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«Frank­en­stein – tri­me­stra­le di tec­no­lo­gia, poe­sia e mer­ca­to», è una pub­bli­ca­zio­ne di dif­fi­ci­le repe­ri­bi­li­tà archi­vi­sti­ca, sin­go­la­re e dal­la vita rela­ti­va­men­te bre­ve; da quel che ci risul­ta ne sono sta­ti stam­pa­ti – nono­stan­te la pro­mes­sa del sot­to­ti­to­lo – solo quat­tro nume­ri tra il 1971 e il 1973.

Il perio­do è quel­lo suc­ces­si­vo alla mis­sio­ne Apol­lo 11, quan­do insie­me all’uomo sul­la Luna sbar­ca nell’immaginario col­let­ti­vo una nuo­va for­ma di posi­ti­vi­smo, nel qua­le la tec­no­lo­gia assu­me un ruo­lo cen­tra­le. Quel­le che nel­le pagi­ne di «Frank­en­stein» ven­go­no defi­ni­te «scien­ze e tec­ni­che pras­seo­lo­gi­che» diven­ta­no un poten­te stru­men­to ideo­lo­gi­co per il nuo­vo capi­ta­li­smo, che attra­ver­so esse si rap­pre­sen­ta come ogget­ti­vo, razio­na­le e ineluttabile.

Paral­le­la­men­te, a par­ti­re dal 1968–1969 si era inau­gu­ra­ta una nuo­va sta­gio­ne del­la lot­ta di clas­se in Ita­lia, che vede le fab­bri­che (e dun­que un ambien­te for­te­men­te tec­no­lo­gi­co) come uno dei ter­re­ni prin­ci­pa­li del­lo scontro.

Tra i col­let­ti­vi ope­rai si intra­pren­do­no discus­sio­ni e azio­ni poli­ti­che tema­ti­che che muo­vo­no i pri­mi pas­si dal­la con­te­sta­zio­ne del­la con­ti­gui­tà del­le mul­ti­na­zio­na­li con l’imperialismo – Honey­well e IBM era­no tra i pro­dut­to­ri di tec­no­lo­gia bel­li­ca per la guer­ra in Viet­nam – per appro­da­re ad ana­li­si e riven­di­ca­zio­ni mol­to avan­za­te. Un esem­pio inte­res­san­te può esse­re rin­trac­cia­to nel­le azio­ni e nel­le ela­bo­ra­zio­ni del Grup­po di stu­dio IBM (un col­let­ti­vo di ope­rai nato nel 1969 nel­la IBM Ita­lia di Vimer­ca­te), che deno­ta­no una gran­de con­sa­pe­vo­lez­za del ruo­lo che le tec­no­lo­gie svol­go­no in cam­po scien­ti­fi­co e in tut­to l’assetto capitalistico.

La rivi­sta «Frank­en­stein» si muo­ve quin­di sul cri­na­le di que­sti due aspet­ti: la deco­stru­zio­ne ideo­lo­gi­ca e un’analisi eco­no­mi­ca e politica.

A ren­de­re il tut­to più inte­res­san­te è l’approccio tra­sver­sa­le tipi­co del­le avan­guar­die arti­sti­che degli anni Ses­san­ta. Signi­fi­ca­ti­va­men­te, l’editore di «Frank­en­stein» è l’agenzia pub­bli­ci­ta­ria Al.Sa., fon­da­ta da Ser­gio Alber­go­ni e Gian­ni Sas­si, un duo (la sigla Al.Sa. sta pro­prio per Al.bergoni/Sa.ssi) di arti­sti e agi­ta­to­ri cul­tu­ra­li atti­vi a par­ti­re dal 1963 e tra i prin­ci­pa­li redat­to­ri del­la pubblicazione.

Duran­te il perio­do di atti­vi­tà del­la rivi­sta, i due scri­ve­ran­no i testi degli Area per il loro pri­mo album Arbeit Macht Frei del 1973, fir­man­do­si con lo pseu­do­ni­mo Frank­en­stein. Gian­ni Sas­si, tra le tan­te cose anche illu­stra­to­re, è auto­re del­le gra­fi­che per lo stes­so album e, con ogni pro­ba­bi­li­tà, per tut­ti i nume­ri del­la rivi­sta. Insie­me fon­de­ran­no anche la sto­ri­ca eti­chet­ta disco­gra­fi­ca «Cramps», che nel logo ripor­ta pro­prio l’immagine sti­liz­za­ta di Frank­en­stein. Sas­si fon­de­rà nel 1979 insie­me a Nan­ni Bale­stri­ni la rivi­sta «Alfa­be­ta», di cui sarà anche il direttore.