie di mani­fe­star­si nel­le visce­re pro­fon­de del movi­men­to di un incon­scio mare irre­quie­to, di un sot­ter­ra­neo ribol­li­re del movi­men­to. Una rapi­da cri­stal­liz­za­zio­ne ideo­lo­gi­ca e socio­lo­gi­ca si è deter­mi­na­ta ugual­men­te, cioè la comu­ni­tà illu­so­ria del pic­co­lo grup­po, anche se c’è una appa­ren­te ela­sti­ci­tà che deri­va da que­sta imma­gi­ne di for­tis­si­ma entro­pia del­le sue for­me, per­ma­ne anche nel­le affer­ma­zio­ni di cri­ti­ca del for­ma­li­smo orga­niz­za­ti­vo, di cri­ti­ca dei micro­par­ti­ti, di cri­ti­ca del­le fra­zio­ni guer­ri­glie­re costi­tui­te come cor­po sepa­ra­to.
Il carat­te­re di comu­ni­tà illu­so­ria c’è anche nel col­let­ti­vo di base, esclu­si­va­men­te di base, che trac­cia attor­no a sé un cer­chio di ges­so e pen­sa di aver bevu­to fino in fon­do il cali­ce del­la cri­ti­ca del­la poli­ti­ca e del­la cri­ti­ca del­le sepa­ra­tez­ze. Ora, anzi­ché inte­grar­si, com­ple­tar­si, sco­pri­re una for­ma ele­men­ta­re di inte­ra­zio­ne che è la com­ple­men­ta­ri­tà, riaf­fer­ma­re un rap­por­to sim­bio­ti­co con la inte­rez­za del movi­men­to, per esem­pio con le sue dina­mi­che riven­di­ca­ti­ve con­ti­nua­men­te rin­no­van­te­si e che poi fini­sco­no per ripie­gar­si su se stes­se, insom­ma inve­ce di ave­re con­ti­nua­men­te nel­la testa il pro­prio limi­te e di sco­pri­re con­ti­nua­men­te il pro­prio limi­te, que­ste due for­me di ini­zia­ti­va ter­ro­ri­sti­ca, di ini­zia­ti­va com­bat­ten­te, di com­por­ta­men­to vio­len­to, di poli­ti­ca arma­ta ecc., han­no ina­spri­to i loro carat­te­ri sepa­ra­ti. Se è vero che a que­sto pun­to il ter­ro­ri­smo resta una varia­bi­le poli­ti­ca asso­lu­ta­men­te rile­van­te e ati­pi­ca del caso ita­lia­no è anche vero che que­sta varia­bi­le è in sé, così com’è, o come può esse­re pen­sa­ta sul­la base di pic­co­le cor­re­zio­ni e pic­co­le modi­fi­ca­zio­ni dal­l’in­ter­no, un fer­ro vec­chio rispet­to ad un nuo­vo pia­no poli­ti­co d’a­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria. Ma osser­via­mo ciò che è anda­to avve­nen­do; esa­mi­nia­mo alcu­ni casi: da una par­te ci sono le for­me di azio­ne radi­ca­le imme­dia­ti­sta che si è tra­sfe­ri­ta armi e baga­gli dal ter­re­no del­la riap­pro­pria­zio­ne con ten­ta­ti­vi di decre­to. Di que­sta è sta­ta con­su­ma­ta fino in fon­do una cri­ti­ca per­ché è sta­to visto che in real­tà le pro­por­zio­ni di una riap­pro­pria­zio­ne socia­le anche indi­vi­dua­le, attra­ver­so l’u­so dei mec­ca­ni­smi e del­le vene del­la eco­no­mia som­mer­sa, è cer­ta­men­te mol­to peg­gio­re di quel­la con­sen­ti­ta da spo­ra­di­che for­me di decre­to e soprat­tut­to da spo­ra­di­che for­me di nor­ma­ti­va impo­si­ti­va; ecco si è pas­sa­ti, armi e baga­gli, al ter­re­no del giu­sti­zia­men­to. Il caso estre­mo, su que­sto ter­re­na, è l’u­so di un omi­ci­dio poli­ti­co qua­si per caso, come quel­lo evi­den­zia­to insom­ma dai feno­me­ni come la liqui­da­zio­ne del gio­va­ne Cec­chet­ti a Roma.
Al capo oppo­sto ci sono tre for­me, fon­da­men­tal­men­te diver­se: la pri­ma, a nostro avvi­so la più bana­le, è il caso del­la pro­po­sta quan­ti­ta­ti­va del­le not­ti dei fuo­chi come pro­po­sta di socia­liz­za­zio­ne; in real­tà cre­dia­mo che sia il feno­me­no meno inte­res­san­te, un feno­me­no di appiat­ti­men­to e di ter­ri­to­ria­liz­za­zio­ne for­ma­le, appa­ren­te, in ter­mi­ni spet­ta­co­la­ri, del pro­ces­so. E poi ci sono inve­ce i due epi­so­di più inquie­tan­ti, con­dot­ti e argo­men­ta­ti con logi­ca di deci­sio­ne cen­tra­le, pre­or­di­na­ta; si trat­ta del­l’e­pi­so­dio Ros­sa e del­l’e­pi­so­dio Ales­san­dri­ni. Ecco, in que­sto mare magnum di epi­so­di – che sono ormai al tem­po stes­so ende­mi­ci, fre­quen­tis­si­mi, con­ti­nui, ma spo­ra­di­ci nel­la loro signi­fi­ca­ti­vi­tà e che sono quin­di leg­gi­bi­li o col­l’oc­chio del socio­lo­go che è atten­to ai signi­fi­ca­ti del dato quan­ti­ta­ti­vo in sé, o però equi­vo­ca­bi­li anche sul­la base del­le più fol­li ipe­ri­po­te­si – fini­sco­no per anne­ga­re anche i pochi epi­so­di, i pochi pro­ces­si, le poche linee che, al di là di un giu­di­zio che è com­ples­si­vo sul­la loro oppor­tu­ni­tà, però appa­io­no fran­ca­men­te moti­va­ti da un tipo di linea che si ispi­ra, che argo­men­ta in qual­che modo una con­si­de­ra­zio­ne del­le con­se­guen­ze del­le ini­zia­ti­ve.
Per esem­pio l’a­zio­ne sul­la gerar­chia car­ce­ra­ria è sta­ta usa­ta poli­ti­ca­men­te in modo non diver­so dal­l’at­tac­co ai capi e sen­z’al­tro ha rap­pre­sen­ta­to una for­ma rea­le di sabo­tag­gio, di lot­ta di clas­se arma­ta cioè sostan­zial­men­te non di lot­ta rivo­lu­zio­na­ria ma di lot­ta di clas­se arma­ta e quin­di di con­qui­sta di alcu­ni spa­zi, di alcu­ne garan­zie, di alcu­ne pos­si­bi­li­tà di movi­men­to e di alcu­ni ele­men­ti che pos­sia­mo anche chia­ma­re con­tro­po­te­re; oppu­re l’a­zio­ne su diver­si nodi pro­prie­ta­ri e isti­tu­zio­na­li che orga­niz­za­no insom­ma ele­men­ti del bloc­co socia­le mode­ra­to, per esem­pio i nodi che rego­la­no la que­stio­ne del­la casa, oppu­re l’a­zio­ne sul ter­re­no del­la cri­ti­ca pra­ti­ca del­la scien­za, del­la medi­ci­na, del­la pro­du­zio­ne di mor­te, inte­se pro­prio come riap­pro­pria­zio­ne anche di alcu­ni stru­men­ti di eman­ci­pa­zio­ne pro­le­ta­ria e attac­co al carat­te­re oppri­men­te di un macro­sa­pe­re capi­ta­li­sti­co. Ecco, però, anche que­sti pochi segna­li posi­ti­vi, nel loro com­ples­so si col­lo­ca­no al di qua, potrem­mo dire, di un ter­re­no di tra­sfor­ma­zio­ne e, dicia­mo così, al meglio su un ter­re­no che è quel­lo sabo­tag­gio-lot­ta di clas­se e non lot­ta rivo­lu­zio­na­ria. Ma venia­mo ai due casi più dram­ma­ti­ci che han­no scos­so anche dram­ma­ti­ca­men­te la coscien­za del movi­men­to: i casi Ros­sa e Ales­san­dri­ni. All’u­na e all’al­tra vicen­da vale la pena pro­ba­bil­men­te di dedi­ca­re alcu­ne osser­va­zio­ni. Nel pri­mo caso quel­lo che col­pi­sce è l’as­sen­za qua­si tota­le di con­si­de­ra­zio­ni di ordi­ne per così dire poli­ti­co-socia­li che è cosa diver­sa da un sem­pli­ce pro­ble­ma di con­sen­so; non è que­sto che con­ta per­ché è chia­ro che rispet­to al con­sen­so si potreb­be rimet­te­re mano a tut­to l’ar­ma­men­ta­rio di discor­si che denun­ci­no l’im­mon­da misti­fi­ca­zio­ne degli atteg­gia­men­ti lega­li­ta­ri di chi usa la tema­ti­ca del­l’u­ma­ni­tà sem­pli­ce­men­te con­tro le for­me di vio­len­za sov­ver­si­va e ille­ga­le e come inve­ce ele­men­to di legit­ti­ma­zio­ne del­la vio­len­za nasco­sta, per­ma­nen­te, quel­la insi­ta nel pro­ces­so pro­dut­ti­vo, del­la vio­len­za lega­le, quel­la agi­ta dal­lo Sta­to demo­cra­ti­co, del­la vio­len­za comun­que isti­tu­zio­na­le quel­la per esem­pio così pla­teal­men­te oggi eser­ci­ta­ta dagli Sta­ti di tut­to il mon­do e in pri­mo luo­go dagli Sta­ti socia­li­sti con­trap­po­sti. Sareb­be faci­le qui spie­ga­re che non si può con­sen­ti­re a nes­su­no, e meno che mai agli uomi­ni del Par­ti­to Comu­ni­sta, che non si pro­nun­cia­no rispet­to agli Sta­ti, di par­la­re di que­stio­ni di uma­ni­tà. Cer­to, si potreb­be pre­met­te­re per l’en­ne­si­ma vol­ta che la vio­len­za c’è, che la non-vio­len­za è pura e ipo­cri­ta appa­ren­za nel mon­do domi­na­to dal modo di pro­du­zio­ne capi­ta­li­sti­ca, in un mon­do che per quan­to riguar­da i rap­por­ti uomo-uomo e uomo-natu­ra è anche fab­bri­ca tota­le di mor­ti. È cer­to che va det­to e riba­di­to fino in fon­do che è enor­me­men­te più vio­len­to il repar­to di una fab­bri­ca noci­va che un cor­teo che spac­chi qual­che vetri­na lun­go il suo per­cor­so; un uomo in divi­sa che spa­ra, rispet­to a qual­sia­si azio­ne vio­len­ta che espri­me comun­que insu­bor­di­na­zio­ne, ribel­lio­ne, sov­ver­sio­ne. Però, è impos­si­bi­le con­ti­nua­re a ripe­te­re solo que­sta lita­nia, non pos­sia­mo far­ci inca­stra­re all’in­fi­ni­to in que­sta posi­zio­ne che voglio­no defi­ni­re giu­sti­fì­ca­zio­ni­sta e che inve­ce è sem­pli­ce­men­te una posi­zio­ne di pre­giu­di­zia­le rifiu­to del­le misti­fi­ca­zio­ni immon­de, schi­fo­se del­la sini­stra lega­le. Non pos­sia­mo limi­tar­ci a ripe­te­re que­ste cose e nem­me­no pos­sia­mo cavar­ce­la con il cini­smo un po’ tra­co­tan­te e un po’ esi­bi­zio­ni­sta di fra­si come quel­le di chi affer­ma «sia­mo con­tra­ri per cri­te­ri poli­ti­ci ma sia ben chia­ro non ce ne fot­te un caz­zo del­la vita di que­sti due impie­ga­ti del­lo Sta­to», per­ché il pro­ble­ma è impor­re asso­lu­ta­men­te, di espun­ge­re ogni misti­fi­ca­zio­ne sui valo­ri su que­sto ter­re­no e di impor­re un dibat­ti­to radi­ca­le di carat­te­re poli­ti­co-socia­le, di carat­te­re poli­ti­co-mili­ta­re. Abbia­mo det­to «espun­ge­re i valo­ri», quin­di nes­su­na con­ces­sio­ne di sal­va­con­dot­ti pre­li­mi­na­ri o di sta­tu­ti spe­cia­li, cioè noi cer­ta­men­te dob­bia­mo dire con chia­rez­za, rispet­to alle lacri­me di gli­ce­ri­na e all’or­ro­re for­ma­le mani­fe­sta­to dal­la stam­pa di sini­stra, che né la qua­li­fi­ca di ope­ra­io né quel­la di un mili­tan­te di un par­ti­to pos­so­no offri­re una par­ti­co­la­re aureo­la a nes­su­no.
Per­ché quel­lo che con­ta non è né la col­lo­ca­zio­ne indi­vi­dua­le di tipo socio­lo­gi­co all’in­ter­no dei diver­si repar­ti del­la fab­bri­ca socia­le, né evi­den­te­men­te l’a­de­sio­ne a un par­ti­to tra l’al­tro di così lar­ga e indi­scri­mi­na­ta pos­si­bi­li­tà di ade­sio­ne.
Quel­lo che con­ta è cer­ta­men­te il com­por­ta­men­to rispet­to alla lot­ta di clas­se, per la libe­ra­zio­ne dal­lo sfrut­ta­men­to, per la libe­ra­zio­ne del lavo­ro sala­ria­to e, in que­sto, il discor­so inve­ce è un altro, è l’at­tac­co alla logi­ca poli­ti­ca di que­sto tipo di ini­zia­ti­va in pri­mo luo­go e poi alla logi­ca giu­sti­zia­li­sta, da tri­bu­na­le arbi­tra­rio che si arro­ga il dirit­to di giu­di­ca­re e di pro­ce­de­re sen­za un coro di con­trol­lo signi­fi­ca­ti­vo né quan­ti­ta­ti­va­men­te, né, quel che più con­ta, dal pun­to di vista dei con­te­nu­ti. Allo­ra, vedia­mo di ana­liz­za­re più spe­ci­fi­ca­men­te que­sto tipo di azio­ne. Innan­zi­tut­to, ciò che col­pi­sce è una sor­ta di sto­li­da fedel­tà ai pro­pri sche­mi come dire, quel­lo che è det­to è det­to e non tenia­mo più con­to di nien­te. Vedia­mo meglio in che con­si­ste que­sta imma­gi­ne ottu­sa che va dan­do di sé la lot­ta arma­ta in que­ste for­me.
Ecco, fac­cia­mo varie ipo­te­si, in pri­mo luo­go quel­la che l’a­zio­ne di Ros­sa abbia il sen­so di un’a­per­tu­ra di cam­pa­gna con­tro gli appa­ra­ti sin­da­ca­li e di par­ti­to del movi­men­to ope­ra­io isti­tu­zio­na­le, indi­vi­dua­te come arti­co­la­zio­ni del­lo Sta­to socia­le, come isti­tu­ti di ammi­ni­stra­zio­ne e di gestio­ne del­la for­za lavo­ro in quan­to tale, cioè nel suo rap­por­to di sus­sun­zio­ne rispet­to al Capi­ta­le.
Ecco, rispet­to a tut­to ciò noi sap­pia­mo cer­to che il Pci e l’i­sti­tu­zio­ne sin­da­ca­le sono sen­z’al­tro un osta­co­lo, una for­za nemi­ca alla libe­ra­zio­ne comu­ni­sta, però, sap­pia­mo anche che a tut­t’og­gi rap­pre­sen­ta­no anche la stra­gran­de mag­gio­ran­za del­la for­za lavo­ro socia­le e dun­que la bat­ta­glia non può che esse­re tut­ta su que­sto ter­re­no del­lo sno­do poli­ti­co, su que­sta neces­si­tà di rom­pe­re il ruo­lo di cer­nie­ra fra Sta­to e socie­tà che que­sto tipo di orga­niz­za­zio­ni han­no, cioè tut­ta inte­sa a pro­muo­ve­re la revo­ca di que­sta rap­pre­sen­tan­za.
Il discor­so non è dun­que cor­to­cir­cui­ta­bi­le in ter­mi­ni mili­ta­ri, come se si trat­tas­se di un cor­po sepa­ra­to da disar­ti­co­la­re. Noi abbia­mo visto che Gui­do Ros­sa è un dele­ga­to e que­sto non può esse­re rite­nu­to un fat­to pura­men­te acci­den­ta­le. Un dela­to­re non è ugua­le ad un altro dela­to­re, ed è dav­ve­ro sche­ma­ti­co pen­sa­re che basti l’a­zio­ne for­te, evi­den­te, dram­ma­tiz­za­ta (cioè una spe­cie di didat­ti­ca auto­ri­ta­ria) per «apri­re gli occhi alla gen­te».
Ora, vedia­mo cosa signi­fi­ca que­sta spe­ci­fi­ci­tà del ruo­lo di dele­ga­to: di dela­to­re più «legit­ti­ma­to» degli altri, nel regno del­le appa­ren­ze. Qui non si sostie­ne una teo­ria o una ideo­lo­gia di ritor­no sul­la sacra­li­tà di que­ste figu­re.
L’e­spe­rien­za rivo­lu­zio­na­ria del filo­ne ope­ri­sta, da cui sono nate le espe­rien­ze di Pote­re ope­ra­io e dei Comi­ta­ti Comu­ni­sti a cui noi ci richia­mia­mo, ha sem­pre por­ta­to avan­ti nei con­fron­ti di que­ste figu­re, del loro ruo­lo, una cri­ti­ca radi­ca­le, anche se som­ma­ria e pri­va di arti­co­la­zio­ni tat­ti­che.
Sen­z’al­tro era una cri­ti­ca ben più radi­ca­le di quel­la che con­no­ta, ad esem­pio, l’ar­se­na­le teo­ri­co e di linea del­le Br.
Ora, è pro­prio dal discor­so del­la matri­ce ope­rai­sta che nasce un’a­na­li­si sul­lo sta­to pia­ni­fi­ca­to key­ne­sia­no, sul­lo sta­to del capi­ta­li­smo orga­niz­za­to che vede il sin­da­ca­to come arti­co­la­zio­ne isti­tu­zio­na­le pre­po­sta alla gestio­ne, alla ammi­ni­stra­zio­ne del­la for­za lavo­ro e il par­ti­to pre­po­sto pro­prio alla rea­liz­za­zio­ne del­la sus­sun­zio­ne poli­ti­ca del lavo­ro nel capi­ta­le.
In altre paro­le, il sin­da­ca­to non è più solo inter­no al siste­ma in quan­to ven­di­to­re del­la for­za lavo­ro (Lenin dice­va «il sin­da­ca­to è un feno­me­no del capi­ta­li­smo come il fumo del­le cimi­nie­re») ma, pro­prio, diven­ta un fat­to­re espli­ci­to del­l’e­qui­li­brio del siste­ma. È quin­di orga­ni­co non solo al siste­ma, ma al gover­no del siste­ma.
Si dedi­ca al man­te­ni­men­to del siste­ma e anche all’o­rien­ta­men­to del­le sue auto­di­na­mi­che. È infat­ti espli­ci­ta­men­te por­ta­to­re di un model­lo di demo­cra­zia con­so­cia­ti­va piut­to­sto che con­flit­tua­le.
Su que­sto la nostra ana­li­si è asso­lu­ta­men­te più radi­ca­le rispet­to a quel­la appun­to del­le Br. Però, pro­prio da que­sta ana­li­si emer­ge l’im­pos­si­bi­li­tà di omo­lo­ga­re una figu­ra come il sin­da­ca­to e quel­la di un cor­po sepa­ra­to. La veri­tà pra­ti­ca è che qui sia­mo in pre­sen­za di una cer­nie­ra tra Sta­to e socie­tà. Quin­di, il fat­to che si trat­ti di un dele­ga­to rive­la l’e­si­sten­za di un nodo socia­le e poli­ti­co da scio­glie­re. Que­sta isti­tu­zio­ne-cer­nie­ra tra Sta­to e socie­tà non può esse­re assi­mi­la­ta a un cor­po sepa­ra­to. Non può esse­re trat­ta­ta alla stre­gua di un cor­po sepa­ra­to. In quel caso il pro­ble­ma per una for­ma­zio­ne guer­ri­glie­ra è cer­ta­men­te quel­lo di inti­mi­dir­ne i sin­go­li ele­men­ti, di para­liz­zar­lo e di disar­ti­co­lar­lo.
La com­ples­si­tà spe­cia­le di un mec­ca­ni­smo come quel­lo del­la dele­ga non può esse­re taglia­ta via con qual­che col­po, il piom­bo non è un metal­lo leg­ge­ro. Se inve­ce fac­cia­mo una secon­da ipo­te­si, l’a­zio­ne è moti­va­ta con una valu­ta­zio­ne asso­lu­ta­men­te spe­ci­fi­ca, la puni­zio­ne di una spia, allo­ra la cri­ti­ca va al suo carat­te­re asso­lu­ta­men­te pri­va­to, di giu­sti­zia pri­va­ta che que­sta azio­ne ha, cioè ucci­de­re «in pro­prio» il tuo dela­to­re, il tuo poli­ziot­to, il tuo accu­sa­to­re, il tuo giu­di­ce. A vole­re sot­ti­liz­za­re c’è una sor­ta di discor­so sul tra­di­men­to che sem­bra qua­si non ave­re la con­sa­pe­vo­lez­za luci­da di que­sto carat­te­re appun­to di isti­tu­zio­ne com­ple­ta­men­te col­lo­ca­ta, di isti­tu­zio­ne la cui fun­zio­ne (non la cui com­po­si­zio­ne) è col­lo­ca­ta sul ter­re­no del­le nuo­ve for­me del­lo Sta­to. Sem­bra appun­to un discor­so un po’ ambi­guo, cioè quel­lo in qual­che modo sul­la puni­zio­ne del tra­di­to­re. È dun­que un discor­so che così allu­de: sia­mo dopo tut­to nel­la stes­sa fami­glia e per que­sto il tra­di­to­re meri­ta il mas­si­mo del­la pena.
La cri­ti­ca si appun­ta pro­prio a que­sto fat­to: non vi è il distac­co di chi sa che i Ros­sa non sono dei tra­di­to­ri ma dei nuo­vi fun­zio­na­ri del­lo Sta­to allar­ga­to, dif­fu­so, che quin­di non tra­di­sco­no ma fan­no il loro mestie­re, un brut­to lavo­ro di tipo nuo­vo, in linea con le con­fe­de­ra­zio­ni sin­da­ca­li e con il loro par­ti­to.
Se inve­ce vie­ne assun­to a moti­va­zio­ne e a giu­sti­fi­ca­zio­ne poli­ti­ca di que­sto epi­so­dio l’er­ro­re tec­ni­co in tal caso va por­ta­ta una cri­ti­ca dra­sti­ca: per­ché l’er­ro­re tec­ni­co non giu­sti­fi­ca nien­te quan­do è dichia­ra­to e ammes­so da una orga­niz­za­zio­ne che ha sem­pre osses­si­va­men­te sot­to­li­nea­to il fat­to che effi­cien­za ope­ra­ti­va e disci­pli­na dei mili­tan­ti sono un requi­si­to fon­da­men­ta­le di qua­li­tà poli­ti­ca. E non c’è ottu­sa rea­zio­ne diver­sa dal­lo scon­tro a fuo­co che pos­sa auto­riz­za­re un sin­go­lo mili­tan­te a deci­de­re di cam­bia­re in modo così radi­ca­le il segno poli­ti­co del­l’i­ni­zia­ti­va, altri­men­ti sia­mo all’a­nar­chi­smo e al par­ti­co­la­ri­smo tota­le.
Un’ul­ti­ma con­si­de­ra­zio­ne con­clu­si­va si impo­ne: se è vero che a mon­te del­l’a­zio­ne Ros­sa c’è il dito mes­so su una pia­ga del­le con­se­guen­ze pra­ti­che del­la linea iper-sta­to­la­tri­ca del Pci, se è vero che que­sta cosa ha rifles­si tal­men­te dirom­pen­ti nel­la strut­tu­ra del par­ti­to, da indur­re rifles­si difen­si­vi (basti pen­sa­re al fat­to che Pajet­ta ha sen­ti­to il biso­gno di scri­ve­re un arti­co­lo inte­ra­men­te di rile­git­ti­ma­zio­ne dal tito­lo «Io una spia» sull’«Unità» due gior­ni dopo l’uc­ci­sio­ne) è anche vero che la radi­ca­li­tà del­l’a­zio­ne si tro­va in bili­co tra la tema­ti­ca del social-fasci­smo e la tema­ti­ca del «tra­di­men­to in fami­glia» o riguar­da un rap­por­to schi­zo­fre­ni­co tra que­sti due pun­ti.
È anche vero che pro­prio il carat­te­re estre­mo e allu­ci­na­to del­l’e­stra­po­la­zio­ne com­piu­ta e del­la radi­ca­li­tà del­l’a­zio­ne ha in qual­che modo con­cor­so a risa­na­re que­sto tipo di cri­si e indot­to in qual­che modo dif­fi­col­tà per il Pci.
Divie­ne allo­ra evi­den­te la per­di­ta di qual­sia­si capa­ci­tà di fan­ta­sia poli­ti­ca… C’è per esem­pio una sot­to­va­lu­ta­zio­ne del­la mate­ria­li­tà di quel­la che uno sche­ma­ti­smo vete­ro-comu­ni­sta fa rite­ne­re pura sovra­strut­tu­ra, cioè l’e­le­men­to di guer­ra psi­co­lo­gi­ca, l’in­fluen­za dei mass-media, que­sta capa­ci­tà con­ti­nua di dare una imma­gi­ne del ter­ro­ri­smo come di una pra­ti­ca san­gui­na­ria, insom­ma.
C’è una com­ple­ta indif­fe­ren­za alla mate­ria­li­tà del fat­to che que­sto indu­ce e intro­du­ce, a livel­lo di imma­gi­na­rio col­let­ti­vo, a livel­lo di sim­bo­li­co socia­le, mec­ca­ni­smi che sono asso­lu­ta­men­te con­trad­dit­to­ri con le inten­zio­ni (o, alme­no, così spe­ria­mo). Col­pi­sce il fat­to che si ha per­di­ta di una capa­ci­tà anche stru­men­ta­le di ope­ra­re sul ter­re­no del­la comu­ni­ca­zio­ne.
Ecco, quel­lo che sepa­ra, quel­lo che fa sen­ti­re pro­prio come un cor­po estra­neo que­sto tipo di pras­si non è tan­to il carat­te­re cruen­to del­la ini­zia­ti­va, ma il sospet­to che si trat­ti comun­que di un fat­to pri­va­to, sia nel­l’i­po­te­si giu­sti­zia­li­sta del far­si giu­sti­zia da sé, sia nel­l’i­po­te­si di un arbi­tra­rio eri­ger­si a tri­bu­na­le del­la sto­ria.
Al tem­po stes­so il rico­no­sci­men­to del fat­to che que­sta radi­ca­liz­za­zio­ne del carat­te­re cruen­to (che arri­va appun­to alla pra­ti­ca del­l’o­mi­ci­dio poli­ti­co) non cor­ri­spon­de a un aumen­to di poten­za o effi­ca­cia mili­ta­re (per­ché non v’è nul­la di poten­te o di effi­ca­ce o di mili­tar­men­te com­ples­so in un’a­zio­ne con­dot­ta di not­te con­tro uno che ha gira­to la chia­ve del moto­re e sta aspet­tan­do che si scal­di, oppu­re nel traf­fi­co del mat­ti­no anco­ra addor­men­ta­to e uggio­so di neb­bia).
È più dif­fi­ci­le, sosten­go­no gli esper­ti in medi­ci­na lega­le, col­pi­re alle gam­be che non rag­giun­ge­re orga­ni vita­li. Ecco, quel­lo che dà la sen­sa­zio­ne di una diva­ri­ca­zio­ne pro­fon­da nel modo di ragio­na­re è la inde­ci­fra­bi­li­tà, l’au­to­no­miz­za­zio­ne del­le deci­sio­ni, la loro indi­pen­den­za, il loro par­la­re accan­to, nel caso miglio­re, al movi­men­to, al dibat­ti­to, al sen­so comu­ne, con una sor­te di supre­ma, ine­so­ra­bi­le indif­fe­ren­za, con la seve­ra auto­ri­tà di un par­ti­to che sa, che si irri­ta per le cri­ti­che, che pre­ten­de il con­sen­so, per­ché sa, per­ché cono­sce i miste­rio­si per­cor­si che pas­sa­no sot­to la pel­le del­la real­tà. Inve­ce il pro­ble­ma è che que­sto par­ti­to dai mil­le occhi non c’è, non sa per­ché non c’è, non c’è per­ché non sa.
Dire che si ope­ra come se ci fos­se non vuol dire nul­la per­ché le cate­go­rie oggi sono tut­te mes­se in discus­sio­ne e non si può pro­ce­de­re sul ter­re­no del­la pra­ti­ca con la tran­quil­la sicu­rez­za di chi pro­ce­de facen­do fin­ta di sape­re, sapen­do i pas­si suc­ces­si­vi per­ché si fa fin­ta di cono­scer­li, per­ché i buchi neri del­la teo­ria si sono allar­ga­ti e allo­ra biso­gna rico­min­cia­re a pen­sa­re col­let­ti­va­men­te, a pro­dur­re una for­ma di coo­pe­ra­zio­ne intel­let­tua­le che comin­ci ad asso­mi­glia­re a una mac­chi­na ana­li­ti­ca.
Tan­to più la sov­ver­sio­ne socia­le per­ma­ne, tan­to più la pras­si è dura tan­to più, al limi­te, si appros­si­ma o si allu­de a un ter­re­no di guer­ra e di riso­lu­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria del con­flit­to.
Pro­prio per­ché l’an­ta­go­ni­smo è in pie­di, per­ché la cri­si del­la teo­ria sovrac­cu­mu­la­ta­si sul­la cri­si eco­no­mi­ca non ha pie­ga­to e scon­fit­to la clas­se, pro­prio per­ché è vero tut­to que­sto.
Allo­ra è vero che biso­gna «aggiu­sta­re la mac­chi­na in cor­sa» ma tener pre­sen­te la neces­si­tà di una ripre­sa, di una riqua­li­fi­ca­zio­ne del dibat­ti­to, tener pre­sen­te la neces­si­tà di guar­da­re con dif­fi­den­za le cer­tez­ze, non per un elo­gio del dub­bio ma per amo­re del­la ricer­ca. E poi, non per amo­re del­la ricer­ca, ma per odio del­la robo­tiz­za­zio­ne, dei mec­ca­ni­smi auto­no­miz­za­ti e cie­chi. Il secon­do caso che dob­bia­mo con­si­de­ra­re è l’af­fa­re Emi­lio Ales­san­dri­ni. Dicia­mo sen­za mez­zi ter­mi­ni che, a nostro pare­re, que­sta ini­zia­ti­va segna il pun­to di mas­si­ma dege­ne­ra­zio­ne neo-grup­pi­sta del­l’i­ni­zia­ti­va com­bat­ten­te.
Nel dare que­sto giu­di­zio non cedia­mo, non voglia­mo cede­re, al ricat­to del­l’e­mo­zio­ne, del­lo sgo­men­to che per la pri­ma vol­ta abbia­mo visto auten­ti­ca­men­te dipin­to sul vol­to di per­so­ne che, pur facen­do par­te del­la sini­stra lega­le, han­no dato in que­sti anni pro­va di note­vo­le auto­no­mia di giu­di­zio e di com­por­ta­men­to rispet­to al PCI.
Non ci risco­pria­mo all’im­prov­vi­so vit­ti­me di un rap­tus oppor­tu­ni­sta, mem­bri di quel­la fami­glia del­la sini­stra lega­le una par­te non inde­gna del­la qua­le è sta­ta feri­ta a fon­do dal­l’uc­ci­sio­ne di Ales­san­dri­ni.
No, voglia­mo anco­ra una vol­ta discu­te­re con la testa luci­da.
Quel­lo che sal­ta agli occhi è il peso abnor­me di pre­oc­cu­pa­zio­ni di carat­te­re micro-fra­zio­ni­sti­co, cioè una logi­ca con­cor­ren­zia­le di set­ta, un pri­vi­le­gia­men­to asso­lu­to di pro­ble­mi di ege­mo­nia, una con­si­de­ra­zio­ne asso­lu­ta­men­te som­ma­ria del rap­por­to tra mez­zi e fini.
Tut­to ciò por­ta a una ini­zia­ti­va che sem­bra ispi­ra­ta da una logi­ca allu­ci­na­ta pri­va di effet­ti­va poten­za mili­ta­re.
Dov’è infat­ti il ruo­lo di avan­guar­dia o anche solo di esem­pla­ri­tà di que­sto tipo di ini­zia­ti­va?
È mai pos­si­bi­le che qual­cu­no all’in­ter­no dell’ uni­ver­so socia­le sia sti­mo­la­to a muo­ver­si, a orga­niz­zar­si sul ter­re­no del­la sov­ver­sio­ne da una sequen­za di azio­ni che appa­io­no così stra­lu­na­te, e in ulti­ma ana­li­si inde­ci­fra­bi­li, è mai pos­si­bi­le che la volon­tà di lot­ta, i com­por­ta­men­ti, la fan­ta­sia di stra­ti signi­fi­ca­ti­vi di pro­le­ta­ria­to pos­sa­no esse­re gal­va­niz­za­ti da una simi­le imma­gi­ne del­l’i­ni­zia­ti­va rivo­lu­zio­na­ria che vie­ne fat­ta cir­co­la­re in luo­go di quel­lo che dovreb­be esse­re il ric­co intrec­cio fra sov­ver­sio­ne e poli­ti­ca, fra sov­ver­sio­ne socia­le, ini­zia­ti­va poli­ti­ca e for­me di azio­ne guer­ri­glie­ra? Chi può giu­di­ca­re desi­de­ra­bi­le il pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio che appa­re come una spe­cie di vuo­to pneu­ma­ti­co scan­di­to da una serie di ese­cu­zio­ni il cui filo con­dut­to­re diven­ta subi­to (solo che si esca dal­la cer­chia dei suoi idea­to­ri) inde­ci­fra­bi­le o, peg­gio, ricer­ca­bi­le solo sul­la base di un filo­lo­gi­smo pun­ti­glio­so.
Que­sta «linea» è rin­trac­cia­bi­le den­tro i fram­men­ta­ri e non veri­fi­ca­ti pro­ces­si men­ta­li pro­dot­ti dal­le infi­ni­te varian­ti del mili­ta­ri­smo, ieri volan­ti­no­ma­ne oggi arma­to.
I com­pa­gni ricor­da­no il pro­li­fe­ra­re ris­so­so dei volan­ti­ni, le sco­mu­ni­che reci­pro­che fra le set­te, le ana­li­si roboan­ti da far tre­ma­re il mon­do che poi si ridu­ce­va­no ai pestag­gi, tut­to un uni­ver­so che face­va sor­ri­de­re chi lo guar­da­va con occhio appe­na più distac­ca­to e toglie­va cre­di­bi­li­tà agli occhi per esem­pio degli ope­rai, all’in­sie­me del lavo­ro rivo­lu­zio­na­rio. Ecco, come si può pen­sa­re che un pro­le­ta­rio nor­ma­le (uso pro­vo­ca­to­ria­men­te que­sto ter­mi­ne, cioè uno che vive le con­trad­di­zio­ni socia­li non in un ghet­to allu­ci­na­to o in un eli­ta­rio labo­ra­to­rio ideo­lo­gi­co) pos­sa accet­ta­re e capi­re che si ammaz­zi uno per un distin­guo, per un codi­cil­lo, per affer­ma­re una linea di let­tu­ra piut­to­sto che un’al­tra di quel­la tale pagi­na dei clas­si­ci, per esem­pli­fi­ca­re un model­lo più o meno genia­le par­to­ri­to da qual­che pen­sa­to­re rivo­lu­zio­na­rio, per dimo­stra­re un corol­la­rio, per dar poten­za a una linea o a un’or­ga­niz­za­zio­ne piut­to­sto che ad un’al­tra. La real­tà è che la Babe­le del­le linee poli­ti­che che abbia­mo cono­sciu­to nel movi­men­to del­la cosid­det­ta Nuo­va Sini­stra negli anni pas­sa­ti si è come tra­sfor­ma­ta pari pari in Babe­le del­le linee di com­bat­ti­men­to.
Le stes­se mani­fe­sta­zio­ni di iper-poli­ti­can­ti­smo, gli stes­si irre­spon­sa­bi­li set­ta­ri­smi, le stes­se ste­ri­li mio­pie, lo stes­so carat­te­re dere­spon­sa­bi­liz­za­to che ha con­no­ta­to in tut­ti que­sti anni l’e­spe­rien­za del mino­ri­ta­ri­smo osses­si­va­men­te pre­oc­cu­pa­to di sta­bi­li­re chi sono i veri comu­ni­sti. C’è solo da com­pia­cer­ci del fat­to che i più stu­pi­di sia­no sta­ti «isti­tu­zio­na­liz­za­ti», resi per­tan­to rela­ti­va­men­te inno­cui.
Ora, l’in­ca­pa­ci­tà di supe­ra­re la fase del­le set­te cer­ta­men­te deno­ta infan­ti­li­smo, anche quan­do costa sol­tan­to car­ta di ciclo­sti­le spre­ca­ta. Quan­do il ter­re­no del­la spe­ri­men­ta­zio­ne o del­la lot­ta per l’e­ge­mo­nia diven­ta la pra­ti­ca del ter­ro­ri­smo allo­ra il discor­so cam­bia.
Chi può accet­ta­re l’a­do­zio­ne di meto­di di guer­ra per con­dur­re bat­ta­glie teo­ri­co-poli­ti­che che poi in real­tà sono bat­ta­glie pura­men­te ideo­lo­gi­che, bat­ta­glie inter­ne al movi­men­to, o addi­rit­tu­ra al suo ceto poli­ti­co?
Si dice: fuo­riu­sci­re dal­la logi­ca fron­ti­sta-mas­si­ma­li­sta del­la lot­ta arma­ta vuol dire non già mena­re col­pi al ven­tre mol­le e socia­le del siste­ma ma anche ai suoi gan­gli vita­li, i pun­ti traen­ti del­la sua rior­ga­niz­za­zio­ne, i nodi del­la sua moder­niz­za­zio­ne.
In que­sto sen­so l’at­tac­co al per­so­na­le rifor­mi­sta, il sabo­tag­gio del suo ruo­lo sareb­be­ro all’or­di­ne del gior­no. È pro­prio qui che si fa un rapi­dis­si­mo cor­to cir­cui­to, è qui che si con­fon­de l’ef­fet­to poli­ti­co desta­bi­liz­zan­te e disar­ti­co­lan­te del ter­ro­ri­smo con le ope­ra­zio­ni di mate­ria­le disar­ti­co­la­zio­ne che sul ter­re­no mili­ta­re esso con­du­ce.
Non è affat­to det­to che per col­pi­re poli­ti­ca­men­te si deb­ba neces­sa­ria­men­te col­pi­re mili­tar­men­te, altri­men­ti del­le due l’u­na: o l’ef­fet­to fini­sce con l’es­se­re con­trad­dit­to­rio, cioè di rin­sal­da­men­to, oppu­re occor­re­reb­be con­dur­re un ter­ro­ri­smo di ster­mi­nio.
Chiun­que, a que­sto pun­to, è in gra­do di capi­re che non sia­mo in una fase di guer­ra civi­le dispie­ga­ta.
La rela­ti­va mas­si­fi­ca­zio­ne, che chia­me­rei piut­to­sto iper-pro­li­fe­ra­zio­ne dei com­por­ta­men­ti arma­ti più diver­si, è da un lato il segno di una ripro­du­ci­bi­li­tà impres­sio­nan­te e ormai ine­stir­pa­bi­le del pro­ces­so, ma dal­l’al­tro è la mani­fe­sta­zio­ne estre­ma di una dif­fe­ren­za, di un movi­men­to nascen­te che però può ridur­si a un ghet­to allar­ga­to per­ché non ha anco­ra espli­ci­ta­to le sue pro­te­zio­na­li­tà.
I rac­ket poli­ti­ci non han­no riu­ni­fi­ca­to signi­fi­ca­ti­vi stra­ti pro­le­ta­ri, han­no al mas­si­mo coa­gu­la­to pic­co­le comu­ni­tà che (tan­to per fare rife­ri­men­ti alla imbe­cil­li­tà cor­ren­te) Vac­ca non sapreb­be col­lo­ca­re nel nuo­vo Medioe­vo, né Albe­ro­ni nel suo nuo­vo Rina­sci­men­to.
Anche una comu­ni­tà allar­ga­ta può tra­dur­si in una comu­ni­tà illu­so­ria: que­sto è sot­to gli occhi di tut­ti. Sia­mo ad un bivio: o la costi­tu­zio­ne orga­ni­ca di un nuo­vo movi­men­to (che sia come l’ef­fet­to di una rivo­lu­zio­ne coper­ni­ca­na, indi­pen­den­te e anti­te­ti­co rispet­to al movi­men­to ope­ra­io isti­tu­zio­na­le) o la con­fer­ma e maga­ri la dila­ta­zio­ne pro­gres­si­va, la ripro­du­zio­ne con­ti­nua di un ghet­to poli­ti­co socia­le di pro­por­zio­ni cre­scen­ti.
Il dato cer­to è comun­que che non si ha imma­nen­za del­la guer­ra civi­le, e quin­di non c’è uno sta­to socia­le di guer­ra.
Su que­sto va fat­ta un’os­ser­va­zio­ne: io cre­do che si deb­ba dire con chia­rez­za che la guer­ri­glia per sé (non inse­ri­ta in un insie­me di inter­re­la­zio­ni, di intrec­ci, di inte­ra­zio­ni che com­pon­go­no una poli­ti­ca rivo­lu­zio­na­ria o non media­ta poli­ti­ca­men­te ver­so l’e­ster­no) non rie­sce a pro­dur­re radi­ca­liz­za­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria, sov­ver­sio­ne socia­le. Il cir­cui­to è appun­to dal­la guer­ri­glia alla guer­ri­glia e, non vi è den­tro que­sta ideo­lo­gia, den­tro a que­sta pra­ti­ca, nes­su­na pos­si­bi­li­tà di sboc­co. La pos­si­bi­li­tà di una guer­ra pri­va­ta (di un’op­zio­ne sui suoi fini) rischia di diven­ta­re addi­rit­tu­ra un boo­me­rang, per­ché, se non vi è una espli­ci­ta fina­liz­za­zio­ne del­la guer­ra come pas­sag­gio sto­ri­co (maga­ri lun­go, però che met­ta capo ad un risul­ta­to di cui si intra­ve­do­no alcu­ne diret­tri­ci fon­da­men­ta­li), l’u­ni­co atteg­gia­men­to socia­le, l’u­ni­ca riven­di­ca­zio­ne di mas­sa che può dif­fon­der­si è la riven­di­ca­zio­ne del­la fine del­la guer­ra, un paci­fi­smo con­fu­so e dif­fu­so.
È urgen­te sot­to­li­nea­re che la imma­nen­za del­la guer­ra civi­le non c’è; dob­bia­mo sot­to­li­nea­re anche che se pure pen­sas­si­mo a una mol­ti­pli­ca­zio­ne inde­fi­ni­ta espo­nen­zia­le del­le for­me di ter­ro­ri­smo pre-guer­ri­glie­ro ver­ti­ca­le o oriz­zon­ta­le, sog­get­ti­vo, dif­fu­so e così via, nul­la può far pen­sa­re al pas­sag­gio dal ter­re­no del ter­ro­ri­smo e del­la guer­ri­glia fino ai fron­ti socia­li neces­sa­ri per la guer­ra civi­le.
Quel­lo che c’è inve­ce, è un com­por­ta­men­to arma­to, mol­te­pli­ce, una sor­ta di plu­ra­li­smo del ter­ro­ri­smo in cui si intrec­cia­no e si acca­val­la­no ele­men­ti pre­or­di­na­ti e spon­ta­nei, con­cen­tra­ti e dif­fu­si.
Al di là del­le sue auto­pro­po­si­zio­ni spes­so irri­tan­ti nel loro carat­te­re tron­fio, tut­to que­sto anco­ra oggi appa­re come fine a se stes­so, tat­ti­ca sen­za par­ti­to o fac­cia pura­men­te nega­ti­va e distrut­ti­va del­la nuo­va spon­ta­nei­tà.
Con­ti­nue­rà ad appa­ri­re così, se non si iden­ti­fi­ca­no pro­prio i pas­sag­gi den­tro il pro­ces­so e cioè appun­to il riven­di­ca­zio­ni­smo arma­to, la poli­ti­ca arma­ta e così via «on the road»? In que­sta for­ma di azio­ne deve esse­re vin­co­la­to, reso varia­bi­le e dipen­den­te il riven­di­ca­zio­ni­smo arma­to, la poli­ti­ca arma­ta comun­que dei pas­sag­gi di inno­va­zio­ne socia­le? In que­sto sen­so va det­to che, ed è un ter­mi­ne che ripe­te­re­mo più avan­ti, l’u­ni­co effet­ti­vo mol­ti­pli­ca­to­re di poten­za sem­bra esse­re la poli­ti­ca e l’u­so poli­ti­co del ter­re­no mili­ta­re.
Quel­lo che va det­to con chia­rez­za è che del­le for­me come quel­le che cono­scia­mo di ter­ro­ri­smo poli­ti­co pre­guer­ri­glie­ro oriz­zon­ta­le o con­cen­tra­to, semi­spon­ta­neo o pre­or­di­na­to, i sog­get­ti che li con­du­co­no non pos­so­no ave­re la fal­sa coscien­za di cre­de­re e di affer­ma­re che que­sto pos­sa esse­re un meto­do di lot­ta riso­lu­ti­vo. Da que­sto pun­to di vista va ripe­tu­to con chia­rez­za che la guer­ri­glia per sé non ha effet­ti­va poten­za tra­sfor­ma­ti­va.
Non ha nes­sun sen­so un discor­so che vada appun­to dal­la guer­ri­glia alla guer­ri­glia: o la guer­ri­glia con­tie­ne in sé il codi­ce del­la pro­pria solu­zio­ne pro­fon­da­men­te attra­ver­sa­to, inner­va­to da un siste­ma di biso­gni (una strut­tu­ra desi­de­ran­te che espri­me una intel­li­gen­za socia­le pro­gram­ma­ti­ca che ne costi­tui­sca il fine con­ti­nua­men­te ripro­po­sto) oppu­re è solo il mez­zo per spo­sta­re i rap­por­ti di for­za fino al pun­to di pro­por­re una solu­zio­ne poli­ti­ca, un esi­to poli­ti­co, una pro­spet­ti­va media­ta poli­ti­ca­men­te.
Altri­men­ti non ha sen­so, cioè è una guer­ri­glia sen­za fine, un simu­la­cro di guer­ra sen­za fine, che poi non è, per­ché appun­to non ha la poten­za socia­le, non ha i con­fi­ni socia­li, non ha la dimen­sio­ne socia­le del­la guer­ra, e non può ave­re agli occhi, dicia­mo così, del­le mas­se altro effet­to che quel­lo di pro­vo­ca­re quel­lo che abbia­mo appe­na defi­ni­to desi­de­rio di fine del­la guer­ra.
Quin­di è asso­lu­ta­men­te impor­tan­te que­sta cri­ti­ca del­la robo­tiz­za­zio­ne, del­la auto­no­miz­za­zio­ne del­le sca­den­ze, dei moti, del­le for­me, del­le neces­si­tà del­la con­du­zio­ne del­la guer­ri­glia.
Anche dal pun­to di vista del­la impos­si­bi­li­tà che da uno svi­lup­po del­la guer­ri­glia per sé pos­sa nasce­re il ter­re­no di una guer­ra di libe­ra­zio­ne come effet­ti­vo pas­sag­gio del­la tra­sfor­ma­zio­ne socia­le.
Un’al­tra con­si­de­ra­zio­ne va fat­ta (traen­do­la pro­prio dal­l’ar­se­na­le teo­ri­co del leni­ni­smo) con­tro il cor­to cir­cui­to ele­men­ta­re e roz­zo per cui sostan­zial­men­te una for­ma­zio­ne guer­ri­glie­ra che voglia col­pi­re un deter­mi­na­to pro­ces­so rior­ga­niz­za­ti­vo, un deter­mi­na­to pro­get­to di ristrut­tu­ra­zio­ne del coman­do, un deter­mi­na­to obiet­ti­vo deb­ba neces­sa­ria­men­te (poi­ché si trat­ta di una orga­niz­za­zio­ne guer­ri­glie­ra che usa come mez­zo e meto­do di lot­ta la for­ma del­la pras­si com­bat­ten­te) inter­ve­ni­re su quel ter­re­no, su quel tipo di ope­ra­zio­ne, di sog­get­to, di per­so­na osti­le, con la for­ma diret­ta del­l’in­ter­ven­to, accet­tan­do dun­que le indi­ca­zio­ni che il nemi­co stes­so ha reso imme­dia­ta­men­te dispo­ni­bi­li.
In que­sto caso, la giu­sti­fi­ca­zio­ne o l’ar­go­men­ta­zio­ne por­ta­ta dal­l’or­ga­niz­za­zio­ne che ha com­piu­to que­sto atto di guer­ra è data in ter­mi­ni di ragio­ni pura­men­te e pro­pria­men­te mili­ta­ri.
È data sul­la base del­le con­si­de­ra­zio­ni che vor­reb­be­ro non ammet­te­re repli­che, cioè che dico­no in real­tà qui abbia­mo col­pi­to una figu­ra che sul­la base di nostre infor­ma­zio­ni risul­ta esse­re una figu­ra di par­ti­co­la­re peri­co­lo­si­tà, di par­ti­co­la­re moder­ni­tà nel­la mes­sa in ope­ra di for­me di intel­li­gen­za e di tec­ni­che aggres­si­ve ten­den­ti a distrug­ge­re e a ghet­tiz­za­re non solo le for­me di orga­niz­za­zio­ne guer­ri­glie­ra, non solo le for­me di anta­go­ni­smo socia­le più radi­ca­le ma più in gene­ra­le i pro­ces­si di sov­ver­sio­ne socia­le, intro­du­cen­do una ini­zia­ti­va atten­ta, moder­na, accor­ta e per que­sto peri­co­lo­sa di nor­ma­liz­za­zio­ne socia­le. Cer­chia­mo per un atti­mo di calar­ci, di imme­de­si­mar­ci nel­la logi­ca, nel tipo di ragio­na­men­to che può pre­sie­de­re alla for­ma­zio­ne di una deci­sio­ne di que­sto tipo da par­te di una orga­niz­za­zio­ne guer­ri­glie­ra.
L’or­ga­niz­za­zio­ne guer­ri­glie­ra ha carat­te­re pre­va­len­te­men­te mili­ta­re se dav­ve­ro si fos­se trat­ta­to di que­sta neces­si­tà asso­lu­ta di com­pie­re un atto difen­si­vo, cioè di liqui­da­re il cer­vel­lo di un’i­ni­zia­ti­va repres­si­va, intel­li­gen­te, moder­na da par­te del­lo Sta­to con­tro il movi­men­to di clas­se; men­tre qui c’è un’e­vi­den­te pun­ti­glio­si­tà nel vole­re argo­men­ta­re, moti­va­re il carat­te­re esem­pla­re, pro­gram­ma­ti­co, pole­mi­co del­l’i­ni­zia­ti­va.
Non solo: c’è anche il rifiu­to del­l’a­no­ni­ma­to e la volon­tà di sot­to­li­nea­re il carat­te­re di for­ma e di mez­zo di lot­ta den­tro il movi­men­to.
L’u­ni­ca cosa che pos­sa moti­va­re que­sto tipo di con­dot­ta è appun­to una illo­gi­ca devia­zio­ne (che il lin­guag­gio tra­di­zio­na­le anche con­sun­to chia­ma mili­ta­ri­smo) in cui cioè un ordi­ne di con­si­de­ra­zio­ni di tipo orga­niz­za­ti­vo mili­ta­re, diven­ta onni­vo­ro e tota­liz­zan­te.
Se inve­ce di erro­ri si trat­ta, con­tro que­sta linea poli­ti­ca va fat­ta una bat­ta­glia di meri­to.
Nel movi­men­to noi abbia­mo sem­pre fat­to una ana­li­si del Pci come arti­co­la­zio­ne del­lo Sta­to del par­ti­ti­smo orga­niz­za­to, del­lo Sta­to moder­no, com­ples­so, plu­ra­li­sti­co, indi­riz­za­to al con­trol­lo e alla nor­ma­liz­za­zio­ne del con­flit­to e non alla sua repres­sio­ne.
Però sal­vo que­sto tipo di ana­li­si, che ha con­dot­to a una cri­ti­ca radi­ca­le del socia­li­smo e del movi­men­to ope­ra­io sto­ri­co (sen­za nes­sun ele­men­to di demo­niz­za­zio­ne ideo­lo­gi­ca pro­prio per­ché non c’e­ra nes­sun resi­duo di una tema­ti­ca sul tra­di­men­to) nel movi­men­to, nel­le sue ideo­lo­gie tra­di­zio­na­li, tro­via­mo con­ti­nua­men­te un’al­ta­le­na tra ipo­te­si vera­men­te entri­ste (o comun­que di per­di­ta di auto­no­mia nei con­fron­ti del movi­men­to ope­ra­io sto­ri­co) e il recu­pe­ro del vec­chio arse­na­le sul social-fasci­smo.
Que­sto tipo di vena­tu­ra è cor­sa den­tro le tema­ti­che sul gulag a Bolo­gna che sono cir­co­la­te duran­te il movi­men­to del ’77, è cor­sa den­tro com­po­nen­ti emmel­li­ste del­l’a­rea rivo­lu­zio­na­ria del­l’au­to­no­mia che sostan­zial­men­te han­no rein­ter­pre­ta­to il discor­so che noi ten­ta­va­mo di tene­re come discor­so sul PCI come social­de­mo­cra­zia sui gene­ris, neo-cor­po­ra­ti­va, imper­fet­ta, auto­ri­ta­ria, sta­li­ni­sta, demo­na­zio­na­le!?.
Costo­ro han­no tra­dot­to imme­dia­ta­men­te e cor­to­cir­cui­ta­to que­sto discor­so nei ter­mi­ni di una rie­di­zio­ne con segno rove­scia­to del­la tema­ti­ca sul “social­fa­sci­smo”, uti­liz­zan­do lo stes­so sche­ma del­le varie ideo­lo­gie del­la “ger­ma­niz­za­zio­ne” e i “bla­bla” sul­la “rus­si­fi­ca­zio­ne” di que­sto pae­se.
Noi cre­dia­mo che non tan­to le ulti­me azio­ni ma le ulti­me argo­men­ta­zio­ni pro­po­ste dal movi­men­to com­bat­ten­te sia­no una rie­di­zio­ne ammo­der­na­ta e fil­tra­ta (in rap­por­to con la socia­li­tà del movi­men­to) di que­ste tematiche.