Ciclo Capitalistico e lotte operaie Montedison Pirelli Fiat 1968, libri contro n.7, Marsilio, Padova 1969
Introduzione di Massimo Cacciari
C’è un «ciclo» delle lotte che insegue e determina il ciclo economico capitalistico complessivo. Ci sono momenti critici nelle forme organizzative e nella strategia delle lotte operaie, che impegnano tutto il capitale a faticosi processi di ricomposizione e ristrutturazione dell’intero nesso dei suoi rapporti politico-sociali.
Il ’68 è uno di questi momenti – il punto finora emergente di un «ciclo» della lotta. Esso ha segnato l’inizio di un processo di ricomposizione politica della classe, al quale oggettivamente tendevano le lotte di classe in Italia dal ’58–60 in poi.
Dalla ricomposizione politica operaia, e contro di essa, alla ricomposizione politica ed economica del capitale: questo è il nodo, oggi, della questione. Non si tratta, infatti, di un tragitto scontato. Il passaggio è la sostanza stessa del ciclo capitalistico ; ma esso è tutto formato di scadenze di lotta, mediazioni, confronti, occasioni ricevute e date, sfruttate e perse.
È a questo livello che siamo chiamati a misurarci.
[…]
Tutti i livelli dello scontro vanno unificati strategicamente, in questa prospettiva che emerge dal terreno rivendicativo, assume il terreno dato dello scontro, usa fino in fondo delle prossime scadenze come di formidabili occasioni per la massificazione e radicalizzazione dello scontro – e qui, da qui, lancia la parola d’ordine del potere operaio. Nessuno di questi livelli va oggi perduto o sottovalutato.
Se sapremo farli giocare tutti in senso operaio per le prossime scadenze, il ’69–70 in Italia non sarà, come spera il capitale, l’atto conclusivo delle lotte degli anni ’60, l’ultima lotta «operaia», ma il primo momento della ricomposizione politica della classe verso la propria organizzazione rivoluzionaria. E questa prospettiva oggi esiste, non per debolezza economica del capitale, ma per la forza politica, la «violenza» operaia.
In questo processo, per questo periodo, non si daranno «obiettivi intermedi»: o si lavorerà verso la riapertura delle condizioni politiche del processo rivoluzionario, o si lavorerà per la «sintesi» capitalistica, per chiudere un ciclo delle lotte e magari per aprire su scala internazionale quello della gestione riformistica dello stato.
«Obiettivi intermedi» sono quelli che scalzano il controllo economico-politico del capitale.
Essi hanno ormai per la classe nomi precisi: controllo costante sul sindacato-salario-organizzazione politica.
Ognuno di essi è, nei fatti, sede di lotta, momento di scontro non solo nei confronti del piano del capitale ma anche all’interno dei rapporti di forza esistenti tra classe e organizzazioni date. E altresì è momento di lotta il passaggio politico da un livello all’altro.
I movimenti di classe danno l’indicazione strategica, generale, di lungo periodo – determinarla ai vari livelli, farla funzionare, esprimerla tatticamente e cioè farla vincere, è il problema e il compito del ’69–70. La sua difficoltà è direttamente proporzionale alla sua decisiva importanza.