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Potere Operaio del lunedì n°77

ROSSO n°8 ‑nuova serie-

gior­na­le den­tro il movimento

Il processo operaio, oggi


Da «SENZA TREGUA gior­na­le degli ope­rai comu­ni­sti», spe­cia­le 


«Orga­niz­za­zio­ne del lavo­ro! Ma il lavo­ro sala­ria­to è l’at­tua­le orga­niz­za­zio­ne bor­ghe­se del lavo­ro. Sen­za di esso non vi è capi­ta­le, né bor­ghe­sia, né socie­tà bor­ghe­se.
Un pro­prio mini­ste­ro del lavo­ro! Ma i mini­ste­ri del­le finan­ze, del com­mer­cio, dei lavo­ri pub­bli­ci, non sono for­se mini­ste­ri bor­ghe­si del lavo­ro?… », alla cita­zio­ne dal Marx del ’48 pos­sia­mo oggi aggiun­ge­re: «Un Tri­bu­na­le, una Pre­tu­ra, una Giu­sti­zia del lavo­ro? Ma non si trat­ta del­la giu­sti­zia bor­ghe­se sul com­por­ta­men­to pro­le­ta­rio, sul­la lot­ta del­l’o­pe­ra­io, sui movi­men­ti del­la clas­se ope­ra­ia, già di per sé cri­mi­na­le, già di per sé irri­du­ci­bil­men­te anta­go­ni­sta, di fat­to vio­len­ta ed ever­si­va per la giu­sti­zia bor­ghe­se?». E davan­ti al Tri­bu­na­le del lavo­ro di Mila­no si pre­sen­ta­no il 15 luglio, alle ore 16, gli ope­rai che la Magne­ti Marel­li-Fiat vuo­le licen­zia­re da un anno, ma che da un anno sono ogni gior­no pre­sen­ti al loro posto di lot­ta, den­tro la fab­bri­ca.
Sia la pri­ma sca­den­za pro­ces­sua­le (il pre­to­re Bona­vi­ta­co­la davan­ti a 400 ope­rai emet­te sen­ten­za favo­re­vo­le al padro­ne), sia la secon­da sca­den­za (il pre­to­re Mun­to­ni riam­met­te in fab­bri­ca gli ope­rai che però già ci van­no), sia que­sto appel­lo di oggi han­no ria­per­to la que­stio­ne del pro­ces­so ope­ra­io, cioè la que­stio­ne del­la pre­sen­za degli ope­rai in Palaz­zo dì Giu­sti­zia. La leg­ge-Bro­do­li­ni – la leg­ge n. 300 subi­to bat­tez­za­ta «sta­tu­to dei lavo­ra­to­ri» – fu la san­zio­ne del­la pre­sen­za nel­la fab­bri­ca di un sin­da­ca­to rifon­da­to e che ave­va ret­to l’ur­to del movi­men­to; quel­la san­zio­ne di una pro­spet­ti­va accet­ta­ta dal­la bor­ghe­sia in cui la lot­ta sala­ria­le vie­ne assun­ta nel­la sua fun­zio­ne di sti­mo­lo e di dina­mi­smo del siste­ma; ma fu la trac­cia su cui lavo­ra­re per la sta­bi­liz­za­zio­ne del­la lot­ta, per il con­trol­lo del­la con­flit­tua­li­tà e lo sca­ri­co del­le ten­sio­ni quo­ti­dia­ne di clas­se den­tro i tem­pi lun­ghi del­la pro­ce­du­ra giu­di­zia­ria, fuo­ri del­la fab­bri­ca e del­la trat­ta­ti­va diret­ta, den­tro il Palaz­zo di Giu­sti­zia, den­tro la rego­la­men­ta­zio­ne di una leg­ge del­lo Sta­to, den­tro l’im­ma­gi­ne di uno Sta­to inter­me­dia­rio «inter par­tes».
In que­sto sen­so si carat­te­riz­zò da subi­to come «un’ar­ma a dop­pio taglio»: rati­fi­ca di un alto pote­re socia­le, riven­di­ca­ti­vo di clas­se (l’o­pe­ra­io come rigi­di­tà nel­la fab­bri­ca e come doman­da di beni nel­la socie­tà) nel­la fase alta del ciclo eco­no­mi­co; e «l’am­mor­tiz­za­to­re» del­le ten­sio­ni nel­la fase di cri­si e di con­trat­tac­co capi­ta­li­sti­co. Una sor­ta di mec­ca­ni­smo «a due tem­pi», capa­ce di usa­re la stes­sa appa­ren­za di «impar­zia­li­tà» e la cre­di­bi­li­tà, la legit­ti­ma­zio­ne che si gua­da­gna negli anni del­le «vac­che gras­se», per legit­ti­ma­re il suo fun­zio­na­men­to aper­ta­men­te anti­o­pe­ra­io quan­do que­sta è la com­mit­ten­za che l’in­te­res­se capi­ta­li­sti­co gli dà. Uno dei clas­si­ci stru­men­ti di inter­pre­ta­zio­ne dell’«interesse gene­ra­le» di par­te capi­ta­li­sti­ca, lega­to alla rea­liz­za­zio­ne del pro­fit­to medio, è dun­que a vol­te con­trad­dit­to­rio con l’in­te­res­se del sin­go­lo capi­ta­li­sta, «a mag­gior glo­ria» del­le rego­le gene­ra­li del­l’ac­cu­mu­la­zio­ne. Come stru­men­to anti­o­pe­ra­io, ha fun­zio­na­to come un mec­ca­ni­smo a mol­la: ogni sen­ten­za favo­re­vo­le agli ope­rai ha avu­to anche l’ef­fet­to di cari­car­la, per pre­pa­ra­re il con­trac­col­po anti­o­pe­ra­io. Poco impor­ta qui nota­re come per mesi e per più di una occa­sio­ne la «leg­ge 300» ha rap­pre­sen­ta­to una san­zio­ne posi­ti­va di un movi­men­to di lot­ta che si era dispie­ga­to per due anni come gene­ra­le, che ave­va pro­fon­da­men­te segna­to la pra­ti­ca sin­da­ca­le sen­za poter ribal­ta­re la natu­ra del sin­da­ca­to.
Que­sto movi­men­to ave­va costi­tui­to un polo di attra­zio­ne per una serie di Pre­to­ri demo­cra­ti­ci, che ave­va fat­to emer­ge­re una serie di volen­te­ro­si avvo­ca­ti riu­ni­ti in comi­ta­ti e col­let­ti­vi. Que­ste varian­ti tat­ti­che non muta­no la que­stio­ne di fon­do, la fun­zio­ne stra­te­gi­ca del­la leg­ge, e, pri­ma di tut­to, il più orga­ni­co tela­io e dise­gno poli­ti­co in cui la leg­ge si inscri­ve, e che alla fine ha pre­val­so. Poco impor­ta anche nota­re qui gli infi­ni­ti erro­ri e le nume­ro­se illu­sio­ni che sono sta­te col­ti­va­te attor­no al cosid­det­to «sta­tu­to» (e sot­to­li­nea­re come la sua intro­du­zio­ne in set­to­ri a sin­da­ca­li­smo arre­tra­to sia sta­ta nega­ta sia dal­lo Sta­to, sia dal­l’i­sti­tu­to sin­da­ca­le pre­via futu­ra omo­ge­nei­tà e con­trol­lo da rag­giun­ger­si – la scuo­la è l’e­sem­pio più visto­so di que­sta sepa­ra­zio­ne).
Tut­to quan­to era in sospet­to, oggi – in una fase di chia­ri­fi­ca­zio­ne mas­si­ma del­le par­ti e di anta­go­ni­smi espli­ci­ti – vie­ne in chia­ro. In chia­ro la tenu­ta dei «Pre­to­ri demo­cra­ti­ci», in chia­ro lo schie­ra­men­to degli avvo­ca­ti sot­to e fuo­ri del­la tute­la sin­da­ca­le, in chia­ro anche il trion­fa­li­smo e l’il­lu­sio­ne di nume­ro­se avan­guar­die. La «leg­ge 300» è il frut­to di una con­ven­zio­ne di com­por­ta­men­ti tra padro­na­to e isti­tu­to sin­da­ca­le fon­da­ta sul­l’i­po­te­si (inter­clas­si­sta) e la pra­ti­ca (repres­si­va) che – stan­te una labo­rio­si­tà cre­scen­te, una accet­ta­zio­ne incon­di­zio­na­ta del­la disci­pli­na e gerar­chia pro­dut­ti­va del «pre­sta­to­re d’o­pe­ra» – sia eli­mi­na­bi­le la san­zio­ne mini­ma e mas­si­ma da par­te del padro­ne; e che comun­que si trat­ti sem­pre di ver­ten­ze com­po­ni­bi­li, di un dan­no che si risol­ve con il risar­ci­men­to.
La real­tà va in un altro modo, vi è rifiu­to del lavo­ro sala­ria­to e non cre­scen­te labo­rio­si­tà; vi è attac­co cre­scen­te alle gerar­chie di fab­bri­ca e non accet­ta­zio­ne del codi­ce disci­pli­na­re; di pre­sta­to­re d’o­pe­ra non si trat­ta ma di clas­se ope­ra­ia coscien­te; di ver­ten­za com­po­ni­bi­le non si par­la ma di un con­flit­to radi­ca­le, cre­scen­te, che assu­me spes­so le for­me mas­si­me del con­flit­to di clas­se: nien­te di tut­to que­sto può esse­re risar­ci­to in nes­sun modo; gli ope­rai rivo­lu­zio­na­ri non si ven­do­no e non ven­do­no la lot­ta, il lavo­ro poli­ti­co fat­to e da fare – e non per mora­li­smo ma per cal­co­lo mate­ria­le (i tem­pi del­la cor­ru­zio­ne del­le avan­guar­die – pen­sia­mo ad alcu­ni vec­chi epi­so­di del­l’Al­fa – appar­ten­go­no a un refe­ren­te ope­ra­io tra­di­zio­na­le, sto­ri­ca­men­te data­to, improv­vi­sa­to e con una sua fun­zio­ne tan­to momen­ta­nea quan­to spon­ta­neo era il movi­men­to di repar­to e di fab­bri­ca da essi gui­da­to).
Gli ope­rai che oggi gui­da­no que­ste lot­te di fon­do den­tro la fab­bri­ca o sono muta­ti radi­cal­men­te rispet­to alle ori­gi­ni di movi­men­to, o sono refe­ren­te ope­ra­io gio­va­ne carat­te­riz­za­to dal­la nuo­va qua­li­tà del­la lot­ta, dal­la nuo­va fun­zio­ne del­l’a­van­guar­dia non più lega­ta all’im­me­dia­ti­smo (e allo spa­zio imme­dia­to) del­la lot­ta sin­da­ca­le ed eco­no­mi­ca, ma al pro­get­to stra­te­gi­co del­la rivo­lu­zio­ne.
C’è insie­me – nel­la stret­ta del­la cri­si – una vera e pro­pria cadu­ta del­la pos­si­bi­le, ipo­tiz­za­bi­le, tra­di­zio­na­le, fun­zio­ne di par­zia­le redi­stri­bu­zio­ne di plus-valo­re che il sin­da­ca­to a vicen­de sto­ri­che alter­ne assu­me nel­la sua fun­zio­ne di isti­tu­to inter­no al siste­ma. La lot­ta sala­ria­le ope­ra­ia, la lot­ta ope­ra­ia e pro­le­ta­ria sul red­di­to, non ha più dun­que una rap­pre­sen­ta­ti­vi­tà lega­le sta­bi­le: o si muo­ve in modo indi­scri­mi­na­to e sel­vag­gio (e per­ché no, anche cor­po­ra­ti­vo), o è assun­ta nel­la rap­pre­sen­ta­ti­vi­tà rea­le di orga­ni­smi sta­bi­li, pri­ma di tut­to cre­sciu­ti sul­la discri­mi­nan­te poli­ti­ca, risul­ta­to del­le pri­me esi­gen­ze poli­ti­che di una clas­se ope­ra­ia che si pone il pro­ble­ma di come «fuo­riu­sci­re dal siste­ma» pri­ma fuo­riu­scen­do dal­le sca­den­ze, dal­le scan­sio­ni (con­trat­ti, ver­ten­ze, com­pa­ti­bi­li­tà, pro­fes­sio­na­li­tà, qua­li­fi­ca­zio­ne, disci­pli­na, esa­me, pro­prie­tà, leg­ge, Sta­to ecc.) con cui si rego­la­men­ta com­ples­si­va­men­te l’ac­cu­mu­la­zio­ne capi­ta­li­sti­ca, il domi­nio socia­le bor­ghe­se sui mez­zi di pro­du­zio­ne.
Que­sti con­te­nu­ti del­la lot­ta fan­no esplo­de­re l’i­dil­lio del­le posi­zio­ni e il gio­co del­le par­ti nel pro­ces­so ope­ra­io.
La «leg­ge 300» è sem­pre di più uno strac­cio, il carat­te­re ine­so­ra­bi­le – anche nel futi­le det­ta­glio di uno o due licen­zia­men­ti – del­la natu­ra di clas­se del­la giu­sti­zia si affer­ma, con la soli­ta appa­ren­te ottu­si­tà, che è inve­ce luci­da, fero­ce deter­mi­na­zio­ne di fon­do.
L’an­di­ri­vie­ni pre­to­ri­le vie­ne bloc­ca­to dai giu­di­ci di Tri­bu­na­le che taglia­no cor­to bru­sca­men­te con la far­sa esi­sten­zia­le del­la Pre­tu­ra e affer­ma­no la loro natu­ra di fun­zio­na­ri diret­ti del padro­na­to nel­le sue arti­co­la­zio­ni regio­na­li e cit­ta­di­ne (qui a Mila­no, l’As­so­lom­bar­da). Reg­go­no bene anche all’in­sul­to: i cor­do­ni degli armi­ge­ri di Sta­to li tute­la­no dal­le res­se e dagli assem­bra­men­ti pro­ces­sua­li ope­rai – quan­do ci sono -; non rimar­reb­be che distrug­ger­li. Nel cuo­re del­lo Sta­to, il fun­zio­na­rio sin­da­ca­le che ha con­dot­to in fab­bri­ca la par­te del­la repres­sio­ne inter­na al movi­men­to, che ha gesti­to la sot­tra­zio­ne del­la lot­ta al suo «habi­tat» tra­di­zio­na­le non è più che quel­lo che Gram­sci (par­don) chia­ma­va l’in­tel­let­tua­le di tipo rura­le: « …sono in gran par­te “tra­di­zio­na­li”; (…) que­sto tipo di intel­let­tua­le met­te a con­tat­to la mas­sa con­ta­di­na con l’am­mi­ni­stra­zio­ne sta­ta­le e per que­sta stes­sa fun­zio­ne ha una gran­de fun­zio­ne poli­ti­co-socia­le, per­ché la media­zio­ne pro­fes­sio­na­le è dif­fi­cil­men­te scin­di­bi­le dal­la media­zio­ne poli­ti­ca.
Inol­tre: nel­la cam­pa­gna l’in­tel­let­tua­le ha un medio teno­re di vita supe­rio­re o alme­no diver­so da quel­lo del medio con­ta­di­no… ». Se la for­za orga­niz­za­ta che que­sto «nuo­vo intel­let­tua­le in veste vul­ga­ta del capi­ta­le» rap­pre­sen­ta è sta­ta distrut­ta nel­la lot­ta in fab­bri­ca, anche la sua ideo­lo­gia sarà ridot­ta a car­ta strac­cia e la sua media­zio­ne non var­rà che una auto­con­vin­zio­ne. Que­sto «intel­let­tua­le» è sta­to distrut­to nel­la vicen­da Magne­ti-ope­rai licen­zia­ti, per­ché già pri­ma la sua rap­pre­sen­ta­ti­vi­tà era sta­ta distrut­ta nel repar­to e nel­la fab­bri­ca. Ma nel cuo­re del­lo Sta­to gli ope­rai rivo­lu­zio­na­ri vedo­no ten­der­si al mas­si­mo la lot­ta, la loro capa­ci­tà di orga­niz­za­zio­ne auto­no­ma, la loro capa­ci­tà di sol­le­ci­ta­re una nuo­va intel­li­gen­za anta­go­ni­sta nel­la clas­se.
Il pro­ces­so ope­ra­io rom­pe i veli del­le pre­ce­den­ti misti­fi­ca­zio­ni, fuo­rie­sce dai ten­ta­ti­vi di gover­no lega­le del­lo scon­tro di clas­se immi­se­ren­do­li di col­po, met­te da par­te il vec­chio media­to­re sin­da­ca­le e si pre­sen­ta di fron­te al giu­di­ce come a un nemi­co giu­ra­to, dispie­gan­do tut­ta la sua for­za. Del Tri­bu­na­le del lavo­ro i padro­ni han­no cer­ca­to di fare un isti­tu­to secon­da­rio che mini­miz­zas­se lo scon­tro di clas­se.
La clas­se ope­ra­ia ha inve­ce tut­to l’in­te­res­se a ripor­tar­lo alla dimen­sio­ne rea­le di vero e pro­prio Tri­bu­na­le poli­ti­co anti-ope­ra­io, dove si rico­strui­sce pro­ces­so dopo pro­ces­so una ideo­lo­gia padro­na­le e gerar­chi­ca sal­da­ta a dure san­zio­ni, a sen­ten­ze una dopo l’al­tra nega­ti­ve che chiu­do­no mesi ed anni di illu­sio­ne foren­se del­l’o­pe­ra­io di fab­bri­ca. Sta­na­re que­sti lupi è com­pi­to degli ope­rai rivo­lu­zio­na­ri, scar­di­na­re l’or­di­ne di Palaz­zo di Giu­sti­zia pre­sen­tan­do­si non come a una sca­den­za secon­da­ria, ma come a una sca­den­za poli­ti­ca.
Sap­pia­mo tut­ti quan­to di deter­mi­na­to, quan­ta volon­tà poli­ti­ca di distru­zio­ne del­la clas­se vi è nel pro­ce­de­re «obiet­ti­vo ed eco­no­mi­co» del­la ristrut­tu­ra­zio­ne, del­la cas­sa inte­gra­zio­ne, del licen­zia­men­to; abbia­mo qui, nel licen­zia­men­to poli­ti­co e nel­le sue istan­ze cele­bra­ti­ve, il «pas­so più avan­ti» che pos­sia­mo fare non da soli con­tro lo Sta­to, ma con pro­fon­de moti­va­zio­ni den­tro la lot­ta ope­ra­ia più vasta. Il Tri­bu­na­le del lavo­ro nien­te altro è che il Tri­bu­na­le del­le san­zio­ni con­tro l’in­di­sci­pli­na e la ribel­lio­ne ope­ra­ia quo­ti­dia­na al lavo­ro sala­ria­to; qui si chiu­de anche la «liber­tà di scio­pe­ro» costi­tu­zio­na­le, qui si ten­ta la per­fe­zio­ne del­la gestio­ne col­le­gia­le padro­ni-sin­da­ca­to del­lo sfrut­ta­men­to ope­ra­io; fuo­ri del­le emo­zio­ni ses­san­tot­te­sche e den­tro la radi­ca­liz­za­zio­ne cre­scen­te del­le lot­te, le istan­ze pren­do­no le giu­ste dimen­sio­ni.
Alla san­zio­ne del licen­zia­men­to padro­na­le si aggiun­ge la defi­ni­zio­ne cri­mi­na­le del­la lot­ta, si cele­bra la ripro­va­zio­ne del­lo Sta­to, si schiac­cia l’o­pe­ra­io alla dimen­sio­ne di cit­ta­di­no qual­sia­si che ha vio­la­to le leg­gi del­la comu­ne con­vi­ven­za. È tut­to que­sto che stia­mo lavo­ran­do a distrug­ge­re con la pre­sen­za ope­ra­ia in Palaz­zo di Giu­sti­zia, è com­pi­to dei rivo­lu­zio­na­ri far­lo, è que­sta – dopo la cri­si coniu­ga­le con la «dop­pia ammi­ni­stra­zio­ne», la «pre­tu­ra dei lavo­ra­to­ri» e lo «sta­tu­to dei lavo­ra­to­ri» del movi­men­to, del­le avan­guar­die, degli avvo­ca­ti – la stra­da da pren­de­re. Anche in que­sto sen­so ha agi­to la lot­ta degli ope­rai Magne­ti, anche que­sto por­ta la bat­ta­glia con­tro il licen­zia­men­to dei 4 com­pa­gni che – lo ripe­tia­mo – usci­ran­no dal­la fab­bri­ca quan­do lo deci­de­re­mo noi.

ROSSO n°13–14 ‑nuova serie- NUMERO SPECIALE

gior­na­le den­tro il movimento

ROSSO n°19–20 ‑nuova serie-

gior­na­le den­tro il movimento

PRIMO MAGGIO n° 23/​24

  • 3 Il caso Magne­ti Marel­li. Sto­ria, ana­li­si, inter­vi­ste di Pier­re del­la Vigna/​Giorgio Pauletta/​Domenico Potenzoni/​Riccarda Rebecchi
  • 20 Il con­trol­lo del lavo­ro attra­ver­so i pic­co­li grup­pi in Giap­po­ne di Eichi Itoh
  • 26 Rea­ga­no­mics: i sogni avve­ra­ti del capi­ta­le di Phi­lip Mattera
  • 33 Osser­va­zio­ni sul­la pola­riz­za­zio­ne socia­le negli USA di Bru­no Cartosio
  • 37 Il con­trol­lo socia­le nel­l’A­me­ri­ca “sre­go­la­ta” di Rea­gan di Pao­lo Ber­tel­la Farnetti
  • 41 Inghil­ter­ra: fuo­ri dal­le minie­re di Cor­ra­do Borsa/​Susanna Conti/​Massimo Corrias
  • 47 Nuo­ve pover­tà in Ger­ma­nia di Ser­gio Bologna
  • 54 Cen­sis: sog­get­ti­vi­tà e sedu­zio­ni di un discor­so eco­no­mi­co di Pier­re Dal­la Vigna
  • 59 Il cri­mi­ne pre­sun­te e il delin­quen­te lavo­ra­to­re di Erman­no Gallo/​Vincenzo Ruggiero
  • 69 La fab­bri­ca del­l’a­no­ma­lia di Dete­nu­ti 1° rag­gio – San Vittore
  • 72 La ses­sua­liz­za­zio­ne dei rap­por­ti socia­li di Ali­sa Del Re
  • 75 Con­tro la memo­ria di Gioac­chi­no Lavanco