L’Assemblea dei Comunisti delle Fabbriche era una riunione di grande importanza, che si teneva tra un Congresso e l’altro. Era presieduta dai vertici del Pci: il Segretario, Togliatti, la Direzione e il Comitato Centrale. Vi partecipavano i delegati delle Commissioni Interne delle Grandi Fabbriche, iscritti al partito. Che lo studente Romolo Gobbi, iscritto al PCI da soli quattro mesi, vi potesse partecipare era già un fatto inusuale ed eccezionale, che poi potesse parlare davanti a tutta l’Assemblea era pressoché impensabile. In realtà, lessi un intervento che era stato preparato da Bruno Trentin e da Sergio Garavini, il Vicesegretario della Cgil e il Segretario della Camera del Lavoro di Torino, rispettivamente. Si trattava della prima esposizione pubblica della riforma della Cgil, che prevedeva la sostituzione delle Commissioni Interne con i ”Delegati di Reparto” e la costituzione delle assemblee di fabbrica, quindi, eliminando così l’influenza diretta del Pci sul Sindacato.
Questo è il racconto, la testimonianza dell’inizio della stagione dei grandi scioperi, dell’importanza e delle ambiguità del sindacato, della consapevolezza crescente degli operai di riconoscersi in ”classe operaia’’.
Nella primavera del 1963, nelle fabbriche torinesi, uscì il giornale “Gatto selvaggio” con il sottotitolo “Giornale di lotta degli operai della Fiat e della Lancia”. Tra i promotori di particolare rilievo Romolo Gobbi e Romano Alquati. Il titolo è eloquente: “Nel sabotaggio continua la lotta e si organizza l’unità”. Si descrive la spontaneità-organizzata degli operai, al di fuori di partito e sindacato. Il nome era stato mutuato da una forma di lotta degli operai inglesi, caratterizzata “da una continua rotazione e cambiamento delle tattiche, dei tempi e dei metodi di lotta: in modo da dare il massimo danno al capitale col minimo dispendio operaio.(…) Il gatto selvaggio non si sa dov’è, non si sa quando e non si sa come, improvviso, e gira sempre più rapidamente”.
In seguito alla pubblicazione del giornale, Gobbi venne condannato a dieci mesi di reclusione con l’accusa di istigazione a delinquere e al sabotaggio. Dirà: “per me è un onore dire che sono stato condannato per apologia di reato, sono stato il primo italiano ad esserlo dalla fine del fascismo, poi vennero gli altri”.
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