Mario Tronti, Operai e capitale, Einaudi, Torino 1966
Ora: Mario Tronti, Operai e capitale, DeriveApprodi, Roma 2006
Operai e capitale è unanimemente riconosciuto come il testo fondamentale dell’operaismo italiano, un filone di pensiero politico che dall’inizio degli anni Sessanta a oggi ha prima rivoluzionato e poi continuamente condizionato il panorama del dibattito internazionale della sinistra istituzionale ed extra-istituzionale. Nel corso degli anni Sessanta la lettura di Operai e capitale ha determinato la fondazione di una mentalità, un atteggiamento, un lessico assolutamente innovativi, contribuendo alla formazione culturale di migliaia di nuovi militanti attivi nelle fabbriche, nelle scuole, nei territori. Militanti che in seguito diedero vita al sindacato dei consigli e alla formazione di vari gruppi extraparlamentari. Una parte considerevole delle lotte del Sessantotto e dell’Autunno caldo italiano si cibarono dei contenuti di questo libro. Concetti come «neocapitalismo», «composizione di classe», «operaio massa», «piano del capitale», «inchiesta e conricerca operaia» si sono man mano imposti nel lessico del dibattito politico fino a diventare «senso comune».
Mario Tronti è uomo politico, filosofo e scrittore. Negli anni Cinquanta aderisce al Partito comunista italiano. Nella sua riflessione intellettuale accoglie e rielabora politicamente la grande cultura della crisi novecentesca. Con Raniero Panzieri anima la rivista «Quaderni rossi». Dirige poi «classe operaia». Partecipa a «Contropiano». Fonda «Laboratorio politico».
Ciclo Capitalistico e lotte operaie Montedison Pirelli Fiat 1968, libri contro n.7, Marsilio, Padova 1969
Introduzione di Massimo Cacciari
C’è un «ciclo» delle lotte che insegue e determina il ciclo economico capitalistico complessivo. Ci sono momenti critici nelle forme organizzative e nella strategia delle lotte operaie, che impegnano tutto il capitale a faticosi processi di ricomposizione e ristrutturazione dell’intero nesso dei suoi rapporti politico-sociali. Il ’68 è uno di questi momenti – il punto finora emergente di un «ciclo» della lotta. Esso ha segnato l’inizio di un processo di ricomposizione politica della classe, al quale oggettivamente tendevano le lotte di classe in Italia dal ’58–60 in poi. Dalla ricomposizione politica operaia, e contro di essa, alla ricomposizione politica ed economica del capitale: questo è il nodo, oggi, della questione. Non si tratta, infatti, di un tragitto scontato. Il passaggio è la sostanza stessa del ciclo capitalistico ; ma esso è tutto formato di scadenze di lotta, mediazioni, confronti, occasioni ricevute e date, sfruttate e perse. È a questo livello che siamo chiamati a misurarci. […] Tutti i livelli dello scontro vanno unificati strategicamente, in questa prospettiva che emerge dal terreno rivendicativo, assume il terreno dato dello scontro, usa fino in fondo delle prossime scadenze come di formidabili occasioni per la massificazione e radicalizzazione dello scontro – e qui, da qui, lancia la parola d’ordine del potere operaio. Nessuno di questi livelli va oggi perduto o sottovalutato. Se sapremo farli giocare tutti in senso operaio per le prossime scadenze, il ’69–70 in Italia non sarà, come spera il capitale, l’atto conclusivo delle lotte degli anni ’60, l’ultima lotta «operaia», ma il primo momento della ricomposizione politica della classe verso la propria organizzazione rivoluzionaria. E questa prospettiva oggi esiste, non per debolezza economica del capitale, ma per la forza politica, la «violenza» operaia. In questo processo, per questo periodo, non si daranno «obiettivi intermedi»: o si lavorerà verso la riapertura delle condizioni politiche del processo rivoluzionario, o si lavorerà per la «sintesi» capitalistica, per chiudere un ciclo delle lotte e magari per aprire su scala internazionale quello della gestione riformistica dello stato. «Obiettivi intermedi» sono quelli che scalzano il controllo economico-politico del capitale. Essi hanno ormai per la classe nomi precisi: controllo costante sul sindacato-salario-organizzazione politica. Ognuno di essi è, nei fatti, sede di lotta, momento di scontro non solo nei confronti del piano del capitale ma anche all’interno dei rapporti di forza esistenti tra classe e organizzazioni date. E altresì è momento di lotta il passaggio politico da un livello all’altro. I movimenti di classe danno l’indicazione strategica, generale, di lungo periodo – determinarla ai vari livelli, farla funzionare, esprimerla tatticamente e cioè farla vincere, è il problema e il compito del ’69–70. La sua difficoltà è direttamente proporzionale alla sua decisiva importanza.
Ora: Nanni Balestrini, Vogliamo tutto, DeriveApprodi, Roma 2004
Indomabile protagonista di questa storia è l’operaio-massa: il proletario del sud sul cui lavoro si è fondata l’espansione industriale italiana e europea degli ultimi vent’anni. È «l’operaio dai mille mestieri» non qualificato e dall’estrema mobilità, alternativamente bracciante, edile, disoccupato o emigrante, che racconta, col suo linguaggio e dal suo punto di vista di classe, come ha imparato nelle fabbriche automobilistiche del nord a organizzare la sua capacità di rivolta contro il lavoro e lo sfruttamento. Dopo una serie di tentativi di lavoro nel sud nativo, il protagonista si getta nell’obbligata avventura dell’emigrazione. A Milano, dove accetta i mestieri più disparati, si trova immerso in una assurda società fondata sul lavoro e sul consumo. Scatena allora una sua astuta e spavalda guerriglia contro l’industria per soddisfare i propri bisogni sfuggendo alle implacabili leggi della produzione. Finché, all’inizio del ’69, l’anno dell’autunno caldo, si fa assumere alla Fiat, dove dicono che c’è lavoro per tutti, ben pagato e sicuro… A Mirafiori si rende conto di trovarsi invece in un inferno che distrugge ogni energia fisica e psichica. Ma viene a contatto con gli studenti, conosce gli operai che organizzano gli scioperi selvaggi e la lotta collettiva: diviene un militante. La seconda parte del libro rivive giorno per giorno, attraverso i volantini, le assemblee, le cronache, le fasi delle grandi lotte di maggio e di giugno che da Mirafiori si propagano a tutta la Fiat e dalla Fiat si estendono fuori dalla fabbrica, fino a culminare nella grande battaglia di corso Traiano tra la polizia e il proletariato della città.
Lotte operaie e riforma dello stato capitalistico tra rivoluzione d’Ottobre e New Deal
S. Bologna / G.P. Rawick / M. Gobbini / A. Negri / L. Ferrari Bravo / F. Gambino, Operai e stato. Lotte operaie e riforma dello stato capitalistico tra rivoluzione d’Ottobre e New Deal, Feltrinelli, Milano 1972
«Contro il tardo comunismo, per la rivoluzione comunista» potrebbe essere il motto per questa serie di saggi. I problemi trattati sono molti: le teorie sul partito e la composizione di classe dalla Bernstein-Debatte a cavallo del secolo all’ondata rivoluzionaria consiliare del primo dopoguerra, le teorie dello sviluppo capitalistico in Keynes e le loro applicazioni nel New Deal rooseveltiano, il grande sciopero inglese del 1926 e l’ondata di lotte negli Stati Uniti. Critica dell’ideologia e ricostruzione storica vanno di pari passo. Alcuni di questi saggi sono stati alla base della formazione teorica dei militanti dei gruppi extraparlamentari. E questo libro e essenzialmente un brano di storia della sinistra extraparlamentare, un documento sui fondamenti teorici dei gruppi che sono intervenuti nelle lotte operaie di tipo nuovo negli ultimi anni. Le loro ipotesi si sono verificate? La loro presuntuosa critica al «tardo comunismo» si è imposta? I movimenti rivoluzionari hanno davvero trasformato i loro strumenti rispetto alle passate esperienze terzinternazionaliste? Tra gli altri, questo libro ha il merito di abbattere uno dei più tipici tabù e delle più viete cristallizzazioni nell’ottica storico-teorica del movimento operaio: quello della rigida suddivisione tra lotte di classe operaie americane e lotte in Europa che si traduce poi in un eurocentrismo arcaico, di cui sono vittime tanto i terzomondisti quanto i marxisti-leninisti nostrani. A questi ultimi comunque il discorso dei saggi è nel suo complesso rivolto come avversari teorici o interlocutori.
FASCISTI, DEMOCRATICI E SEDICENTI COMUNISTI, UNITI CONTRO LA RIVOLUZIONE NELLA POLONIA I proletari polacchi sono insorti cominciando a distruggere le manifestazioni concrete di ciò che li opprime: l’Organizzazione, il suo stato e le sue leggi, le Merci e i loro prezzi, il loro mercato e la loro Pianificazione. Questa è la verità del movimento iniziato a Danzica: l’assalto al capitale che si esprime nel rifiuto radicale della sopravvivenza spettrale in cui Esso si materializza. Questa è infatti la prassi e il senso della rivoluzione in ogni parte del mondo. Le menzogne non si sono fatte attendere: i sedicenti «comunisti» nostrani, non essendo che il riflesso di quelle forze che, nell’ambito della divisione internazionale del lavoro repressivo, mantengono l’ordine e la legge in Polonia, si sono sentiti coinvolgere indirettamente, e hanno, nella astiosa falsità, lasciato trapelare il vero, scrivendo sui loro giornali che si tratta di «giovinastri», teppisti, provocatori, nemici del socialismo, usando cioè la nomenclatura con cui l’attuale linguaggio del capitale mondiale, da Washington a Pechino, tenta di definire il proletariato rivoluzionario e la sua prassi. Questo dimostra ancora una volta come si comporteranno queste canaglie quando la rivoluzione le chiamerà a svolgere il loro lavoro, coinvolgendole in prima persona (così come è di recente successo a Reggio Calabria, dove, non potendo «rappresentare», cioè recuperare e sterilizzare, il movimento insurrezionale, partiti e sindacati hanno parlato di «teppismo fascista» e chiesto l’intervento dell’esercito). Gli altri, cioè i fascisti e i democratici, hanno squallidamente tentato di recuperare quanto accaduto, commuovendosi sulla miseria economica (vera o presunta) dei lavoratori polacchi; ma per farlo hanno dovuto mentire smisuratamente e affermare che i rivoltosi si battono per avere quanto è concesso in occidente a un «operaio medio»; e cioè, in ultima analisi, un diverso colore della divisa dei poliziotti. Nessuno deve tacere di fronte all’organizzazione della menzogna unificata, questo è il momento di iniziare a distruggerla.
«Il sottosviluppo non è soltanto il “non-ancora” sviluppo, cosi come voleva già “l’ottimismo” dei classici dell’economia politica che si prolunga ben addentro ai nostri giorni; ma non è neppure solo il “prodotto” dello sviluppo, secondo un modo statico, “strutturalista” di leggerne la fisionomia, a torto ritenuto l’ultima parola del marxismo teorico su questo tema. Esso è una funzione dello sviluppo capitalistico: una sua funzione materiale e politica. Ciò che, determinandosi, significa: funzione del processo di socializzazione capitalistica, della progressiva costituzione del “socialismo” del capitale. Sviluppo è infatti quello del potere capitalistico sulla società nel suo insieme, del suo “governo” della società – del suo stato». Così, nell’introduzione, è fissato il punto di vista generale a partire dal quale ciascuno dei due saggi qui pubblicati esamina aspetti decisivi della vicenda dell’intervento statale nel Mezzogiorno in questo dopoguerra. Sia l’analisi degli aspetti istituzionali e della loro rilevanza sulla forma complessiva dello stato, che costituisce l’oggetto del primo saggio, sia l’esame del rapporto tra movimenti della forza-lavoro meridionale e sviluppo italiano negli anni Cinquanta, che è oggetto del secondo, delineano un approccio che rompe radicalmente, anche sul piano metodologico, con l’esausta tradizione del pensiero meridionalista.
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.