Un’altra provocazione padronale a Schio
Archivio Donato Tagliapietra
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Per l’otto maggio viene chiesta la possibilità di fare una assemblea pubblica a Rossano che viene negata. Dopo il divieto un centinaio di compagni si appropria della piazza dove viene esposta una mostra e dove si tiene una importante assemblea che vede la partecipazione dei familiari di Maurizio Giaron, di alcuni operai della Junghans e di quattro delegati del C. di F. della Simmel di Castelfranco Veneto. In questa occasione viene lanciata la proposta dell’ ”Assemblea di lotta contro la Remie – Junghans e tutte le produzioni di morte” di tenere un’iniziativa davanti ai cancelli della Remie per il 15 maggio. Il giorno precedente, il 7, veniva allestita una mostra e distribuito sempre questo volantino ai cancelli della Simmel di Castelfranco Veneto, la maggiore industria bellica presente in regione. Il C. di F. della Simmel organizzava immediatamente un incontro all’interno dello stabilimento per discutere sulle iniziative in piedi contro queste produzioni. La Simmel viene acquistata nel 1989 dalla Berco, una industria operante nel settore di macchine per movimento terra cingolate del gruppo ThyssenKrupp subendo una profonda ristrutturazione.
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150 compagni fanno propria l’indicazione dell’Assemblea di lotta presentandosi sin dal primo mattino davanti ai cancelli della Remie per costruire un primo momento di discussione reale con gli operai occupati. L’iniziativa non incontra l’adesione degli operai nonostante i vari incontri fatti precedentemente. Determinante risulta essere il comportamento sindacale che attacca l’iniziativa di lotta attraverso un delirante quanto provocatorio volantino dando agli operai la consegna “militare” di entrare senza discutere con i compagni presenti. Per essere sicuri di ottenere questo risultato più di un centinaio di carabinieri militarizza l’intera zona e presidia l’ingresso della fabbrica. Nonostante questo la volontà di lotta non si piega: un corteo non autorizzato attraversa prima il centro di Rossano Ven. per poi trasferirsi a Bassano dove, dopo essersi ricomposto davanti all’abitazione dei Gasparotto si mette in moto per poi concludersi davanti alla sede della CGIL, dove venivano denunciate le responsabilità del sindacato per la provocazione del volantino distribuito al mattino e per non essere in alcun modo intervenuti in occasione della morte sul lavoro di Maurizio Giaron.