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Gian­fran­co Manfredi

Gian­fran­co Man­fre­di, già del Grup­po Gram­sci e ora redat­to­re di “Re Nudo”, è un auto­re «del­l’a­rea del­l’au­to­no­mia», inten­den­do con que­sto ter­mi­ne non una deli­mi­ta­zio­ne di con­fi­ni poli­ti­ci di orga­niz­za­zio­ne quan­to piut­to­sto l’in­di­ca­zio­ne di un rife­ri­men­to e di un’i­spi­ra­zio­ne a com­por­ta­men­ti, idee, cli­ma cul­tu­ra­le in qual­che modo omo­ge­nei. La sua pre­sen­za in que­sta anto­lo­gia non rispon­de sem­pli­ce­men­te a un’e­si­gen­za di com­ple­tez­za (dar voce anche a que­sta com­po­nen­te del­l’a­rea poli­ti­ca di sini­stra) ma è moti­va­ta dal­la qua­li­tà del suo lavo­ro. La sua pro­du­zio­ne infat­ti, sep­pu­re con­trad­dit­to­ria e appros­si­ma­ti­va, ha una sua ori­gi­na­li­tà e ric­chez­za di intui­zio­ni.
Si può dire che Man­fre­di non copia nes­su­no dei più vec­chi ed esper­ti auto­ri poli­ti­ci (cosa raris­si­ma), ed è dif­fi­ci­le col­lo­car­lo nei filo­ni tra­di­zio­na­li del can­to mili­tan­te con­tem­po­ra­neo; que­sto anche per l’e­te­ro­dos­sia del patri­mo­nio cul­tu­ra­le del­l’a­rea poli­ti­ca a cui appar­tie­ne e di cui il suo ulti­mo lavo­ro (Ma non è una malat­tia) è fede­le espres­sio­ne. È un patri­mo­nio cul­tu­ra­le che meri­te­reb­be un’a­na­li­si appro­fon­di­ta non per­ché par­ti­co­lar­men­te com­ples­so (anche chia­mar­lo «patri­mo­nio» è pro­ba­bil­men­te ecces­si­vo, non trat­tan­do­si di alcun­ché di defi­ni­to e di con­so­li­da­to) ma per­ché sin­go­lar­men­te con­trad­dit­to­rio rispet­to ai con­sue­ti rife­ri­men­ti cul­tu­ra­li del­la sini­stra rifor­mi­sta e di quel­la rivo­lu­zio­na­ria. Un’a­rea poli­ti­ca, quel­la a cui Man­fre­di appar­tie­ne, che, nata in radi­ca­le e diret­ta con­trap­po­si­zio­ne alla sini­stra nel suo com­ples­so, era ine­vi­ta­bi­le rom­pes­se radi­cal­men­te anche col retro­ter­ra ideo­lo­gi­co di quel­la; tale rot­tu­ra ha pro­ce­du­to su due iti­ne­ra­ri diver­si ma, infi­ne e sin­go­lar­men­te, coin­ci­den­ti: il pri­mo è quel­lo del recu­pe­ro del gio­va­ne Marx (quel­lo dei Mano­scrit­ti eco­no­mi­co-filo­so­fi­ci, per inten­der­ci, del­la Sacra fami­glia, dell”Ideologia tede­sca), quel­lo che scri­ve del­la neces­si­tà per l’uo­mo di riap­pro­priar­si di «tut­ti i rap­por­ti uma­ni che ha con il mon­do, vede­re, udi­re, odo­ra­re, gusta­re, toc­ca­re, pen­sa­re, intui­re, sen­ti­re, vole­re, agi­re, ama­re; in bre­ve: tut­ti gli orga­ni che costi­tui­sco­no la sua indi­vi­dua­li­tà»; è un recu­pe­ro non inu­ti­le, e per­ché si trat­ta di un Marx che il mar­xi­smo tra­di­zio­na­le ha cen­su­ra­to e muti­la­to, e per­ché in que­sto recu­pe­ro si espri­me la volon­tà di lar­ghe mas­se di rico­no­sce­re i pro­pri biso­gni e i pro­pri desi­de­ri den­tro un’i­spi­ra­zio­ne col­let­ti­va, den­tro un qua­dro di rife­ri­men­to che è quel­lo del­la con­ce­zio­ne mate­ria­li­sti­ca del mon­do.
Il secon­do iti­ne­ra­rio è quel­lo del recu­pe­ro del­la gran­de cul­tu­ra non mar­xi­sta di que­sto seco­lo per ritro­var­ci il filo con­dut­to­re di un discor­so sul­l’uo­mo tota­le e annet­ter­lo alla nuo­va cul­tu­ra rivo­lu­zio­na­ria in for­ma­zio­ne e in tra­sfor­ma­zio­ne. Da qui, una rilet­tu­ra di Bre­ton, Freud, Kaf­ka, Nie­tzsche, Artaud, Ador­no, Lacan e il ripen­sa­men­to sul sur­rea­li­smo e l’ir­ra­zio­na­li­smo, sul deca­den­ti­smo e l’e­si­sten­zia­li­smo.
La coin­ci­den­za tra i due iti­ne­ra­ri non è cer­to faci­le e può comun­que avve­ni­re solo a prez­zo di con­trad­di­zio­ni anche lace­ran­ti; ma que­sto non appa­re un limi­te a chi inten­de fare di que­sta «nuo­va cul­tu­ra», innan­zi­tut­to, ter­re­no di con­tra­sti e di con­flit­ti; i limi­ti veri sono rap­pre­sen­ta­ti dal pos­si­bi­le sche­ma­ti­smo nel­l’op­por­re, alla resa dei con­ti, Marx gio­va­ne a Marx vec­chio, Marx uma­ni­sti­co e Marx eco­no­mi­ci­sta, o addi­rit­tu­ra Marx sen­sua­le a Marx ases­sua­to, da una par­te; e dal­l’al­tra di ripe­te­re il vec­chio discor­so rifor­mi­sta (un’al­tra con­sue­ta for­za­tu­ra del mar­xi­smo) sul­la pos­si­bi­li­tà per la cul­tu­ra del­la clas­se ope­ra­ia di assu­me­re e sin­te­tiz­za­re tut­ta la gran­de cul­tu­ra del­la bor­ghe­sia («La cul­tu­ra rivo­lu­zio­na­ria come con­ti­nua­zio­ne di tut­ta la sto­ria del­la cul­tu­ra del­le clas­si domi­nan­ti», come scri­ve­va Occhet­to die­ci anni fa cari­ca­tu­riz­zan­do Lenin). Il che poi, sul ter­re­no del­la cul­tu­ra quo­ti­dia­na inte­sa come gusti, scel­te, orien­ta­men­ti, por­ta ad affa­stel­la­re indi­scri­mi­na­ta­men­te, nel giu­di­zio posi­ti­vo, Ser­gio Leo­ne e Pec­kin­pah, II por­tie­re di not­te e Ulti­mo tan­go, Easy Rider, Dario Fo, Car­me­lo Bene, Pao­lo Poli, Gior­gio Gaber e Kerouac (vedi la can­zo­ne Quar­to Oggia­ro Sto­ry, che non è solo una can­zo­ne iro­ni­ca); e, ridot­to in ter­mi­ni anco­ra più spic­cio­li, fa scri­ve­re alla rivi­sta «Ros­so»: “A noi inve­ce piac­cio­no i film western, quel­li del­la cri­si, il tea­tro-pro­vo­ca­zio­ne (quan­do lo è vera­men­te), il rock, i fumet­ti più illo­gi­ci pos­si­bi­le, i libri sen­za mar­ti­ri e sen­za eroi, la risco­per­ta del pro­prio cor­po, del­la imma­gi­na­zio­ne e del­la fan­ta­sia, ci pia­ce il whi­sky e il comu­ni­smo lo pen­sia­mo come una cosa mol­to lus­suo­sa dove nes­su­no sta­rà a pie­di nudi su una zol­la di ter­ra a suda­re piscia e san­gue». Tut­to ciò si ritro­va anche nei testi di Man­fre­di, det­to con sapien­za e dol­cez­za mag­gio­ri. Il risul­ta­to, musi­ca­le e let­te­ra­rio, ci sem­bra – al di là del nostro radi­ca­le dis­sen­so – quan­to di meglio 1′ «area del­l’au­to­no­mia» ha pro­dot­to in cam­po cul­tu­ra­le. L’in­ge­nui­tà e le lezio­si­tà, gli sche­ma­ti­smi e le roz­zez­ze che pure ci sono – e sono nume­ro­si – non annul­la­no, in sostan­za, il carat­te­re di novi­tà del lavo­ro di Man­fre­di; e la sua coe­ren­za nel voler espri­me­re in can­zo­ne il suo (loro) modo di coniu­ga­re il per­so­na­le e il poli­ti­co, «la cur­va dei fian­chi» e «il mitra luci­da­to», «i momen­ti di ubria­chez­za» e «la fine del­lo Stato».

Disco­gra­fia: Per lo Spet­tro: La cri­si, 1972. Per l’Ul­ti­ma spiag­gia: Ma non è una malat­tia, 1976. Per La poia­na: Libe­ria­mo, 1976.
Alla com­po­si­zio­ne del­le can­zo­ni di Man­fre­di han­no col­la­bo­ra­to Ric­ky Gian­co e Giu­lia­no Illiani.

Ma chi ha det­to che non c’è

Sta nel fon­do dei tuoi occhi
Sul­la pun­ta del­le lab­bra,
sta nel cor­po risve­glia­to
nel­la fine del pec­ca­to
Nel­la cur­va dei tuoi fian­chi
Nel calo­re del tuo seno
Nel pro­fon­do del tuo ven­tre
Nel­l’at­ten­de­re il mat­ti­no.
Sta nel sogno rea­liz­za­to,
sta nel mitra luci­da­to.
Nel­la gio­ia e nel­la rab­bia,
nel distrug­ge­re la gab­bia
Nel­la mor­te del­la scuo­la, nel rifiu­to del lavo­ro
Nel­la fab­bri­ca deser­ta, nel­la casa sen­za por­ta
Sta nel­l’im­ma­gi­na­zio­ne, nel­la musi­ca sul­l’er­ba,
sta nel­la pro­vo­ca­zio­ne, nel lavo­ro del­la tal­pa,
nel­la sto­ria del futu­ro , nel pre­sen­te sen­za sto­ria,
nei momen­ti di ubria­chez­za, negli istan­ti di memo­ria.
Sta nel nero del­la pel­le, nel­la festa col­let­ti­va,
sta nel pren­der­si la mer­ce,
sta nel pren­der­si la mano, nel tira­re i sam­pie­tri­ni,
nel­l’in­cen­dio di Mila­no,
nel­le spran­ghe sui fasci­sti nel­le pie­tre sui gip­po­ni
Sta nei sogni dei tep­pi­sti
e nei gio­chi dei bam­bi­ni,
nel cono­scer­si del cor­po,
nel­l’or­ga­smo del­la men­te,
nel­la voglia piu’ tota­le,
nel discor­so tra­spa­ren­te.
Ma chi ha det­to che non c’e’.
Sta nel fon­do dei tuoi occhi
Ma chi ha det­to che non c’e’.
Sul­la pun­ta del­le lab­bra
Ma chi ha det­to che non c’e’.
Sta nel mitra lucidato

Ma chi ha det­to che non c’e’.
Nel­la fine del­lo Sta­to
C’e’, si’ c’e’
Ma chi ha det­to che non c’e’.

Ma non è una malattia

Mi han­no det­to: sei scop­pia­to
come ti sei rovi­na­to
dima­gri­to, sem­bri qua­si uno zom­bie
…sarà col­pa del­le not­ti
che ho pas­sa­to ad aspet­ta­re
cose che for­se dove­va­no arri­va­re.
Ma non è una malat­tia
no, non è una malat­tia
e non è una malat­tia
malat­tia.
E mia madre m’ha guar­da­to
dice: come sei fini­to!
cosi in bas­so non t’a­vrei pen­sa­to mai…
Sì ma in bas­so puoi sco­pri­re
le sot­ti­li incri­na­tu­re che non puoi stu­dia­re all’U­ni­ver­si­tà.
Ma non è una malat­tia
no, non è una malat­tia
e non è una malat­tia
malat­tia.
Mi han­no det­to: il tuo vesti­to
sem­bra vera­men­te usa­to
non ti cam­bi mai, mi sem­bri pro­prio giù.
Beh scu­sa­te­mi ragaz­zi,
oggi non ho altro da pen­sa­re
ho il mio abi­to di den­tro da cam­bia­re.
Ma non è una malat­tia
no, non è una malat­tia
e non è una malat­tia
malat­tia.
Mi han­no det­to: il tuo lavo­ro
non è una cosa sicu­ra
ogni mese cam­bia e dopo che farai?
For­se sono un pò sva­ni­to
ma il doma­ni non esi­ste
e que­st’og­gi io non voglio esse­re tri­ste.
Ma non è una malat­tia
no, non è una malat­tia
e non è una malat­tia
malat­tia.

Quar­to Oggia­ro Story

T’ho incon­tra­ta a Quar­to Oggia­ro davan­ti al Super­mar­ket
sac­cheg­gia­to (oh ye) ave­vi in tasca una sca­to­la di ton­no del­lo
Wyo­ming… si vede che la tua coscien­za poli­ti­ca era scar­sa…
lo ci ho qua il bour­bon, io ci ho qua il vischi io ci ho qua
il cavia­le che a dif­fe­ren­za del ton­no non fa male, lo que­sta sera
mi bevo lo cham­pa­gne cir­con­da­to da quat­tro com­pa­gne…
Men­tre tu te man­ge ‘o ton­no
con quel fes­so di Totonno

Ti ho incon­tra­ta alla pri­ma visio­ne, dopo l’ap­pro­pria­zio­ne. Tu hai
visto un Fran­chi ed lngras­sia men­tre lì vici­no face­va­no un film
inchie­sta sul­la CIA. Eh ma la tua coscien­za poli­ti­ca è pro­prio
scar­sa lo ho visto il Ber­to­luc­ci, ho visto la Cava­ni S. Fran­ce­sco
e i set­te nani vesti­ti da nazi­sti ho visto Scap­pon­san­fan’ dei
fra­tel­li Tavia­ni, C’e­ra­va­mo tan­to arma­ti e diciot­to film di mar­zia­ni
(mici­dia­le!) in cine­te­ca. lo que­sta sera mi vedo i fil­mi­ni sve­de­si
con due com­pa­gne cine­si…
E tu te vede ‘a tele­vi­sio­ne
co’ Toton­no fetentone

Ti ho incon­tra­ta alla Fel­tri­nel­li, tu fre­ga­vi solo gial­li, nean­che
bel­li… ristam­pe. Si vede che la tua coscien­za poli­ti­ca è pro­prio
scar­sa. Guar­da me: io ci ho qua il Kerouac, ci ho qua il Gar­cia
Mar­quez ci ho qua il tea­tro di Fo, chis­sà che cosa me ne fo…
lo que­sta sera mi leg­go la Moran­te con una bim­ba tut­ta
pim­pan­te
E tu te leg­ge Aga­ta Cri­ste
co’ Toton­no poro criste

T’ho incon­tra­ta davan­ti all’ar­me­ria in atte­sa, con la bor­sa del­la
spe­sa… esa­ge­ra­ta! Io com­pra­vo i sol­da­ti­ni, tu un fuci­le coi
piom­bi­ni. Si vede che la tua coscien­za … è in cre­scen­za. lo ci
ho a casa la Coraz­za­ta Potie­m­kin Poli­toys, ci ho la spa­da del
non­no cara­bi­nie­re, ci ho le pisto­le di madre­per­la e il mata­rel­lo
di madre pir­la, ci ho le guns di pla­sti­ca di Jas­se James e il
mitra in simil­le­gno con il fode­ro in simil­pel­le e pro­iet­ti­li in
sil­mil­sal­ve
E tu te met­te a ffa cagna­ra
co’ stu cazz’ de lupa­ra
e Toton­ni­no ‘o feten­to­ne
tene ‘na sber­la de can­no­ne
e un tuo ami­co di Potopp
tene qua­ran­ta molo­topp
e uno del­l’au­to­no­mia viag­gia sem­pre co’ la zia
” coco­sa c’en­tra la zia?” Pesa cin­que­cen­to kili e può sem­pre
ser­vi­re.., cala­ta dal­l’al­to. For­se la tua coscien­za è trop­po
in cre­scen­za…
Brrrr…