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Oltre l’umano, oltre i post, oltre…

Oltre l’umano, oltre i post, oltre…

Non si può rimettere il dentifricio nel tubetto

Pub­bli­chia­mo la tra­scri­zio­ne di un inter­ven­to svol­to in occa­sio­ne di un incon­tro orga­niz­za­to dal­le real­tà di Labas e Tpo che ha avu­to luo­go l’11 e 12 set­tem­bre 2021 a Bolo­gna. Vil­ma Maz­za è coau­tri­ce con Gian­mar­co De Pie­ri, Pie­ro Despa­li e Mas­si­mi­lia­no Gal­lob del libro di recen­te pub­bli­ca­zio­ne Gli auto­no­mi. I «pado­va­ni». Dagli anni Ottan­ta al G8 di Geno­va 2001, a cura di Mim­mo Ser­san­te, Deri­veAp­pro­di, 2021.Collabora inol­tre con lo spa­zio «Prag­ma» dell’Archivio Auto­no­mia. «Prag­ma» è uno spa­zio a dispo­si­zio­ne per inter­ven­ti, dibat­ti­ti e rifles­sio­ni sul­la memo­ria del­le pro­get­tua­li­tà teo­ri­che, poli­ti­che e orga­niz­za­ti­ve del­le real­tà dell’Autonomia ope­ra­ia del seco­lo scor­so (vedi anche l’intervista su Machi­na del 3 apri­le scor­so) ma è anche uno spa­zio che «guar­da al futu­ro», che pro­po­ne rifles­sio­ni, ana­li­si e pos­si­bi­li ipo­te­si di sce­na­ri sul­la e del­la real­tà futu­ra, sul­le futu­re «con­trad­di­zio­ni di clas­se». Para­fra­san­do un vec­chio com­pa­gno si può affer­ma­re che nel pre­sen­te, «gran­de è la con­fu­sio­ne sot­to il cie­lo» ma non per que­sto si può con­clu­de­re che «dun­que, la situa­zio­ne è eccel­len­te». C’è quin­di biso­gno di una let­tu­ra non tan­to e non solo dell’oggi, con tut­te le sue real­tà avvol­te da «lac­ci e lac­ciuo­li», ma di uno sguar­do sul­le «ten­den­ze» dei con­flit­ti di clas­se dei pros­si­mi anni e decenni.

* * *

È tem­po di rico­no­sce­re che stia­mo viven­do una nuo­va era. Se sia­mo però in gra­do di rico­no­sce­re qua­li sono gli ele­men­ti nuo­vi che giu­sti­fi­ca­no un cam­bia­men­to epo­ca­le, di fron­te alla radi­ca­le novi­tà non è mai pos­si­bi­le subi­to inqua­drar­ne la com­ples­si­tà. Se ne vede un pic­co­lo pez­zo, su quel­lo indu­gia­no gli sguar­di, lo rico­no­sco­no, risul­ta fami­lia­re, lo si inter­pre­ta con cate­go­rie di cui si è già padro­ni. Il resto, anco­ra sco­no­sciu­to e restio alle inter­pre­ta­zio­ni, si cer­ca spes­so di evi­tar­lo. Basta pen­sa­re, ad esem­pio, a quel che è suc­ces­so all’arrivo del­la pan­de­mia del Covid. La pri­ma rea­zio­ne è sta­ta cer­ca­re di anco­rar­si alle cer­tez­ze cono­sciu­te. Cata­pul­ta­ti da un gior­no all’altro nel­la radi­ca­le novi­tà è spun­ta­ta rapi­da la pau­ra, un sen­ti­men­to con­ser­va­to­re che ha por­ta­to a pro­teg­ger­ci e a pro­teg­ge­re, o si è resta­ti a boc­ca aper­ta, basi­ti, stu­pi­ti, alle vol­te instu­pi­di­ti, iner­mi di fron­te a ciò che accadeva.

Quan­do Marx in gio­va­ne età ha comin­cia­to a scri­ve­re di capi­ta­li­smo riu­sci­va a intra­ve­de­re quel che il mon­do sareb­be diven­ta­to. Il capi­ta­li­smo era ai suoi ini­zi, ma lui riu­sci­va a coglie­re che quel­la cosa era diver­sa dal soli­to sfrut­ta­men­to dell’uomo sull’uomo. Marx era un visionario.

Quan­do ci inter­fac­cia­mo a un nuo­vo cam­bia­men­to d’epoca, non pos­sia­mo pre­ten­de­re di riu­sci­re a met­te­re tut­ti i pez­zi assie­me imme­dia­ta­men­te. È com­pli­ca­to risol­ve­re il pro­ble­ma di come cam­bia­re il mon­do men­tre lo vedia­mo cambiare.

Noi stes­si sen­tia­mo che tut­to sta mutan­do, ma non riu­scia­mo anco­ra bene a inca­stra­re tut­ti i pez­zi nel puzz­le. Dob­bia­mo quin­di armar­ci di pazien­za e al tem­po stes­so esse­re visio­na­ri, ten­ta­re di non appiat­tir­ci su ideo­lo­gie che pre­ten­do­no di aver già capi­to cosa sta suc­ce­den­do, pro­pon­go­no un pac­chet­to inter­pre­ta­ti­vo com­ple­to e spie­ga­no il nuo­vo mon­do con uno sche­ma vec­chio, un pen­sie­ro già chiu­so, un nuo­vo «ismo». Fino­ra diver­se sono sta­te le defi­ni­zio­ni dell’era in cui sia­mo immersi.

C’è chi la defi­ni­sce «antro­po­ce­ne», un’era che ha l’uomo al suo cen­tro e sta anco­ra dibat­ten­do se è ini­zia­ta 3000 anni fa con l’homo sapiens o con la cen­tra­li­tà nel seco­lo scor­so del siste­ma pro­dut­ti­vo industriale.

C’è chi sug­ge­ri­sce che navi­ghia­mo oggi nel «capi­ta­lo­ce­ne», un’era che ha nel capi­ta­le il suo prin­ci­pa­le feno­me­no plasmante.

C’è chi ini­zia a usa­re la defi­ni­zio­ne «ibri­do­ce­ne», una fase che pone al cen­tro l’ibridazione fra fisi­co e vir­tua­le, un’era in cui le cose non sono anco­ra defi­ni­te, l’era dei gran­di cam­bia­men­ti in corso.

C’è chi come Don­na Hara­way, autri­ce vent’anni fa dell’anticipatorio testo Mani­fe­sto Cyborg, aggiun­ge a tut­te que­ste defi­ni­zio­ni anche «cthu­lhu­ce­ne», per sot­to­li­nea­re la neces­si­tà di pen­sa­re a un’epoca al cui cen­tro non c’è solo l’umano ma le varie spe­cie che assie­me al cyborg costrui­sco­no la con­tem­po­ra­nei­tà. Di cer­to una visio­na­ria capa­ce di sti­mo­lar­ci in manie­ra intrigante.

Per spin­ger­ci oltre non pos­sia­mo accon­ten­tar­ci di una sola di que­ste defi­ni­zio­ni, per­ché tut­te cen­tra­no un po’ il pun­to o meglio uno dei pun­ti, dob­bia­mo anche cer­ca­re di anda­re oltre quei dua­li­smi che sia­mo sta­ti abi­tua­ti a con­si­de­ra­re fon­da­men­ta­li e che oggi ci sem­bra­no inservibili.

Come poter par­la­re anco­ra oggi del dua­li­smo uomo/​natura? Sia­mo anco­ra con­vin­ti che pos­sia­mo auspi­ca­re un ritor­no alla natu­ra sel­vag­gia e all’uomo «buon sel­vag­gio» quan­do sia­mo nell’epoca del­le clo­na­zio­ni e del­la natu­ra che cam­bia men­tre noi cam­bia­mo? Pos­sia­mo anco­ra ave­re la pre­te­sa di esse­re gli uni­ci esse­ri sen­zien­ti del­la galas­sia? Può quin­di il con­cet­to di natu­ra esse­re anco­ra rele­ga­to solo al nostro pianeta?

E poi, come pos­sia­mo anco­ra inter­pre­ta­re il pre­sen­te con la dico­to­mia uomo/​macchina, che è sta­ta fon­da­men­ta­le per la nasci­ta del capi­ta­li­smo del­la cate­na di mon­tag­gio, ma vie­ne resa oggi inu­ti­liz­za­bi­le da una pro­dut­ti­vi­tà basa­ta sul cyborg, sul­la con­net­ti­vi­tà, sul lavo­ro immateriale?

Come pos­sia­mo pen­sa­re che pos­sa anco­ra esse­re ser­vi­bi­le la dico­to­mia uomo/​donna, da sem­pre usa­ta per giu­sti­fi­ca­re e spie­ga­re una real­tà di sfrut­ta­men­to e sot­to­mis­sio­ne di gene­re, quan­do par­lia­mo da anni ormai di supe­ra­men­to dei generi?

Il nostro sfor­zo deve anda­re oltre le defi­ni­zio­ni, i dua­li­smi, e anche ben oltre i post, che han­no carat­te­riz­za­to e in par­te con­ti­nua­no a carat­te­riz­za­re la ricer­ca in que­sti anni.

Non è più suf­fi­cien­te, ad esem­pio, par­la­re di post­for­di­smo, uti­le a defi­ni­re il pas­sag­gio del­la cen­tra­li­tà del­lo sfrut­ta­men­to dal­la fab­bri­ca a tut­to il socia­le, così come di post­mo­der­no uti­liz­za­to per defi­ni­re la nuo­va com­ples­si­tà epo­ca­le. C’è l’antico vizio di usa­re i post-qual­co­sa per ammet­te­re che qual­co­sa è cam­bia­to, ma nel defi­nir­lo ci rife­ria­mo a un pas­sa­to cono­sciu­to e ras­si­cu­ran­te. Un modo, in fon­do, per non dover met­te­re tut­to in discussione.

Oltre l’umano

Un ten­ta­ti­vo oggi di defi­ni­re il mon­do in cui vivia­mo con tut­ti que­sti stru­men­ti somi­glia mol­to al ten­ta­ti­vo di rimet­te­re il den­ti­fri­cio den­tro il suo tubetto.

Dove sia­mo quin­di? In che mon­do vivia­mo? Sia­mo in un’epoca, un’era che for­se pos­sia­mo ini­zia­re a descri­ve­re come «oltre l’umano».

Dove abi­tia­mo?

Il nostro habi­tat, ambien­te abi­ta­bi­le, è per lo meno tri­di­men­sio­na­le: sia­mo nel ter­ri­to­rio, sia­mo nel vir­tua­le, sia­mo nell’universo.

Sia­mo nel ter­ri­to­rio, dove il nostro pie­de cal­pe­sta il suolo.

Sia­mo nel 2021, sia­mo 7 miliar­di e 800 milio­ni, dei qua­li il 66,6% uti­liz­za un cel­lu­la­re, il 59,5% ha un acces­so a Inter­net e il 53% è uten­te di social net­work, tra­scor­ren­do media­men­te 7 ore al gior­no onli­ne. Que­sti dati basta­no per ren­der­ci con­to che la dimen­sio­ne digi­ta­le è rea­le, sia­mo anche questo.

Sia­mo nell’uni­ver­so, dimen­sio­ne intri­gan­te su cui vale la pena sof­fer­mar­si. La geo­po­li­ti­ca spa­zia­le non è fan­ta­scien­za, dob­bia­mo comin­cia­re a par­la­re di satel­li­ti, di estra­zio­ne da aste­roi­di e di ter­ra­for­ma­zio­ne, per­ché tut­to que­sto, men­tre ne discu­tia­mo, sta già avvenendo.

I satel­li­ti

Oggi ci sono cir­ca 2700 satel­li­ti in orbi­ta, di cui si ser­vo­no tut­te le fun­zio­ni digi­ta­li che quo­ti­dia­na­men­te uti­liz­zia­mo. Di que­ste mac­chi­ne orbi­tan­ti 1300 sono ame­ri­ca­ne, 300 sono cine­si, 280 di mul­ti­na­zio­na­li, seguo­no quel­le di altri vari Sta­ti. Per immet­te­re un satel­li­te in atmo­sfe­ra c’è biso­gno di una piat­ta­for­ma di lan­cio. Chiun­que, aven­do i capi­ta­li, può com­pra­re un satel­li­te ma per met­ter­lo in fun­zio­ne dovrà paga­re qual­cu­no che può per­met­ter­si la tec­no­lo­gia neces­sa­ria per lan­ciar­lo. A oggi chi sono i «lan­cia­to­ri nel­lo spa­zio»? Sei pae­si, poten­ze vec­chie o emer­gen­ti, Usa, Cina, Rus­sia, Fran­cia (… e non l’Europa), Giap­po­ne e India. A que­sti si sono aggiun­ti tre pri­va­ti, Spa­ce X con Elon Musk e Pay­pal, Blue Ori­gin con Jeff Bezos e Ama­zon, Vir­gin Galac­tic con Richard Bran­son e Vir­gin Group. Per­ché van­no mes­si assie­me logo e per­so­na? Per­ché dob­bia­mo sem­pre pen­sa­re al pote­re non come una cosa astrat­ta. I nemi­ci, anche in que­sta nuo­va era, non ci man­ca­no, han­no vol­ti, luo­ghi e con­te­sti ben defi­ni­ti. Que­sti colos­si stan­no acqui­sen­do infat­ti un tale pote­re tec­no­lo­gi­co che gli stes­si Sta­ti Uni­ti per lan­cia­re i satel­li­ti usa­no più le piat­ta­for­me di lan­cio pri­va­te che quel­le sta­ta­li. Tut­to que­sto comin­cia a inte­res­sa­re anche il nostro pic­co­lo, le nostre dimen­sio­ni loca­li. Nel­le nostre uni­ver­si­tà, come a Bolo­gna, per esem­pio, c’è un cor­so uni­ver­si­ta­rio spe­ci­fi­co in pro­get­ta­zio­ne di satelliti.

Le nuo­ve fron­tie­re di ricer­ca nell’utilizzo dei satel­li­ti riguar­da­no anche lo stoc­cag­gio dei dati attra­ver­so la fisi­ca quan­ti­sti­ca. Sap­pia­mo tut­ti che Goo­gle accu­mu­la big data, i nostri big data, e sap­pia­mo che que­sti van­no a fini­re nel­le big farm, strut­tu­re sem­pre più gran­di, sem­pre più poten­ti, sem­pre meglio con­trol­la­te e blin­da­te. A bre­ve, tra­mi­te la com­pres­sio­ne dei dati con la fisi­ca quan­ti­sti­ca e il loro con­se­guen­te stoc­cag­gio sui satel­li­ti, vedre­mo aumen­ta­re a dismi­su­ra la mili­ta­riz­za­zio­ne del­lo spa­zio per difen­de­re i dati dal­la pre­da­zio­ne altrui. La guer­ra nel­lo spa­zio sta cam­bian­do, è già un mec­ca­ni­smo mol­to com­ples­so, non è più da tem­po quel­la fra ame­ri­ca­ni e rus­si come ai tem­pi di Lai­ka e dell’uomo sul­la Luna.

Estra­zio­ne sugli asteroidi

Se par­lia­mo di spa­zio dob­bia­mo dir­ci che l’estrazione di mate­ria­li sugli aste­roi­di è già real­tà. Mate­rie pri­me rare, quel­le che ven­go­no chia­ma­ti «metal­li rari», neces­sa­rie per il fun­zio­na­men­to dei dispo­si­ti­vi mobi­li e poco dispo­ni­bi­li sul­la Ter­ra, sono pre­sen­ti abbon­dan­te­men­te sugli aste­roi­di. L’utilizzo di robot e dro­ni al fine di estrar­re mate­ria­li e ripor­tar­li sul­la Ter­ra è già a tema. Que­sto com­por­ta, per comin­cia­re, un gran­dis­si­mo pro­ble­ma giu­ri­di­co. Così come gli ocea­ni sono infat­ti con­si­de­ra­ti pro­prie­tà dell’umanità, cioè di tut­ti, a usu­frut­to di tut­ti, per cui chiun­que con la sua bar­ca può tran­quil­la­men­te andar­ci a pesca­re, così l’unica leg­ge inter­na­zio­na­le sul­lo spa­zio del 1967 dichia­ra i cor­pi cele­sti pro­prie­tà dell’umanità. Se una cor­po­ra­tion non può quin­di giu­ri­di­ca­men­te pren­de­re pos­ses­so di un aste­roi­de, può però estrar­ne mate­ria­li e por­tar­se­li a casa, crean­do un enor­me pro­ble­ma di con­cor­ren­za. Anche in que­sto caso le nuo­ve fron­tie­re dell’estrattivismo andran­no pro­tet­te militarmente.

Pro­via­mo a non esse­re mio­pi. È impos­si­bi­le che tut­to que­sto non abbia riper­cus­sio­ni imme­dia­te anche sul nostro pia­ne­ta, per­ché i robot che le cor­po­ra­tion stan­no pro­get­tan­do per por­ta­re avan­ti l’estrazione di mate­ria­li nel­lo spa­zio saran­no imme­dia­ta­men­te uti­liz­za­bi­li per i pro­get­ti di frac­king o estra­zio­ne sul­la Terra.

Ter­ra­for­ma­zio­ne

La ter­za gran­de fron­tie­ra del­la ricer­ca spa­zia­le è la ter­ra­for­ma­zio­ne. Anco­ra non sap­pia­mo se alla fine l’umanità vivrà mai su Mar­te, fat­to sta che tut­ta la tec­no­lo­gia che vie­ne uti­liz­za­ta per ter­ra­for­ma­re il pia­ne­ta ros­so è asso­lu­ta­men­te già appli­ca­bi­le sul­la ter­ra. Stia­mo par­lan­do per esem­pio di nuo­ve con­fi­gu­ra­zio­ni antro­pi­che. È noto l’esperimento che ha coin­vol­to due gemel­li astro­nau­ti, Scott e Mark Kel­ly, uno dei qua­li restan­do un anno in orbi­ta sul­la ISS ha visto cam­bia­re la sua strut­tu­ra mor­fo­lo­gi­ca per rispon­de­re all’adattamento ambien­ta­le spa­zia­le, men­tre l’altro, nel­la sua quo­ti­dia­ni­tà ter­re­stre, non ha subi­to alcu­na modi­fi­ca. Tut­to que­sto apre nuo­vi sce­na­ri alla ricer­ca medi­ca e non.

Ter­ra­for­ma­re Mar­te signi­fi­ca pro­get­ta­re nuo­ve col­tu­re che pos­sa­no resi­ste­re in quel suo­lo ma che saran­no anche uti­lis­si­me sul­la ter­ra per met­te­re a col­ti­va­zio­ne ampie zone del nostro pia­ne­ta in via di deser­ti­fi­ca­zio­ne così come il cam­bia­men­to del­la nostra strut­tu­ra antro­pi­ca potreb­be ser­vi­re alla nostra spe­cie per con­ti­nua­re a vive­re e sfrut­ta­re quel­le zone del pia­ne­ta a noi già inaccessibili.

Tut­ti que­sti aspet­ti del­le nuo­ve fron­tie­re spa­zia­li com­por­ta­no una neces­si­tà di con­trol­lo diret­to per pro­teg­ge­re i pro­pri inve­sti­men­ti, l’utilizzo di nuo­vi sape­ri per spe­ri­men­ta­zio­ni mili­ta­ri, un’enorme quan­ti­tà di capi­ta­le e la com­par­sa ine­vi­ta­bi­le di nuo­vi con­flit­ti di pote­re, per­ché è sem­pre più chia­ro, oggi come nel seco­lo scor­so, che chi con­trol­la lo spa­zio con­trol­la anche la Terra.

I mat­to­ni del nostro habitat

L’intelaiatura del nostro habi­tat tri­di­men­sio­na­le (ter­ri­to­rio, vir­tua­le e spa­zio) è sor­ret­ta dal­le siner­gie di quel­le che ven­go­no defi­ni­te tec­no­lo­gie convergenti.

Par­lia­mo di scien­ze come le bio­tec­no­lo­gie, ovve­ro qual­sia­si appli­ca­zio­ne tec­no­lo­gi­ca che uti­liz­zi siste­mi bio­lo­gi­ci, esse­ri viven­ti o loro deri­va­ti per rea­liz­za­re pro­dot­ti per un uso spe­ci­fi­co. È di que­sti gior­ni la noti­zia del­lo svi­lup­po in cam­po agri­co­lo del­le cosid­det­te NGT, «nuo­ve tec­ni­che gene­ti­che», in par­te appro­va­te anche dai Ver­di, e che van­no oltre i «cat­ti­vi OGM», che abbia­mo impa­ra­to a com­bat­te­re, ma che si dice potreb­be­ro esse­re uti­lis­si­me per lo svi­lup­po dell’agricoltura e per con­tra­sta­re la fame nel mondo.

Par­lia­mo di nano­tec­no­lo­gie, quel ramo del­la scien­za appli­ca­to alla tec­no­lo­gia che com­por­ta il con­trol­lo del­la mate­ria su sca­la dimen­sio­na­le di un nano­me­tro, un miliar­de­si­mo di un metro, mani­po­la­zio­ne del­la mate­ria a livel­lo ato­mi­co. Le sue appli­ca­zio­ni sono già tan­te, dall’energia alla puli­zia dell’acqua, alla medicina.

Par­lia­mo di tec­no­lo­gie dell’informazione, l’insieme dei meto­di e del­le tec­ni­che uti­liz­za­te nel­la tra­smis­sio­ne, rice­zio­ne e ela­bo­ra­zio­ne dei dati.

Par­lia­mo di scien­ze cogni­ti­ve, disci­pli­ne che han­no per ogget­to lo stu­dio dei pen­sie­ri cogni­ti­vi uma­ni e arti­fi­cia­li come l’Intelligenza Arti­fi­cia­le, le neu­ro­scien­ze, la psi­co­lo­gia cogni­ti­va, l’antropologia.

Tut­ti que­sti rami del­le scien­ze oggi sono for­za­ti dal pote­re a pen­sar­si par­cel­liz­za­ti. Non è astra­zio­ne o pen­sie­ro futu­ri­bi­le, è la nostra real­tà, per cui come un tem­po era neces­sa­rio cono­sce­re atten­ta­men­te il ciclo di pro­du­zio­ne di fab­bri­ca per sabo­tar­lo e riap­pro­priar­si del sala­rio uscen­do dal ricat­to del lavo­ro, così oggi è neces­sa­rio capi­re il fun­zio­na­men­to di scienze/​tecnologie per estrar­ne il poten­zia­le di libe­ra­zio­ne. Dei pic­co­li esem­pi: for­se con le nano­tec­no­lo­gie potrem­mo esse­re in gra­do di cura­re varie malat­tie? For­se gli eso­sche­le­tri saran­no cer­ta­men­te uti­liz­za­ti per i sol­da­ti cyborg, ma potreb­be­ro aiu­ta­re a cam­mi­na­re tut­ti quel­li oggi in car­roz­zi­na? E allo­ra no agli eso­sche­le­tri armi di mor­te e agli eso­sche­le­tri per chi potreb­be aver­ne biso­gno per vive­re meglio e non solo per chi può pagarseli.

Que­sto è il mon­do in cui sia­mo, dove sia­mo situa­ti come si usa dire oggi. Toc­ca a noi svi­lup­pa­re un intrec­cio di sape­ri mul­ti­di­sci­pli­na­ri libe­ri, che fac­cia­no inte­ra­gi­re le scien­ze accom­pa­gna­te, per­ché no, dal­la capa­ci­tà anti­ci­pa­to­ria di altri lin­guag­gi come quel­li artistici.

Oltre l’umano

L’umano come lo inten­do­no le reli­gio­ni che met­to­no al cen­tro l’uomo in quan­to crea­to da un dio e anche l’umano come lo inten­de il pen­sie­ro progressista/​laico che met­te al cen­tro l’homo sapiens, tap­pa ulti­ma e immu­ta­bi­le dell’evoluzione e rife­ri­men­to del Tutto.

Anda­re oltre l’umano per non resta­re schiac­cia­ti da visio­ni cata­stro­fi­che che non per­met­to­no di vede­re oltre, come se la fine del­la sto­ria fos­se pos­si­bi­le. Sia­mo abi­tua­ti a pen­sa­re la spe­cie uma­na come il Tut­to e non inve­ce come una par­zia­li­tà den­tro un insie­me più ampio di Tut­to, fat­to di Ter­ra, cosmo, specie…

Insom­ma, in poche paro­le, rela­ti­viz­zia­mo­ci, sia­mo in com­pa­gnia del T‑Rex, di ET e di Roy Batty.

Coman­do finanziario

Con que­ste pre­mes­se pro­via­mo a dare un nome per inqua­dra­re il pote­re con­tem­po­ra­neo: coman­do finan­zia­rio. Le paro­le che usia­mo pla­sma­no la nostra real­tà e con­ti­nua­re a usa­re paro­le vec­chie per inter­pre­ta­re feno­me­ni nuo­vi è un mec­ca­ni­smo regres­si­vo. È tem­po di rom­pe­re il nostro les­si­co e for­zar­lo per costrui­re un nuo­vo vocabolario.

Par­tia­mo da alcu­ne defi­ni­zio­ni mar­xi­ste. In par­ti­co­la­re dal­le pagi­ne dei Grun­dris­se quan­do Marx si sof­fer­ma sul fat­to che il capi­ta­le non è il Sog­get­to a tut­to ton­do al qua­le ricon­dur­re ogni cosa ma un rap­por­to socia­le e di clas­se, un rap­por­to di for­za, con i suoi alti e bas­si, che si svi­lup­pa nel­le lot­te di clas­se, in for­me con­trad­di­to­rie e in peren­ne evo­lu­zio­ne. L’inarrestabile con­flit­to tra il capi­ta­le che guar­da al pro­fit­to e il lavo­ro che vuo­le liberarsi.

Lascia­mo per­de­re tut­te le teo­rie che fan­no del capi­ta­le un Moloch inattaccabile.

Il mon­do in cui vivia­mo l’abbiamo costrui­to noi. Nel­la real­tà, ancor oggi più per­va­si­va­men­te, vedia­mo con­fi­gu­rar­si la con­ti­nua ten­sio­ne ambi­va­len­te fra le pos­si­bi­li­tà di libe­ra­zio­ne e le bar­ba­re bra­me di profitto.

Fac­cia­mo anche in que­sto caso dei pic­co­li esempi.

Pen­sia­mo ai bit­coin. È il 2008, esplo­de la lun­ga fase di cri­si eco­no­mi­ca. Pri­mo gen­na­io 2009, ven­go­no vara­ti i bit­coin. All’inizio, il grup­po di infor­ma­ti­ci che ha inven­ta­to l’algoritmo dei bit­coin, noti con lo pseu­do­ni­mo di Sato­shi Naka­mo­to, ha pen­sa­to a un mec­ca­ni­smo di rot­tu­ra, per­ché le inten­zio­ni era­no quel­le di strap­pa­re la mone­ta al mono­po­lio degli Sta­ti e del­le ban­che. Nel cor­so degli anni, inve­ce, il bit­coin è diven­ta­to una valu­ta usa­ta per esem­pio da El Sal­va­dor come mone­ta sta­ta­le, ulti­ma spiag­gia per atti­ra­re i gran­di capi­ta­li. I bit­coin, par­ti­ti in un cer­to modo oggi sono diven­ta­te una valu­ta come tut­te le altre.

Per con­ti­nua­re, quan­do per la pri­ma vol­ta nel ’57 fu man­da­to il pri­mo segna­le di dati tra­mi­te pac­ket swit­ching tele­fo­ni­co, i tipi che ave­va­no le due cor­net­te del tele­fo­no in mano sape­va­no che quel modo di comu­ni­ca­re era total­men­te diver­so dai pre­ce­den­ti, cer­to non pote­va­no imma­gi­na­re Inter­net. In real­tà era uno dei pri­mi pas­si di quel­lo che sareb­be poi diven­ta­to Inter­net, qual­co­sa che ave­va le poten­zia­li­tà di libe­ra­re una nuo­va for­ma di comu­ni­ca­zio­ne, ma anche in que­sto set­to­re i rap­por­ti di capi­ta­le han­no fat­to vale­re la loro vora­ci­tà di profitto.

Ovun­que guar­dia­mo tro­via­mo sem­pre poten­zia­li­tà di libe­ra­zio­ne e capa­ci­tà di sfrut­ta­men­to al ser­vi­zio del­le logi­che di profitto.

Un ulti­mo esem­pio: Goo­gle è sfrut­ta­men­to, ma è costrui­to su del­le poten­zia­li­tà di libe­ra­zio­ne comu­ni­ca­ti­ve e appli­ca­ti­ve immense.

Si è pro­va­to fino­ra a defi­ni­re in vari modi il capitalismo.

Capi­ta­li­smo bio­po­li­ti­co (Fou­cault), ovve­ro un rap­por­to di capi­ta­le che non agi­sce più solo sul­la rela­zio­ne di lavo­ro ma entro cui gli stes­si cor­pi sono mes­si a valore.

Capi­ta­li­smo del­la sor­ve­glian­za (Zuboff), ovve­ro il con­trol­lo e la mes­sa a valo­re da par­te del­le big com­pa­nies di tut­ti i dati che pro­du­cia­mo acce­den­do all’infosfera.

Capi­ta­li­smo finan­zia­rio, defi­ni­zio­ne che coglie il momen­to sto­ri­co in cui sia­mo e dove, se pri­ma secon­do il dog­ma mar­xia­no il dena­ro pro­du­ce­va mer­ce e poi la mer­ce pro­du­ce­va dena­ro, oggi vivia­mo inve­ce in una dimen­sio­ne in cui è lo stes­so dena­ro a pro­dur­re altro dena­ro tra­mi­te la spe­cu­la­zio­ne in bor­sa, una dimen­sio­ne tal­men­te per­va­si­va che è diven­ta­to uno dei mec­ca­ni­smi che rego­la il pre­sen­te. E anco­ra, è dena­ro vir­tua­le che pro­du­ce dena­ro vir­tua­le, ren­den­do ancor più mani­fe­sto come que­sto sia un’astrazione, una convenzione.

La nuo­va for­ma del pote­re capi­ta­li­sta oggi si espri­me con il coman­do finan­zia­rio. Un inte­gra­to di mec­ca­ni­smi carat­te­riz­za­ti dal­la vora­ci­tà e dal­la per­va­si­vi­tà del­le logi­che di pro­fit­to, ali­men­ta­to da nuo­ve rego­le e codi­ci che agi­sco­no attra­ver­so algo­rit­mi, secon­do rego­le pro­prie e oltre i mec­ca­ni­smi clas­si­ci dell’economia.

Nel­le pre­ce­den­ti fasi for­se tut­to sem­bra­va più chia­ro. Al tem­po del for­di­smo tut­to era più leg­gi­bi­le: il capi­ta­li­smo si appog­gia­va agli Sta­ti-nazio­ne per far pro­dur­re la fab­bri­ca per­ché que­sti ave­va­no il mono­po­lio dell’uso del­la for­za e del con­trol­lo del­la socie­tà. Già negli anni del capi­ta­li­smo bio­po­li­ti­co e del­la glo­ba­liz­za­zio­ne, i mec­ca­ni­smi diven­ta­no più flui­di e con­trad­di­to­ri. Pen­sia­mo solo alla fun­zio­ne del­lo Sta­to-nazio­ne pro­fon­da­men­te modi­fi­ca­ta dal­la spin­ta del pote­re ver­so le gran­di isti­tu­zio­ni inter­na­zio­na­li mul­ti­le­vel (Fmi, G8, Bce, Com­mis­sio­ne euro­pea, G2, G20…) a cui vie­ne dele­ga­ta, in par­te e in manie­ra con­trad­di­to­ria, la ten­sio­ne a gover­na­re il pianeta.

Il coman­do finan­zia­rio, per usa­re una meta­fo­ra, è una «gio­stra a cal­ci in culo» in cui tut­ti voglio­no sali­re sui seg­gio­li­ni per cer­ca­re di arri­va­re al pre­mio, sgo­mi­tan­do e spin­gen­do a più non pos­so, allean­do­si prov­vi­so­ria­men­te con chi ti dà una spin­ta sal­vo poi scal­ciar­lo per arri­va­re per pri­mi. Poi la gio­stra si fer­ma per ripar­ti­re poco dopo anco­ra con tut­ti i seg­gio­li­ni pieni.

Nes­su­no vuo­le resta­re esclu­so dal­la pos­si­bi­li­tà del pre­mio. Un gio­co a cui tut­ti voglio­no par­te­ci­pa­re, che sia­no i gran­di capi­ta­li, i sot­to­si­ste­mi di pote­re o l’ultimo migran­te sbar­ca­to sul­le nostre coste con la spe­ran­za di vive­re una vita migliore.

Cer­to non tut­ti i poten­zia­li gio­ca­to­ri han­no lo stes­so peso e la stes­sa staz­za. Sof­fer­mia­mo­ci sui gio­ca­to­ri più for­ti, quel­li che chia­mia­mo sottosistemi.

Pre­mes­sa: quan­do par­lia­mo di sot­to­si­ste­mi par­lia­mo anche di una situa­zio­ne in evo­lu­zio­ne, con­flit­tua­le e con­trad­di­to­ria al pro­prio interno.

Per sot­to­si­ste­mi oggi inten­dia­mo sia le vec­chie e nuo­ve poten­ze sta­ta­li come Sta­ti Uni­ti, Cina, Rus­sia, India e Giap­po­ne ecc., sia i gran­di agglo­me­ra­ti di movi­men­ta­zio­ne di capi­ta­le come l’economia cri­mi­na­le, che muo­ve a oggi il 7% del Pil mondiale.

Inten­dia­mo le big cor­po­ra­tion ma anche il sot­to­si­ste­ma cre­scen­te dell’islam poli­ti­co, una ideo­lo­gia vio­len­te­men­te rea­zio­na­ria che sta pren­den­do pie­de paral­le­la­men­te ai nostri popu­li­smi e che è l’idea di un gover­no del­la socie­tà che met­ta al pri­mo posto la religione.

Ana­liz­za­re gli islam poli­ti­ci, tan­ti e spes­so in diret­ta com­pe­ti­zio­ne bel­li­ca fra loro, è impor­tan­te per ren­der­si con­to di come quan­to è suc­ces­so, ad esem­pio, in Afgha­ni­stan non sia impu­ta­bi­le uni­ca­men­te agli Usa, ma si inse­ri­sca den­tro la com­ples­si­tà del coman­do finan­zia­rio, aiu­tan­do­ci ad anda­re oltre il discor­so post-colo­nia­le. Quan­do par­lia­mo di Afgha­ni­stan, cer­to è anco­ra fon­da­men­ta­le tene­re ben pre­sen­te il gio­co di scac­chi fra i vec­chi sot­to­si­ste­mi nazio­na­li di Usa, Rus­sia e Cina per il con­trol­lo dei ter­ri­to­ri, ma è però anche neces­sa­rio ricor­da­re che è lì che l’80% dell’eroina mon­dia­le vie­ne pro­dot­ta. Se negli ulti­mi 20 anni la guer­ra in Afgha­ni­stan è costa­ta agli ame­ri­ca­ni 2300 miliar­di di dol­la­ri, nel­lo stes­so perio­do i tale­ba­ni tra­mi­te il traf­fi­co d’oppio si sti­ma abbia­no gua­da­gna­to 120 miliar­di di dol­la­ri, distri­buen­do red­di­ti e con­trol­lan­do socie­tà e con­sen­so. È così che il nuo­vo gover­no tale­ba­no entra a pie­no nel siste­ma di coman­do finan­zia­rio. Que­sto anche gra­zie alle ipo­cri­sie del proi­bi­zio­ni­smo imperante.

Come ulti­mo pun­to va anche tenu­to pre­sen­te che esi­ste un popo­lo afgha­no, al cui inter­no vi è una par­te, non cer­to mino­ri­ta­ria, respon­sa­bi­le del­la situa­zio­ne di ter­ri­bi­le vio­len­za e non solo un’innocente mario­net­ta maneg­gia­ta da altri, un’altra par­te, anche que­sta non mino­ri­ta­ria, che accet­ta la situa­zio­ne e una mino­ran­za in par­ti­co­la­re le don­ne che resi­sto­no. A loro il nostro mas­si­mo rispetto.

Pic­co­lo inci­so: ricor­dia­mo­ci che se par­lia­mo di sot­to­si­ste­mi val la pena cita­re anche la gran­de azien­da Chie­sa Cat­to­li­ca, con il suo mana­ger Papa Fran­ce­sco, che se anche al momen­to ha dei gros­si pro­ble­mi di sol­vi­bi­li­tà e con­tan­te con­ti­nua a esse­re una strut­tu­ra di pote­re non indifferente.

Ana­liz­za­re i sot­to­si­ste­mi ci ser­ve per non sem­pli­fi­ca­re, per ren­der­ci con­to che esi­sto­no anco­ra dei pote­ri fisi­ci che si pos­so­no affron­ta­re e col­pi­re, sen­za con­ti­nua­re ad addos­sa­re la tota­li­tà del­le respon­sa­bi­li­tà ai soli­ti noti, come gli Usa o le ban­che, che fra l’altro si carat­te­riz­za­no oggi come del­le isti­tu­zio­ni for­te­men­te in ritar­do sul­le tec­no­lo­gie di comando.

Anche qui un pic­co­lo esem­pio: men­tre i ver­ti­ci del­la Bce dichia­ra­no che nei pros­si­mi cin­que anni pen­sa­no di rea­liz­za­re l’emissione di una mone­ta digi­ta­le, la Cina una mone­ta digi­ta­le già la pos­sie­de ed è una mone­ta a loro uti­lis­si­ma per com­mer­cia­re con quei pae­si come Iran o Corea del Nord che sono sot­to­po­sti a san­zio­ni, garan­ten­do così il com­mer­cio libe­ro dai vin­co­li degli Swift, i codi­ci di pro­to­col­lo che ognu­no di noi ha sul pro­prio con­to corrente.

Che fare?

Intan­to capir­ci qualcosa.

Tut­to quel che è l’assetto glo­ba­le oggi abbi­so­gna quin­di di appro­fon­di­men­to, per cono­sce­re le visce­re del coman­do finan­zia­rio, i suoi ingra­nag­gi. Abbia­mo neces­si­tà di inter­lo­qui­re con esper­ti di diver­si set­to­ri, dob­bia­mo comin­cia­re a inter­pre­ta­re il pre­sen­te attra­ver­so un mul­ti­pen­sie­ro, che fac­cia comu­ni­ca­re scien­ze e sape­ri differenti.

Abbia­mo biso­gno di un nuo­vo voca­bo­la­rio che allon­ta­ni vec­chi lem­mi come quei «beni comu­ni» defi­ni­ti qua­si come enti­tà fis­sa­te e immo­bi­li in un mon­do in cui inve­ce tut­to è in tran­si­to e in cui si può puli­re e ren­de­re pota­bi­le l’acqua con l’uso di nanotecnologie.

Un nuo­vo voca­bo­la­rio che non si pie­ghi alle faci­li mode, come ad esem­pio la paro­la ormai diven­ta­ta un man­tra: resi­lien­za. Che asso­mi­glia più all’atteggiamento di Fan­toz­zi davan­ti al padro­ne, ovve­ro l’adattamento pri­vo di con­flit­to a ogni situa­zio­ne in cui si è costret­ti a vivere.

Per­ché non pro­va­re a inse­ri­re nel nostro les­si­co paro­le come mul­ti­di­sci­pli­na­rie­tà, rela­zio­ne, inter­di­pen­den­za, con­ta­mi­na­zio­ne? Per­ché non pro­va­re ad ascol­ta­re un fisi­co e insie­me guar­da­re un film che par­la di don­ne afgha­ne? Per­ché non sfi­da­re la mesco­lan­za di sape­ri? For­se riu­sci­rem­mo così a costrui­re una cono­scen­za auto­no­ma, una coo­pe­ra­zio­ne del­le cono­scen­ze come atto di auto­no­mia per ave­re una visio­ne del futu­ro e pra­ti­ca­re un pre­sen­te di libertà.

Oltre a capir­ci qual­co­sa dovrem­mo anche por­ci nuo­ve doman­de, men­tre inda­ghia­mo. Con/​ricerca, inchie­sta andreb­be­ro illu­mi­na­te da una nuo­va luce.

Anche nel fare dovrem­mo por­ci nuo­vi inter­ro­ga­ti­vi: come ci orga­niz­zia­mo, come lot­tia­mo, come agia­mo il con­flit­to, come resi­stia­mo, ma anche sabo­tia­mo il potere?

Insom­ma come rian­no­dia­mo teo­ria e pra­ti­ca den­tro l’orizzonte del nostro tem­po in cambiamento.

«Io ne ho viste cose che voi uma­ni non potre­ste imma­gi­nar­vi: navi da com­bat­ti­men­to in fiam­me al lar­go dei bastio­ni di Orio­ne, e ho visto i rag­gi B bale­na­re nel buio vici­no alle por­te di Tan­n­häu­ser».

Dal film Bla­de runner

Imma­gi­ne: Mau­ri­zio Can­na­vac­ciuo­lo, Clau­dio, 1995, olio su tela, 190 x 110 cm

Oltre l’umano #2

Oltre l’umano #2

Di 0‑V3 MZ.

Pun­ta­te precedenti

E’ tem­po di rico­no­sce­re che vivia­mo in una nuo­va era ed abbia­mo biso­gno di un nuo­vo les­si­co. Il nostro habi­tat è tri­di­men­sio­na­le (ter­ri­to­rio, vir­tua­le e spa­zio), sor­ret­to dal­la siner­gia del­le tec­no­lo­gie con­ver­gen­ti. Il capi­ta­le è un rap­por­to socia­le, di clas­se, di for­za, ter­re­no del­lo scon­tro tra pro­fit­to e libe­ra­zio­ne. Il coman­do finan­zia­rio, gui­da­to da algo­rit­mi che van­no oltre le rego­le clas­si­che dell’economia, in cui si muo­vo­no sot­to­si­ste­mi vec­chi e nuo­vi di pote­re,  non è un Moloch defi­ni­ti­va­men­te vin­cen­te. Che fare:https://municipiozero.it/oltre-lumano-oltre-i-post-oltre-non-si-puo-rimettere-il-dentifricio-nel-tubetto/

Oltre l’umano #2

Il futu­ro ini­zia oggi non domani

* In tran­si­zio­ne 

Stia­mo viven­do in tem­po rea­le la tran­si­zio­ne dal post all’oltre uma­no. Il nostro tem­po sto­ri­co, que­sti decen­ni di ini­zio mil­le­nio, sono un tem­po pie­no di non più e non anco­ra. Un tem­po di tran­si­zio­ne, in cui però pos­sia­mo vede­re cose che ci pos­so­no esse­re mol­to uti­li per usci­re dal pas­sa­to e muo­ver­ci con mag­gio­re libertà.

Non più solo il tem­po dei post (post-for­di­smo, post-moder­no …), carat­te­riz­za­to dal ren­de­re evi­den­te la fine del ciclo pre­ce­den­te. Il tem­po dei post è sta­to impor­tan­te per dare valo­re e attra­ver­sa­re le dif­fe­ren­ze, non più ricon­du­ci­bi­li a uno (don­na-uomo, uomo-mac­chi­na, uomo- natu­ra.. ). E’ sta­to come aggiun­ge­re let­te­re al nostro alfa­be­to, per pro­va­re a scri­ve­re un nuo­vo lin­guag­gio del­la libe­ra­zio­ne. Le dif­fe­ren­ze, dive­nu­te dico­to­mie incon­ci­lia­bi­li, non si pote­va­no cer­to ridur­re a uno, for­zan­do­le ad uni­tà con il vec­chio alfa­be­to nove­cen­te­sco, infi­lan­do­le in teo­rie pre­con­fe­zio­na­te di lot­ta. Sareb­be sta­to come rema­re con­tro la realtà.

Non anco­ra appie­no il tem­po dell’oltre, ma un tem­po in cui ini­zia­no a dar­si nuo­ve pos­si­bi­li for­me di ricom­po­si­zio­ne inte­sa come pos­si­bi­le libe­ra­zio­ne. Un tem­po in cui agi­sco­no for­me di sog­get­ti­va­zio­ne, come si dice oggi, ovve­ro sog­get­ti con carat­te­ri­sti­che nuo­ve a cui guar­da­re e che pos­so­no allu­de­re a nuo­ve for­me di ricomposizione. 

Per affron­ta­re que­sta visio­ne ci ser­ve il con­cet­to di ibri­do. La paro­la ibri­do ha una eti­mo­lo­gia incer­ta, per la mag­gio­re va l’ipotesi che deri­vi dal lati­no hybrĭ­da «bastar­do» o dal­la paro­la greca 

ὕβρις, quel­la di Pro­mo­teo per capir­ci. Bastar­do, nel­la vul­ga­ta signi­fi­ca di ori­gi­ni dub­bie, un qual­co­sa di nuo­vo, altro dal­le sue ori­gi­ni. Non solo una som­ma­to­ria lim­pi­da di cose ma inve­ce un mix inno­va­ti­vo. Insom­ma una qua­li­tà mol­to uti­le non solo per defi­ni­re i nuo­vi sog­get­ti del tem­po del­la tran­si­zio­ne dal post all’oltre ma anche le for­me del­la real­tà, del siste­ma in cui vivia­mo, per­fi­no del potere. 

* Tra sacro e profano. 

Pri­ma di avviar­ci lun­go i cam­mi­ni ibri­di del nostro tem­po sto­ri­co in tran­si­zio­ne tra i post e l’oltre, dob­bia­mo sce­glie­re, una vol­ta per tut­te la bus­so­la con cui inten­dia­mo orien­tar­ci. Eh sì, per­ché sen­za bus­so­la non defi­nia­mo il nostro nord e bran­co­lia­mo come ubriachi. 

Come avan­zia­mo nel­la tran­si­zio­ne tra post e oltre, in que­sto tem­po di cam­bia­men­ti, di spae­sa­men­to, di con­trad­di­zio­ni, di man­can­za di rife­ri­men­ti dati? Un tem­po che è un gran casino?

Pos­sia­mo affron­ta­re la real­tà da un pun­to di vista spi­ri­tua­le ed asso­lu­to oppu­re mate­ria­li­sta e rela­ti­vo. Si trat­ta di fare una scel­ta chia­ra, “ter­tium non datur”. O sce­gli un nord, o un altro, per orien­ta­re il tuo cam­mi­no, pena il fat­to di per­de­re la stra­da per pro­va­re a cam­bia­re radi­cal­men­te lo “sta­to di cose pre­sen­ti”. Insom­ma la vec­chia scel­ta tra sacro e profano. 

La com­ples­si­tà del nostro tem­po si può affron­ta­re attra­ver­so lo spi­ri­tua­le ed asso­lu­to, come fan­no tut­te le reli­gio­ni, i new age, le dina­mi­che ambien­ta­li­ste por­ta­te all’estremo, che han­no cer­tez­ze dog­ma­ti­che e di con­se­guen­za un pun­to di vista con­ser­va­ti­vo del sem­pre ugua­le, come valo­re che va sal­va­guar­da­to da ogni muta­men­to di tipo epocale. 

Oppu­re si può affron­ta­re il pre­sen­te attra­ver­so il mate­ria­li­smo e il rela­ti­vo, spor­can­do­si, affon­dan­do nel­la real­tà, pron­ti a con­fron­tar­si con ciò che muta non aven­do nes­sun asso­lu­to da difen­de­re ma anzi il cam­bia­men­to radi­ca­le da costrui­re. Una stra­da que­sta appar­te­nu­ta alla vec­chia sto­ria del movi­men­to ope­ra­io, alla sto­ria comu­ni­sta, oltre che a chi non ha mai avu­to pau­ra di scon­trar­si con il sacro asso­lu­to ed impe­ran­te in voga al momento. 

C’è un pic­co­lo pro­ble­ma però, oggi, un para­dos­so: sem­bra che il sacro vesta gli abi­ti del­la resi­sten­za  di fron­te ai pesan­ti muta­men­ti epo­ca­li. Per capir­ci, le reli­gio­ni e tut­ti gli asso­lu­ti ana­lo­ghi sono osan­na­ti come baluar­do con­tro quel­lo che sem­bra l’unico pro­fa­no pos­si­bi­le, quel­lo dei mer­ca­ti, del siste­ma capi­ta­li­sta, che di cer­to non è meta­fi­si­co ma mate­ria­le. Papa Fran­ce­sco, per cita­re una chie­sa che cono­scia­mo da vici­no, è diven­ta­to il pun­to di rife­ri­men­to con­tro le bar­ba­rie del siste­ma, con tut­ti gli annes­si e con­nes­si del­la sacra­li­tà del­la vita, dell’importanza del­la cari­tà, dell’aiuto ai pove­ri, dell’importanza del pro­prio per­so­na­le impe­gno e via dicendo. 

E’ impor­tan­te cer­ca­re di capi­re cosa è suc­ces­so, sto­ri­ciz­za­re quan­to è avve­nu­to per non esse­re banali. 

Par­lia­mo del­la chie­sa cat­to­li­ca per­ché noi qui vivia­mo, que­sto il ter­ri­to­rio in cui sia­mo situa­ti. Non che le altre reli­gio­ni ed asso­lu­ti sia­no da meno (l’Islam ce lo dimo­stra …). Tra l’altro anche chi si dice ateo respi­ra nel ter­ri­to­rio che abi­ta l’oppio dei popo­li che affu­mi­ca l’aria che respi­ra, per­ché la gran­de capa­ci­tà del­le reli­gio­ni è di avvol­ge­re l’intero siste­ma socia­le, pla­sman­do­ne le rela­zio­ni tra indi­vi­dui, volen­ti o nolenti. 

Restia­mo per­ciò a casa nostra per capirci. 

Nei decen­ni pas­sa­ti il sacro ha com­bat­tu­to dura­men­te il pro­fa­no, in par­ti­co­la­re la teo­ria e pra­ti­ca del comu­ni­smo, visti come il Dia­vo­lo in ter­ra. Cer­to, anche all’ora, nel cam­po pro­fa­no c’era pure il capi­ta­li­smo, che di cer­to non è spi­ri­tua­le ma una dina­mi­ca di rap­por­ti di for­za quan­to mai mate­ria­li, ma il vero nemi­co da com­bat­te­re sen­za esclu­sio­ni di col­pi era qual­sia­si alter­na­ti­va cre­di­bi­le di libe­ra­zio­ne mate­ria­le di altra natu­ra. Con il capi­ta­li­smo la chie­sa pote­va veni­re a pat­ti ed anda­re a brac­cet­to, con il comu­ni­smo, inte­so come movi­men­to che abo­li­sce l’ordine di cose pre­sen­ti, di cer­to no. Era lot­ta dura. 

In que­sti ulti­mi vent’anni, il tem­po tra il post e l’oltre, nel cam­po del pro­fa­no, man­can­do la for­za di un pen­sie­ro e di una pra­ti­ca di libe­ra­zio­ne e rot­tu­ra rivo­lu­zio­na­ria, si è affer­ma­ta l’egemonia capi­ta­li­sta.  E’ come se il cam­po del pro­fa­no fos­se rima­sto in tota­le appan­nag­gio del capitalismo. 

Per cui lo scon­tro sem­bra oggi tra il sacro, la chie­sa che resi­ste e lot­ta con­tro il pro­fa­no, il capi­ta­li­smo. E’ un effet­to distor­to, for­se sareb­be il caso di usa­re la paro­la disto­pi­co: pen­sa­re la chie­sa come un’alternativa di siste­ma non solo è un abba­glio ma è qual­co­sa di cui libe­rar­si al più presto. 

La chie­sa affon­da la sua gene­si nell’assoluto e si pre­fig­ge un fine spi­ri­tua­le immu­ta­bi­le per que­sto è un baluar­do del con­ser­va­to­ri­smo, garan­ti­to da Dio per quan­to riguar­da le gran­di que­stio­ni di fon­do. E’ nel­la sua natu­ra com­bat­te­re il sen­so pro­fon­do del pro­fa­no, ovve­ro la scel­ta uma­na di pren­de­re in mano le pro­prie sor­ti, supe­ran­do spi­ri­tua­li­smo ed asso­lu­to, eman­ci­pan­do­si da Dio, costruen­do la pro­pria libe­ra­zio­ne qui ed ora. 

Per que­sto si trat­ta di sce­glie­re il pro­fa­no, il mate­ria­li­smo, la ricer­ca, la capa­ci­tà di pra­ti­ca­re il rela­ti­vo di fron­te all’assoluto, la curio­si­tà del­le scien­ze, dei sape­ri e del­le tec­no­lo­gie, di dire … che venia­mo da un buco nero e lì tor­ne­re­mo. Sen­za per que­sto ave­re pau­ra del futuro. 

E’ come se in par­ten­za per una cor­sa, il cor­ri­do­re A voglia arri­va­re nel cal­do dei tro­pi­ci e il cor­ri­do­re B voglia anda­re nel fred­do dell’Antartide. Ognu­no dei due ha cose diver­se nel suo baga­glio per­ché ha un diver­so obiet­ti­vo. Uno vuo­le arri­var­ci con le sue gam­be, insie­me ai suoi com­pa­gni, l’altro cre­de che qual­cu­no, un’entità supe­rio­re, lo aiu­te­rà ad arri­va­re a desti­na­zio­ne. Per far­la più bre­ve, uno è con­vin­to che la pos­si­bi­le feli­ci­tà sta nel­la sua cor­sa, l’altro che la feli­ci­tà stia in qual­co­sa di garan­ti­to che ver­rà solo dopo la cor­sa. Voi capi­te che sono due cose ben diverse. 

Per cui ini­zia­mo ad attra­ver­sa­re il tem­po di tran­si­zio­ne tra il post e l’oltre con la bus­so­la, pos­si­bil­men­te tec­no­lo­gi­ca, orien­ta­ta in moda­li­tà pro­fa­no e l’ibrido come qua­li­tà da indagare.

* Nuo­vo pote­re capi­ta­li­sta: l’algoritmo del mercato/​comando finan­zia­rio e i sottosistemi

Inten­dia­mo­ci, quan­do par­lia­mo di capi­ta­li­smo non stia­mo par­lan­do di un Moloch inde­fi­ni­to e sem­pre pre­sen­te (… abbia­mo appe­na abban­do­na­to la cate­go­ria di asso­lu­to, non pos­sia­mo ripren­der­la …) ma la capa­ci­tà capi­ta­li­sta di costrui­re ege­mo­nia eco­no­mi­ca-cul­tu­ra­le-poli­ti­ca. Cosa che altre ideo­lo­gie, nar­ra­zio­ni non sono, fino­ra, riu­sci­te a deter­mi­na­re. Il capi­ta­li­smo, lo ripe­tia­mo per non esse­re frain­te­si, va inte­so come un con­cet­to fat­to di rela­zio­ni, di con­trad­di­zio­ni, di capa­ci­tà di attra­ver­sar­le costruen­do una pro­pria ege­mo­nia di discor­so sui diver­si piani. 

Quel­lo che si trat­ta di inda­ga­re è la qua­li­tà del pote­re che si pre­sen­ta oggi come un ibrido. 

Un ibri­do, gover­na­to dagli algo­rit­mi del­la finan­za, che fa inte­ra­gi­re mer­ca­to (doman­da a cui rispon­de una offer­ta) e coman­do (impo­si­zio­ne con la for­za), attra­ver­san­do sot­to­si­ste­mi vec­chi e nuovi. 

Una nuo­va for­ma di pote­re che appa­re come un gro­vi­glio dif­fi­ci­le da com­pren­de­re, per­ché in movi­men­to e pie­no di ten­sio­ni, in cui la carat­te­ri­sti­ca ibri­da è una costante. 

Basta guar­da­re ai sot­to­si­ste­mi vec­chi e nuo­vi. Cer­to alcu­ni sono sta­ta­li ma altri di sicu­ro no. 

Ne è un esem­pio lo scon­tro sul­le que­stio­ni del­lo spa­zio tra la Cina (enti­tà sta­ta­le) con Musk (impren­di­to­re pri­va­to, oggi in testa tra i più ric­chi al mon­do) per­ché nei mesi scor­si i satel­li­ti lan­cia­ti da Spa­ce X, la socie­tà spa­zia­le del fon­da­to­re di Tesla e cofon­da­to­re di Pay­Pal, per due vol­te sono qua­si entra­ti in col­li­sio­ne con la sta­zio­ne spa­zia­le Tian­gong. Vuol dire che in asso­lu­to ogni ric­co­ne vale come uno sta­to? No, ma vuol dire che ci sono pri­va­ti che incar­na­no impre­se che oggi con­ta­no tan­to quan­to enti­tà sta­ta­li com­ples­se. Ma al tem­po stes­so le enti­tà sta­ta­li inte­ra­gi­sco­no con que­sti nuo­vi sot­to­si­ste­mi, a vol­te con­si­de­ran­do­li del­le risor­se a vol­te dei com­pe­ti­tor. Vin­ce il pri­va­to, vin­ce lo sta­to? Nes­su­no dei due. Sono ambe­due par­te dell’ibrido del­le nuo­ve for­me del pote­re. Ambe­due si muo­vo­no, si allea­no o si com­bat­to­no den­tro lo spa­zio degli algo­rit­mi del mercato/​comando finan­zia­rio, loro rife­ri­men­to comune. 

Pas­sia­mo ad un altro appa­ren­te rom­pi­ca­po, i bit­coin e le mone­te digi­ta­li. Nuo­ve rela­zio­ni di mone­ta che van­no oltre la defi­ni­zio­ne dell’economia poli­ti­ca e che sono garan­ti­te non più da sovra­ni­tà sta­ta­li ma dall’algoritmo del mercato/​comando finan­zia­rio. Insom­ma un bel cam­bia­men­to da quel­lo che ci rac­con­ta la serie “Casa di car­ta” quan­do la sta­bi­li­tà di uno sta­to, la Spa­gna, si reg­ge­va sul­la riser­va di lin­got­ti d’oro. Ma in fon­do anche nel­la serie, alla fine il tut­to, è solo una con­ven­zio­ne (AAA da qui in poi spoi­ler….) per­ché il pat­to sigla­to tra il Pro­fes­so­re e Tamayo è che la riser­va aurea sia sta­ta ritro­va­ta e i rapi­na­to­ri han­no fat­to una brut­ta fine, ma nel­la real­tà, di comu­ne accor­do tra tut­ti, al posto dei lin­got­ti d’oro ci sono quel­li di bron­zo e i nostri eroi se ne van­no libe­ri e ric­chi, in cam­bio del silen­zio, men­tre la Spa­gna è sal­va dal­la ban­ca­rot­ta. Del resto “l’oro di un Pae­se è una illu­sio­ne”, ave­va det­to il Pro­fes­so­re a Paler­mo in un fla­sh­back. Cer­to un’illusione che però deve ave­re del­le soli­de garan­zie. Ora a garan­zia dei Bit­coin c’è una for­mu­la, un algo­rit­mo e que­sto pare basta­re. Ormai le crip­to­va­lu­te sono uno degli asset fun­zio­na­li al mon­do finanziario. 

Per­fi­no le guer­re oggi sono ibri­de. Non solo per­ché a com­bat­ter­le sono un nuo­vo mix di tec­no­lo­gie tra spa­zio e ter­ra, di con­trac­tor arma­ti di moder­ni siste­mi mili­ta­ri, di mili­zie tri­ba­li, ma per­ché i sot­to­si­ste­mi si scon­tra­no per con­ta­re in una sor­ta di caos da sovraf­fol­la­men­to, che non impe­di­sce all’algoritmo del mercato/​comando finan­zia­rio di prosperare. 

Pen­sia­mo alla cro­na­ca di que­sti giorni. 

Le ten­sio­ni in Kaza­ki­stan han­no tenu­to ban­co per qual­che set­ti­ma­na. Ma da dove nasce il pro­ble­ma in que­sto pae­se che è 9 vol­te l’Italia con una popo­la­zio­ne di 19 milio­ni di per­so­ne, rag­grup­pa­te in clan che si sono tra­sfor­ma­ti in aggre­ga­zio­ni di inte­res­si eco­no­mi­ci? Cer­to dal mal­con­ten­to per l’aumento del prez­zo dei car­bu­ran­ti, cer­to dall’insofferenza ver­so il nuo­vo gover­no, figlia­stro del vec­chio regi­me. Ma quan­to c’entra nel­la cri­si ener­ge­ti­ca il fat­to che negli ulti­mi mesi il pae­se fos­se diven­ta­ta l’Eldorado dei miners che, per estrar­re i Bit­coin, assor­bo­no quan­ti­tà paz­ze­sche di ener­gia? Tan­to. Quan­to c’entra il fat­to che il pae­se, da cui si estrae il 43% mon­dia­le dell’uranio, tor­na­to in auge con la bufa­la che l’energia nuclea­re di fusio­ne sia green, fac­cia gola a mol­ti? Tan­to. Quan­to c’entra la situa­zio­ne geo­po­li­ti­ca che vede la Rus­sia, che non ha esi­ta­to a man­da­re i suoi sol­da­ti, sem­pre più pre­oc­cu­pa­ta di quel­lo che si sta muo­ven­do nel­la cin­tu­ra dei pae­si cusci­net­to ver­so la Nato ed anche ben inten­zio­na­ta a non per­de­re il con­trol­lo sul Cosmo­dro­mo di Baj­ko­nur, spa­zio por­to fon­da­men­ta­le nei gio­chi mili­ta­ri nel­lo spa­zio? Tan­to. Quan­to c’entra l’attenzione che la Cina rivol­ge al pae­se con­fi­nan­te con il Sin­jan, regio­ne di for­ti ten­sio­ni? Tan­to. Quan­to c’entra lo zam­pi­no ame­ri­ca­no nel met­te­re ziz­za­nia tra Cina e Rus­sia, oggi vici­ne per comu­ne nemi­co più che per affi­ni­tà? Tan­to. Insom­ma nes­su­na di que­ste moti­va­zio­ni è l’unica cau­sa di quel­lo che è suc­ces­so, ma tut­te si mischia­no, crean­do un mix esplo­si­vo. Poi dopo qual­che gior­no di atten­zio­ne il Kaza­ki­stan è spa­ri­to dai radar del­la comu­ni­ca­zio­ne, ma non è che le mol­te­pli­ci cau­se alla radi­ce di quan­to suc­ces­so sia­no sta­te risol­te, cova­no tut­te sot­to le ceneri. 

Negli ulti­mi gior­ni è ritor­na­ta in voga inve­ce un’altra guer­ra, quel­la annun­cia­ta per l’Ucraina. Anche qui un mix di ten­sio­ni e pul­sio­ni. Ma dav­ve­ro c’è il peri­co­lo di una guer­ra? La rispo­sta è un ibri­do, per­ché die­tro a quel­lo che sta suc­ce­den­do ci sono le pul­sio­ni che attra­ver­sa­no la Rus­sia di Putin, alfie­re del­la glo­ba­liz­za­zio­ne ma anche pron­to a sof­fia­re sui nazio­na­li­smi più arcai­ci, così come gli inte­res­si ame­ri­ca­ni, vol­ti a man­te­ne­re un ruo­lo ege­mo­ne da ride­fi­ni­re negli scac­chie­ri inter­na­zio­na­li. Sen­za dimen­ti­ca­re le ten­sio­ni intra-euro­pee, tra est e ove­st, pae­si for­ti come la Ger­ma­nia e più debo­li, ma non dispo­sti a far­si da par­te, come quel­li dell’est. Sì, per­ché un para­dos­so che attra­ver­sa i sot­to­si­ste­mi sta­ta­li è che nes­su­no è dispo­sto ad allon­ta­nar­si dal­le filie­re eco­no­mi­che glo­ba­li, uni­che in gra­do di garan­ti­re i pro­fit­ti ma al tem­po stes­so, mai come in que­sti tem­pi, si sono ali­men­ta­ti nazio­na­li­smi e pru­ri­ti addi­rit­tu­ra etni­ci. Per cui la guer­ra in Ucrai­na ci sarà? Di cer­to non sarà la temu­ta guer­ra nuclea­re che ha man­te­nu­to la pace nel tem­po del­la guer­ra fred­da, con la pau­ra del­la distru­zio­ne tota­le del pia­ne­ta. Se guer­ra ci sarà, avver­rà sui pia­ni ibri­di tra mili­ta­re ed eco­no­mi­co, nel­la rete e nel­lo spa­zio e comun­que anche in que­sto caso le cau­se di ten­sio­ni reste­ran­no anco­ra sot­to la cenere. 

Una guer­ra che inve­ce è spa­ri­ta dal­la comu­ni­ca­zio­ne main­stream se non per bre­vi laco­ni­ci mes­sag­gi sul fat­to che i bam­bi­ni muo­io­no di fame e le don­ne sono eufe­mi­sti­ca­men­te meno libe­re è quel­la in Afgha­ni­stan. Dopo esser­si strac­cia­ti le vesti nei mesi scor­si in tut­ti i con­ses­si inter­na­zio­na­li depu­ta­ti a difen­de­re i dirit­ti uma­ni, i tale­ba­ni sono feli­ce­men­te al pote­re ed Amen o Inshallah. 

D’altronde anche del­la guer­ra in Siria e dell’insopportabile que­stio­ne che Assad sia anco­ra al pote­re, in un pae­se distrut­to per esse­re diven­ta­to il cam­po del­la guer­ra per pro­cu­ra tra i diver­si atto­ri regio­na­li (Tur­chia, Iran, Ara­bia Sau­di­ta) ed inter­na­zio­na­li (Rus­sia, Cina, Usa), non se ne par­la più se non per le imma­gi­ni, da dare in pasto al gran­de pub­bli­co, del pic­co­lo Musta­fa sen­za brac­cia e gam­be arri­va­to in Ita­lia, come gran­de atto di gene­ro­si­tà e carità.

Per non par­la­re dell’altro gran­de tea­tro di guer­ra, che da noi non vie­ne nean­che sus­sur­ra­to, quel­lo che si muo­ve dal Mar Cine­se ver­so il Paci­fi­co, anche qui sot­to l’occhio dei satel­li­ti dal­lo spa­zio, nel­la con­te­sa tra Cina e America. 

Sot­to­si­ste­mi pron­ti a distrug­ger­si a vicen­da? Dif­fi­ci­le, ma l’incidente, qual­co­sa di non pre­vi­sto,  può sem­pre suc­ce­de­re ed in ogni caso l’algoritmo del mercato/​comando finan­zia­rio per il momen­to dor­me sogni tran­quil­li viag­gian­do tra i vari fusi ora­ri. Sem­bra più che i vari sot­to­si­ste­mi vec­chi e nuo­vi, sta­ta­li e no, lega­li ed ille­ga­li sia­no alle pre­se con la neces­si­tà di “ave­re un posto al sole”, di  con­ti­nua­re ad esi­ste­re e resi­ste­re. Cosa resa anco­ra più dif­fi­ci­le non solo per la gene­ra­le aggres­si­vi­tà ester­na ma anche dal­la neces­si­tà di far fron­te al fat­to­re uma­no, a quell’insieme di pul­sio­ni che costi­tui­sco­no le rela­zio­ni socia­li, l’aggregarsi del bipe­de che sia­mo, por­tan­do­si die­tro il pro­prio baga­glio di radi­ci etni­che, cul­tu­ra­li e antro­po­lo­gi­che, anco­ra come codi­ce di aggregazione. 

Il tut­to pare un ibri­do tra Risi­ko e Mono­po­li con una spruz­za­ti­na di video­ga­me, dove però chi si con­ten­de il cam­po non ha l’ambizione  di vin­ce­re tut­to, di gover­na­re il mon­do. A quel­lo ci pen­sa  l’algoritmo  del mercato/​comando finan­zia­rio. Al mas­si­mo i gio­ca­to­ri pos­so­no mira­re a resi­ste­re, esi­ste­re e non spa­ri­re, guar­dan­do­si sem­pre le spal­le e sapen­do che le vec­chie stra­te­gie basa­te su car­rar­ma­ti­ni e car­te sono ana­cro­ni­sti­che, tan­to più che nel­la glo­ba­liz­za­zio­ne, che tut­to attra­ver­sa e con­net­te, anche la Kam­cha­t­ka può diven­ta­re impor­tan­te e il gio­co non avvie­ne più nel piat­to map­pa­mon­do ma nell’intero spa­zio, non solo nell’accumulo di beni fisi­ci ma nel vor­ti­ce del dena­ro che pro­du­ce denaro. 

* La com­po­si­zio­ne del lavoro

Dopo aver cer­ca­to di por­re degli ele­men­ti ini­zia­li per defi­ni­re il capi­ta­le come nuo­vo pote­re capi­ta­li­sta, l’algoritmo del mercato/​comando finan­zia­rio e i sot­to­si­ste­mi, tuf­fia­mo­ci ad ini­zia­re ad inda­ga­re la com­po­si­zio­ne del lavoro. 

Pri­ma però dob­bia­mo fer­mar­ci un attimo. 

Ci sia­mo ben pian­ta­ti nel cam­po del pro­fa­no. L’abbiamo scel­to. Pro­fa­no fa rima con la scien­za e la cono­scen­za, ovve­ro la ten­sio­ne ad anda­re oltre l’assoluto inda­gan­do la mate­ria. Ma qua­li scien­ze, qua­li conoscenze? 

Non pos­sia­mo più accon­ten­tar­ci di dire che la scien­za non è neu­tra ma al ser­vi­zio del capi­ta­le, di  con­ti­nua­re ad oscil­la­re rispet­to alle tec­no­lo­gie tra la cri­ti­ca qua­si lud­di­sta e l’accettazione supi­na di ogni cosa come nuo­vo spa­zio di liber­tà, di bal­bet­ta­re alla ricer­ca del­le defi­ni­zio­ne sem­pre più agget­ti­va­te dei sape­ri (di par­te, ope­ra­io, fem­mi­ni­li, altrui, dif­fe­ren­ti etc etc …). Abbia­mo biso­gno, anche in que­sto caso dell’ibrido. Il con­cet­to di ibri­do, aven­do scel­to il cam­po del pro­fa­no, ci aiu­ta a spin­ger­ci nel­la ricer­ca di un nuo­vo les­si­co ed allo­ra for­se potre­mo ini­zia­re a par­la­re di STS ovve­ro Scienza/​e Tecnologia/​e Sapere/​i, come il nuo­vo mix oggi cen­tra­le sia dal pun­to di vista capi­ta­li­sta, per­ché ne inner­va la strut­tu­ra, sia dal pun­to di vista del­le poten­zia­li­tà di liberazione. 

Pen­sia­mo un atti­mo a cosa è cam­bia­to. Ogni set­to­re anche quel­lo più dan­na­ta­men­te mate­ria­le si valo­riz­za den­tro filie­re tec­no­lo­gi­che e sem­pre più spe­cia­liz­za­te. In ogni cam­po i sape­ri, volu­ta­men­te for­za­ti ad esse­re sepa­ra­ti, ven­go­no fat­ti agi­re in siner­gia per pro­dur­re quel quid in più che vie­ne ela­bo­ra­to dagli algo­rit­mi del mercato/​comando finan­zia­rio. In ogni aspet­to del­la nostra vita indi­vi­dua­le e col­let­ti­va la scien­za ha appor­ta­to cam­bia­men­ti velo­ci ed inim­ma­gi­na­bi­li. Inter­net del­le cose, start-up inno­va­ti­ve basa­te sul­la robo­ti­ca, intel­li­gen­za arti­fi­cia­le, nano­ma­te­rie, meta­ver­si vari, que­sti sono il futu­ro. Ma tut­to que­sto non è frut­to di una bac­chet­ta magi­ca di cui è dota­to il capi­ta­le. Die­tro ad ogni inven­zio­ne, ela­bo­ra­zio­ne, novi­tà tec­no­lo­gi­ca, scien­ti­fi­ca ci stan­no cor­pi e cer­vel­li che agi­sco­no, che ven­go­no for­za­ti alla sepa­ra­zio­ne e alla par­cel­liz­za­zio­ne sem­pre più spe­cia­li­sti­ca di ogni bran­chia del STS. 

Riflet­te­re su que­sto ibri­do ci aiu­ta a par­la­re di com­po­si­zio­ne del lavoro. 

Anche qui tor­nia­mo un atti­mo al post pri­ma di anda­re nell’oltre. Il tem­po del post (post for­di­smo etc …) ci è sta­to uti­le per rico­no­sce­re e ope­ra­re sul­le nuo­ve for­me, dif­fe­ren­ze che si era­no pro­dot­te nel supe­ra­men­to del lavo­ro clas­si­co, che già ave­va­mo ini­zia­to a foca­liz­za­re con il pas­sag­gio dall’operaio mas­sa all’operaio socia­le. Abbia­mo comin­cia­to a pren­de­re dime­sti­chez­za con la dif­fe­ren­za tra lavo­ro mate­ria­le e imma­te­ria­le, manua­le e intel­let­tua­le. Anzi ne abbia­mo fat­to fior fio­re di teo­rie (a vol­te fin trop­po …) per cer­ca­re con il lumi­ci­no il set­to­re trai­nan­te, cen­tra­le. E maga­ri, quan­do pen­sa­va­mo di aver­lo tro­va­to la stra­da, per orga­niz­zar­lo ci por­ta­va sui sen­tie­ri del cono­sciu­to, ovve­ro la sin­da­ca­liz­za­zio­ne (ovvia­men­te neces­sa­ria­men­te agget­ti­va­ta per dire che sta­va­mo cer­can­do qual­co­sa di nuovo). 

Oggi se guar­dia­mo alle for­me del lavo­ro tro­via­mo di fron­te a noi un ibri­do in cui vec­chie e nuo­ve carat­te­ri­sti­che del­le for­me del lavo­ro si mischia­no, sovrap­pon­go­no, plasmano. 

Il fac­chi­no del­la logi­sti­ca agi­sce in un con­te­sto di infor­ma­tiz­za­zio­ne dell’intera filie­ra, il super-esper­to di ener­gia quan­ti­ca svol­ge un lavo­ro par­cel­liz­za­to come in una vec­chia fab­bri­ca for­di­sta. L’ibrido inner­va la rela­zio­ne tra capi­ta­le e lavo­ro. E’ la ten­den­za. Chia­ro che ci sono lavo­ri che incar­na­no mag­gior­men­te la qua­li­tà di ibri­do ed altri meno. Ma l’acqua dove nuo­ta il pesce è la stes­sa. Al tem­po stes­so appa­io­no nuo­ve gerar­chie che por­ta­no al fat­to che i lavo­ri con mag­gior qua­li­tà di ibri­do inner­va­no i set­to­ri che sono mag­gior­men­te ed imme­dia­ta­men­te fun­zio­na­li all’algoritmo del mercato/​comando finan­zia­rio: sono i lavo­ri che si svi­lup­pa­no nell’insieme del­le STS. Basti pen­sa­re a quei set­to­ri che, nono­stan­te la pan­de­mia, han­no visto i loro rica­vi aumen­ta­re a dismi­su­ra come quel­li col­le­ga­ti alla rete,  alle tec­no­lo­gie, alle scien­ze, ai sape­ri. Non stia­mo dicen­do che non ci sono milio­ni di esse­ri uma­ni che lavo­ra­no in una situa­zio­ne che asso­mi­glia più alla schia­vi­tù che al lavo­ro moder­no, ma anche que­sti lavo­ri si inter­fac­cia­no con l’ibrido. Guar­dia­mo un magaz­zi­no Ama­zon: il lavo­ra­to­re A sca­ri­ca e cari­ca, gui­da­to dai dati rac­col­ti dal lavo­ra­to­re B, ela­bo­ra­ti dal lavo­ra­to­re C, pro­dot­ti crea­ti dal lavo­ra­to­re D, su inven­zio­ne crea­ti­va del lavo­ra­to­re E, dopo la cam­pa­gna comu­ni­ca­ti­va del lavo­ra­to­re F, che la ha crea­ta a par­ti­re dai dati rac­col­ti sul mer­ca­to del lavo­ra­to­re G … e via così … il lavo­ra­to­re A (maga­ri paki­sta­no) por­ta a casa i pasti deli­ve­ry, scat­ta al segna­le del dato rac­col­to dal lavo­ra­to­re B (maga­ri del call cen­ter in Alba­nia), il pasto è ela­bo­ra­to sul­la fal­sa­ri­ga del­la ricet­ta del lavo­ra­to­re C (maga­ri uno chef stel­la­to cala­bre­se), accom­pa­gna­to dal vino sele­zio­na­to dal lavo­ra­to­re D (maga­ri un som­me­lier fran­ce­se), il tut­to accom­pa­gna­to dal mar­chio crea­to dal lavo­ra­to­re E (maga­ri un crea­ti­vo americano). 

Insom­ma è chia­ro che ci sono lavo­ri e lavo­ri, ma è altret­tan­to evi­den­te che i lavo­ri che si carat­te­riz­za­no per una mag­gio­re quo­ta di ibri­do, che agi­sco­no nell’ibrido del STS sono poten­zial­men­te quel­li in cui la for­ma del­la ricom­po­si­zio­ne tra vec­chie e nuo­ve for­me del lavo­ro è più alta ed al tem­po stes­so han­no in poten­za una capa­ci­tà di ricom­po­si­zio­ne inno­va­ti­va più alta. Sì, per­ché quel­lo che dob­bia­mo ricer­ca­re non è il pun­to di più alto del siste­ma capi­ta­li­sta ma i sog­get­ti che pos­so­no inco­min­cia­re a pre­fi­gu­ra­re nuo­ve for­me di ricom­po­si­zio­ne, un ibri­do nuo­vo capa­ce di supe­ra­re par­cel­liz­za­zio­ni, fram­men­ta­zio­ni, inte­res­si solo di par­te, insom­ma le carat­te­ri­sti­che che il pote­re vor­reb­be come uni­che nell’ibrido. 

Non è una ricer­ca faci­le, pro­prio per­ché oggi più un lavo­ro è ibri­do più è segna­to dal­la par­cel­liz­za­zio­ne, dal­la sepa­ra­zio­ne, dall’egoismo. Non è una ricer­ca che si può fare solo con le len­ti del sindacalismo. 

E’ una ricer­ca in cui entra in cam­po il bios. E’ una ricer­ca che guar­da alla coo­pe­ra­zio­ne. E’ una ricer­ca da agi­re, sen­za sche­mi pre­con­cet­ti. Ma non pro­var­ci signi­fi­ca accet­ta­re nel lavo­ro poli­ti­co di cam­mi­na­re come i gam­be­ri, all’indietro, per pau­ra di affron­ta­re ter­ri­to­ri nuo­vi e contraddittori. 

A vol­te biso­gna ave­re il corag­gio di muo­ver­si a bal­zi, for­zan­do l’orizzonte. Non pos­sia­mo basar­ci solo sul­la este­nuan­te ricer­ca di pre­vi­sio­ni cer­te, fon­da­te su dati ine­qui­vo­ca­bi­li. Rischia­mo di resta­re fer­mi e vede­re pas­sa­re non solo il pre­sen­te ma anche il futu­ro. Ci vuo­le una dose di anti­ci­pa­zio­ne, visio­ne e scommessa. 

Det­to que­sto, nien­te è faci­le. Ma per­ché non provarci? 

Fac­cia­mo un esem­pio, che può sem­bra­re un po’ sto­na­to, ma che si cala nei tem­pi in cui vivia­mo. A fine esta­te scor­sa non sareb­be sta­to for­se il caso di crea­re piaz­ze “Si vax e vac­ci­ni per tut­ti”, dove per tut­ti si inten­de­va tut­ti, in tut­ti i posti del mon­do? For­se sareb­be sta­to il modo per attac­ca­re il pote­re del­le Big Farm diret­ta­men­te inve­ce di per­der­ci tra mil­le sì ma .. però for­se …, lascian­do cam­po libe­ro all’onda di mel­ma che ci ha qua­si som­mer­si tra “No vax – No green pass – No que­sto – No quel­lo – No a que­sto ma non quel no ma l’altro … di ogni tipo”, dai ter­ra­piat­ti­sti ai filo­so­fi rin­ci­trul­li­ti (… per usa­re un eufe­mi­smo), ai nazi, agli igno­ran­ti di ogni risma, insom­ma alla van­dea insop­por­ta­bi­le? For­se piaz­ze “Si vax e vac­ci­ni per tut­ti” avreb­be­ro mes­so in moto qual­co­sa di diver­so, nuo­vi sog­get­ti, nuo­ve for­me di ricom­po­si­zio­ne e coo­pe­ra­zio­ne, capa­ci di rivo­lu­zio­na­re il siste­ma dei vac­ci­ni stes­so, basan­do la ricer­ca su valo­ri diver­si da quel­li impo­sti dal mer­ca­to? For­se … Cer­to con il sen­no del poi non si costrui­sce mai nien­te. Però anche … chi non risi­ca non rosica. 

Pros­si­me puntate

In via di discus­sio­ne. Anzi se ave­te sug­ge­ri­men­ti, cri­ti­che, fate­vi vivi

PS solo per gli aman­ti del­la fan­ta­scien­za. 

Se abbia­mo det­to che i sot­to­si­ste­mi non sono più solo poten­ze sta­ta­li, se un pri­va­to come Musk ani­ma un sot­to­si­ste­ma poten­te … allo­ra per­ché non imma­gi­na­re che si pos­sa­no costrui­re sot­to­si­ste­mi altret­tan­to poten­ti, anzi più poten­ti ma radi­cal­men­te altri da sto ca … volo di algo­rit­mo del mercato/​comando finan­zia­rio. Un po’ come nel­la saga di The Expan­se la Roci­nan­te, che con il suo equi­pag­gio ibri­do di ter­re­stri, mar­zia­ni, cin­tu­ria­ni, è auto­no­ma, poten­te e gio­ca un ruo­lo cen­tra­le fuo­ri dagli sche­mi. Cer­to biso­gna capi­re come fini­rà con la Pro­to­mo­le­co­la etc … etc … ma intan­to la Roci­nan­te è altro da tutti.