Filtra per Categoria
Autonomia Bolognese
Autonomie del Meridione
Fondo DeriveApprodi
Collettivi Politici Veneti
Autonomia Toscana
Blog

Potere Operaio del lunedì n°20

Resta in vigore il decreto operaio

Da ”Sen­za tregua’’

Com­pa­gne, com­pa­gni, nel­le lot­te del­la Car­lo Erba e Car­lo Erba Stru­men­ta­zio­ne di que­sti mesi c’è il segno pro­fon­do del­la svol­ta deci­si­va che sta pren­den­do lo scon­tro tra le clas­si in Ita­lia.
Il biso­gno di comu­ni­smo del pro­le­ta­rio e la pra­ti­ca del pote­re ope­ra­io si scon­tra­no con la volon­tà fero­ce di par­te capi­ta­li­sti­ca di schiac­cia­re la clas­se ope­ra­ia e pro­le­ta­ria, rubar­le i frut­ti di anni di lot­te, ribut­tar­la – con l’at­tac­co alle avan­guar­die rivo­lu­zio­na­rie, all’or­ga­niz­za­zio­ne auto­no­ma, con la ristrut­tu­ra­zio­ne, con i licen­zia­men­ti diret­te e indi­ret­ti (gio­va­ni, don­ne ecc.) e con l’at­tac­co al sala­rio – nel­lo sfrut­ta­men­to degli anni più neri. Tut­to que­sto è con­di­zio­ne per i padro­ni e per lo Sta­to per impor­re un nuo­vo coman­do sul­la clas­se ope­ra­ia, sul pro­le­ta­ria­to; sono le con­di­zio­ni per distrug­ge­re la nostra for­za. Vi è poi un altro aspet­to impor­tan­te che è l’i­deo­lo­gia con cui si cer­ca con­ti­nua­men­te di far­ci capi­re che sono giu­sti gli aumen­ti dei prez­zi, la disoc­cu­pa­zio­ne e che, se non sono giu­sti, sono giu­sti­fi­ca­ti, e che comun­que biso­gna sta­re buo­ni per­ché c’è la cri­si e «dob­bia­mo sal­va­re l’e­co­no­mia, la demo­cra­zia, le isti­tu­zio­ni demo­cra­ti­che». La demo­cra­zia ha volu­to e vuol dire che i capi­ta­li­sti coman­da­no e si arric­chi­sco­no men­tre per gli ope­rai e i pro­le­ta­ri signi­fi­ca obbe­di­re, lavo­ra­re per loro ed esse­re sem­pre più sfrut­ta­ti.
«Sal­va­re l’e­co­no­mia» per noi vuol dire con­ti­nua­re a ven­de­re le nostre teste, le nostre brac­cia, la salu­te, la vita per tirar­ci fuo­ri da vive­re, men­tre la ric­chez­za da noi pro­dot­ta ci vie­ne estor­ta. Le «isti­tu­zio­ni demo­cra­ti­che» ser­vo­no a garan­ti­re il regi­me socia­le del­lo sfrut­ta­men­to. La poli­zia, i cor­pi sepa­ra­ti del­lo Sta­to ser­vo­no a difen­de­re le «isti­tu­zio­ni demo­cra­ti­che» man­te­nen­do l’or­di­ne pub­bli­co e cioè, l’or­di­ne del­lo sfrut­ta­men­to, dei pri­vi­le­gi, del­le ingiu­sti­zie. È a par­ti­re da que­sto dibat­ti­to, dal­la veri­fi­ca con­cre­ta nei repar­ti e più in gene­ra­le, che si svi­lup­pa la lot­ta, che pro­se­gue duran­te e dopo il con­trat­to. È a par­ti­re dal­le esi­gen­ze con­cre­te che la lot­ta pone gior­no per gior­no, che nasce e si svi­lup­pa l’or­ga­niz­za­zio­ne auto­no­ma degli ope­rai che vedo­no nel­la pra­ti­ca del pote­re l’u­ni­ca pos­si­bi­li­tà di difen­de­re le loro con­di­zio­ni, la loro for­za, uni­ca garan­zia per la pro­spet­ti­va, in con­trap­po­si­zio­ne al pote­re padro­na­le e alla linea del­le orga­niz­za­zio­ni sin­da­ca­li e dei Con­si­gli di fab­bri­ca che sven­do­no con­ti­nua­men­te inte­res­si, lot­ta, for­za del­la clas­se ope­ra­ia e pro­le­ta­ria ten­tan­do di far cre­de­re alla pos­si­bi­li­tà di uno sboc­co posi­ti­vo, per noi, all’in­ter­no di que­sto siste­ma. È que­sta nuo­va coscien­za che por­ta i com­pa­gni e set­to­ri sem­pre più con­si­sten­ti di ope­rai a far diven­ta­re il repar­to il luo­go pri­vi­le­gia­lo del dibat­ti­to, del­le deci­sio­ni poli­ti­che, del­l’i­ni­zia­ti­va, del­la lot­ta. Così par­to­no i pri­mi cor­tei sera­li con­tro lo straor­di­na­rio di capi e diri­gen­ti; si apre lo scon­tro con la dire­zio­ne azien­da­le e con i lavo­ra­to­ri inte­res­sa­ti con­tro il lavo­ro a domi­ci­lio, con­tro il decen­tra­men­to pro­dut­ti­vo (un altro modo per distrug­ge­re la for­za), con­tro la scel­ta indi­vi­dua­le di usci­re dal­la cri­si, con­tro il ricat­to alla lot­ta.
Il dibat­ti­to pro­se­gue su infla­zio­ne-sala­rio e si comin­cia a lot­ta­re con­tro le cate­go­rie, non più viste in ter­mi­ni di chi è più bra­vo a lavo­ra­re, ma per chi non accet­ta di far­si sfrut­ta­re ed è con­tro i pri­vi­le­gi e le divi­sio­ni. Non si par­la più di pro­fes­sio­na­li­tà, di anni di anzia­ni­tà, ma si chie­de la ridu­zio­ne dra­sti­ca del­le cate­go­rie per aumen­ta­re i sala­ri soprat­tut­to per chi pren­de meno ed è sem­pre sta­to discri­mi­na­to dagli altri. Insie­me a que­sto, il rifiu­to ai tra­sfe­ri­men­ti inter­ni che non sia­no sta­ti deci­si col­let­ti­va­men­te dagli ope­rai. Su que­sto pun­to è impor­tan­te sot­to­li­nea­re l’i­ni­zia­ti­va diret­ta del­le com­pa­gne di alcu­ni uffi­ci che in modo orga­niz­za­to sono sta­te le pri­me a oppor­si agli spo­sta­men­ti, e che oggi – in testa alle lot­te – stan­no discu­ten­do e orga­niz­zan­do­si su tut­ta la loro con­di­zio­ne, di don­ne e di sala­ria­te. Su que­ste ini­zia­ti­ve, la dire­zio­ne, con in testa alcu­ni capi (Guar­ne­ri, Di Pie­tro e altri), comin­cia a far­si viva in dife­sa del­lo sfrut­ta­men­to e del coman­do poli­ti­co in fab­bri­ca. La lot­ta per il con­trat­to, vuo­ta fin dal­l’i­ni­zio con gli ope­rai estra­nei alla lot­ta (per­mes­si, ferie, duran­te gli scio­pe­ri si gio­ca a car­te), comin­cia a pren­de­re sen­so e tro­va i com­pa­gni pron­ti, insie­me a 250 ope­rai cir­ca, a rispon­de­re al decre­to­ne del gover­no Dc con un bloc­co stra­da­le. All’uf­fi­cio tec­ni­co, repar­to del­lo sta­bi­li­men­to, vie­ne espul­so il capo offi­ci­na Dai­do­ne che evi­ta­va sem­pre gli scio­pe­ri e deri­de­va gli ope­rai incaz­za­ti per l’au­men­to del prez­zo del­la ben­zi­na.
Altre fer­ma­te auto­no­me con­tro i capi ven­go­no fat­te anche in altri repar­ti. Vie­ne spaz­za­to via il ten­ta­ti­vo da par­te di alcu­ni capi (Sal­vi ed altri) di orga­niz­za­re il cru­mi­rag­gio. La lot­ta è poli­ti­ca, di que­sto è coscien­te la par­te più atti­va del­la fab­bri­ca. Non si trat­ta di «con­trat­to» ma di pote­re. Al pote­re capi­ta­li­sta si con­trap­po­ne il pote­re ope­ra­io; al coman­do capi­ta­li­sta si con­trap­po­ne il coman­do, l’e­ge­mo­nia del­l’or­ga­niz­za­zio­ne auto­no­ma. Le mano­vre del­la dire­zio­ne diven­ta­no sem­pre più chia­re.
Attac­ca­re diret­ta­men­te i com­pa­gni diven­ta l’o­biet­ti­vo cen­tra­le. Cer­ca­re di far appa­ri­re «ille­ga­li» al resto del­la fab­bri­ca i com­por­ta­men­ti auto­no­mi degli ope­rai fa par­te di que­sto pia­no (cri­mi­na­liz­za­re l’au­to­no­mia).
In que­sto sen­so il padro­ne uti­liz­za i capi, dele­ga­ti, «lavo­ra­to­ri» che si pre­sta­no a que­sto gio­co. Polet­ti Pie­ro denun­cia più vol­te alla dire­zio­ne lavo­ra­to­ri, com­pa­gni e com­pa­gne, per atti­vi­tà poli­ti­ca in fab­bri­ca.
Vie­ne pro­ces­sa­to in assem­blea e revo­ca­to da dele­ga­to da tut­ta l’as­sem­blea. Difen­de­re l’or­ga­niz­za­zio­ne e la for­za è per noi impor­tan­te. Anche più in gene­ra­le lo scon­tro tra le clas­si si alza di livel­lo.
L’in­fla­zio­ne aumen­ta in modo ver­ti­gi­no­so, si chia­ri­sco­no sem­pre di più i ter­mi­ni del­la cri­si, la man­can­za di pro­spet­ti­va degli ope­rai all’in­ter­no del siste­ma capi­ta­li­sta, le pro­vo­ca­zio­ni padro­na­li por­ta­no gli ope­rai a deci­de­re for­me di lot­ta più dure. Il bloc­co del­le mer­ci: la par­te­ci­pa­zio­ne degli ope­rai è atti­va insie­me alla volon­tà di scon­tro. Per la linea sin­da­ca­le il bloc­co del­le mer­ci è la spal­la­ta per la fir­ma del con­trat­to.
Per i com­pa­gni è un momen­to di orga­niz­za­zio­ne del pote­re deci­sio­na­le degli ope­rai, del­la loro for­za, del­la loro capa­ci­tà di impor­si sul coman­do gerar­chi­co del­la fab­bri­ca, sul­le for­ze pro­dut­ti­ve per anda­re avan­ti. Que­sto non pia­ce alla Ces che lascia spa­zio alle pro­vo­ca­zio­ni e gli dà una coper­tu­ra poli­ti­ca. È di nuo­vo Polet­ti che, insie­me a Caset­ta Rober­to (tec­ni­co assun­to da due mesi), deci­de pre­me­di­ta­ta­men­te di inve­sti­re i com­pa­gni sul can­cel­lo del­la fab­bri­ca con una Vol­vo tar­ga­ta MI E74423. La rispo­sta è imme­dia­ta. Cin­que­cen­to ope­rai cir­ca, capi­ta la gra­vi­tà del­la pro­vo­ca­zio­ne, decre­ta­no l’e­spul­sio­ne dal­la fab­bri­ca dei due pro­vo­ca­to­ri (Polet­ti vie­ne allon­ta­na­to imme­dia­ta­men­te da un cor­teo) e con essa cre­sce la coscien­za del­la pro­pria for­za che si mani­fe­sta alcu­ni gior­ni dopo quan­do è Caset­ta a ripre­sen­tar­si in fab­bri­ca chia­ma­to dal­la dire­zio­ne. Lo scio­pe­ro è di nuo­vo auto­no­mo e imme­dia­to. Impos­ses­san­do­si del­l’in­ter­fo­no vie­ne este­so a tut­ta la fab­bri­ca, e Caset­ta vie­ne ricac­cia­to fuo­ri. Alcu­ni gior­ni pri­ma era sta­ta di nuo­vo la dire­zio­ne a chia­ma­re i cara­bi­nie­ri – zelan­ti e arma­ti per difen­de­re i padro­ni – per far por­tar fuo­ri un pac­chet­to dal­la fab­bri­ca. La cel­lu­la del Pci esce con un car­tel­lo che sui fat­ti acca­du­ti dice testual­men­te: «[…] ma se dura è la con­dan­na con­tro que­sti due pro­vo­ca­to­ri, ancor più dura deve esse­re la con­dan­na con­tro chi all’in­ter­no del­la Ces ope­ra una poli­ti­ca di divi­sio­ne».
In sostan­za, se que­sti due devo­no esse­re allon­ta­na­ti, i com­pa­gni devo­no esse­re licen­zia­ti, per­ché esse­re in testa alle lot­te per la cel­lu­la del Pci vuol dire divi­de­re il movi­men­to. Que­sti com­por­ta­men­ti del Pci e del Psi non sono nuo­vi e sono il frut­to di una linea di cedi­men­to e di orga­ni­ca col­la­bo­ra­zio­ne con la rior­ga­niz­za­zio­ne padro­na­le espres­sa nel­le lot­te di que­sti anni. L’i­ni­zia­ti­va del sin­da­ca­to pro­vin­cia­le e di zona – insie­me al Pci e Psi di fab­bri­ca – di far cam­bia­re idea agli ope­rai cir­ca l’e­spul­sio­ne di que­sti due vie­ne bat­tu­ta di nuo­vo (il sin­da­ca­to è costret­to ad alli­near­si), ed è di nuo­vo l’or­ga­niz­za­zio­ne auto­no­ma a muo­ver­si diret­ta­men­te dal repar­to per sma­sche­ra­re que­sto pia­no. Vie­ne così ricon­fer­ma­ta la deci­sio­ne pre­sa. Non c’è posto per pro­vo­ca­to­ri e fasci­sti in fab­bri­ca e nel ter­ri­to­rio pro­le­ta­rio. Lo scon­tro fra le due linee anche alcu­ni gior­ni pri­ma – quan­do i com­pa­gni del magaz­zi­no gene­ra­le e del Ces ave­va­no por­ta­to in fab­bri­ca e in men­sa a man­gia­re (prez­zo poli­ti­co) i lavo­ra­to­ri del­la «Simind» che era­no sta­ti licen­zia­ti con mano­vre losche e che sta­va­no pre­si­dian­do il can­tie­re inter­no alla fab­bri­ca – e poi anco­ra duran­te l’as­sem­blea per l’ap­pro­va­zio­ne del con­trat­to. L’as­sem­blea dicen­do no all’ac­cor­do del con­trat­to ha riba­di­to che in que­sta fase non vi sono pos­si­bi­li­tà di accor­do con i padro­ni. Non esi­ste una solu­zio­ne di com­pro­mes­so, ma solo pote­re con­tro pote­re, for­za con­tro for­za. Per noi quin­di si trat­ta di sma­sche­ra­re e col­pi­re den­tro le fab­bri­che, nel ter­ri­to­rio, nel pae­se, le for­ze del capi­ta­le e chi è con­tro la pro­spet­ti­va di pote­re del­la clas­se ope­ra­ia e pro­le­ta­ria, con­tro la sua eman­ci­pa­zio­ne, con­tro il suo biso­gno di comu­ni­smo. Su que­sta stra­da, lun­ga e dif­fi­ci­le, andia­mo avan­ti oggi con la con­sa­pe­vo­lez­za che la for­za che abbia­mo, quel­la che costrui­re­mo sono l’e­le­men­to cen­tra­le da difen­de­re per garan­tir­ci la pro­spet­ti­va di libe­ra­zio­ne dal­la schia­vi­tù del lavo­ro sala­ria­to. Sul­la que­stio­ne del «decre­to ope­ra­io» di espul­sio­ne di Polet­ti e Caset­ta, l’a­zien­da ha gio­ca­to una pesan­te mano­vra inti­mi­da­to­ria, annun­cian­do licen­zia­men­ti di avan­guar­die rico­no­sciu­te, in gran par­te del Comi­ta­to ope­ra­io comu­ni­sta. Nono­stan­te il pro­nun­cia­men­to con­tra­rio dei com­pa­gni inte­res­sa­ti, il voto con­tra­rio di una cin­quan­ti­na di ope­rai e la volon­tà – riaf­fer­ma­ta dal­la stra­gran­de mag­gio­ran­za del­l’as­sem­blea – di non riman­giar­si il decre­to (anche se parec­chi ope­rai han­no assun­to una posi­zio­ne ela­sti­ca dichia­ran­do espli­ci­ta­men­te che la ragio­ne di que­sto è la volon­tà di tute­la­re a ogni costo e pri­ma di tut­to i sei com­pa­gni) – il sin­da­ca­to ha rag­giun­to un accor­do col padro­ne garan­ten­do la «nor­ma­liz­za­zio­ne» del­le ten­sio­ne in fab­bri­ca e il con­se­guen­te rien­tro (dopo il 15 luglio) dei due figu­ri anti­o­pe­rai. Vedre­mo come la pro­va di for­za si svi­lup­pe­rà: il pro­ble­ma non è la gior­na­ta del 15, il «decre­to o pre­mio» resta vali­do e gli ope­rai sapran­no comun­que impor­re il rispetto.