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Ballata per Franco Serantini – Ivan Della Mea

Di nome ave­vi Fran­co,
cogno­me Seran­ti­ni;
i nazi-cele­ri­ni
ti han fat­to morir
ti han fat­to morir.

Ti han­no pre­so in piaz­za,
gri­da­vi “No al fasci­smo!”,
ma un figlio di nes­su­no
que­sto non lo può gridar.

Ave­vi solo ven­t’an­ni,
vive­vi l’a­nar­chia,
ti han coper­to d’o­dio,
di bot­te e san­gue. Sì!

Chiu­so nel­la tua cel­la,
cer­ca­vi inva­no aiu­to,
ma a un figlio di nes­su­no
l’a­iu­to non si da!

Così, la tua vita
te l’han strap­pa­ta via.
Ridi, Demo­cra­zia
fasci­sta e non Cristiana.

E tu, Scu­do Cro­cia­to,
bestem­mi anche al Cri­sto:
sei scu­do del fasci­smo
di ieri e oggi, ancor.

Con­tro que­sto fasci­smo
che ha il segno del­la mor­te,
Fran­co, la tua sor­te
ci chie­de l’unità!

Una uni­tà di clas­se,
sopra grup­pi e par­ti­ti,
una uni­tà in coscien­za
di nuo­va resistenza.

“Tene­te­mi nel cuo­re!“
ci gri­da Seran­ti­ni,
“Tene­te que­sto amo­re,
è amo­re per lottar.

Tene­te­mi nel cuo­re,
com­pa­gni e cri­stia­ni!
Tor­na­te, par­ti­gia­ni,
ed io non morirò!”

Ballata di Franco Serantini – Piero Nissim

Era il set­te di mag­gio, gior­no del­le ele­zio­ni,
e i pri­mi risul­ta­ti giun­gon dal­le pri­gio­ni.
C’era un com­pa­gno cre­pa­to là,
era vent’anni la sua età
C’e­ra un com­pa­gno cre­pa­to là,
era ven­t’an­ni la sua età.

Solo due gior­ni pri­ma par­la­va Nic­co­lai,
Fran­co era coi com­pa­gni, deci­si più che mai:
«Cascas­se il mon­do sul­la cit­tà
quell’assassino non par­le­rà.”
«Cascas­se il mon­do sul­la cit­tà
quell’assassino non parlerà.”

L’avevano arre­sta­to, lun­gar­no Gam­ba­cor­ti,
gli sbir­ri del­lo Sta­to lo ammaz­za­no dai col­pi:
«Ros­sa mar­ma­glia, devi capir
se scen­di in piaz­za si può morir!”
«Ros­sa mar­ma­glia, devi capir
se scen­di in piaz­za si può morir!”

E dopo, nel­le mani di Zan­ca e di Mal­lar­do,
con­ti­nua­no quei cani, con­ti­nua­no a pestar­lo:
“Te l’ho pro­mes­se sei mesi fa»,
gli dice Zan­ca sen­za pie­tà.
“Te l’ho pro­mes­se sei mesi fa»,
gli dice Zan­ca sen­za pietà.

Rin­chiu­so come un cane, Fran­co sta male e muo­re.
Ma arri­va alla pri­gio­ne solo un pro­cu­ra­to­re:
doman­da a Fran­co: « Per­ché eri là?”
“ Per un’idea: la liber­tà.“
doman­da a Fran­co: « Per­ché eri là?”
“ Per un’idea: la libertà.”

Poi tutt’a un trat­to han fret­ta: da mor­to fai pau­ra;
scat­ta l’operazione « rapi­da sepol­tu­ra »:
«E’ solo un orfa­no, fal­lo spa­rir,
nes­su­no a chie­der­lo potrà venir».
«E’ solo un orfa­no, fal­lo spa­rir,
nes­su­no a chie­der­lo potrà venir».

Ma inve­ce è anda­ta male, por­ci vi sie­te illu­si,
per­ché al suo fune­ra­le tre­mi­la pugni chiu­si
eran l’impegno, la volon­tà
che que­sta lot­ta con­ti­nue­rà.
Eran l’impegno, la volon­tà
che que­sta lot­ta continuerà.

Era il set­te di mag­gio, gior­no del­le ele­zio­ni,
e i pri­mi risul­ta­ti giun­gan dal­le pri­gio­ni.
C’era un com­pa­gno cre­pa­to là,
era vent’anni la sua età.
C’era un com­pa­gno cre­pa­to là,
per un’i­dea: la libertà.

Poliziotti contro di noi forse ce la farete, contro la classe operaia no!!

Archivio La Lunga Rabbia – Milano